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#Opinioneconomica. La verità sul Target2
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#Opinioneconomica. La verità sul Target2
Con l’uscita dall’euro bisogna comprare franchi svizzeri
08/02/2017 8:00 AM
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Marco Rocco Temp Lettura articolo 3 min 0 Commenti 6

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Economia
Abbiamo tutti ascoltato con estremo interesse le parole di Mario Draghi che, con un’inattesa apertura rispetto alla fattibilità di un’uscita dall’euro, ha comunque ricordato che in caso di rottura della moneta unica – secondo la sua opinione – i paesi uscenti dovrebbero comunque ripagare i propri debiti ossia, forse, ripagare il saldo negativo del Target2.
Visto che l’Italia ha un saldo di circa -365 miliardi di euro significa forse che tale ammontare sarebbe il nostro debito (da ripagare) in caso di Italeave? O, visto che la Germania ha un equivalente credito Target2 di circa 800 miliardi euro (!!!, record storico) rispetto all’intero sistema di pagamenti europeo, significa che in caso di rottura dell’euro il sistema europeo dovrebbe pagare Berlino il suo immenso surplus Target2?

Niente di tutto questo: prima di tutto il Target2 è una convenzione per cui il segno negativo non significa avere un debito ma semplicemente vuole rappresentare una traccia dei flussi di denaro che, ad esempio dai paesi periferici sono stati trasferiti verso quelli “core” (in caso di negatività come quella italiana). Dunque, nel momento in cui un soggetto con un conto corrente a credito in Italia trasferisce denaro ad esempio in una banca della Germania, da una parte determina una diminuzione del saldo nel conto italiano e dall’altra un parallelo incremento di saldo nel conto corrente nella banca tedesca, tutto espresso in euro. Quello che avviene per attuare il bonifico, ossia il determinarsi di un saldo negativo in capo alla banca d’Italia e di uno positivo in capo alla banca centrale tedesca, è solo una convenzione operativa che potrebbe tranquillamente non esistere ma che purtroppo confonde le idee dando vita al tanto chiacchierato saldo Target2 ed alle sue molteplici interpretazioni, spesso di parte.

Alla fine, come ben spiegato dall’ottimo De Grauwe su vox.eu (autorevolissimo sito accademico europeo) e ripreso dal nostro Fabio Lugano, il sunto è che il saldo negativo Target2 non rappresenta un debito per l’Italia ed un equivalente credito per la Germania quale recettore dei fondi trasferiti dall’Italia (i detentori dei saldi nei conti correnti positivi in Germania derivanti dai flussi di denaro provenienti dai paesi periferici, inclusa la loro nazionalità, rappresentano una variabile esogena ed indipendente). In soldoni la conseguenza è che, nel caso di una rottura dell’euro, la Germania non potrebbe permettersi di trasformare tutti i saldi in euro depositati nelle sue banche in nuovi marchi in quanto così facendo perderebbe il controllo della moneta nazionale – che esploderebbe in volume – e dunque farebbe partire prepotentemente l’inflazione tedesca. Ossia, e qui sta il punto, un euro che si rompe e che non esiste più verrebbe accreditato ai beneficiari effettivi in funzione della loro residenza, in lire se la residenza del proprietario è italiano, in fiorini se olandese ecc.
Andrebbe anche considerato che gran parte (anche oltre 100 mld di euro e più, diciamo anche un terzo) di detto saldo negativo Target2 italiano possa essere derivato dal rimpatrio di capitali delle multinazionali tedesche con attività in Italia con gli strumenti del “cash pooling”: di norma anche tali flussi derivanti ad esempio dal rimpatrio del cash delle filiali italiane delle multinazionali tedesche dovrebbero essere convertiti in lire (creando enormi perdite per numerose aziende germaniche attive in Italia).

Food for thoughts

In ogni caso non esiste nessun dubbio: se un soggetto italiano, volendo mettersi al riparo dalla futura riconversione forzata dei depositi bancari, spostasse i soldi in Germania per sfuggire (inutilmente) agli effetti di una rottura della moneta unica farebbe un gravissimo errore a pensare di esserci riuscito, si riprenderà le lire! Anche un soggetto tedesco con attività in Italia (vedi Cash Pooling) correrebbe rischi.
Dunque, l’unico modo per essere sicuri di scampare a detta ridenominazione (in caso di rottura della moneta unica) e dunque evitare di ritrovarsi – ad esempio per un beneficiario/residente italiano – con lire svalutate tra le mani è di convertire i propri saldi attivi di conto corrente in una valuta europea autonoma ossia in franchi svizzeri (moneta di norma correlata con il valore intrinseco del marco tedesco e/o alla valuta rappresentante l’economia germanica), possibilmente trasferendo il proprio cash nella Confederazione Svizzera.

In tale modo, in caso di rottura dell’euro, non ci sarebbero dubbi sulla valuta effettivamente detenuta in conto corrente ad esempio da un residente italiano.

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Io direi anche sterline
 

mototopo

Forumer storico
Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.































giovedì 29 marzo 2018
LA GOVERNABILITA' E LA DISTRUZIONE PARALEGALITARIA DELLA SOVRANITA' COSTITUZIONALE (RESA TOTALE?) [/paste:font]


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Moscovici: “Non ci intrometteremo, ma l’Italia deve rispettare le regole e abbassare il debito”

1. Quando parlammo più di recente della "ipotesi Calamandrei" - cioè che quando si disapplicano, per via di trattato internazionale non filtrato dall'art.11 Cost., i principi e i diritti fondamentali della Costituzione, quest'ultima "non è semplicemente modificata ma distrutta" onde "si ritornerebbe allo stato di fatto, allo stato meramente politico in cui le forze politiche sarebbero di nuovo in libertà senza avere più nessuna costrizione di carattere legalitario"-, finimmo per parlare, inevitabilmente, dell'incombente soluzione Citigroup.
Vale a dire, del prevalere del mito, extratestuale rispetto ai principi fondamentali della Costituzione del 1948, della c.d. "governabilità", assunta a principio-guida a prescindere da qualsiasi limite legale-sostanziale posto dalla Costituzione all'azione di un (salvifico?) governo.
Una formula, questa della governabilità (qui, in "Appendice di Teoria dello Stato"), che accanto ad altre (in specie il debito pubblico...come in una famiglia, qui e qui), in modo apparentemente ragionevole e persino para-legalitario (v. sotto p.5.1.), assume la prevalenza conclamata dell'ordine internazionale dei mercati sulla sovranità democratica costituzionale e pone le condizioni concrete per il definitivo superamento di ogni labile facciata della asserita continuità dello Stato di diritto costituzionale ante e post irruzione del "vincolo esterno".
2. Ma che forma assumerebbe, nella situazione di non equilibrio politico-parlamentare attuale, quale scaturito dalle ultime elezioni, questo definitivo superamento, nemmeno più formalmene dissimulato, della legalità costituzionale sostanziale?
Si badi bene: non stiamo, (non necessariamente...per il momento), parlando della legalità costituzionale formale-istituzionale, che, come abbiamo visto (p.8), è cosa diversa, data la compatibilità di tale elemento formale-organizzativo dello Stato, con il passaggio da una democrazia sociale ad una "liberale", governata (con mano di ferro) da un'oligarchia mandataria dei mercati. E quest'ultima, all'interno di un trattato internazionale liberoscambista che si autoafferma come supremo paradigma politico-legalitario, consistente in un numero ristretto di soggetti, anche istituzionali ma prevalentemente privati, rappresentativi di interessi del capitalismo finanziario estero.

3. Si tratta dunque non solo del come, in questo passaggio storico, l'Italia debba rassegnarsi alla distruzione irreversibile dell'assetto sociale della sovranità popolare pluriclasse e solidale del '48 (qui, pp. 11-14), peraltro senza particolari reazioni e resistenze popolari, ma anche del come si passi, altrettanto definitivamente, ad archiviare lo "Stato democratico sovrano [cioè] quello le cui determinazioni dipendono soltanto dalla volontà collettiva del suo popolo, espressa in modo democratico, e non dalla volontà o da forze esterne, che stiano al di sopra del popolo e al di fuori dello Stato" (come paventava sempre Calamandrei, p.2).

4. Ma, richiamati questi principi, cerchiamo la risposta alla domanda su quale forma inevitabilmente assumerebbe, a seguito dell'esito sulla composizione parlamentare delle ultime elezioni, questa distruzione della sostanza della Costituzione (ribadiamo: come vedremo tra un po', paralegalitaria....).
Si tratta di un pericolo incombente, di potenziale saldarsi di una serie di elementi già ambiguamente compresenti nel sistema e che potrebbero alla fine combinarsi. Almeno, scaturendone una paralisi conclamata negli accordi tra le principali forze parlamentari, verso la soluzione Citigroup...che farebbe rientrare in gioco prepotentemente le forze de-sovranizzatrici filo€uriste, diffuse in tutto l'arco partitico.
In prima approssimazione, ce li riassume (bastano i titoli per un lettore che abbia seguito il discorso finora svolto, meglio se andando ai rinvii dei links) l'Huffington Post (molto attento, non a caso, a questo tipo di combinazioni politiche):
Pressare la Lega guardando al Pd (e a Delrio...). M5S convoca pre-consultazioni, ma i dem si tirano fuori
5. A chi non avesse colto con immediatezza la deriva potenziale derivante da questi frangenti, può risultare chiarificatore l'ennesimo richiamo "ad orologeria" di Moscovici (che no, non si intromette...):
Moscovici: “Non ci intrometteremo, ma l’Italia deve rispettare le regole e abbassare il debito”
Il commissario Ue agli affari economici ha voluto chiarire la sua posizione sui prossimi passi che dovrà affrontare l’Italia una volta insediato il nuovo governo
Un monito che immediatamente avrebbe prodotto i suoi effetti sull'esercizio della sovranità delle istituzioni italiane, almeno a livello mediatico.

5.1. Ed infatti, la maggior nitidezza della congiuntura politica istituzionale legata alla incerta prospettiva politica attuale, ce la fornisce questo scritto che è talmente esplicito da non richiedere particolari commenti giuridico-costituzionali. Li lascio ai più preparati dei lettori - che sapranno benissimo capire perchè si tratta di soluzione para-legalitaria- e mi limito a usare l'evidenziatore:
Il Sole 24 Ore, 28 marzo 2018-
I poteri di «veto» del Quirinale con l’art. 81 sul pareggio di bilancio
Non è con sorpresa che Sergio Mattarella ha letto le dichiarazioni del commissario Ue agli Affari economici in cui ricordava all’Italia l’alto livello del debito e quindi la raccomandazione a «politiche di bilancio responsabili».
Forse chiamarlo “avvertimento” è sbagliato, può darsi che sia un gradino sotto, ma quello che è certo è che i destinatari di Pierre Moscovici erano la Lega e i 5 Stelle, cioè coloro che a oggi si candidano a governare il Paese con un programma che trascura – anche volutamente – l’aspetto del deficit.
Lasciando da parte come la giornata di ieri abbia sempre più mostrato le difficoltà di un patto Di Maio-Salvini, è evidente che gli allarmi dell’Europa non sono un fulmine a ciel sereno per il capo dello Stato.
Si può immaginare che ci siano stati contatti con i massimi livelli dell’Unione già subito dopo il voto, è probabile che ci sia già stato uno scambio di opinioni, forse anche di preoccupazioni.
Non c’è una versione ufficiale del Colle e soprattutto non ci sono commenti visto che la situazione interna è ancora molto nebulosa, sta di fatto che la nostra Costituzione consente pure il silenzio.
Nel senso che i meccanismi di auto-tutela del sistema finanziario italiano, anche senza gli allarmi esteri, sono pienamente operativi ed efficaci.
Si parla dell’articolo 81, quello che nel 2012 fu oggetto di riforma per inserire nella Carta il pareggio di bilancio. Per intenderci quella revisione che fu fatta in pochi mesi, approvata da una larga maggioranza qualificata durante il Governo Monti proprio per tranquillizzare i mercati che avevano acceso la spia rossa della speculazione sul nostro Paese.
Bene, il primo strumento nelle mani del capo dello Stato a tutela dei conti italiani è proprio l’articolo 81 che gli consente di dare lo “stop” se si fanno provvedimenti in aperta contraddizione con il dettato della norma. Si configurerebbero proprio come violazioni della Costituzione e con questa motivazione Sergio Mattarella negherebbe la firma delle leggi e le rinvierebbe alle Camere.
Va anche chiarito che fin qui non si è mai attivato questo meccanismo perché lo stesso articolo prevede delle deroghe che fino ad ora il Governo ha sempre trattato con Bruxelles. Si tratta di quelle clausole concordate con l’Europa che hanno fatto “incassare” all’Italia una flessibilità di circa 30 miliardi in tutto il periodo del Governo Renzi.
Ma è lo stesso articolo 81 che prevede sia possibile il ricorso all’indebitamento ma «solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico» e «al verificarsi di eventi eccezionali», che possono consistere in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali.
Tutte circostanze in cui si è aperto un tavolo con i commissari europei, talvolta più complesso, ma che ha mantenuto l’Italia dentro i binari europei. Proprio i “patti” con l’Unione hanno consentito di restare nell’alveo della Costituzione e nello scudo dell’Ue mentre ipotizzare una legge di bilancio che rompa il muro del 3%, metterebbe automaticamente il Governo fuori dalla Costituzione e dalle regole europee.
Prima di tirare in ballo i mercati, un tale Esecutivo verrebbe messo in mora dal capo dello Stato.


5.2. L'autrice dell'articolo dovrebbe però rammentare che se, successivamente al rinvio presidenziale, il governo ottenesse dal parlamento una nuova approvazione della legge "censurata" dal PdR, a quest'ultimo rimarrebbe un'unica scelta tra due soluzioni:
a) promulgare la legge rinviata ma riapprovata (art.74 Cost.); ovvero
b) con un'iniziativa che non s'è mai prima verificata (neppure di fronte alle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati o di recepimento di altre fonti €uropee, che pure risultavano manifestamente sospette di violare i diritti fondamentali della Costituzione "lavorista") sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale (art.134 Cost.).

In questo caso la stessa Corte si troverebbe, a sua volta, di fronte ad un'alternativa - riguardo ad un redde rationem sulla comprensione dei trattati - che, in precedenti analisi economico-istituzionali, abbiamo posto in questi termini ineluttabili: RESA TOTALE...O LA FINZIONE NON PUO' PIU' CONTINUARE?

Pubblicato da Quarantotto a 07:46 25 commenti
 

mototopo

Forumer storico
domenica 18 marzo 2018
I FALLIMENTI DEL MERCATO, LA LORO €URO-RESTAURAZIONE E LA GARANZIA COSTITUZIONALE DELLA LIBERTA' DI INIZIATIVA ECONOMICA. [/paste:font]

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Premessa: per capire cosa sia un "bene pubblico" (non un bene comune), occorre riportarsi ad un paradigma istituzionale: la normatività suprema della Costituzione non può essere scissa dalla concreta definizione del concetto stesso di fallimento del mercato. E questa normatività non può essere soppressa da alcun trattato internazionale, a pena di violazione dei principi fondamentali della Costituzione che andremo ad esaminare.

1. Abbiamo di recente visto come è negli anni '70 del '900, (qui, pp. 2-3), che si colloca l'inizio della fase operativa della strategia cosmopolita (tanto quanto lo può essere la Trilateral, cioè, comunque, su basi gerarchiche al cui vertice si colloca la super-elite USA; sempre qui, pp.4-6), per distruggere la democrazia sociale: quest'ultima, infatti, perseguendo anzitutto la temuta piena occupazione, era considerata un intollerabile ostacolo al pieno ripristino della democrazia "liberale" (qui, p.4), cioè di quel simulacro di Stato di diritto che garantisce la libertà a pochi oligarchi timocrati, mentre considera assurdo privilegio e corruzione legalizzata ogni concessione fatta dai parlamenti alle "plebi poverissime e ignoranti" (qui, pp.4.1.-7). Che devono ridiventare tali il più presto possibile.
Non a caso, questo lungo ma inarrestabile processo di restaurazione fu autodenominato, dai suoi stessi promotori e propagandisti, "rivoluzione liberale", per sottolinearne la radicalità del cambiamento di assetto sociale rispetto agli ordinamenti costituzional-democratici instauratisi (variamente) in Europa dopo la seconda guerra mondiale.

2. Negli anni '70, appunto, si colloca l'episodio che scandalizza il console USA nel suo report all'ambasciatore dopo un incontro con l'allora presidente dell'ENI (qui, p.3):
"Il presidente dell'ENI scandalizza gli interlocutori USA (console a Milano che scrive all'ambasciatore del tempo) "osando" (went so far) dirgli che la "profittabilità" a cui sono orientate le industrie pubbliche, significava solo che dovessero ottenere piccoli margini di profitto o, in alcuni casi, il pareggio. "Gli obblighi sociali (ndQ; in realtà legali-costituzionali) di fornire occupazione, fare investimenti in aree depresse, e mantenere operative le industrie strategiche, costituivano anche finalità importanti".

3. Ci pare necessario sottolineare perché questi obblighi sociali fossero di natura "legale-costituzionale": in una chiave di lettura "immediata", si tratta evidentemente dell'attuazione della c.d. Costituzione economica (artt. 35-47 Cost.), che può sintetizzare il suo "statuto" nell'art.41 Cost. e non secondariamente nel "finale" art.47 (che gettano luce sugli articoli precedenti e anticipa armonicamente quelli seguenti).
Ma mantenere la piena occupazione, indirizzare gli investimenti delle aree depresse e mantenere operative le industrie strategiche, e ovviamente, garantire attraverso il welfare la "dignità" dell'elemento centrale del lavoro, diviene meglio significativo su un piano interprertativo sistematico, che implica l'armonia complessa dell'ordito costituzionale richiamato da Basso.
Si tratta in sostanza della diretta e effettiva attuazione della norma più importante dell'intera Costituzione, quella dell'art. 3, comma 2, indicata come tale sia da Basso (qui, p.8), che da Calamandrei (qui, p.2) che da Mortati (qui, p.1).

4. A titolo esemplificativo, rammentiamo le fondamentali dichiarazioni in Costituente di Cevolotto e Ruini (ritrovate il tutto esposto sistematicamente e commentato ne "La Costituzione nella palude").
Cevolotto indica, rispetto all'art. 3, comma 2, come propulsore della effettività del diritto al lavoro (art. 4 Cost.), e come presupposto necessario e sufficiente dell'attribuzione di significativi poteri d'intervento statale funzionali a tale effettività, i punti di riferimento entro cui si sta muovendo l'ampio accordo raggiunto tra le forze politiche presenti in Assemblea:
"...quando il relatore, nel primo capoverso del suo articolo, vuol dire come lo Stato garantirà al cittadino questo diritto al lavoro, usa una formula che introduce un altro concetto sul quale bisogna bene meditare. Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini — si dichiara nell'articolo — lo Stato interverrà per coordinare e dirigere l'attività produttiva dei singoli e di tutta la Nazione secondo un piano che dia il massimo rendimento per la collettività. Quindi, intervento dello Stato nella produzione, intervento cui si arriva attraverso la garanzia del diritto al lavoro.
Fa presente in proposito che mentre un ritorno in materia economica al liberismo sarebbe una proposizione assolutamente superata, è da domandarsi se una regolamentazione totalitaria dell'attività produttiva sia veramente utile e scevra di pericoli in una economia come quella italiana. Ricorda che si sono già avuti esempi di questo intervento dello Stato nel dirigere tutta la produzione: intervento che trovò il dissenso immediato anche di economisti socialisti".


5. In sostanza, ciò ci indica che la direzione prescelta dai Costituenti non è affatto il "collettivismo", ma il ripudio del "liberismo" attraverso una disciplina di poteri strumentali dello Stato che consentano di perseguire l'effettività del diritto al lavoro prevenendo e correggendo i "fallimenti" del mercato. Essenzialmente riassumibili nelle distorsioni, di prezzo e di distribuzione del reddito prodotto, ma prima ancora del gioco democratico, derivanti dalla constatata tendenza alla formazione di monopoli, e oligopoli dominanti, privati (con il che l'art.41 Cost. si riconnette agli artt. 42 e, più ancora, 43 Cost.), nonché nelle c.d. esternalità la cui "disutilità sociale" l'art.41 Cost, infatti, intende come un epifenomeno della formazione di poteri economici di fatto oligopolistici privati.


6. La mancata prevenzione e sanzione, nell'interesse generale, dei fallimenti del mercato, è un fatto politico, la cui rilevazione, da parte dei Costituenti, procede dall'esperienza storica: le esternalità (inquinamento delle acque e dell'aria, consumazione illegale del territorio, lo stesso sottosviluppo degli investimenti e del livello di occupazione dovuti alla creazione de facto di barriere all'entrata nei vari settori produttivi), sono realmente eludenti e quindi dannose, in quanto i poteri economici privati, per la loro dimensione, siano in grado di imporsi con la forza politica che inevitabilmente deriva da essa, potendo quindi puntare al condizionamento istituzionale ed alla "omissione di intervento" del Legislatore; insomma, autoorganizzandosi nel controllo delle istituzioni - naturalmente "al riparo dal processo elettorale"- per farla franca nel riversare i costi dell'attività produttiva sulla collettività.


7. La clausola chiave del non contrasto con l'utilità sociale (art. 41, comma 2), dunque, lungi dall'essere un'evocazione del "collettivismo" è, prima di tutto, una garanzia della effettiva libertà dell'iniziativa economica privata (art. 41 comma 1).
Questa libertà deve essere garantita a tutti modificando il presente, e la sua ingiustizia, e per il futuro, senza che lo Stato rimanga inerte a ratificare i rapporti di forza politici ed economici già instauratisi.
La libertà economica varrà effettivamente per tutti in quanto non ostacolata dalle varie barriere all'entrata (comprese quelle tecnologiche che tendono a diventare inefficienti in assenza dell'indirizzo statale che corregga il monopolio privato, e che, essenzialmente, si compendia nella stessa attività industriale strategica dello Stato medesimo; art. 43 Cost.).
I Costituenti tengono esplicitamente conto del fenomeno per cui le posizioni di forza monopolistica privata, fanno leva su vantaggi indebiti di costo (cioè sull'imposizione di rendite, essendosi price-maker, fuori da un efficiente gioco concorrenziale e non price-taker), sulle asimmetrie informative, sull'esenzione dal sopportare i costi delle esternalità, riversati sulla comunità sociale, sull'accesso privilegiato e discriminatorio al credito etc.


8. Questo quadro spiega concretamente ciò che Ruini (sempre qui, infine) aveva ben presente nel replicare a Einaudi ed al suo tentativo di ripristinare, in sede Costituente, la supremazia della forza economica come "fatto compiuto", inibendo ogni intervento correttivo dello Stato, in nome del nostalgico e fantomatico "libero mercato", che, già allora, tentava la via cosmetica della restaurazione denominandosi neo-liberismo, ordoliberismo e "terza via" (la parola chiave, non enunciata, ma sottintesa per come emersa nel corso del precedente dibattito costituente è "rentiers"):
"Gli economisti — i migliori — riconoscono che il loro edificio teorico, la scienza creata dall'Ottocento, non regge più sul presupposto di una economia di mercato e di libera concorrenza, che è venuto meno, non soltanto per gli interventi dello Stato, ma in maggior scala per lo sviluppo di tendenze e di monopoli delle imprese private.

Quando vedo i neo liberisti, come l'amico Einaudi, proporre tale serie di interventi per assicurare la concorrenza, che qualche volta possono equivalere agli interventi di pianificazione, debbo pur ammettere che molto è mutato.

Non pochi vanno affannosamente alla ricerca della terza strada.

La troveranno? Non lo so. Questo so: che si avanza la forza storica del lavoro.

Non potevamo rifiutarci a questa affermazione.

Mazzini diceva che noi tutti un giorno saremo operai; i cattolici hanno il codice di Malines e quello di Camaldoli, dove sono stati stabiliti i principî d'una economia del lavoro.

Ho sentito da questa parte (Accenna a destra) chi pur faceva vive critiche: «Se per socialismo si intende un rinnovamento sociale, anche noi siamo socialisti».

Allora, perché avremmo dovuto rifiutarci a riconoscere che la nuova Costituzione è basata sul lavoro e sui lavoratori?
Parlando di lavoratori, noi intendiamo questo termine nel senso più ampio, cioè comprendente il lavoratore intellettuale, il professionista, lo stesso imprenditore, in quanto è un lavoratore qualificato che organizza la produzione, e non vive, senza lavorare, di monopolî e di privilegi.
Sono cieche le correnti degli imprenditori che non rivendicano — se sono ancora in tempo lo dirà la storia — la loro vera funzione ed il titolo glorioso di lavoratori
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mototopo

Forumer storico
9. La Costituzione dunque, indicava una linea di evoluzione democratica della stessa attività d'impresa, attraverso questa garanzia della effettiva libertà d'iniziativa economica privata, una garanzia apprestata dallo Stato che, perseguendo la piena occupazione, assume contemporaneamente un concetto di "diritto al lavoro" che includeva gli "imprenditori", assicurando che il divenire tali potesse essere una scelta concretamente possibile per TUTTI - e non un'opzione meramente teorica MA DI FATTO PRECLUSA, come nella società classista fondata sui poteri economici di fatto, oggi sempre più spesso stranieri.


10. Lo stesso Lelio Basso, spiega i vantaggi generali, di crescita e di benessere diffuso, del modello costituzionale, specificando la direzione che avrebbe potuto assumere la gestione dell'industria pubblica (naturalmente in assenza del crescente ed instrusivo "vincolo esterno" €uropeo, esplicitamente inteso a neutralizzare la Costituzione economica).
Vi riporto, come segnalataci da Francesco, la sua lunga locuzione (del 1958) che vale la pena di comprendere in profondità oggi più che mai, perché si rivela un programma per il presente di straordinaria attualità:

E.N.I., I.R.I., partecipazioni statali, Sturzo, Mattei, Bo, liberismo, statalismo, capitalismo di Stato: ecco dei nomi e delle sigle che popolano ogni giorno di più la polemica politica, senza che il grande pubblico abbia ancora potuto formarsi una idea chiara della natura e dell’importanza vitale dei problemi che si dibattono e degli interessi che sono in gioco.
E probabilmente neppure tutti i compagni socialisti hanno idee chiare in proposito, anche perché il Partito non ha fino ad oggi sufficientemente delineato e precisato la sua politica. Certo, su due punti esso ha avuto una posizione chiara ed efficace: ha appoggiato vigorosamente la azienda di Stato contro i monopoli privati e il rapace capitalismo straniero in materia di idrocarburi, e ha condotto in Parlamento e fuori una lotta tenace per lo sganciamento delle aziende I.R.I. dalla Confindustria. Ma questo non basta a delineare una politica, e opportunamente quindi la Direzione del Partito ha deciso di convocare prossimamente a Roma un convegno nazionale che investa tutto il complesso problema delle partecipazioni.

Perché i socialisti hanno dimostrato questo favore all’iniziativa pubblica?
Perché hanno voluto la separazione anche organizzativa e sindacale dall’iniziativa privata?

E come è accaduto che su queste richieste si incontrasse anche il consenso della D.C. o di una parte di essa, una parte essendo invece apertamente rimasta legata agli interessi privati?
Credo che, partendo da queste domande, si possa arrivare ad alcune conclusioni in ordine ai temi che saranno trattati al prossimo convegno.

Diciamo subito, anche per rispondere a certe obiezioni che ci sono venute pure dall’interno del Partito, che noi non abbiamo difeso l’iniziativa pubblica perché siamo ingenuamente tratti a confondere le attuali forme di capitalismo di Stato con forme di proprietà socialista, o perché ignoriamo che cosa l’azienda di Stato possa diventare, e stia diventando, nelle mani degli attuali governanti.
Al contrario, sappiamo benissimo che se la D.C. ha fatto sua la proposta dello sganciamento delle aziende I.R.I. e della creazione di un ministero delle Partecipazioni, è proprio perché essa mira a fare del vastissimo settore delle imprese pubbliche un suo hortus conclusus, un campo chiuso del proprio dominio, mettendo alla testa delle aziende uomini di stretta osservanza, praticando una politica di discriminazione nelle assunzioni, servendosene in ogni modo per scopi elettorali e per il consolidamento del proprio potere, accentuando la presa clericale sul Paese.

Non solo, ma sappiamo altresì che nelle mani della D.C. le imprese pubbliche, anche sganciate dalla Confindustria, non romperanno mai i loro legami di interessi con i monopoli privati, perché conosciamo bene la partecipazione che al capitale e alla direzione dei monopoli dà il Vaticano nella sua funzione di holding; e sappiamo che il Vaticano fungerà da tramite per accordi e collusioni di interessi al fine di sottoporre al suo controllo tutta la vita economica nazionale.
Sappiamo tutto questo e sappiamo quindi che, nonostante lo sganciamento e nonostante il ministero, la battaglia per una seria politica delle imprese statali è appena agli inizi. Quali debbono esserne gli sviluppi? In proposito, ecco, in rapidissima sintesi, il mio pensiero...
L’economia italiana, sotto la guida del capitalismo privato, si è sviluppata in modo abnorme, creando la situazione ormai a tutti nota di alcune grandi imprese o gruppi di imprese ad alto sviluppo tecnico, con larghi sovrapprofitti, con un grande potere economico sul mercato, e, per contro, di una vasta zona di sottosviluppo, caratterizzata da scarsa produttività, da metodi precapitalistici, da disoccupazione e sottoccupazione, che non si limita soltanto al Mezzogiorno, ma, geograficamente, tocca anche l’Italia del Nord (si pensi per esempio al Delta padano o all’Arco alpino), e, economicamente, investe come settori di produzione, come gran parte dell’agricoltura, del commercio e, più in generale, dei settore terziario.

Se lo sviluppo dell’economia italiana continua ad essere abbandonato alla cosiddetta spontaneità del mercato, e cioè in pratica alla forza predominante dei monopoli, questa situazione permarrà e si aggraveranno anzi gli squilibri fra regione e regione, fra settore e settore, fra ceto e ceto: l’arretratezza con tutte le sue conseguenze (fra cui appunto disoccupazione e sottoccupazione, miseria, analfabetismo e semianalfabetismo, ecc.) continuerà a caratterizzare la vita italiana, impedendo la formazione di un Paese moderno e democratico, e il dominio dei monopoli si accentuerà anche nella vita politica, con le sue inevitabili tendenze all’esercizio di un potere totalitario.

Solo un intervento cosciente e programmato nell’economia del paese può invertire la tendenza, creando le condizioni dello sviluppo economico: investimenti industriali non soltanto e non prevalentemente nell’ambito delle aziende già fortemente sviluppate, MA AL CONTRARIO CON SCOPI ESTENSIVI DELL’OCCUPAZIONE, e in settori propulsivi dell’economia e capaci di effetti moltiplicati; industrializzazione del Mezzogiorno per dare a questa vasta zona d’Italia, finora abbandonata alla politica paternalistica delle opere pubbliche, uno strumento automatico di sviluppo; riforma agraria, ecc.

QUESTO INTERVENTO COSCIENTE E PROGRAMMATO PUÒ ESSERE OPERATO DALLO STATO SOLO SE ESSO DISPONE DI STRUMENTI ECONOMICI EFFICACI, E, PER RICONOSCIMENTO GENERALE, non sono oggi più sufficienti, anche se molto importanti, gli strumenti classici della fiscalità, della manovra monetaria e del controllo del credito, adoperati, a seconda dei casi, come freno o come incentivo, e quindi agenti in forma indiretta: SONO NECESSARI ANCHE STRUMENTI DI INTERVENTO DIRETTO, QUALI APPUNTO LE IMPRESE PUBBLICHE, che possono effettuare esse stesse i necessari investimenti, promuovere le industrie in base agli opportuni criteri di scelta economica e geografica, praticare direttamente la necessaria politica dei prezzi, ecc.

Le partecipazioni statali sono quindi oggi necessarie a una politica di sviluppo, ma possono operare utilmente soltanto se sono libere da qualsiasi interferenza di interessi privati: infatti una politica di sviluppo non è possibile, se non entrando in conflitto con gli interessi dei monopoli, sia per quanto riguarda l’acquisizione del capitale e la scelta degli investimenti, sia per quanto riguarda la politica dei prezzi e l’allargamento del mercato
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Come potrebbe seriamente concepirsi una politica di sviluppo che non rompesse le strozzature dei prezzi imposti dal monopolio in materia p. es. di tariffe elettriche, di concimi chimici, di cemento, e via discorrendo? Perciò lo sganciamento dalla Confindustria non deve significare soltanto una separazione puramente organizzativa, ma dev’essere il primo passo per una totale indipendenza di direzione, che permetta alla industria di Stato di assolvere i suoi compiti, che sono di aperta competizione con gli interessi del monopolio.
Un’impostazione di questa natura porta necessariamente con sé la conseguenza che la politica delle partecipazioni statali, appunto perché diretta essenzialmente a finalità di interesse pubblico (che, si badi bene, non sono affatto in contrasto con l’economicità, purché l’economicità sia riferita non al semplice bilancio aziendale annuale, ma all’utile generale che si vuole perseguire) , dev’essere sottoposta continuamente al controllo democratico della collettività, controllo diretto soprattutto a garantire la corrispondenza dell’attività svolta al fini assegnati e a impedire conseguentemente ogni ulteriore collusione con gli interessi privati, non soltanto a livello aziendale ma, che è più importante, sul piano della politica generale.
Quali siano oggi le forme più efficaci di controllo, è, a mio giudizio, problema arduo, che sfugge alle troppo facili formulazioni: parlare di controllo operaio o di controllo parlamentare non significa ancora uscire da formule generiche e da formule che, fino ad oggi, non hanno rivelato una particolare efficacia.

Ma, appunto per questa difficoltà, è necessario che il problema di un controllo democratico sia bene al centro delle nostre preoccupazioni, non solo perché è problema inscindibile da quello dello indirizzo generale di politica economica, ma perché è attraverso il controllo democratico che si esercita la vigilanza e la pressione delle masse.

Ora il significato più specificamente socialista di questa politica non sta nella famosa e fumosa “socialità” di cui parlano i cattolici, non sta neppure in possibili vantaggi sindacali cui potrebbero aspirare i lavoratori di queste aziende, ma sta nel fatto che ATTRAVERSO QUESTA POLITICA È LA COLLETTIVITÀ STESSA, SONO I LAVORATORI ORGANIZZATI E COSCIENTI CHE ASSUMONO L’INIZIATIVA POLITICA ANCHE IN CAMPO ECONOMICO, strappandola dalle mani dei gruppi dirigenti che con il loro chiuso egoismo hanno avvilito tutta la vita della Nazione.

In questo senso questa politica è parte viva di una alternativa democratica, che non può esaurirsi soltanto in un mutamento di leggi e in un rinnovamento di istituti, ma ha per scopo essenziale, attraverso una più forte presa di coscienza e una maggiore acquisizione di potere e quindi una più attiva presenza dei lavoratori nella direzione della cosa pubblica, di dare un nuovo protagonista alla vita nazionale, nel che sono contenute in nuce ulteriori possibilità di democratizzazione e di socialismo
” [L. BASSO, I socialisti e le partecipazioni statali, Avanti!, 26 febbraio 1958].
 

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La nostra ignoranza è la LORO forza.
19 agosto 2013 ·


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La nostra ignoranza è la LORO forza.
· [URL='https://it-it.facebook.com/LaNostraIgnoranzaELaLoroForza/posts/1825864504103740']29 marzo alle ore 11:31 ·
Proprio come l’inchiesta fasulla dell’implicato nella BCCI Robert Mueller, i servitori nell’MI6 dei Rothschild hanno inventato uno strumento di propaganda ancora più efficace con cui attaccare la Russia. Il presunto avvelenamento di Sergej Skripal ha rapidamente finito per dominare i principali titoli dei media.

Chiunque osi mettere in discussione il coinvolgimento russo viene rapidamente tacciato da nemico dello stato. Testimone la caricatura creata dal servizio fotografico della BBC del leader laburista inglese Jeremy Corbyn sovrapposta al Cremlino. Poi il Mossad inviava le sue forze nella City di Londra per ritrarre Corbyn come antisemita.Negli Stati Uniti, mentre repubblicani e democratici urlavano che si doveva correre in difesa della corona, il “folle” Trump si astenne dal criticare la Russia fin quando non avesse visto le prove. Si era perfino spinto a congratularsi con Putin per la vittoria elettorale a Mosca. Di nuovo la “gente sana di mente” ululò e arrivò il turno di Stormy Daniels in 60 Minutes di follie.

Il giorno dopo Trump fu preso a pugni e messo sul carro dei Rothschild, espellendo diplomatici russi in tandem con circa 20 nazioni dell’UE. Putin ha vinto le elezioni con una maggioranza del 77% del 67% dei russi che aveva votato. Gli osservatori internazionali avevano verificato immediatamente i risultati.

Gli Illuminati non possono odiare di più Vladimir Putin senza includere, chiaramente, i “deprecabili” russi che videro il saccheggio del proprio Paese da parte di Goldman Sachs & Co. nel 1998. Quell’anno circa 70 milioni di russi furono gettati sul lastrico. Nel 1989, prima che la CIA e il loro agente Boris Eltsin smantellassero lo Stato russo, solo 2 milioni di russi erano classificati poveri.
Alla guida del treno della guerra russofoba dei Rothschild troviamo il Consiglio Atlantico, i cui membri urlavano alla radio ribadendo con forza la menzogna sugli Skripal. Il Consiglio Atlantico è l’ultima incarnazione dell’Unione Atlantica.

L’Unione Atlantica (AU) era affiliata al RIIA (Royal Institute of International Affairs). La filiale del RIIA negli Stati Uniti è il Council on Foreign Relations. Fondato da Cecil Rhodes, il cui sogno enunciato nelle sue ultime volontà era il ritorno degli Stati Uniti alla Corona inglese, AU aprì i primi uffici negli USA nello spazio donato da Nelson Rockefeller al 10 E 40th. St di New York City. Ogni anno, dal 1949 al 1976, una risoluzione dell’UA fu presentata al Congresso chiedendo l’abrogazione della Dichiarazione d’Indipendenza e il “nuovo ordine mondiale”. Due anni dopo, nel 1941, si verificò l’attacco sotto falsa bandiera di Pearl Harbour. Prima di quell’evento cruciale, la stragrande maggioranza degli statunitensi si opponeva all’ingresso nella Seconda guerra mondiale.

In seguito, Churchill e i suoi padroni della Corona furono salvati quando l’opinione pubblica statunitense cambiò radicalmente e gli Stati Uniti entrarono in guerra. C’è una storia simile sulla Prima guerra mondiale, quando il presidente Woodrow Wilson fu spinto ad entrarvi dalla banda della Federal Reserve di recente costituzione (1913), guidata da Jack Morgan, figlio di JP Morgan, una talpa dei Rothschild, e dalla Carnegie Foundation. Come scrisse Charles Tansill nel libro America Goes to War, “Anche prima dello scontro armato, la società francese dei Rothschild Freres si collegò alla Morgan & Company di New York suggerendo la quotazione di un prestito di 100 milioni di dollari, di cui una parte considerevole doveva rimanere negli Stati Uniti per pagare l’acquisto francese di merci statunitensi“. L’House of Morgan finanziò metà dello sforzo degli USA nella Prima guerra mondiale mentre riceveva commissioni per l’allestimento di industrie come GE, Du Pont, US Steel, Kennecott e ASARCO.

Erano tutti clienti di Morgan, che aveva anche finanziato la guerra anglo-boera in Sud Africa e la guerra franco-prussiana. Nel 1919, la Conferenza di pace di Parigi fu presieduta da Morgan, che guidò la ricostruzione tedesca e alleata. La stessa banda dei Rothschild finanziò e sfruttò la Seconda guerra mondiale.

Il Consiglio Atlantico, altro affiliato del RIIA, fu formato nel 1961 per favorire tale tipo di “cooperazione tra Nord America ed Europa“. Nel 2009, il suo presidente James Jones si dimise per diventare il consigliere per la sicurezza nazionale di Obama. Il suo successore da presidente del Consiglio Atlantico fu Chuck Hagel, che si dimise per diventare il segretario alla Difesa di Obama. Anche i funzionari dell’amministrazione Obama Susan Rice, Eric Shinseki, Anne-Marie Slaughter e Richard Holbrooke (architetto dello smembramento della Jugoslavia) avevano lavorato in precedenza nel Consiglio Atlantico.

Il consigliere per la sicurezza nazionale di Bush Sr. e copertura straordinaria della BNL, gen. Brent Scrowcroft, fu presidente del Consiglio Atlantico fino al 2014, quando gli succedette l’ex-ambasciatore in Cina ed ex-governatore dello Utah John Huntsman (attuale ambasciatore USA in Russia NdT).

Gli interessi bancari dei Rothschild e dei loro cugini della Corona hanno storicamente tratto enormi benefici finanziari e politici mantenendo Russia e Stati Uniti in continua tensione.

Ma non c’è nulla di più redditizio per gli Illuminati di una guerra mondiale. Se riescano a trascinare gli Stati Uniti in un’altra guerra mondiale dipende dalla creduloneria del popolo statunitense. Speriamo che rinsavisca molto presto.

[/URL]
 

aquilarealeatapple

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" h!!ps://www.cinaliano.it/blog/vaccinazioni-obbligatorie-in-cina.html "
calmette/guérin , nessun sviluppo dei poteri speciali spirituali , messi a dormire per l'intera vita , ..

" h!!ps://www.maurizioblondet.it/vaccini-fanno-male-anche-ai-militari-lo-dice-parlamento/ "
I vaccini fanno male anche ai militari. Lo dice il parlamento ( Maurizio Blondet 17 marzo 2018 )

Ve l'hanno detto che ci sono stati numerosi ( centinaia di casi ) di militari morti da vaccino ?
Ve l'hanno detto che bisogna studiare per mangiare sano onde evitare di nutrirsi di cibo cacca / spazzatura ?
Che lo zucchero ti abbassa molto il ph sanguigno indebolendo le difese immunitarie ? Che il caffè è una forte droga alteratrice dell'organismo e del cervello , che sconquassa l'orologio biologico del sonno ?
Che il pane raffinato cui tolgono le fibre si trasforma da carboidrato in grasso e assimilato in brevissimo tempo ( 20 - 30 minuti ) ?
Ve l'hanno spiegato che tutte le bibite gassate zuccherate a base di zucchero fanno male , cariando i denti e alterando nuovamente il ph del sangue ?
Ve l'hanno spiegato che molte bibite dietetiche prive di zucchero hanno aspartame , o un suo componente .. fenilalanina , oppure acesulfame k , oppure ancora l'altra carogna chiamato sucralosio , tutti dolcificanti speciali creati in laboratorio che generano malattie nel corpo umano ?
Ve l'hanno detto che 3/4 del cibo che trovate negli scaffali al supermercato è cibo spazzatura ?
Ve le dicono tutte queste cose , vi avvisano ?
Ve lo dissero che bere " bravo " poteva portare alla morte ? Poi prontamente rimossero il componente dell'aspartame nel giro di 2-3 settimane ,
vili e schifosi questi tedeschi di germania che fanno queste bibite avvelenate ! E mica hanno chiuso la baracca oppure hanno risarcito gli ammalati !
Ponete mente nella giusta proporzione a queste cose che sono importanti ?

" Andrea : (6 giorni fa ) Qui va tutto al rovescio. Ultimamente sto facendo dei sogni strani...in fuga da onde enormi, da tsunami che si stagliano all'orizzonte come fossero catene montuose, e mi trovo a salire salire con pochi compagni di viaggio per sfuggire all'acqua, alle esplosioni e ai bagliori tutto intorno. Quello di una settimana fa e' il terzo nel giro di un paio d'anni. Il dubbio mi assale: memorie eteree di un passato lontano, quello che distrusse la prima umanità (e con essa la civiltà iperborea delle origini seppellendola sotto chilometri di ghiaccio, giù al sud) o "avvertimenti" su di un possibile scenario futuro?! Ci ho ragionato sopra, non mi pongo al livello dei Vati e Profeti che furono (vista poi la mia condotta di vita non propriamente impeccabile cristianamente parlando), perciò propendo più per la seconda. Che ne pensate?!? "

risposta : tempo al tempo Andrea , tu sei ben sveglio quando dormi .. manca ancora un pò a quello che hai descritto ...

" h!!ps://comedonchisciotte.org/taser-lelettroshock-supera-il- " anche il taser è cacca che uccide o danneggia il cervello ..

" h!!ps://www.youtube.com/watch?v=NyrwCekTv7g " verità vengono rivelate ai veri figli , verrà permesso a questi di uscire dalla prostituta !
prostituta non è solo roma , qualunque città dove pochi si sono impossessati di tutto e controllano , e impongono e legiferano con le loro regole atti di schiavitù !
.. e se qualche pezzo della stazione cinese cadesse in roma settecolli e o nei suoi pressi e o oppure nei pressi della francia ? come segno ... dei tempi in cui ci troviamo ? chissà .. forse magari sarà niente .. forse invece non sarà proprio niente ... a saperle prima le cose ..
 

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