PER QUEST'ANNO LASCIATE PERDERE LA PROVA COSTUME... VI VEDO PIU' PRONTI PER LA PROVA DEL CUOCO (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Sarebbe forse meglio parlare di guerriglia nei confronti della Lombardia del presidente Attilio Fontana e del centrodestra
che hanno proposto una urgente riapertura, comunque graduata, che non può non imporre decisioni governative
nelle quali la questione sanitaria, pur prioritaria, non dovrebbe sminuire quella economico-produttiva.

Ci mancava il grido di dolore del governatore della Campania Vincenzo De Luca,
deciso a sbarrarne i confini per il timore dell’invasione, nordica e contagiosa,
per completare il quadro confuso e contraddittorio del disastro politico da coronavirus.

Capovolta la vecchia diatriba del nord contro il sud, ne restano attuali, purtroppo, le antiche motivazioni di un nord,
specialmente lombardo-milanese, produttivo e ricco, rispetto ad un meridione sottosviluppato e dimenticato.

È il Covid-19 che ha provocato un ribaltamento, ma parlare di ingratitudine del sud verso il nord è riduttivo e semplicistico
anche e soprattutto perché si sottovalutano i sistematici attacchi che poco o nulla hanno a che fare con quello scontro essendo politici, appunto.

E omissivi dell’indubbiamente concreto do ut des fra nord e sud.

Le violente bordate contro il Pio Albergo Trivulzio, una imponente struttura dotata di mille posti,
si sono sviluppati cavalcando l’inchiesta in corso trasformata, da subito, in un’occasione per colpire e affondare la Lega ,
ovvero Matteo Salvini, in una Lombardia che produce più del 25 per cento del Pil nazionale per cui,
fare il confronto con l’impatto delle misure di lockdown con regioni come Molise e Basilicata è improprio.

Ben sapendo che in questi territori vi sono ricadute per la popolazione locale e se si ferma la Lombardia
si ferma il cuore dell’Italia, con danni irreparabili per il Paese.

Riaprire è dunque inevitabile
, non si può attendere il vaccino e, chi conosce le cose,
ci insegna che un’azienda che non può pagare una fattura di 10mila euro perché non ha cassa,
fallisce anche se ha un fatturato potenziale di 100mila euro.

È un esempio fra i tanti che il neopresidente Carlo Bonomi di Confindustria ha ben presente
quando nella sua prima uscita ha giudicato la politica italiana piena di incertezze e di ritardi
in merito ad una ricostruzione della quale si notano, fino ad ora, più gli sbandieramenti che i progetti e i programmi.

Dei quali, peraltro, nessuna attenzione, nessuna coraggiosa proposta è in campo per rendere efficaci
i necessari investimenti massicci, togliendo di mezzo le impressionanti impalcature burocratiche
costruite come il Codice degli appalti, l’Autorità nazionale anticorruzione, il reato di abuso d’ufficio ecc..

Gli attacchi a testa bassa contro il governo della Lombardia rientrano certamente in un contesto da campagna elettorale continua,
ragion per cui gli sbandieramenti finiscono col preferire la forma delle promesse alla sostanza dei fatti da realizzare,
soffermandosi con parole alate nell’evocazione della mitologia del dopoguerra.

Ma senza la volontà e la capacità – due doti del tutto invisibili in questo governo traballante e diviso con l’incompetenza al potere,
con l’uno vale uno, con i voltafaccia sugli anti-vaccini, con l’ignoranza e l’invidia sociale –
sarà praticamente impossibile una gestione della res publica.

Altro che ricostruzione...
 

Val

Torniamo alla LIRA
Con gran parte dell’Europa che sta gradualmente tornando ad una relativa normalità,
era inevitabile che il Nord produttivo del nostro Paese reclamasse a gran voce la fine di un autolesionistico blocco totale dell’economia.

In questo senso, dopo aver seguito con estremo rigore la linea, a mio avviso folle,
dello “stare tutti a casa” imposta dal Governo centrale, i governatori di Veneto e Lombardia
si sono fatti portavoce del drammatico grido di dolore proveniente da ogni parte del loro vasto tessuto produttivo.


Ora, quanto essi siano pienamente consapevoli del danno prodotto al sistema Paese da una campagna terroristica
che è riuscita, manu militari, a paralizzare per un tempo lunghissimo quasi tutte le libertà costituzionali,
in primis quella di lavorare e produrre reddito, non è dato sapere.

Tuttavia, al di là di qualunque considerazione di lana caprina, ben venga questo importante squarcio di buon senso
in un cupo velo di morte sociale ed economica che il surreale comitato di salute pubblica al potere ha calato da mesi sull’Italia.

Un comitato di salute pubblica che proprio in forza di una martellante propaganda terroristica e terrorizzante,
aiutata in questo da gran parte di una informazione del tutto asservita, tiene ancora il Paese reale inchiodato,
giustificando tutto questo con la tutela suprema della salute della collettività.

Il problema però, il quale sembra completamente sfuggire ai cervelloni della scienza medica
e ai decisori politici che li utilizzano come schermo per le loro misure liberticide,
consiste nel fatto che senza libertà non c’è economia e senza economia non c’è Pil
e senza Pil non ci sono quattrini per curare nel prossimo futuro neppure un raffreddore.


D’altro canto, come si sforzano di spiegare illustri scienziati di fama mondiale come Ilaria Capua e Giulio Tarro,
appare del tutto insensato pensare di puntare alla totale estinzione del Covid-19 prima di riaprire la società
(anche perché, secondo gli stessi studiosi, questi virus non spariscono mai del tutto, casomai mutano divenendo meno letali).

E io da ignorante la penso come tutti coloro i quali stanno facendo pressione sui governatori di Veneto e Lombardia:
se non ci acconciamo molto rapidamente a convivere con il coronavirus, adottando le ragionevoli precauzioni del caso,
molto presto dovremmo affrontare un catastrofico dissesto economico e finanziario.


A quel punto le chiacchiere e le surreali conferenze stampa di chi ancora tiene le redini del potere
non serviranno ad evitarci un drammatico salto all’indietro in direzione del sottosviluppo.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Avete provato per caso a leggere il Decreto sulla liquidità alle imprese e ai privati
entrato in vigore pochi giorni fa e tanto sbandierato dal governo come il testo normativo
che avrebbe messo a disposizione di tutti un primo salvagente oggi quanto mai necessario?

Io ci ho provato prima da solo – faccio questo mestiere ormai da quattro decenni – e poi con i miei collaboratori:
non ci abbiamo capito quasi nulla.

Allora mi son rivolto, ipotizzando fosse un testo più comprensibile per chi avesse una certa dimestichezza
con fatturati, bilanci e finanziamenti, ad un mio caro amico, noto e prestigioso commercialista di una grande città italiana:
mi ha però detto di non averci capito quasi nulla.

Poi lo stesso presidente nazionale dell’Ordine dei commercialisti ha confessato di aver molte difficoltà a comprendere il significato di quelle norme.

Insomma, o siamo tutti improvvisamente diventati semideficienti, dal momento che non riusciamo a intendere
il senso di un testo normativo oppure si tratta di norme scritte in modo maldestro, in un italiano improbabile,
confuso, a volte ridondante, altre reticente, ma in ogni caso oscuro e incomprensibile.

La verità, purtroppo, come molti professionisti italiani ben sanno, è quest’ultima.

Da diversi anni il confezionamento dei testi normativi è progressivamente peggiorato sia dal punto di vista dell’uso della lingua italiana,
sia da quello del senso giuridico di volta in volta veicolato e che, ovviamente, dipende in larga misura da quell’uso.


Domanda:

ma chi sarà mai che, machiavellicamente, in concreto scrive questi testi?

Di chi la malefica mano che li verga?

Quale nefando intelletto li partorisce?

Esempio.
Il testo di legge che prevedeva la moratoria sui mutui – precedente a quello attuale – non solo è costituito da centinaia di articoli
(il che è già un’assurdità), ma da centinaia di commi per ogni articolo.

Insomma, un delirio concettuale e linguistico, come risulta chiarissimo sol che si pensi come sia necessario
cercare di uscire da quel mefitico labirinto destreggiandosi fra il comma n° 382 e il comma 527 del medesimo articolo di legge:
vi sembra serio e sopportabile? A me no, per nulla.

E non si tratta soltanto di capire, che già è cosa necessaria; si tratta anche di assicurare la vigenza della stessa legge
su tutto il territorio nazionale, evitando l’arbitrio di ciascuno, come purtroppo si verifica spesso.

Altro esempio.
Se un architetto deve progettare – poniamo una piscina – in due comuni limitrofi, avrà cura non già di cercare di capire
cosa esigano in proposito le leggi urbanistiche, poiché molte di queste sono incomprensibili;
invece, si farà comunicare dagli uffici tecnici dell’uno e dell’altro cosa loro esigano allo scopo
e farà in modo di accontentarli entrambi, anche se ciascuno pretenderà cose diverse dall’altro,
poiché avrà interpretato la medesima legge a modo suo, inappellabilmente.

Questo significa una cosa sola e gravissima: e cioè che la legge in Italia non vige da nessuna parte,
non trovando applicazione se non attraverso il puro arbitrio di chi dovrebbe rispettarla,
ma non può farlo, anche volendo, perché essa è a tal segno astrusa, contorta, illeggibile,
da prestarsi ad ogni interpretazione, ma anche al suo contrario.


Per non parlare poi dei ricorsi in tal modo propiziati e dell’enorme lavoro che si chiede ai tribunali, sommersi da un contenzioso assurdo ed evitabilissimo.

E dunque, di chi la responsabilità di un tale stato di cose?

Principalmente, dei dirigenti e dei funzionari ministeriali, i quali sono coloro che di fatto redigono i testi normativi,
al di là della volontà politica di ministri e sottosegretari.


Costoro rappresentano il fiore avvelenato e maligno della più perversa burocrazia,
capace di perpetuare se stessa in modo indefinito attraverso il culto sacralmente offerto alla congerie di quegli “arcana imperii”,
già identificati dalla scienza politica (con Ernst Kantorowicz), e che costituiscono il frutto maturo
di una terribile dominazione sui cittadini, resi sudditi inermi di una legge oscura e indecifrabile e distillata a lor piacere dai burocrati di turno.

Il ceto burocratico ministeriale – inamovibile perché occupa le poltrone per concorso pubblico,
mentre un ministro cambia ad ogni sommovimento politico – scrivendo leggi incomprensibili, persegue due scopi.


Il primo è quello di auto perpetuare la propria esistenza, come aveva già chiarito Max Weber,
ammantando le strutture burocratiche di una sovrana intangibilità: loro e soltanto loro possono capire la legge
e sono in grado di decifrarne i misteriosi intendimenti e gli oscuri meccanismi,
sottratti alla interpretazione dei comuni esseri umani (ecco gli “arcana imperii”)
e dunque godono di una superiorità assoluta e quasi sacrale su ogni altra espressione statuale e giuridica.
Essi sono allora per definizione i sacerdoti della legge.

Il secondo scopo è quello di svuotare la legge – pur mantenendola formalmente in vigore – di ogni nucleo di verità,
a favore dell’arbitrio del piccolo burocrate locale, che potrà interpretarla come gli parrà opportuno e possibile
all’interno del proprio perimetro di competenza, ben grato a questo perverso sistema che lo renderà
una sorta di incontrastato “reuccio” nella gestione del proprio potere, del quale a nulla e a nessuno dovrà rendere conto.

Da qui, ovviamente la spinta verso la corruzione e il mercimonio dei pubblici uffici.

Questi effetti nefandi, antidemocratici e antigiuridici sovvertono alla base la ragione di fondo della signoria della legge scritta
che aveva segnato – col suo apparire e col suo affermarsi – la nascita dello Stato di diritto in senso moderno.

Infatti, in epoca post-illuministica, si volle che – una volta individuati i principi del diritto attraverso l’uso della ragione, liberata dai pregiudizi –
questi si mettessero per iscritto allo scopo di farli conoscere da tutti e da tutti farli intendere.

Intendere il vero senso della legge è però oggi del tutto impossibile, come si è visto.

Siamo ormai perciò da tempo al di fuori dello Stato di diritto, perché la legge è divenuta un vuoto simulacro.

E lo si deve proclamare ad alta voce.

Il peggio è che questa confusione inesplicabile tramortisce anche il capo del governo.

Infatti, Giuseppe Conte, poche sere fa, durante una conferenza stampa a reti unificate
per ben tre volte ha affermato che il decreto liquidità avrebbe assicurato fino a 25mila euro per ogni partita Iva,
a semplice richiesta e senza alcuna valutazione da parte della banca.
Lo ha ripetuto tre volte, non due. Tre. Ebbene, nulla di ciò. Nessuna traccia nel decreto.


Il solo numero 25 che venga citato lo è per dire che si potrà chiedere in banca non oltre il 25 per cento del fatturato del precedente anno fiscale,
cosa molto diversa da quella detta da Conte.


E allora, escluso che Conte abbia deliberatamente voluto dire una cosa per l’altra,
dobbiamo dedurne che anche lui si è confuso, senza capire davvero il senso del decreto che lui stesso aveva firmato.


Non c’è che dire!

La legge che, in una società ad alta complessità come la nostra, dovrebbe servire a razionalizzarla rendendola più semplice e leggibile,
ne diviene invece un ulteriore e perverso coefficiente di complicazione.

La legge diviene inutile, se non dannosa, al punto da irretire nelle spire della sua impossibile decodifica perfino il capo del governo.

Se, nel nome dello Stato di diritto e della umanità stessa, non si porrà mano ad una decapitazione del ceto burocratico oggi onnipotente,
ogni altra iniziativa sarà vanificata.


Questa la vera ed indifferibile rivoluzione, pacifica, da promuovere.

I politici di ogni colore dovrebbero capire questo. Lo capiranno? Ne dubito.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Per un po’ di tempo il fantasma che ha ossessionato le notti insonni di Giuseppe Conte è stato quello di Mario Draghi.

Mentre nel suo ufficio di Palazzo Chigi preparava le sue uscite televisive in cui si annunciavano decreti che dovevano essere ancora definiti,
il premier incominciava ad udire un grande sferragliare di catene nei corridoi dello storico palazzo e,
chiamato il fido Rocco Casalino per sapere che diavolo stesse succedendo, veniva rassicurato dal “niente, è il fantasma di Draghi che si aggira nel Palazzo”.

Da qualche giorno, invece, il fantasma è cambiato.

A sferragliare ed agitare i notti di “Giuseppi” non c’è più l’immagine di Draghi, ma quella di Vittorio Colao
che si aggira tra corridoi e stanze vestito da Principe delle Tenebre.

“Ma come – protesta Conte con Casalino – ma se l’ho scelto io a guidare il comitatone che dovrà decidere la Fase 2!”.

“Si – concorda il fido scudiero – Ma è la legge della politica: chi decide si siede sulla poltrona del massimo decisore!”.

.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ora che lo stellone di “Giuseppi” Conte si sta inesorabilmente appannando,
è giusto noi tutti si ponga più d’una domanda all’avvocato degli italiani.

Soprattutto la gente vorrebbe sapere cosa ne ricaverà in futuro dall’essersi reso accondiscendente
verso l’instaurazione del comitato abusivo e d’affari dei 17.

Che sembra proprio la ricetta Colao per liquidare gli ultimi scampoli d’Italia,
per terminare quelle svendite e chiusure iniziate con la caduta di Bettino Craxi (ultimo presidente del Consiglio davvero italiano).


Ma serve proprio una “task force” internazionale per questa Fase due del coronavirus?

E Giuseppe Conte ha influito sulle nomine o le ha dovute in parte subire?

Poi ci sono quei rumors, vari pettegolezzi, che accreditano il professor Guido Alpa
(dove l’avvocato Conte s’è formato) in buoni rapporti con Vittorio Colao,
pare consolidati dalla compravendita della Vodafone di De Benedetti a certi inglesi.

Ma non scendiamo nel particolare, certi altarini prima o poi ci verranno narrati.

Resta il fatto che, il gruppo dei 17 è stato da qualcuno definito “Comitato d’affari dei 17”,
perché decideranno in merito alle attività che avranno diritto o meno ad una ripresa lavorativa.


Intanto Colao è già stato appellato “Caronte”, come il traghettatore infernale,
sarà lui ad accompagnare l’Italia verso la “Fase 2 dell’emergenza pandemia”.

E di traghettamenti Colao ne sa più di altri.

Dopo aver lavorato presso la banca d’affari Morgan Stanley e poi in McKinsey & Company,
nel 1996 assurgeva a direttore generale della Omnitel di De Benedetti:
azienda telefonica poi traghettata (la fa vendere) agli inglesi.

Nel 2004, dopo aver totalmente permesso la fuga di Vodafone sotto il sistema fiscale britannico,
diventa amministratore di Rcs MediaGroup.

Ma nel 2006 torna in Vodafone come amministratore delegato.

Nel 2015 diventa amministratore dell’Unilever, la società globale di diritto olandese
che ha acquistato più di quattrocento marchi nel campo alimentare, bevande ed igiene per la casa.

L’Unilever ha sede a Rotterdam (Paesi Bassi, quindi Olanda) e poi a Londra:
soprattutto è la multinazionale che ha acquistato i nostri :
Algida,
Eldorado,
Toseroni,
Motta,
Bertolli,
Calvé,
Gradina,
Foglia d’oro,
Flora,
Knorr,
Findus,
Milkana,
i detersivi Omo,
Coccolino,
Svelto,
Rexona,
Dove,
e poi i profumi Cerruti 1881,
ed ancora la cosmesi Fissan.

Insomma, la Unilever è l’azienda che dal 1992 ad oggi ha letteralmente razziato gli storici marchi italiani.

Non ci sorprenderebbe se in queste manovre dei 17, tra aperture e chiusure,
entrassero anche i licenziamenti totali in Whirlpool, Ilva, Conad… in modo da superare i fatidici 500mila disoccupati in più
che, già prima della pandemia, venivano preventivati entro la primavera 2020 (calcolo che veniva fatto nel 2019):
oggi vanno sommati anche i disoccupati della piccola e media impresa, ed il conto dovrebbe superare i dieci milioni.


Ma torniamo al nostro Colao, che nel maggio 2018 annunciava le dimissioni da Vodafone:
qui ci si perde, perché scopriamo che era contemporaneamente amministratore sia di Vodafone che di Unilever.

Ma dove paga le tasse Colao?

La leggenda narra che sia cittadino anglo-olandese.

Una sorta d’olandese volante, che come l’omonimo vascello fantasma solca i mari mondiali degli affari.

Dal 2018 il buio, si sa solo che viaggia scortatissimo, che è amico (tramite De Benedetti) di George Soros
e che conosce il gotha del fondo di Hillary Clinton.

Questi ultimi sono più che interessati ad usare il 5G cinese in funzione anti-Trump.


Per farla breve, il comitato dei 17 esperti vede concentrarsi gli interessi delle multinazionali che, da circa trent’anni,
ricordano ai governi italiani l’impegno a svendere gli asset, il cosiddetto “Sistema Paese”.


Un comitato che ha già mangiato e digerito il piccolo Conte, ormai vittima di questa struttura:
i 17 condensano la forza di Troika, Trilateral e Bilderberg.


Soprattutto godono il favore dei “poteri bancari europei”, ecco perché Germania e Olanda si sarebbero chetate contro i problemi economici dell’Italia.

Anche perché Colao è il vicepresidente della lobby europea (ben presente a Strasburgo e Bruxelles) “Round Table of Industrialists”:
struttura che tutela gli interessi delle grandi multinazionali, e che da tempo preme che si passi alla fase due anche di Ceta e altri accordi,
per permettere alle security delle multinazionali d’affiancare magistrature e polizie nelle indagini
contro chi aggredisce con campagne stampa e manifestazioni gli interessi dei colossi capitalistici
(valga per tutti l’esempio della Tap petrolifera a Lecce).


Infatti ci chiediamo cosa ci faccia anche Peter Sutherland (vertice della Goldman Sachs) nel Comitato dei 17:
la Goldman Sachs è la banca che nel 2011 usava lo spread contro l’Italia e ne chiedeva il default, il fallimento.


Soprattutto desta sconcerto la presenza del diplomatico belga Étienne Davignon
(già presidente del Bilderberg, erede d’una dinastia massonica francese)
è tra gli esperti graditi a Colao, lo conobbe grazie a De Benedetti, ed era l’uomo applaudito da Soros
come europeo alla guida d’integrazione ed immigrazione.


Non è certo un caso che i nomi citati siano nell’elenco dei consulenti graditi ad Ursula von der Leyen
(presidente della Commissione europea), al belga Charles Michel (già presidente del Consiglio europeo)
e, ciliegina sulla torta, a Christine Lagarde (governatore della Bce).


Non è casuale nemmeno la presenza di Enrico Giovannini nel comitato, l’accademico è uno dei membri del “Club di Roma”,
fondato dall’imprenditore Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King (ma col gradimento di David Rockefeller, Giovanni Agnelli).


La domanda che dobbiamo porci: è perché l’ex amministratore delegato di Vodafone (Vittorio Colao),
che per due anni ha studiato il 5G, viene ora posto a capo del gruppo di lavoro governativo?

Non è affatto un caso che intendano utilizzare la tecnologia 5G per curare (spiare) la vita degli italiani.

Infatti, molti sindaci starebbero già opzionando il 5G come tecnologia utile ad incrociare i dati di vita privata,
movimenti e riconoscimento facciale di cittadini eventualmente esposti al contagio da “coronavirus”.

Del resto, Colao ha più volte parlato (come Vodafone Group) della futura sfida d’integrare l’intelligenza artificiale con quella umana,
della simbiosi tra uomo e robot, e che tutto avrebbe un futuro grazie al 5G.


“Ci sono dei requisiti da rispettare per governare il cambiamento – ha detto Vittorio Colao – Posti di lavoro che spariscono?
Salari che potrebbero scendere? È questo quello di cui abbiamo bisogno per uscire dalla crisi.
l’Italia è esempio di sperimentazione intelligente delle reti 5G di prossima generazione”.


Allora ci domandiamo se l’alta tecnologia serva per farci superare la crisi o per controllare i cittadini fin nel proprio intimo?

Di fatto il potere affidato a questo “Comitato dei 17” è totalmente abusivo.

Fa parte del gioco golpistico che inghiottirà lo stesso Conte.

Non è certo un mistero che le grandi banche d’affari ora vedano in Colao il successore di Conte,
soprattutto in vista dei pignoramenti europei verso i beni degli italiani piccoli e medi e, poi, della svendita delle ultime grandi aziende.


Come chiosa rammentiamo che una parte dei poteri italiani e dei vertici di forze armate e forze di polizia
si sarebbero già messi a disposizione dei 17, mentre altri non vorrebbero mandar giù l’instaurazione di questo stato tecnologico di polizia.

Non vorremmo essere nei panni di Conte, perché lui stesso potrebbe finire stritolato dagli ingranaggi di sistema.

E poi quei grillini, tanto antisistema da affidare le sorti dell’Italia a Vittorio Colao ed Étienne Davignon.

La P2 a confronto era un gruppo di patrioti dilettanti.
 

Tolomeo

Perdo pelo, non il vizio
...

Non vorremmo essere nei panni di Conte, perché lui stesso potrebbe finire stritolato dagli ingranaggi di sistema.

E poi quei grillini, tanto antisistema da affidare le sorti dell’Italia a Vittorio Colao ed Étienne Davignon.

La P2 a confronto era un gruppo di patrioti dilettanti.

Il M5S, pur di rimanere aggrappato per altri tre anni alle poltrone parlamentari ed assicurare cospicui introiti ai "fondatori", sta facendo strame di tutti i suoi proclami elettorali.

Per ottenere ciò, non si vergogna di tenere bordone ai neo-liberisti euroinomani talebani del PD.
 

Val

Torniamo alla LIRA
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Val

Torniamo alla LIRA
Richiesta intervento urgente istituzioni superiori dello Stato
Ricevo dall’Avv Paola Musu il seguente appello che volentieri pubblico.

Al Presidente della Repubblica Italiana

Al Presidente del Senato

Al Presidente della Camera

Alla Corte Costituzionale in persona del Suo Presidente e dei suoi Giudici


“Vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo” (Oriana Fallaci).

Abbiamo custodito il silenzio sino a questo momento, ora, per il livello di irrazionalità,
disfunzionalità e distruttività a cui è stata portata la gestione della dinamica “Covid”, non ci è più consentito.

All’indomani della “dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus (PHEIC)
dell’Organizzazione mondiale della sanità del 30 gennaio 2020”, quale citata nella delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020,
quest’ultimo, con un’iniziativa senza precedenti, dichiarava, con la medesima, lo “stato di emergenza”,
in virtù dell’art. 7, comma 1, lettera c) e art.24, comma 1, del D.Lgs. n.1 del 2 gennaio 2018.

Ora, il D.Lgs. n.1 del 2018 (altrimenti detto “Codice della Protezione Civile”)
ridefinisce la disciplina del Servizio nazionale della Protezione Civile, e la lettera c), del comma 1, dell’art.7,
cui il Governo si è aggrappato, individua, tra gli eventi emergenziali di protezione civile,
le “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo(…)”,
cui l’art.24 del medesimo d.lgs. ricollega il potere di adozione della suddetta delibera “emergenziale”,
la quale comporta, in forza del successivo art.25, che
“per il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale
si provvede mediante ordinanze di protezione civile, da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente,
nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza
e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione Europea”.

Da notare che non è previsto lo strumento del DPCM e che le ordinanze della protezione civile
non possono comunque essere adottate in violazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico
(e delle norme dell’Unione Europea), onde deve ritenersi inammissibile, nel contesto di siffatta procedura,
e a mezzo degli strumenti contemplati dalla medesima, la compressione, benché minima,
di diritti e libertà costituzionalmente garantite ed inviolabili.


Inoltre, quantunque possa ipotizzarsi, in linea teorica, la riconduzione di un evento “epidemico”
nell’alveo della nozione di “evento calamitoso di origine naturale”, in materia sanitaria, ivi incluse le relative “calamità”,
esiste una normativa dedicata,
la quale, in virtù del “principio di specialità”,
ben noto anche all’ultimo degli studenti di diritto, è insuscettibile di essere prevaricata.

Tale normativa è dettata dal R.D. 1265/1934 (testo Unico delle leggi sanitarie) e dalla legge n.833/1978.

In particolare, in virtù del Titolo V del R.D. 1265/1934 artt.253 e ss. è il Ministro dell’Interno,
sentito il Consiglio Superiore di Sanità, ad adottare le misure opportune in caso di epidemie.
Ugualmente, l’art.32 della L.833/1978 riconosce siffatto potere, sempre sull’intero territorio nazionale, al Ministro della Sanità.
Alcuna di queste norme, tuttavia, va ad incidere sulle libertà costituzionali, come difatti mai è accaduto,
prima d’oggi, a memoria storica, nella gestione di simili accadimenti, dalle epidemie di malaria, a quelle di colera,
di poliomielite e nemmeno nel caso della più nota influenza “asiatica” tra il 1957 e il 1960.


Perde pertanto di validità la stessa declaratoria di “stato di emergenza”, in quanto deliberata totalmente fuori contesto giuridico e ordinamentale,
oltre che ad una data in cui non sussistevano evidenze emergenziali, come dimostra l’immobilità mantenuta per circa un mese.

Sempre fuori contesto giuridico e ordinamentale, si è virato procedendo sotto “copertura” di decretazione d’urgenza,
ponendo in essere una massiccia soppressione delle libertà e dei diritti costituzionali a mezzo DPCM
emessi dapprima sotto D.L. n.6 del 6 febbraio 2020, definito dallo stesso Prof.Sabino Cassese su “Il Dubbio” del 14.4.2020 “fuori legge”,
poi, benché convertito in legge n.13 del 5 marzo 2020, abrogato e sostituito dal D.L. n.19 del 25 marzo 2020, ancora in fase di conversione:
e questa “conversione in legge” di un decreto “fuori legge” dovrebbe essere piuttosto eloquente circa il ruolo svolto dal Parlamento in tutto questo
e sull’effettiva attitudine della relativa compagine alla garanzia del rispetto delle proprie prerogative, in quanto organo costituzionale,
e di argine invalicabile a possibili travalicazioni dell’esecutivo, oramai divenute conclamate.

Si è anche arrivati alla nomina di un comitato tecnico scientifico, con ordinanza n.630 del 3 febbraio 2020 del capo della protezione civile,
scavalcando, in violazione del DPR 257/1961, gli organi consultivi previsti dall’ordinamento, in particolare il Consiglio Superiore di Sanità,
e per la cosiddetta “fase 2” è stata annunciata la nomina di un comitato di esperti in materia economica e sociale: ma il problema non è sanitario?

Il Prof. Cassese afferma “E’ forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati”.

Siamo sicuri che ci sia solo avvicinati?


Il D.L. 19/2020 conferisce al capo del governo un potere illimitato e generalizzato di compressione delle libertà,
che si è poi tradotto, a mezzo DPCM, in una soppressione de facto delle stesse,
e tracimata in una serie di ordinanze in ordine sparso di vari governatori e sindaci,
in taluni casi anche più restrittive e condizionanti, talora inconferenti con la realtà sanitaria locale,
con abusi di potere che iniziano a concretarsi a livello applicativo, di cui hanno fatto le spese anche alcuni membri del Senato.

Sulla medesima linea compressivo -soppressiva, senza precedenti, oltre che illegittima, si sono mossi, con alcuni provvedimenti,
altri membri dell’esecutivo (ordinanza del ministro della salute del 20 marzo 2020 e del Ministro della Salute di concerto col Ministro dell’Interno del 22 marzo 2020).

Attenendoci ai fatti, dopo quasi un decennio di smantellamento sistematico del sistema sanitario nazionale,
attuato con smembramenti di unità e corpi d’eccellenza, soppressioni, accorpamenti e tagli pesanti,
dopo i ripetuti appelli del corpo dei medici, che segnalavano la perdita di competenze per impossibilità di trasmissione delle stesse
ad un ricambio generazionale e la fuga in massa per quota cento dello scorso anno, anche ciò che era routine parrebbe diventata “materia oscura”.

Così, devastato il diritto alla salute, ora ancor più compromesso per il verificarsi di situazioni concrete di impossibilità de facto di accesso,
si utilizza la devastazione e soppressione di diritti incomprimibili quale preteso e asserito rimedio alla prodromica
e continuata lesione del diritto che si pretenderebbe di voler difendere.




Senza entrare nel merito dell’incidenza concreta dell’evento morboso, comunque non giustificante, qualunque ne sia la reale proporzione,
agli effetti della condotta tenuta, è accaduto che, veicolata da un’operazione mediatica di alimentazione del panico collettivo di massa,
degna di un’ipotesi di scuola da guerra psicologica, e consolidata da interventi travalicanti dell’esecutivo, al di fuori da ogni precedente,
non è stata solo intaccata la libertà di circolazione, è stata violata la libertà personale, in totale dispetto dell’articolo 13 della Costituzione,
imponendo una carcerazione di massa ai domiciliari, de facto, ad oltre il 99% della popolazione, senza alcun rispetto per la persona umana,
come preteso dall’art.32 invocato dagli artefici di tutto questo, è stato soppresso l’esercizio del culto, la libertà di riunione e di associazione,
compromesso il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro e alla libera iniziativa economica,
è stata fatta macelleria del tessuto economico e sociale
, molte attività sono definitivamente compromesse e per molte persone non ci sarà un futuro:
questa è la vera emergenza e sarà ben più grave e irrimediabile di ciò che è stato preteso sul fronte sanitario,
perché l’effetto a catena che le è connaturato non è valutabile a priori. Questa follia deve terminare.


Cagliari, 17 aprile 2020

Avv.Paola Musu

Avv.Debora Mura

Avv. Patrizia Francesca Orsini
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il sor Burioni è un personaggio che spara ad alzo zero con il suo cannone di verità indiscussa e indiscutibile.

Chiunque non sia passato al vaglio del suddetto e della sua immensa cultura e capacità di sapere più degli altri è subito tacciato,
se gli va bene di cretino, se no addirittura di disinformatore e anche, possibilmente, di criminale della comunicazione.

La comunicazione medica e virologica passa solo attraverso Burioni, pensa Burioni.

Per esempio, il gruppo di lavoro di Bari il 25 gennaio 2020, presso il laboratorio di epidemiologia molecolare subisce un attacco di Burioni con la sua sortita:

Chi è il cretino che fa uscire queste notizie di sospetta infezione da coronavirus a Bari, a Parma e via dicendo?
I medici? I direttori sanitari? Chi? Non serve a niente, State zitti e comunicate solo le notizie certe in questo momento in cui la gente è spaventata
“.

Un genio comunicativo Buironi, lo sappiamo, e quindi può permettersi di dare dei cretini.

La professoressa Maria Chironna risponde, da professionista, che è obbligo di legge segnalare un sospetto contagio,
e non si può fare per pizzino; quindi se qualcuno recepisce la notizia e la rimbalza all’esterno della struttura non ci possono fare nulla.

Ma il sor Burioni è “il virologo” e può permettersi di “cretinare” chiunque.

Perchè questa acredine di Burioni?

Forse lo spiega il fatto che solo pochi giorni dopo, il 31 gennaio, il sor Burioni se ne sorte con un video dove è lui che in pompa magna da la notizia del virus.

Il 25 gennaio bacchetta come cretino chi stava facendo il suo lavoro, e il 31 gennaio lui fa esattamente la stessa cosa.

Nel suo video però dà notizie contrastanti, tiene il piede in due staffe perchè da una parte dichiara:

La notizia che temevamo è arrivata, ma niente panico, niente paura, continuiamo a fare la nostra vita normale,
frequentiamo piazze, strade e ristoranti anche cinesi. Preoccupiamoci del virus influenzale che circola
“.


Ma contemporaneamente, nello stesso video, avverte che ci si dovrebbe isolare e lo fa con malcelata, anzi evidenziata,
prosopopea del “lo sapevamo… – se avessi incarico di governo… – consiglierei di… “.

Il pensiero buroniano è già auto istallato sul piedistallo del “siamo noi i detentori della verità”.

Non solo ma sia il 2 che l’11 febbraio il sor Burioni se ne sortiva con:

In Italia il rischio è zero. Il virus non circola. Dobbiamo avere paura del coronavirus così come abbiamo paura dei fulmini

Una affermazione palese e insindacabile di grande esperto, smentito poi dai fatti e che gli costò
un “Burioni un cazzaro” da parte di Marco Travaglio, che evidentemente, dati gli eventi successivi, non sbagliava.

Già questo sarebbe stato sufficiente per smettere di invitare il guru della virologia presso studi televisivi e affini
dato che a differenza di ciò che dichiarava il virus cominciava a diffondersi e mietere vittime.

Pare normale no? Invito in trasmissione una persona che deve sapere di ciò che parla, non semplicemente parlare.

A metà febbraio scoppia un a guerra di tweet fra Burioni e Rossi della Regione Toscana.

Burioni vede nei cinesi che rientrano in Italia una buona occasione per sottolineare quanto sia importante il suo parere,
ma Rossi non ci sta a passare da allocco, non più di quanto necessiti, e risponde.

Si conclude con il coinvolgimento di tutte le Istituzioni centrali e locali in una schermaglia di rimpalli di responsabilità,
ma nel frattempo il Burioni si è sfilato lasciando tutti gli altri a schiaffeggiarsi.

Il Burioni il 21 febbraio, resosi conto che le cose non andavano come lui aveva detto,
inverte la marcia con un deciso colpo di freno a mano ed un testacoda alla Ken Block
anche se a qualcuno è subito apparso alla Bur Broc.

Burioni se ne sorte dicendo:

E’ da gennaio che chiedo la quarantena, rivolgendosi al Governo.

Perchè Burioni sa comunicare e sa che se la patata bollente la gira nelle mani del Governo non si brucia le sue di mani.

E rincara:

Da quando sono state diffuse le prime notizie sul Coronavirus per limitare i contagi è necessario l’isolamento.
E’ l’unica cosa importante. Chi torna dalla Cina deve stare in quarantena. Senza eccezioni.


Ancora Burioni in un post pubblicato sul suo profilo Twitter:

Spero che i politici lo capiscano perché le conseguenze di un errore sarebbero irreparabili.

Cioè, capiamoci, questo è sempre lo stesso Burioni, quello che a febbraio dava del cretino
a chi diffondeva la notizia della presenza del virus invitando a stare nelle piazze a fare vita normale.
Ora dice che è da gennaio che diceva che si doveva “quarantenare” l’Italia.
Qualcuno timidamente gli fa notare l’incongruenza, ma il sor Burioni, forte della sua immensa ed enciclopedica conoscenza, zittisce.


Il 23 febbraio la dottoressa Maria Rita Gismondo, direttore responsabile del laboratorio di Macrobiologia Clinica,
Virologia e Diagnostica Bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano, se ne sorte con un’opinione non approvata in precedenza da Burioni.

La dottoressa si permette di dire:

A me sembra una follia. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale. Non è così.
Vi ricordo che ad oggi i morti per Coronavirus in Italia sono 2 e 217 per influenza. Credo che nella comunicazione qualcosa non funzioni!
“.

Apriti cielo.

Burioni si offende, lui è la comunicazione.

Come si osa criticare la comunicazione!

Risponde definendo la dottoressa “signora del Sacco” e commenta

Niente panico, ma niente bugie. Attenzione a chi, superficialmente, dà informazioni completamente sbagliate.
Qualcuno, da tempo, ripete una scemenza di dimensioni gigantesche: la malattia causata dal coronavirus sarebbe poco più di un’influenza.
Ebbene, questo purtroppo non è vero
.

Peccato che cominciano ad essere in diversi a rendersi conto che qualcosa nei numeri non torna.

Non è chiara la modalità di diffusione, ne perchè il virus si è radicato in certe aree rispetto ad altre,
ne come vengono conteggiati i morti da covid-19, tanto che qualcuno timidamente fa notare
che si sta facendo un gran pentolone di tutti i morti.

Un unico gruppo di persone con tampone positivo ma con patologie pregresse di vario tipo e di grave entità.

Cominciano i dubbi che si esprimono in rete, ma anche fra operatori sanitari.

Burioni è però categorico, si muore per covid-19 e forse la pressione sulla dottoressa Maria Rita Gismondo è tale
che la stessa preferisce cancellare i suoi messaggi e tornare nell’anonimato.

La rete però raccatta il segnale e comincia a chiacchierare di certe anomalie.

Finisce qui? eeeehhh no!



Il 12 marzo Burioni bacchetta il Capo della Protezione civile Angelo Borrelli che il 10 marzo comunicava:

il numero dei decessi potrà essere confermato solo dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso. (…)
Ci tengo a precisare che non si tratta di decessi “da” coronavirus. (…) Sono persone che sono decedute e tra le diverse patologie avevano anche il coronavirus”
.

Burioni insorge l’espressione ” è morto con il coronavirus non per il coronavirus” rischia di essere una criminale minimizzazione“.

Nella realtà Borrelli mette il dito nella piaga, cioè esprime il dubbio che hanno molti medici, e non solo i medici,
e cioè che il virus uccide, ovviamente, ma che non tutti i morti sono morti per il covid-19,
che il decesso è stato solo accelerato dalla presenza del virus.

Questo spiegherebbe anche perchè c’è tutta questa differenza fra i numeri dei morti in Italia e quelli del resto del mondo.

Per Burioni questo però non si può dire, se il tampone è positivo il morto è morto per covid-19.

Nel frattempo, nonostante tutto, i medici lavorano e arrivano in giro le prime notizie che taluni farmaci sembrano avere un riscontro positivo.

Si tratta dell’idrossiclorichina in combinazione con un macrolide.

Ne è divulgatore Didier Raoult un virologo francese di 68 anni.

Burioni però frena, attenzione mancano riscontri. Non affrettiamoci, serve sperimentazione.
Sembra proprio che questa notizia, che non è passata prima da lui, lo infastidisca.

Il 16 marzo gli tocca cospargersi il capo di cenere perchè se ne esce con un tweet in cui si permette di dare dei cretini ai romani,
ma posta una foto che poi scopre essere un fake. Il grande inquisitore delle fake ne ha sparata una.

La rete non perdona e alla fine si deve scusare e rimuovere la foto e il tweet.

Alla fine di marzo Burioni tocca il massimo ergendosi a paladino della verità ed in barba all’art.23 della Costituzione
va in Procura e attraverso il suo gruppo, patto per la scienza, denuncia il Dott. Stefano Montanari, scienziato di livello internazionale e chiunque l’abbia intervistato.

La voce di Montanari, oltre a generare confusione e disinformazione tra i cittadini, andando nella DIREZIONE CONTRARIA
a quella indicata dalle Istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, oltre ad essere priva di ogni fondamento scientifico,
può portare a comportamenti illegali e pericolosi da parte dei cittadini, uscendo di casa o sottovalutando la pandemia
.

Non solo, chiede l’oscuramento di qualsiasi canale di informazione che ha osato dargli la parola.

Non possono esistere voci diverse dalla sua che è ormai quella istituzionale.

Taluni però gli rammentano le cappellate dette all’inizio della vicenda ma essendo il Buironi un comunicatore
sa come rimediare a queste notizie che possono mettere in dubbio la sua parola e il 27 marzo
se ne sorte con un’intervista al quotidiano Il Mattino dove afferma

Certamente la sottovalutazione iniziale ha aiutato l’acuirsi della situazione:
quelle settimane prima del 7 marzo quando ancora la gente andava alle partite,
in montagna, alle feste e si ritrovava in gruppo, ha aiutato moltissimo la diffusione del virus.
Però adesso stando in casa il virus sta rallentando la sua corsa.
Non c’è altro modo in questo momento per combatterlo.
Ma ce la faremo a debellarlo, come ci sono riusciti in Cina
.

Ma come? Se era proprio lui assieme agli zingaretti del caso a dire “fate la solita vita”,
ora se ne sorte con la “sottovalutazione iniziale” come se fosse stata colpa di altri?

Eppure grondava capacità e conoscenza il video che invitava a far vita normale,
un tranquillante in pillole per la popolazione italiana, e adesso si ringamba di sponda?

Troppo facile, Burioni andava accantonato, ma il main stream perdona tutto a taluni.

Il 30 marzo nel salotto del sor Fazio il Burioni ammette che questo vecchio farmaco usato in passato contro la malaria sembra avere una possibilità.

Poi in seguito quando si rende conto che è più di una possibilità salta in groppa al Plaquenil (nome commerciale)
annunciandolo come se fosse merito suo averne parlato in Italia e dimenticando che in rete,
il mondo che lui giudica solo fake news, se ne parlava da un bel pezzo.

L’8 aprile Buironi, dalla sua cadrega, dopo aver polemizzato anche con Rita Dalla Chiesa che osava affermare
che taluni davano dati diversi rispetto ai suoi, esprime un giudizio anche verso l’OMS e quando qualcuno gli fa notare
che si tratta di un’organizzazione di un certo livello Burioni risponde che ritiene opportuno giudicare anche un organismo così qualificato a livello mondiale.

Secondo Burioni, l’autorevolezza “si guadagna (e si perde) sul campo“.

Magari mi sbaglio, ma non è che stiamo andando verso la megalomania?

L’11 aprile comincia a girare sui social una lettera scritta da un cardiologo di Vigevano
che con una piccola ricerca sui pazienti si è accorto che il problema del danno polmonare
non è il solo responsabile della mancata ossigenazione del sangue,
ma che lo stesso va incontro a microtrombi che ne impediscono il corretto interfacciarsi con i polmoni per lo scambio gassoso.

Il cardiologo conclude: “La gente va in rianimazione per tromboembolia venosa generalizzata, soprattutto polmonare.
Se così fosse, non servono a niente le rianimazioni e le intubazioni perché innanzitutto devi sciogliere, anzi prevenire queste tromboembolie.
Se ventili un polmone dove il sangue non arriva, non serve! Infatti muoiono 9 su 10. Perché il problema è cardiovascolare, non respiratorio”
.


Si tratta di scambi epistolari fra medici, fra competenti, che interfacciando le opinioni cercano le soluzioni.

Questo passo potrebbe portare al miglioramento della terapia farmacologica che si è già affermata e cioè all’idrossiclorichina più un macrolide di supporto.

Con l’uso dell’eparina a basso peso molecolare si avrebbe un buon approccio alla malattia.

La lettera tracima in rete e apriti cielo.

Burioni va su tutte le furie.

Come si permettono questi medici di suggerire una terapia che prima non è stata avallata da lui?

Come si era scagliato contro il farmaco giapponese e le indicazioni cinesi sull’uso degli antinfiammatori
anche questa offesa non può passare. Ha già dovuto ingoiare l’idrossiclorichina francese, non esageriamo!

Il 12 aprile esplode affermando che l’eparina è una bufala.

Una scemenza di proporzioni immense. Lo scritto mette insieme alcune cose vere con altre scemenze olimpioniche,
e arriva a conclusioni che definire senza senso è generoso”
.

Burioni si riferisce alla lettera del cardiologo, secondo Burioni “fantomatico“.

Burioni è su tutte le furie,

Il mondo sta affrontando la minaccia legata al coronavirus. In un momento pieno di incertezza e di paura,
il flusso di fake news sta diventando sempre più incontrollabile. Il clima attuale di terrore è un terreno fertile per le cosiddette bufale.
Queste notizie false vengono condivise facilmente attraverso i canali social come Facebook, Twitter e Whatsapp:
nascono alcune catene con affermazioni attribuite ad esperti e vengono condivise da milioni di persone.


E rincara la dose:

Lo scritto (quello del presunto cardiologo) mette insieme alcune cose vere con altre scemenze olimpioniche,
e arriva a conclusioni che definire senza senso è generoso. Insomma, anche in questo caso una bufala.
Ricordatevi: le notizie di nuove cure non arriveranno su Whatsapp dalla chat dei genitori della scuola o dei giocatori di calcetto:
le troverete nelle riviste scientifiche e noi su Medical Facts ve le racconteremo in maniera istantanea
.

Capite, se non è scritto su Medical Facts (fatti medici) rivista su cui scrive Burioni, se non è la voce di Burioni a parlare, è fake news.

Infatti Burioni si permette di denunciare e chiedere l’oscuramento di quei canali di informazione libera che non si uniformano a quello che lui dice.

Eppure i dati sembrano dare ragione a questi medici, gente realmente sul campo, non nei salotti di Fazio,
tanto che la terapia con l’eparina a basso peso molecolare entra nel protocollo di cura
e sembra che abbia risultati concreti sui pazienti tanto che diminuiscono i morti per covid-19
e il Governo comincia a parlare di fase due e riaperture controllate.

Il 13 aprile scavalca la deontologia e l’etica e se ne esce con:

“C’è una grossa novità che dobbiamo considerare, una novità che potrebbe cambiare il futuro dei vaccini.
Come si fa per capire se un vaccino funziona? Si prendono 4mila persone, 2mila si vaccinano e 2mila no:
poi si seguono nel tempo per vedere se tra i non vaccinati c’è maggiore incidenza della malattia.
Questo richiede molto tempo: ma ora si sta cominciando a parlare della possibilità di sperimentare il vaccino su dei volontari”
.

E ancora:

“Si prendono delle persone giovani, persone che non dovrebbero soffrire grande danno dall’infezione,
si vaccinano e poi si prova a infettarle. Se questo venisse eticamente accettato noi potremmo ridurre quell’anno a pochi mesi”.


Insomma, obiettivo vaccino e veloce.

Questo prima che il mondo si accorga che c’è una terapia che funziona discretamente, costa poco,
non ha il problema di dover essere “inventata”, non rischia di essere inutile come il vaccino
dato che il virus è mutageno più di quello dell’influenza e quindi si necessita di vaccini ripetuti a mesi alterni.

Una terapia che potrebbe controllare i danni e lasciare che si sviluppi una immunizzazione di massa progressiva senza bisogno di vaccino.

Il Governo però preme per il vaccino, basta ascoltare il vice Di Maio.

Certo se Di Maio ascolta Burioni… magari potrebbe ascoltare la Sara Cunial, ma non penso lo farà dato che è un’ex 5S.

La Cunial dice: “è un fatto gravissimo che andrebbe in deroga non solo ai principi sulla sperimentazione scientifica medica
della Dichiarazione di Helsinky del 1964 e da quelli scaturiti dall’esperienza nazifascista che hanno portato alla scrittura del Codice di Norimberga,
ma anche alla nostra Costituzione che tutela la persona nella sua libertà di scelta e nel diritto alla salute
come principio fondamentale dell’ordinamento rispetto a quella del principio di libertà di ricerca scientifica e della libertà d’impresa”.

Parole sagge quelle della Cunial, sagge in un momento in cui nulla è più Democratico, dove la Libertà è precaria,
dove un uomo solo è al comando e dove ogni riferimento alla nostra Costituzione sembra si sia perso come lacrime nella pioggia.

Poi mi capita di vedere il video che vi posto qua sotto e riconosco un medico, una persona preparata
e non legata a aziende farmaceutiche o a poteri di controllo.

Si esprime in maniera professionale, conosce l’argomento e lo tratta ammettendo di non potersi considerare un esperto
per la semplice ragione che non esiste un esperto sul covid-19.

Lo paragono all’auto-dichiarato esperto Burioni e ne traggo delle conclusioni.

Stefano Manera ci dice che esiste la terapia, esiste la prevenzione per ridurre i rischi pre-infezione,
esiste un protocollo nell’affrontare la sintomatologia ed è un’azione domiciliare.


E’ chiaro anche nell’esporre i rischi di un vaccino affrettato e di difficile realizzazione data la mutabilità del virus.

Figuriamoci sperimentarlo sulle persone.

Una spiegazione comprensibile a chiunque, a parte gli stolti, che chiarisce in maniera inequivocabile diversi interrogativi
che tanti Cittadini si pongono, compresi quelli dei numeri!

Faccio notare, infine, che questa intervista è su uno di quei canali di libera informazione e non sui giornali o dai fazzi vari dove invece alberga Burioni.

Lo stesso Burioni che assieme a Martella vorrebbe chiudere proprio questi canali di libera informazione
che danno voce a persone con pensieri diversi dai soloni di stato.

Insomma, usciremo prima o poi da questo incubo, ma ne usciremo nonostante Burioni?

 
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