Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo (3 lettori)

mototopo

Forumer storico
Mi scrivono in privatoi. che un utente in lista ignora si affAnna a scrivere. Sicuramente e' quello della moneta e del signoraggio.evidente nessuno lo ha in nota. .semplicemente basta ascoltare i video del presidente del consiglio di stato 6 sezione nonché sottosegretario alla presidenza del consiglio x gli affari europei x capire che nn occorre altro. sempre disponibile ad organizzare un incontro con barra caracciolo se disponibile. E libero da impegni.chi vuole venire .pagando ovviamente a roma sicuramente sarà interessante
 

snapo

the greater the truth, the greater the libel
Mi scrivono in privatoi. che un utente in lista ignora si affAnna a scrivere. Sicuramente e' quello della moneta e del signoraggio.evidente nessuno lo ha in nota. .semplicemente basta ascoltare i video del presidente del consiglio di stato 6 sezione nonché sottosegretario alla presidenza del consiglio x gli affari europei x capire che nn occorre altro. sempre disponibile ad organizzare un incontro con barra caracciolo se disponibile. E libero da impegni.chi vuole venire .pagando ovviamente a roma sicuramente sarà interessante
ce l'ha con te e basta...potresti scrivere qlsiasi cosa...
e ce l'aveva con elico e ce l'aveva con duca...

ce l'ha...:D

è stato cacciato per l'acrimonia e il risentimento gratuito...
riammesso ma continua...vendicativo


infischiatene
il nulla è nulla anche se adesso è Natale e le lucette colorate servono a qlcosa...:clap:
 

mototopo

Forumer storico
economici.itil mondo visto da un'altra angolazione




attualita' dicembre 19, 2018 posted by Ingegner Caustico
I MUTUI CHE L’ANNO PROSSIMO AUMENTERANNO DEL 200 O 300%


C’era una volta un onorevole “diversamente intelligente” ed appartenente ad un partito in via d’estinzione che, in seno ai lavori parlamentari alla Camera dei Deputati, in riferimento all’ondata di spread che aveva colpito i titoli di stato italiani (e non solo), ebbe a dire, in un lessico piuttosto approssimativo, le seguenti memorabili parole “… sarei molto più preoccupato, lo dico con serietà, delle lettere che riceveranno le famiglie dalle banche per i mutui che aumenteranno l’anno prossimo del 200 o 300 per cento, per i prestiti delle imprese che aumenteranno in modo esponenziale, per la stretta del credito che degli istituti manderanno alle aziende”.
In pratica, secondo l’onorevole Piero De Luca, che è figlio del più noto Vincenzo De Luca (ex sindaco di Salerno ed attuale Presidente della Regione Campania), una persona che ha contratto un mutuo di 600 € mensili, l’anno prossimo dovrebbe pagare una rata che andrebbe dai 1.800 ai 2.400 € al mese! Roba da Repubblica di Weimar!!! Ci sarebbe da preoccuparsi seriamente: con gli stipendi al palo ed i mutui alle stelle, si avrebbe il collasso dell’intero sistema economico nazionale.
Esaminiamo allora l’andamento medio mensile dello spread tra titoli di stato decennali italiani e gli omologhi tedeschi e del tasso medio dei nuovi prestiti erogati a famiglie e imprese non finanziarie a partire dal gennaio 2008 fino ad ottobre scorso (dati tratti dal sito della BCE). Stiamo parlando di ben 140 mesi!



Gli andamenti appaiono piuttosto incorrelati (detto in termini non matematici: ognuno sembra andare per i fatti suoi), ma per maggiore precisione calcoliamo in maniera rigorosa il legame tra queste due grandezze:



Vi prego di porre l’attenzione al numeretto in alto a destra nel grafico soprastante (R2 = 7E-5): sta ad indicare che la variazione dello spread influenza la variazione del tasso annuale dei nuovi prestiti a famiglie ed imprese non finanziarie nello 0,007% dei casi, ovvero in meno di un caso su 10.000. Ve la dico in altro modo: il tasso di interesse sui nuovi mutui applicato alle famiglie e alle imprese, nel 99,993% dei casi, non dipende dall’andamento dello spread!
Forse l’onorevole De Luca confonde lo spread dei titoli di stato con lo spread dei mutui. Ebbene sì, il nome è lo stesso, ma il significato è ben diverso: mentre il primo indica la differenza nel rendimento tra i titoli di stato decennali italiani e gli omologhi tedeschi, il secondo indica la differenza tra il tasso dei mutui applicato alla clientela ed il tasso interbancario. Nello stesso “tranello” cadono anche due campioni dell’austerità quali Alberto Alesina e Francesco Giavazzi i quali, in un articolo apparso sul Corriere della Sera il 10 novembre scorso, asserivano testualmente che l’aumento dello spread “si rifletterà in tassi più alti per gli investimenti delle imprese e per i mutui dei consumatori, i quali dovranno quindi tagliare altre spese. Le banche (ma anche le famiglie) che posseggono Btp subiranno delle perdite e ciò significa che dovranno ridurre le linee di credito alle imprese”.
Informo l’onorevole De Luca e l’esimio duo Alesina – Giavazzi che i mutui non sono indicizzati allo spread, ma a particolari tassi interbancari: per la precisione, i mutui a tasso fisso sono indicizzati all’Eurirs, mentre i mutui a tasso variabile sono indicizzati all’Euribor. E pensate un po’: rapportando l’andamento del tasso di interesse sui nuovi mutui con gli indici Eurirs ed Euribor, si vede che la correlazione esiste effettivamente!
Che sorpresa: i mutui indicizzati all’Eurirs dipendono dall’Eurirs, mentre i mutui indicizzati all’Euribor dipendono dall’Euribor. E lo spread cosa c’entra? Secondo la teoria neoclassica (detta teoria della moneta esogena), le banche, per concedere un mutuo, devono prima “raccogliere” i soldi da prestare e pertanto sostengono dei costi di raccolta: l’aumento dello spread aumenterebbe i costi di raccolta e conseguentemente le banche sarebbero costrette a scaricare tali maggiori oneri sugli utenti, ovvero chi chiede il mutuo. Secondo la teoria della moneta endogena, invece, le banche non fanno altro che accreditare sul conto corrente del debitore un importo pari al mutuo concesso, senza necessità di “raccogliere” preventivamente alcunché, pertanto l’aumento dello spread non può impattare sul tasso di interesse. Anche questa è un’ulteriore riprova della fallacia logica della teoria neoclassica, ma non ditelo all’onorevole De Luca, è un segreto!

Claudio Barnabè
 

mototopo

Forumer storico
E' un consiglio a chi amministra investire oggi..Le inesattezze.x nn dire altro.di tale timpone. Che cerca di spiegare il debito pubblico.sulla prima pagina di .i.o. fa riflettere nn poco.......... :wall::ordine::benedizione::benedizione::benedizione::benedizione:
 

mototopo

Forumer storico
da Landriano
Il trappolone della BundesBank: come vogliono restare padroni dell’Italia anche in caso di Euroexit.




trappola-per-topi-euro.jpg




Ci sono dei casi in cui a pensare male si azzecca, e purtroppo questi casi corrispondono quasi sempre con le proposte che vengono mosse da oltr’Alpe.

Recentemente la FAZ, noto quotidiano tedesco, ha riportato la notizia di una lettera in cui il governatore della Bundes Bank, la banca centrale tedesca, Weidmann, ha chiesto un cambiamento nelle politiche della BCE, che possono essere riassunte come segue:

  • una maggiore rigidità nella politica monetaria da parte della BCE, con un controllo più stretto dei criteri di finanziamento delle banche;
  • una collateralizzazione dei saldi Target 2, cioè la garanzia degli stessi tramite i titoli posseduti dalla BCE.
Per quanto riguarda il primo punto non si tratta di nulla più che l’implementazione del credo tedesco per cui una moneta buona è scarsa, il che la renda da tesaurizzare, in un’ottica mercantilistica, e, nel medio periodo, oggettivamente inutile. Come ricorda Gresham la moneta che circola negli scambi non è quella scarsa, ma al contrario quella abbondante e di minor valore. Se fosse il contrario il mondo utilizzerebbe come valuta di riferimento il Franco svizzero invece dell’abbondante, e svalutato, Dollaro americano. Il problema in realtà è il secondo punto.

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Weidmann parla della necessità di una garanzia da parte della BCE in Titoli per i saldi Target 2 , campo nel quale il saldo è positivo per 500 miliardi per la Germania. La collateralizzazione, cioè la garanzia tramite titoli, avrebbe due conseguenze estremamente negative:

  1. ogni garanzia ha un limite, quindi avremmo posto un limite ai saldi target 2, ma se questi sono limitati, significa che pure la mobilità dei capitali nell’area euro ha un limite oltre il quale non s può andare. Se il limite è quello legati ai titoli di proprietà della BCE già non assegnati alla BuBa il limite per i salti Target 2 Tedeschi sarebbe pari a 1900 miliardi di euro circa con un saldo attuale a 900 miliardi. Però il Lussemburgo ha un T2 positivo per 240 miliardi, e l’Olanda per 90, perchè non dovrebbero essi essere garantiti? A questo punto avremmo che dei 2300 titoli acquisiti dalla BCE con i QE ben 1250 sarebbe già “Bruciati” dai saldi esistenti. Considerando i titoli spettanti di diritto , per la partecipazione alla BCE , a queste banche centrali, non rimarrebbe molto da dividere;
  2. se il Target 2 ha un limite vuol dire che al raggiungimento di questo limite i saldi NON possono aumentare, ma questo, virtualmente, spaccherebbe l’euro istantaneamente: infatti saremmo nella situazione in cui la moneta NON avrebbe lo stesso valore in ogni angolo della EMU, e quindi la fine della perfetta fungibilità condurrebbe alla fine dell’euro stesso;
  3. Inoltre a questo punto la BuBa si troverebbe in possesso di una quantità notevole di titoli di stato italiani il cui controllo passerebbe da BCE direttamente alla Banca centrale tedesca. Ora dato che siete ben consci del potere che questi titoli possono avere immessi sul mercato, in un momento in cui, tra l’altro, i tassi di interessi sono crescenti. Se una decisione politica del governo italiano non fosse gradita la BuBa potrebbe immettere sul mercato i titoli senza neppure la mediazione, flebile, della BCE.
Quindi una soluzione come quella desiderata da parte del governatore Weidmann sarebbe pericolosissima sia per l’euro nel suo complesso, sia per l’Italia, e per i paesi con saldo T2 negativo, in particolare. Come i tedeschi non si fidano degli italiani, a maggior ragione, viste le pessime esperienze storiche degli ultimi 2000 anni, non dovremmo nutrire alcuna fiducia in loro.
 

mototopo

Forumer storico
conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.






























domenica 7 ottobre 2018
IL RISVEGLIO DELL'OVVIO: LA MERKEL NON LEGGE KRUGMAN [/paste:font]

POST DI BAZAAR



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«La vittoria a sorpresa di R.Brinkhaus [a capogruppo alla Camera] deve mostrare ad Angela Merkel che la [sua] fine è vicina»

1. Il risveglio dell’ovvio nelle coscienze di chi è pagato per non aver coscienza.

Da Berlino a New York sembra che l’ovvio – se non proprio il banale – si faccia breccia nella consapevolezza degli intellettuali delle nazioni dominanti.

Questo articolo su politico.eu di Konstantin Richter si profila come un interessante punto di vista sulla dinamica economico-politica della Germania.

Il nostro rileva come la percezione dell’opinione pubblica sulla politica economica e sulle relative performance della Germania sia assolutamente fuorviata dalla propaganda tedesca.

Richter mette in luce come l’ideologia propria del capitalismo tedesco sia diversa da quella del mondo anglosassone, segnatamente da quella statunitense: «la nostra economia è condotta dall’ansia» a differenza di quella statunitense il cui «successo economico» è «basato sulla mera avidità o sull’ambizione epica o sul desiderio, come da Silicon Valley, di creare la prossima grande innovazione».

I media tedeschi sono focalizzati su altri problemi sociali, come quelli creati dall’immigrazione di massa, oppure su lontani problemi di cronaca internazionale, sorvolando sui segnali che arrivano dalla sfera economica nazionale; e vengono ricordati:

1 – lo scandalo degli accordi di cartello volti alla falsificazione delle quantità di emissioni emesse dai motori delle maggiori case automobilistiche tedesche;

2 – le condizioni disastrose in cui versa Deutsche Bank che «è l’istituzione che ha gestito praticamente la grande impresa tedesca controllando grosse quote delle società più importanti». Commerzbank non è messa meglio.

3 – Tyssenkrupp è sotto attacco dagli investitori;

4 – Bayer si è esposta con l’acquisizione ad alto rischio di Monsanto;

5 – il settore automobilistico non ha investito in innovazione.

Quando all’inizio del terzo millennio la Germania veniva chiamata dalla stampa estera «il malato d’Europa», il catastrofismo propagandato agevolò le riforme del mercato del lavoro e dello Stato sociale di Gerard Schröder, con la relativa compressione delle dinamiche salariali volta alla “svalutazione competitiva”.

Il nuovo modello tedesco di economia di mercato – che noi per inciso sappiamo essere il classico vecchio modello mercantilistico teutonico – ha rassicurato con le sue performance l’opinione pubblica.

Richter fa notare che questo stato di euforia nasconde l’insidioso lato nascosto del modello di sviluppo tedesco: nessuno parla più del problema demografico, della mancanza di personale qualificato – strettamente legati al modello mercantilista – o del declino di Deutsche Bank.

Soprattutto Richter osserva come il gigante tedesco abbia i piedi d’argilla: come è stato ottenuto l’incredibile surplus tedesco se il vantaggio competitivo su cui sono basate le esportazioni non è stato ottenuto tramite gli investimenti?

Non solo con la svalutazione del lavoro ottenuta da Schröder.

La rivelazione di una dura presa di coscienza è così espressa: «il successo degli esportatori tedeschi è ancora basato sulla superiorità dei loro prodotti? O è solo la droga anestetizzante dell’euro debole?»

La risposta a questa domanda la conosciamo: l’euro è spaventosamente sottovalutato per il mercato tedesco, regalando un vantaggio competitivo alla Germania che risulta essere destabilizzante per l’intera economia mondiale.

Ma i risvegli sui temi che la frontiera intellettuale italiana ha da tempo acquisito e divulgato, non si fermano al tragico karma alemanno: il nobel Krugman ci porta in altre vette dell’ovvio che, fuori da questi spazi, non è così banale: la dialettica tra microeconomia e macroeconomia che – dopo decenni di neoliberalismo – siamo abituati a non percepirla più, considerato che le due discipline risultano confusamente sovrapposte, non permettendo di distinguerne i diversi ambiti; ciò sappiamo essere naturale in quanto caposaldo del pensiero liberale è il cosiddetto individualismo metodologico che, nelle scienze economiche, si manifesta nello sviluppare modelli microfondati sul comportamento individuale al posto di ragionare per aggregati.

D’altronde, come amava dire la Thatcherpasdaran del liberismo antioperaio e discepola di Hayek – «non esiste la società: esistono soltanto gli individui».

2. Risvegli: «La macroeconomia è meglio di ciò che pensate, la microeconomia è peggio, ed i dati sono limitati»

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Krugman fa notare l’assoluto fallimento della comunità scientifica degli economisti nel dare supporto alla politica al fine di evitare, gestire, ed uscire dalla crisi che, da più di dieci anni, sta dilaniando la vita di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo.

Il massimo che gli economisti riescono a produrre come autocritica è chiedersi se «non sarebbe necessario dare un maggiore ruolo ai mercati finanziari nei loro modelli».

Pochi, però, «hanno fatto ciò che avrebbero dovuto», ossia, «mettere in discussione interamente la direzione che ha preso la macroeconomia in questi ultimi quarant’anni».

L’economista americano ci informa che generalmente tra economisti la vulgata è – sulla falsa riga del meno-stato-più-riforme, più-disastro-economico, meno-stato-più-riforme, più-disastro-economico, ecc., in un circolo vizioso e viziato dagli interessi immediati delle classi egemoni – che il fallimento delle ricette economiche sia stato dovuto a troppa-macroeconomia-troppo-poca-microeconomia.

Per cui il circolo vizioso e viziato di meno-stato-più-riforme, con tutti i vari corollari microfondativi della microeconomia applicati alla crisi, ha trovato pure la leva del circolo vizioso (e viziato) di troppa-macroeconomia-troppo-poca-microeconomia, ricette-inutili-quando-va-bene-e-catastrofiche-quando-va-male, e via, viziosamente, nelle bolge infernali della stagnazione quando va bene, della recessione e della depressione quando va male.

Paul Krugman ci dice che «l’esaltazione della micro come l’unica “vera” teoria economica dà alla microeconomia troppo credito e ciò è di gran lunga la causa dei modi in cui la scienza economica ha fallito».

L’imbarazzante conclusione di queste dinamiche, ci informa il premio Nobel, è stata che influencer, tanto all’esterno quanto all’interno della professione economica, hanno deciso che la scienza economica è un «nonsense» – insomma, non è proprio una scienza – e, quindi, sarebbe stato molto meglio affidarsi a «coloro che erano immersi nel mondo reale, ovvero ai grandi capitani d’impresa»; da cui l’epopea mediatica accompagnata dalla maestosa immagine: “lo ideale dell’omo virile” schumpeterianamente emerso dalla selva di cadaveri lasciati dal darwinismo mercatista: in breve, l’epopea degli espertologi.

Oppure – osserva l’illustre economista – di converso e per amor di positivismo, ci si è «concentrati sui risultati empirici e si è tralasciato i modelli».

Secondo Krugman gli aitanti espertologi del mondo dell’imprenditoria (e delle grandi organizzazioni sovranazionali, aggiungiamo noi) sono stati, «nell’ultimo decennio, più dannosi che inutili, mentre le vocine nell'aria udite dagli squilibrati (sic) con potere decisionale hanno, come al solito, dato un pessimo consiglio». Parole di Paul.

Mentre – guarda un po’ – se «l’evidenza empirica è importante e ce n’è sempre più bisogno, i dati non parlano pressoché mai per se stessi; punto che è stato ampiamente dimostrato dai recenti eventi di politica monetaria».

Insomma, di fronte all’evidenza del disastro economico-sociale che ci circonda, dove una banda di «squilibrati» – quattro noci in un sacco (avrebbe Togliatti in Costituente a proposito dei liberali) – ha dirottato e preso in ostaggio gran parte dei Paesi a democratizzazione avanzata, pare che qualche Nobel abbia iniziato timidamente a far dell’epistemologia delle scienze sociali.

Krugman porta l’esempio dei due fisici Julian Schwinger and Richard Feynman: Schwinger riuscì per primo a venire a capo dell’elettrodinamica quantistica, ma i suoi metodi erano incredibilmente complicati.

Feynman ci arrivò egualmente ma con un approccio molto più semplice – i suoi famosi diagrammi – che davano il medesimo risultato ma erano molto più semplici da usare.

Nessuno vide mai Schwinger usare questi diagrammi, ma si mormora che avesse una stanza chiusa a chiave in cui teneva i diagrammi di Feynman che usava in segreto.

Ecco, la macroeconomia moderna ricalca questo aneddoto: immaginate però che Schwinger controlli tutte le riviste e sia in una posizione per cui può prevenire che nessuno possa pubblicare con il metodo più semplice.

Cos’è l’equivalente dei diagrammi di Feynman?

Ciò che tutti gli studenti del primo anno dei corsi di economia politica studiano sotto il nome di “modello IS-LM”.

Bene: tutti gli economisti che lavorano in istituzioni che si occupano di macroeconomia ragionano, pensano, e discutono tra loro in funzione del modello IS-LM; ma, quando hanno bisogno di pubblicare sulle riviste, vengono costretti a «microfondare» il loro modello.

E un esempio lo facciamo noi: è come se si volesse dimostrare il principio di Archimede non considerando il volume complessivo dell’acqua spostata dopo averci immerso un solido, ma cercando di capire la reazione fisica dell’acqua studiando il comportamento di ogni singola molecola.

Ecco, la formula di galleggiamento, invece di risultare una semplice equazione con un paio di rapporti, si presenterebbe come un’orgia di equazioni differenziali… non risolte.

E diciamo noi, non risolte perché alla classe egemone non interessa che sia risolto alcunché. Perché la classe egemone ha scommesso sull’affondamento del Titanic (alias, “mercato globale”) e, se la nave non galleggia, i profitti e la sua influenza politica aumentano.

Il delirio matematico permette di dimostrare tutto ciò che fa comodo a chi può finanziare il delirio matematico stesso.

Immaginatevi, quindi, quale potrà essere la deontologia media dell’economista che ce la fa. Che ha un nome prestigioso...

Ora, le analisi basate sul modello IS-LM non danno grandi informazioni in tempi normali, ma forniscono precise previsioni – spesso previsioni molto preziose per le priorità delle persone – durante i tempi di grave crisi.

Ad esempio, se c’è un grande shock avverso della domanda, come quello che è avvenuto nel 2007/2008 quando è scoppiata la bolla dei mutui subprime, si manifesta un cambiamento di regime per cui né la politica monetaria né la politica fiscale hanno i medesimi effetti come in tempi normali.

Ad esempio, la macroeconomia keynesiana afferma che una volta che i tassi di interesse sono vicini allo zero, le politiche monetarie servono a poco o nulla.

Insomma, il famoso quantitative easing delle banche centrali non servirà a produrre inflazione.

Se per esempio si va a spiare (nella stanza chiusa a chiave di cui si diceva più sopra) i modelli di Tobin sul sistema bancario, scopriremmo che grandi aumenti della base monetaria non serviranno nemmeno molto a mettere in circolo moneta.

Ciononostante alcuni economisti sono impazziti nel cercare di spiegare come mai Bernanke alla Fed abbia aumentato di cinque volte la base monetaria e – nonostante gli ammonimenti sul deprezzamento del dollaro e l’allarmismo sull’inflazione – iprezzi siano rimasti al palo.

Eppure, commenta Krugman, «questo è esattamente ciò che ci si sarebbe dovuti aspettare».

...

E sulla politica fiscale?

La macro tradizionale afferma che – quando i tassi di interesse scendono intorno allo zero – non si sarebbe dovuto verificare alcuno spiazzamento, che i deficit non avrebbero dovuto far salire i tassi d’interesse, e che i moltiplicatori fiscali sarebbero stati più grandi che in condizioni normali.

Ovviamente le cose sono andate come dovevano andare secondo la macro keynesiana: non ci sono altri modelli in grado di stupire per accuratezza previsionale e “controintuitività” – eppure – non-economisti (ma anche economisti) si rifiutano di crederci.

La microeconomia non è servita a nulla, se non a ricordare che la macroeconomia keynesiana funziona.

Ciononostante, «la teoria microeconomica, fondata nella rigorosa derivazione del comportamento individuale dalla massimizzazione dell’utilità, è stata presa come il gold-standard».

La macroeconomia keynesiana, a parte generiche proposizioni di profilo psicologistico come quelle relative alla propensione marginale al consumo, si occupa di aggregati senza esplicitamente descrivere cosa gli individui facciano: questa prassi è sempre stata considerata dubbia e rozza.

Però, cari liberisti-microfondatori, dice Krugman, «il-mondo-non-funziona-nel-modo-in-cui-pensate».

Tutte le previsioni basate sulla macroeconomia microfondata, del tipo: “solo i flussi monetari inaspettati dovrebbero influenzare la produzione reale”, “le temporanee variazioni del reddito non dovrebbero influenzare i consumi”, “la spesa pubblica dovrebbe spiazzare la domanda privata”, ecc. si sono rivelate sbagliate.

Un modo per capire che le teorie ed i modelli usati sono errati, è il dato empirico, ovvero il muro della realtà contro cui si va a sbattere! (Sulla pelle dei lavoratori, ovviamente).

Un altro argomento che tocca Krugman è il principio di autorità: «Io sono un famoso professore, quindi devi credere in ciò che dico». Commenta: «Così non finisce mai bene».

L’atteggiamento fallace opposto, invece, è quello per cui «gli economisti non sanno niente», e, aggiungiamo noi, chiunque può dire la qualunque, in un’orgia di espertologia che va dagli studi televisivi al bar sotto casa.

«Gli economisti non si sono guadagnati il diritto di essere altezzosi e superiori, soprattutto se la loro reputazione deriva dall’abilità di fare matematica complessa: la matematica complessa è stata particolarmente di poco aiuto ultimamente, se mai lo è stata»

Bè, caro Krugman: forse non sono semplicemente degli squinternati coloro che si affidano ai multimiliardari per le ricette di politica economica.

Forse è il pensiero economico dominante che, come direbbe Marx, è sovrastrutturato al potere economico dei multimiliardari.

Forse… nel frattempo tutti gli altri economisti e commentatori continuino a dormire.


Pubblicato da Quarantotto a 09:50 13 commenti: Link a questo
 

Jolly Roger

L'eretico
condivido l'invito ad informarsi...

e infatti

la commissione europea è il braccio esecutivo dell'unione europea...
Commissione europea

ergo nn è un organo nè eletto nè tantomeno espressione di un partito e/o una coalizione che abbia vinto le elezioni

i commissari provengono da disparate esperienze politiche e o diverse esperienze lavorative

moscovici è un socialista...la moscerini una piddina...juncker un popolare...

al tempo Prodi...trombato in italia... fu proposto a capo della commissione proprio dal suo acerrimo nemico berlusconi...

l'unico organo eletto in europa è il parlamento e infatti non conta nulla...nn da fiducie...nn fa leggi autonome...nn cassa i comportamenti e le decisioni della commissione in contrasto con la volontà parlamentare/elettorale

bene informarsi...
e se nn lo si è sarebbe bene tacere perchè è facile incontrare qlc1 + informato

inoltre
nn mi risulta che chi si occupa o interviene su temi politici sia mai stato attore di pubblicazioni "scientifiche"...
se c'è qualcosa sul pianeta che è la negazione della scienza questa è la politica...

da lettore di science mi prodigherò affinchè ciò nn avvenga mai!

saluti


Ti ripeto studia i meccanismi di formazione della Commissione ...

La formazione sella Commissione tiene conto,del risultato delle elezioni europee.
 

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