Politiche economiche a confronto: ALCOA vs MITTAL (1 Viewer)

tontolina

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Parigi allo scontro con Mittal
"Non vi vogliamo più in Francia"


Clamorosa uscita del ministro dell'Industria Montebourg contro i vertici della multinazionale dell'acciaio che Oltralpe dà lavoro a 20mila persone. Gli indiani vogliono chiudere l'altoforno di Florange e tenersi il resto dell'impianto, ma il governo non trova nessuno disposto a rilevarlo senza i reparti per la lavorazione a freddo

dal nostro corrispondente GIAMPIERO MARTINOTTI Lo leggo dopo
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Il magnate indiano dell'acciaio Lakshmi Mittal
PARIGI - "Non vogliamo più Mittal in Francia perché non hanno rispettato la Francia". Arnaud Montebourg, ministro del Riassetto produttivo (cioè dell'Industria), è famoso per le sue uscite fragorose, le frasi a effetto, le iniziative mediatiche. Stamani, aprendo il quotidiano 'Les Echos', molti sono caduti dalle nuvole: un attacco di questo genere a un gruppo che occupa Oltralpe 20 mila persone si era visto raramente. E Montebourg, per il momento, sembra poco spalleggiato. Anche la sua idea di nazionalizzare "temporaneamente" l'impianto posseduto da ArcelorMittal a Florange, in Lorena, aveva già suscitato perplessità la settimana scorsa. La famiglia Mittal si è detta "estremamente scioccata" per le parole del ministro e ha annunciato un incontro, domani pomeriggio, tra François Hollande e Lakshmi Mittal.

All'origine dello scontro c'è la sorte dell'altoforno di Florange, spento da quasi un anno e mezzo e di cui si era occupato, senza costrutto, anche Nicolas Sarkozy. Il gigante dell'acciaio vuole chiuderlo, ma il governo è intervenuto, chiedendo alla società guidata dal magnate indiano di cedere l'impianto. La multinazionale ha dato tempo fino al 1° dicembre al governo per trovare un'azienda interessata, ma qui sorgono i problemi: gli eventuali acquirenti (fra cui ci sarebbe la russa Severstal) sono pronti a rilevare tutto il sito lorenese, mentre Mittal è disposto a cedere solo altoforno e cokeria e conservare le lavorazioni a freddo. Una condizione posta già due mesi fa, quando ha accettato la cessione parziale del sito.

L'impossibilità di trovare una soluzione spiega l'aggressività di Montebourg, che un tempo caldeggiava la 'demondializzazione' e oggi vede concretamente quanto sia difficile gestire il declino dell'industria transalpina, colpita da numerosi piani di ristrutturazione. Ma accusando Mittal di aver "mentito", il ministro ha forse commesso un passo falso. Al tempo stesso, drammatizzando la posta in gioco e minacciando la nazionalizzazione, Montebourg può riuscire a far pressione sulla multinazionale e costringerla a un negoziato.

L'idea di un intervento pubblico a fianco di un operatore industriale è tuttavia guardata con scetticismo: il sito può essere effettivamente nazionalizzato, ma il costo, soprattutto in questo periodo, potrebbe essere troppo alto e l'operazione potrebbe creare una pressione per interventi pubblici anche in altre situazioni di crisi. Ma nel governo molti sono convinti che si debba soprattutto trovare un'intesa con Mittal: di fronte agli attacchi di Montebourg, la multinazionale ha ricordato che la cessione dell'intero impianto di Florange "metterebbe in pericolo la solidità del resto delle attività di ArcelorMittal in Francia, dove il gruppo occupa 20 mila persone".
 

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[ame=http://www.youtube.com/watch?v=YRjK4v7Vm40&feature=autoplay&list=ULIKMFKtM7ZxA&playnext=2]Ballarò - Cercasi leader 27/11/2012 - YouTube[/ame]
 

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e non dimentichiamoci dell'ILVA di Taranto così dimenticata dall'interesse responsabile della politica


[ame=http://www.youtube.com/watch?v=I8mJO-d-Oc4&feature=autoplay&list=ULXtARt_z1znY&playnext=25]Ballarò - Massimo Giannini - L'Ilva e la crisi italiana 27/11/2012 - YouTube[/ame]
 

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[FONT=&quot] Ilva di Taranto senza futuro -[/FONT] [FONT=&quot]di Paolo De Gregorio, 28 novembre 2012 [/FONT]
[FONT=&quot]Suona stonata e fuori contesto la presa di posizione che vuole conciliare produzione industriale, salute dell’ambiente e dei cittadini di Taranto, come se ciò fosse realmente possibile e praticabile.[/FONT]
[FONT=&quot]Questa è una posizione demagogica, pretesca, che non vuole tenere conto di fattori essenziali, di cui il più importante è quello della globalizzazione, che vedrà entrare presto nel settore siderurgico paesi come Vietnam, Argentina, India, mettendo fuori mercato l’acciaio italiano, come è già avvenuto nel settore delle costruzioni navali italiane, messe fuori gioco dalle più competitive industrie cantieristiche di Cina e Corea del Sud.[/FONT]
[FONT=&quot]Si aggiunga che un vero risanamento di impianti ormai vecchi ha costi di miliardi di euro, non i pochi milioni messi a disposizione della proprietà Riva, e lo Stato italiano non ha soldi. Qui si cerca di fare i conti senza l’oste e trascinare la cosa per le lunghe illudendo gli operai e i cittadini inquinati di Taranto.[/FONT]
[FONT=&quot]Anche dal processo ai responsabili dell’azienda non c’è da aspettarsi un gran che, e la più realistica delle ipotesi ci porta a pensare che finirà dopo 20 anni come quello contro la Eternit (amianto) di Casale Monferrato.

[/FONT]
[FONT=&quot]A livello mondiale, come sostiene il Wall Street Journal, si configura una sovrapproduzione di acciaio, con conseguente discesa dei prezzi e gli impianti di nuova generazione produrranno di più e a costi inferiori. Probabilmente gli impianti industriali del nord Italia che lavorano l’acciaio prodotto a Taranto non avrebbero difficoltà a procurarsi all’estero la materia prima.[/FONT]
[FONT=&quot]L’unica strada seria percorribile sarebbe quella di nazionalizzare gli impianti di Taranto, scegliere di finanziare il rinnovamento degli impianti e la bonifica del territorio con il denaro stanziato per acquistare dagli USA i 90 bombardieri F35 (cifra ampiamente sufficiente) e fare un accordo con le industrie del Nord per assicurarsi che compreranno l’acciaio di Taranto anche se il mercato internazionale offrirà prezzi più competitivi.[/FONT]
[FONT=&quot]Solo una politica illuminata, fatta di persone oneste, coraggiose, di difensori del bene comune, potrebbe prendere decisioni di questo tipo e sarà bene che alle prossime elezioni i cittadini italiani si ricordino che la cosa più necessaria è quella di mandare a casa il 90% della attuale casta politica, compresi quei “professori” che ci vogliono pure togliere la Sanità pubblica.[/FONT]
[FONT=&quot]Paolo De Gregorio
[/FONT]
 

tontolina

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Si discute il decreto "salva Ilva".
Clini: "ci vorranno 3 miliadri di euro"


A Palazzo Chigi l'incontro tra governo, sindacati, l'azienda e gli amministratori locali pugliesi per mettere a punto il provvedimento che domani consentirà la riapertura dell'Ilva. La bozza prevede la riapertura degli impianti precedentemente sequestrati per arginare il pericolo "attuale e concreto" di disastro ambientale

Si discute il decreto "salva Ilva". Clini: "ci vorranno 3 miliadri di euro" - Repubblica.it
 

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[FONT=&quot]Beppe Grillo racconta la storia dell’Ilva come una favola nera[/FONT]
[FONT=&quot]C’era una volta a Taranto… Sul blog di Beppe Grillo gli operai dell’Ilva diventano gli schiavi neri[/FONT]


[FONT=&quot]Beppe Grillo[/FONT]
[FONT=&quot] sul suo blog ha riassunto in una favola nera la [/FONT][FONT=&quot]storia dell’Ilva[/FONT][FONT=&quot]: se l’attenzione mediatica si sta concentrando soprattutto negli ultimi mesi infatti la fabbrica di Taranto è protagonista di conflitti di interessi, scandali e tensioni dal 1982. Una favola triste, di fantasia ma non troppo (facile capire chi sono i personaggi fantastici di cui parla il portavoce del Movimento 5 Stelle).[/FONT]



[FONT=&quot]Tutto ha inizio con la vendita dell’impianto siderurgico tarantino: l’allora Presidente del Consiglio concede la fabbrica a prezzo stracciato ad un ricco imprenditore. Dalla vendita guadagnano entrambi questi signori: l’Ilva produceva grandi guadagni e il Presidente del Consiglio veniva ricompensato con regali e omaggi personali.[/FONT]

[FONT=&quot]“C’era una volta un presidente del Consiglio, Jumbolo, che vendette una grande industria a un signore, Creso. L’industria, che produceva acciaio, fu comprata a buon prezzo, a un ottimo prezzo. Jumbolo era famoso per la sua generosità. Creso ricompensò negli anni i partiti, gli elettori di Jumbolo, con ricche regalie e persino con omaggi personali, come accadde a Gargamella. Creso divenne così sempre più ricco. La grande industria funzionava infatti a meraviglia, tutta ricavi e senza costi”.[/FONT]

[FONT=&quot]Ed era lo stesso Jumbolo ad investire, con i soldi dei suoi sudditi, sull’Ilva. Ma i primi effetti sull’ambiente e sulla salute iniziano a registrarsi seppure coperti da un velo omertoso:[/FONT]

[FONT=&quot]“E’ vero che altri, urgenti investimenti per la salute dovevano essere fatti, ma nessuno controllava il veleno prodotto per incuria e per guadagno dalla grande industria nella città e nelle campagne, neppure il Gran Ciambellano dell’Ambiente, Peste Nera, che non mosse un dito per più di vent’anni. Le persone si ammalavano, le sostanze maligne si depositavano sulle macchine, nelle strade, nei terrazzi, nell’erba mangiata dagli animali, nei polmoni delle persone. Le famiglie degli Schiavi Inconsapevoli che lavoravano per Creso iniziarono a morire. I padri diventarono costruttori di morte, il frutto del loro lavoro uccideva i figli. I Feudatari locali e i Finti Rappresentanti degli Schiavi Inconsapevoli fecero opera di rassicurazione, sedarono, sopirono, fecero mirabolanti promesse. Il lavoro doveva venire prima di ogni cosa, anche della morte. Creso aumentava i suoi profitti, la gente continuava a morire”.[/FONT]


[FONT=&quot]Il ruolo della magistratura nella chiusura dell’Ilva[/FONT]

[FONT=&quot]Beppe Grillo continua il racconto e si arriva all’iter che ha portato alla recente chiusura dell’Ilva:[/FONT]

[FONT=&quot]“Come avveniva spesso nel Paese del Mai, dovettero intervenire i giudici che condannarono Creso e suo figlio per aver inquinato con coscienza e volontà a scopo di profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza. La Grande fabbrica venne chiusa. Gli immensi profitti di Creso non vennero però sequestrati per risarcire le famiglie dei morti e lui, insieme al figlio prediletto, scontò la pena nella sua magnifica villa circondato dai servitori e omaggiato dai politici. Nelle strade della città ci furono scontri tra gli Schiavi Inconsapevoli che non volevano perdere il lavoro e gli ammalati di Peste che non volevano morire. Vennero allora da Roma i ministri per offrire la loro solidarietà protetti dalle scorte e poi ripartirono. Gli Schiavi, ora più Consapevoli, occuparono la Grande Fabbrica, per non morire di fame. Chiesero, senza avere risposta, che i profitti di Mida fossero usati per risanare la Grande Fabbrica e ripulire il mare.[/FONT]


[FONT=&quot]lo sciopero degli operai e le decisioni del Governo Monti: la riapertura dell’Ilva[/FONT]

[FONT=&quot]E arriviamo al Governo Monti: il riferimento di Beppe Grillo è chiaramente alla bozza del decreto legge che il governo si appresta a varare domani, venerdì 30 novembre, e che Mario Monti, ha illustrato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. 2 soli articoli per dare un’altra svolta alle complesse vicende dell’Ilva di Taranto: il ministro per l’Ambiente, Corrado Clini, e quello dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, hanno con poche righe neutralizzato il sequestro e previsto la riapertura dell’Ilva.[/FONT]

[FONT=&quot]“Fu fatto un decreto per riaprire la fabbrica. I giudici non potevano eliminare il lavoro a loro piacimento. Gli Schiavi ritornarono nella Grande Fabbrica a inquinare, nonostante un tornado di dimensioni bibliche, e i loro figli a morire. Creso mantenne i suoi immensi tesori e fu scarcerato dal suo Palazzo e, finalmente, si cominciò a parlare d’altro”.[/FONT]

[FONT=&quot]

Link: [/FONT]
[FONT=&quot]http://www.investireoggi.it/attualita/beppe-grillo-racconta-la-storia-dellilva-come-una-favola-nera/#ixzz2DcK9fhnQ[/FONT]

[FONT=&quot]Nel 1992[/FONT]

[FONT=&quot]Da Le notizie del 1 1992[/FONT]

[FONT=&quot]
Il presidente della Repubblica è Francesco Cossiga [/FONT]

[FONT=&quot]
Il presidente del Consiglio è Giulio Andreotti[/FONT]
 

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