Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo (5 lettori)

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potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne

13. Dovrebbe ormai essere intuitiva la ragione per la quale risulta tanto importante quanto tragicamente inattuale nel nostro Paese anche la nozione di “ordine pubblico costituzionale”, dal momento che la stessa, operando un rimando dinamico ai principi fondamentali della Carta fondamentale, avrebbe potuto (e dovuto) fungere innumerevoli volte da strumento, nella mani delle classi dirigenti italiane e della Corte Costituzionale, per porre un argine alle altrettante situazioni diemergenzaeurocostruite, e con le quali il nostro Paese ormai da quarant’anni si trova puntualmente costretto a convivere.
Tale limite, ed a prescindere dall’applicazione dell’autonomia riconosciuta all’Italia dall’art. 79 del TFUE, avrebbe potuto ovviamente essere opposto, da ultimo, anche nell’attuale emergenza dei migranti, che solo uno sprovvedutto tele-suddito potrebbe ormai percepire come fenomeno diverso rispetto a quello che è, ovvero un ulteriore mezzo di equalizzazione sociale in vista dell’immiserimento generalizzato.

14. Tant’è, nell’allucinazione mondialista tecno-pop in salsa €uropeista, oramai secondo M. LUCIANI “… quello costituzionale appare come un ben singolare tipo di Stato, nel quale tutti gli elementi caratterizzanti dello Stato come forma politica moderna risulterebbero interamente trasformati.
Così, il TERRITORIO non costituirebbe più un dominio riservato sul quale esercitare lo ius excludendi (visto che non è mancato chi ha teorizzato un illimitabile diritto umano all’immigrazione e all’accoglienza, almeno in capo all’evanescente categoria dei “migranti per necessità), ma nemmeno la sfera del monopolio dell’uso legittimo della forza (visto che lo si dichiara permeabile a interventi militari esterni, anche unilaterali, specie se di tipo “umanitario”).
Quanto al POPOLO, esso “cesserebbe d’essere distinguibile dalla popolazione, visto che i filosofi politici che hanno pensato di addossare agli Stati uno specifico onere motivazionale nell’ipotesi in cui la loro legislazione negasse la cittadinanza agli stranieri stabilmente residenti sul loro territorio sono stati scavalcati dai giuristi che hanno sostenuto che a quegli stranieri anche i diritti politici (compreso il diritto di voto per le assemblee parlamentari) dovrebbero essere garantiti come autentici diritti fondamentali.
La SOVRANITÀ, infine, cesserebbe d’essere imputabile a un solo, più o meno preciso, soggetto storico (lo Stato, il popolo, la nazione), ma si diluirebbe in plurimi livelli di gestione, anche sovranazionali o internazionali, tanto da qualificarsi come “sovranità condivisa”, o cesserebbe d’essere imputabile a chicchessia, configurandosi come astratta “sovranità dei valori”
[34].
Ecco perché “anche in tal caso, considerando l'attivazione della CLAUSOLA DI ORDINE PUBBLICO il "sintomo" di esistenza minima di uno Stato sovrano e agente nell'interesse della sua comunità di cittadini, manca ogni traccia dei prerequisiti istituzionali indispensabili per far valere questa modalità/contenuto, sia in proiezione interna che esterna, della sovranità” (così Quarantotto nei commenti).

15. L’ordine privato comunitario, tra l’altro, come nemesi della vecchia scienza dell’800, ha di fatto integralmente sostituito, in un sol colpo, non solo i principi fondamentali della Costituzione italiana (immodificabili), ma anche principi fondamentali del diritto internazionale, ovvero norme di jus cogens, “… nel senso che il loro rispetto rappresent[a] la condicio sine qua non della pace e della sicurezza internazionale” (F. LATTANZI) [35].
Tra questi spicca il c.d. principio di autodeterminazione dei popoli previsto dalla Carta delle Nazioni Unite, l’osservanza del quale è collegato sì alla pace internazionale dall'art. 1 che, tra i fini delle Nazioni Unite, enuncia al par. II quello di “sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto del principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli”.
Il rispetto dell'autodeterminazione dei popoli è altresì richiamato nel quadro della disposizione della Carta relativa all'azione dei membri dell'Organizzazione per creare condizioni di stabilità e benessere di tutti i popoli attraverso una cooperazione internazionale nel campo economico, sociale e culturale: “Il miglioramento del tenore di vita, il pieno impiego della mano d'opera e condizioni di progresso e sviluppo economico e sociale” (art. 55, par. a).

15.1. E’ nella richiamata disposizione, secondo la dottrina (F. LATTANZI) [36], che in particolare “… va cercato il fondamento dell'autodeterminazione nel suo aspetto economico, sia come diritto alle proprie risorse naturali - successivamente evolutosi nel diritto allo sviluppo e cioè nel diritto a una equa distribuzione delle ricchezze a livello internazionale - sia come diritto di tutti i popoli governati a godere di una effettiva uguale distribuzione delle risorse economiche a livello interno.

15.2. La constatazione che l’autodeterminazione è proclamata dalla Carta a beneficio di tutti i popoli trova difatti sostegno anche nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966. Particolarmente significativi si rivelano l’art. 1, par. 1, il quale prevede che “Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale….”, nonché l’art. 4, secondo cui “Gli Stati parte del presente Patto riconoscono che, nell’assicurare il godimento dei diritti in conformità del presente Patto, lo Stato potrà assoggettarli esclusivamente a quei limiti che siano stabiliti per legge, soltanto nella misura in cui ciò sia compatibile con la natura di tali diritti e unicamente allo scopo di promuovere il benessere generale in una società democratica”.
Come ci ricorda L. BASSO, in sintesi, “… questo “sviluppo economico, sociale e culturale” implica necessariamente [per il popolo, NdR] la libertà permanente di determinare in ogni campo il proprio futuro e quindi la libertà permanente di disporre delle proprie risorse e di sottrarsi a coazioni esterne, e i governi hanno il dovere di garantire ai loro popoli questa libertà. E difatti l’art. I, comma 2, del Patto internazionale relativo ai economici sociali e culturali dice esplicitamente che “gli Stati contraenti del presente Patto.... sono tenuti a facilitare la realizzazione del diritto dei popoli a disporre di se stessi[37].

15.3 In ambito internazionale, infine, è necessario richiamare anche l’Atto finale di Helsinki del 1975, ed in particolare l’ottavo principio secondo cui “… In virtù del principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli, tutti i popoli hanno sempre il diritto, in piena libertà, di stabilire quando e come desiderano il loro regime politico interno ed esterno, senza ingerenza esterna, e di perseguire come desiderano il loro sviluppo politico, economico, sociale e culturale”.
Autorevole dottrina (G. ARANGIO RUIZ) [38], al riguardo, ha affermato che “… il diritto di un popolo di autodeterminarsi include non solo il diritto di conseguire e mantenere l’indipendenza politica, economica e sociale nei confronti degli altri Stati, ma anche il diritto di scegliere in libertà il proprio regime politico, economico e sociale rispetto all’interno: vale a dire - in primo luogo - nei confronti di qualsiasi governo”, sottolineando, in ordine alla dimesione interna dell’autoderminazione, “il carattere permanente e l’inalienabilità del diritto dei popoli a disporre di sé stessi”.
Ciò in quanto, sempre secondo L. BASSO, se “prendiamo questo concetto dell’autoderminazione in tutte le sue implicite logiche, un popolo ha il diritto di autodeterminarsi non solo contro un governo straniero, contro un regime coloniale, ma il principio dell’autodeterminazione vale anche per autodeterminarsi contro il proprio governo[39].

16. Ebbene, quell’ordine privato comunitario – “governato dai rapporti di forza affermati dalle Nazioni politicamente ed economicamente prevalenti” (v. p.5)costituisce senz’altro una “coazione esterna” ad effetti neo-colonizzanti, attuata per mezzo di Trattati free-trade e surrogatasi ad ogni sovranità democratica nonché ad ogni diritto di autodeterminazione dei popoli. In questo senso L. BASSO [39] ci rammenta che:
“… Dopo la euforia della decolonizzazione degli anni ‘60 non è stato difficile constatare che l’indipendenza politica rischiava di rimanere poco più che una facciata se non si assicurava ai popoli un’indipendenza effettiva, una possibilità di autodeterminazione reale per programmare il proprio futuro non soltanto politico, ma ECONOMICO SOCIALE E CULTURALE. Ma per l’imperialismo di oggi e per le sue manifestazioni più vistose, le grandi società multinazionali, il mondo costituisce un unico mercato mondiale dal quale attingere liberamente materie prime e, se occorra, ANCHE MANODOPERA, e nel quale vendere i propri prodotti o esportare i propri capitali, fissando in ogni caso prezzi e condizioni vantaggiosi per le multinazionali stesse.
E ciò richiede di poter esercitare sui paesi che maggiormente interessano anche un dominio politico
. Dovendosi abbandonare il sistema coloniale perché troppo in contrasto con principi universalmente proclamati, è necessario perlomeno assicurarsi governi sottomessi e ubbidienti, ed è appunto nella strategia da adoperare a tal fine che si sono venuti perfezionando in questo dopoguerra degli strumenti nuovi d’intervento
”.

17. Perciò in frangenti storici come quello attuale, anche per evitare il rischio di apparire persino ingenui nell’algida elencazione di principi come quelli sopra richiamati, sarebbe necessario far tesoro ancora delle parole di L. BASSO, il quale ammoniva che il diritto è:
una sovrastruttura sociale che tende a riflettere e fondamentalmente a garantire, a mantenere e condizioni esistenti. Tuttavia, siccome è la espressione di una società contraddittoria, anche il diritto è contraddittorio…lo Stato, le leggi dello Stato, in questo caso anche la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamano una serie di diritti che in realtà non esistono, non sono applicativi.
In questo senso credo che il diritto assolva veramente alla funzione ideologica in senso negativo, cioè mistificatrice, quella di far credere alla massa dei cittadini, che gode di una infinità di diritti di cui in realtà non godequesto si può applicare in generale a qualsiasi diritto, anche a quelli enunciati nella nostra Carta Costituzionale…Tutti questi diritti in realtà sulla Carta ci sono, ma non è che siano proprio rispettati; quindi in questo senso il diritto ha una funzione mistificatrice.

PERÒ AL TEMPO STESSO, affermando questi diritti, mette in moto un processo nella coscienza dell’uomo; così ad un certo momento egli si accorge che ogni giorno è frodato dei diritti che gli sono riconosciuti. Ora questo suscita UNO SVILUPPO DI COSCIENZA DEMOCRATICA, una richiesta di vedere applicati questi diritti e quindi da arma delle classi dominanti per ingannare il popolo, diventa viceversa un’arma nelle mani del popolo che vuole vedere realizzati questi diritti che gli sono proclamati e garantiti [40].

18. Mutuando il pensiero di U. Romagnoli espresso in un suo risalente scritto, bisognerebbe in definitiva prendere coscienza che da tanto, troppo tempo “… i vertici dell’organizzazione economica dello Stato passano nelle mani degli uomini politici “più spiccatamente filocapitalistici”, in quanto assumono come criterio d’azione quello per cui il regime deve essere aiutato, orientato, perfezionato, in modo da… rendere più stabile il sistema…[41].
Quando e se tutto ciò apparirà sufficientemente chiaro al Popolo italiano, allora forse si potrà tentare di approntare una reazione per ricominciare a parlare in concreto di sovranità democratica e di diritti fondamentali.
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Sankara: basta rapinare l’Africa, col debito. E lo uccisero
Scritto il 10/9/17 • nella Categoria: idee Condividi


Noi pensiamo che il debito si analizzi prima di tutto dalla sua origine. Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo. Quelli che ci hanno prestato denaro sono gli stessi che ci avevano colonizzato. Sono gli stessi che gestivano i nostri Stati e le nostre economie. Sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali, che erano i loro fratelli e cugini. Noi non c’entravamo niente con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo. Il debito è ancora il neocolonialismo, con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici – anzi, dovremmo invece dire “assassini tecnici”. Sono loro che ci hanno proposto dei canali di finanziamento, dei “finanziatori”. Un termine che si usa ogni giorno, come se ci fossero degli uomini che solo “sbadigliando” possono creare lo sviluppo degli altri. Questi finanziatori ci sono stati consigliati, raccomandati. Ci hanno presentato dei dossier e dei movimenti finanziari allettanti. Noi ci siamo indebitati per cinquant’anni, sessant’anni e più. Cioè siamo stati portati a compromettere i nostri popoli per cinquant’anni e più.
Il debito nella sua forma attuale, controllata e dominata dall’imperialismo, è una riconquista dell’Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a delle norme che ci sono completamente estranee. In modo che ognuno di noi diventi schiavo finanziario, cioè schiavo tout court, di quelli che hanno avuto l’opportunità, l’intelligenza, la furbizia, di investire da noi con l’obbligo di rimborso. Ci dicono di rimborsare il debito. Non è un problema morale. Rimborsare o non rimborsare non è un problema di onore. Abbiamo prima ascoltato e applaudito il primo ministro della Norvegia, intervenuta qui. Ha detto, lei che è un’europea, che il debito non può essere rimborsato tutto. Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché se noi non paghiamo, i nostri finanziatori non moriranno, siamone sicuri. Invece se paghiamo, saremo noi a morire, ne siamo ugualmente sicuri. Quelli che ci hanno condotti all’indebitamento hanno giocato come al casinò. Finché guadagnavano non c’era nessun problema; ora che perdono al gioco esigono il rimborso. E si parla di crisi. No, signor presidente. Hanno giocato, hanno perduto, è la regola del gioco. E la vita continua.
Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagare. Non possiamo rimborsare il debito perché non siamo responsabili del debito. Non possiamo pagare il debito perché, al contrario, gli altri ci devono ciò che le più grandi ricchezze non potranno mai ripagare: il debito del sangue. E’ il nostro sangue che è stato versato. Si parla del Piano Marshall che ha rifatto l’Europa economica. Ma non si parla mai del Piano africano che ha permesso all’Europa di far fronte alle orde hitleriane quando la sua economia e la sua stabilità erano minacciate. Chi ha salvato l’Europa? E’ stata l’Africa. Se ne parla molto poco. Così poco che noi non possiamo essere complici di questo silenzio ingrato. Se gli altri non possono cantare le nostre lodi, noi abbiamo almeno il dovere di dire che i nostri padri furono coraggiosi e che i nostri combattenti hanno salvato l’Europa e alla fine hanno permesso al mondo di sbarazzarsi del nazismo.
Il debito è anche conseguenza degli scontri. Quando ci parlano di crisi economica, dimenticano di dirci che la crisi non è venuta all’improvviso. La crisi è sempre esistita e si aggraverà ogni volta che le masse popolari diventeranno più coscienti dei loro diritti di fronte allo sfruttatore. Oggi c’è crisi perché le masse rifiutano che le ricchezze siano concentrate nelle mani di pochi individi. C’è crisi perché pochi individui depositano nelle banche estere delle somme colossali che basterebbero a sviluppare l’Africa intera. C’è crisi perché di fronte a queste ricchezze individuali, che hanno nomi e cognomi, le masse popolari si rifiutano di vivere nei ghetti e nei bassifondi. C’è crisi perché i popoli rifiutano dappertutto di essere dentro una Soweto di fronte a Johannesburg. C’è quindi lotta, e l’esacerbazione di questa lotta preoccupa chi ha il potere finanziario.
Ci si chiede oggi di essere complici della ricerca di un equilibrio. Equilibrio a favore di chi ha il potere finanziario. Equilibrio a scapito delle nostre masse popolari. No! Non possiamo essere complici. Non possiamo accompagnare quelli che succhiano il sangue dei nostri popoli e vivono del sudore dei nostri popoli nelle loro azioni assassine. Signor presidente, sentiamo parlare di club – Club di Roma, Club di Parigi, Club di dappertutto. Sentiamo parlare del Gruppo dei Cinque, dei Sette, del Gruppo dei Dieci, forse del Gruppo dei Cento o che so io. E’ normale allora che anche noi creiamo il nostro club e il nostro gruppo. Facciamo in modo che a partire da oggi anche Addis Abeba diventi la sede, il centro da cui partirà il vento nuovo del Club di Addis Abeba. Abbiamo il dovere di creare oggi il fronte unito di Addis Abeba contro il debito. E’ solo così che potremo dire, oggi, che rifiutando di pagare non abbiamo intenzioni bellicose ma, al contrario, intenzioni fraterne.
Del resto, le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune. Quindi il club di Addis Abeba dovrà dire agli uni e agli altri che il debito non sarà pagato. Quando diciamo che il debito non sarà pagato non vuol dire che siamo contro la morale, la dignità, il rispetto della parola. Noi pensiamo di non avere la stessa morale degli altri. Tra il ricco e il povero non c’è la stessa morale. La Bibbia, il Corano, non possono servire nello stesso modo chi sfrutta il popolo e chi è sfruttato. C’è bisogno che ci siano due edizioni della Bibbia e due edizioni del Corano. Non possiamo accettare che ci parlino di dignità. Non possiamo accettare che ci parlino di merito per quelli che pagano, e perdita di fiducia per quelli che non dovessero pagare. Noi dobbiamo dire, al contrario, che oggi è normale si preferisca riconoscere come i più grandi ladri siano i più ricchi.
Un povero, quando ruba, non commette che un peccatucolo per sopravvivere e per necessità. I ricchi sono quelli che rubano al fisco, alle dogane. Sono quelli che sfruttano il popolo. Signor presidente, non è quindi provocazione o spettacolo. Dico solo ciò che ognuno di noi pensa e vorrebbe. Chi non vorrebbe, qui, che il debito fosse semplicemente cancellato? Quelli che non lo vogliono possono subito uscire, prendere il loro aereo e andare dritti alla Banca Mondiale a pagare! Non vorrei poi che si prendesse la proposta del Burkina Faso come fatta da “giovani”, senza maturità ed esperienza. Non vorrei neanche che si pensasse che solo i rivoluzionari parlano in questo modo. Vorrei semplicemente che si ammettesse che è una cosa oggettiva, un fatto dovuto. E posso citare, tra quelli che dicono di non pagare il debito, dei rivoluzionari e non, dei giovani e degli anziani. Per esempio Fidel Castro ha già detto di non pagare. Non ha la mia età, anche se è un rivoluzionario. Ma posso citare anche François Mitterrand, che ha detto che i paesi africani non possono pagare, i paesi poveri non possono pagare. Posso citare la signora primo ministro di Norvegia. Non conosco la sua età e mi dispiacerebbe chiederglielo, è solo un esempio.
Vorrei anche citare il presidente Félix Houphouët Boigny. Non ha la mia età, eppure ha dichiarato pubblicamente che, quanto al suo paese, la Costa d’Avorio, non può pagare. Ma la Costa d’Avorio è tra i paesi che stanno meglio in Africa, almeno nell’Africa francofona. E per questo, d’altronde, è normale che paghi un contributo maggiore, qui. Signor presidente, la mia non è quindi una provocazione. Vorrei che molto saggiamente lei ci offrisse delle soluzioni. Vorrei che la nostra conferenza adottasse la risoluzione di dire chiaramente che noi non possiamo pagare il debito. Non in uno spirito bellicoso, bellico. Questo per evitare di farci assassinare individualmente. Se il Burkina Faso da solo rifiuta di pagare il debito, io non sarò qui alla prossima conferenza! Invece, col sostegno di tutti, di cui ho molto bisogno, col sostegno di tutti potremo evitare di pagare. Ed evitando di pagare potremo consacrare le nostre magre risorse al nostro sviluppo.
E vorrei terminare dicendo che ogni volta che un paese africano compra un’arma, è contro un africano. Non contro un europeo, non contro un asiatico. E’ contro un africano. Perciò dobbiamo, anche sulla scia della risoluzione sul problema del debito, trovare una soluzione al problema delle armi. Sono militare e porto un’arma. Ma, signor presidente, vorrei che ci disarmassimo. Perché io porto l’unica arma che possiedo. Altri hanno nascosto le armi che pure portano. Allora, cari fratelli, col sostegno di tutti, potremo fare la pace a casa nostra. Potremo anche usare le sue immense potenzialità per sviluppare l’Africa, perché il nostro suolo e il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza braccia e un mercato immenso, da Nord a Sud, da Est a Ovest. Abbiamo abbastanza capacità intellettuali per creare, o almeno prendere la tecnologia e la scienza in ogni luogo dove si trovano.
Signor presidente, facciamo in modo di realizzare questo fronte unito di Addis Abeba contro il debito. Facciamo in modo che, a partire da Addis Abeba, decidiamo di limitare la corsa agli armamenti tra paesi deboli e poveri. I manganelli e i machete che compriamo sono inutili. Facciamo in modo che il mercato africano sia il mercato degli africani. Produrre in Africa, trasformare in Africa, consumare in Africa. Produciamo quello di cui abbiamo bisogno e consumiamo quello che produciamo, invece di importarlo. Il Burkina Faso è venuto a mostrare qui la cotonella, prodotta in Burkina Faso, tessuta in Burkina Faso, cucita in Burkina Faso per vestire i burkinabé. La mia delegazione e io stesso siamo vestiti dai nostri tessitori, dai nostri contadini. Non c’è un solo filo che venga d’Europa o d’America. Non faccio una sfilata di moda, ma vorrei semplicemente dire che dobbiamo accettare di vivere africano. E’ il solo modo di vivere liberi e degni.
(Thomas Sankara, estratto dal “discorso sul debito” pronunciato al vertice panafricano di Addis Abeba, Etiopia, il 29 luglio 1987. Un anno dopo, il 28 ottobre, Sankara verrà assassinato a Ouagadougu, capitale del Burkina Faso, che quattro anni prima aveva liberato, con la sua rivoluzione, dal colonialismo francese. Il presidente dell’Organizzazione per l’Unità Africana, cui Sankara si rivolge nel discorso, è il congolese Denis Sassou-Nguesso, mentre la citata premier norvegese è Gro Harlem Brundtland, progressista e ambientalista. Riletto oggi, il celebre discorso di Sankara – martire socialista della sovranità democratica dell’Africa – è particolarmente illuminante, di fronte alla tragedia quotidiana dell’esodo dei migranti africani).
Noi pensiamo che il debito si analizzi prima di tutto dalla sua origine. Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo. Quelli che ci hanno prestato denaro sono gli stessi che ci avevano colonizzato. Sono gli stessi che gestivano i nostri Stati e le nostre economie. Sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali, che erano i loro fratelli e cugini. Noi non c’entravamo niente con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo. Il debito è ancora il neocolonialismo, con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici – anzi, dovremmo invece dire “assassini tecnici”. Sono loro che ci hanno proposto dei canali di finanziamento, dei “finanziatori”. Un termine che si usa ogni giorno, come se ci fossero degli uomini che solo “sbadigliando” possono creare lo sviluppo degli altri. Questi finanziatori ci sono stati consigliati, raccomandati. Ci hanno presentato dei dossier e dei movimenti finanziari allettanti. Noi ci siamo indebitati per cinquant’anni, sessant’anni e più. Cioè siamo stati portati a compromettere i nostri popoli per cinquant’anni e più.

Il debito nella sua forma attuale, controllata e dominata dall’imperialismo, è una riconquista dell’Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a delle norme che ci sono completamente estranee. In modo che ognuno di noi diventi schiavo finanziario, cioè schiavo tout court, di quelli che hanno avuto l’opportunità, l’intelligenza, la furbizia, di investire da noi con l’obbligo di rimborso. Ci dicono di rimborsare il debito. Non è un problema morale. Rimborsare o non rimborsare non è un problema di onore. Abbiamo prima ascoltato e applaudito il primo ministro della Norvegia, intervenuta qui. Ha detto, lei che è un’europea, che il debito non può essere rimborsato tutto. Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché se noi non paghiamo, i nostri finanziatori non moriranno, siamone sicuri. Invece se paghiamo, saremo noi a morire, ne siamo ugualmente sicuri. Quelli che ci hanno condotti all’indebitamento hanno giocato come al casinò. Finché guadagnavano non c’era nessun problema; ora che perdono al gioco esigono il rimborso. E si parla di crisi. No, signor presidente. Hanno giocato, hanno perduto, è la regola del gioco. E la vita continua.

Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagare. Non possiamo rimborsare il debito perché non siamo responsabili del debito. Non possiamo pagare il debito perché, al contrario, gli altri ci devono ciò che le più grandi ricchezze non potranno mai ripagare: il debito del sangue. E’ il nostro sangue che è stato versato. Si parla del Piano Marshall che ha rifatto l’Europa economica. Ma non si parla mai del Piano africano che ha permesso all’Europa di far fronte alle orde hitleriane quando la sua economia e la sua stabilità erano minacciate. Chi ha salvato l’Europa? E’ stata l’Africa. Se ne parla molto poco. Così poco che noi non possiamo essere complici di questo silenzio ingrato. Se gli altri non possono cantare le nostre lodi, noi abbiamo almeno il dovere di dire che i nostri padri furono coraggiosi e che i nostri combattenti hanno salvato l’Europa e alla fine hanno permesso al mondo di sbarazzarsi del nazismo.

Il debito è anche conseguenza degli scontri. Quando ci parlano di crisi economica, dimenticano di dirci che la crisi non è venuta all’improvviso. La crisi è sempre esistita e si aggraverà ogni volta che le masse popolari diventeranno più coscienti dei loro diritti di fronte allo sfruttatore. Oggi c’è crisi perché le masse rifiutano che le ricchezze siano concentrate nelle mani di pochi individi. C’è crisi perché pochi individui depositano nelle banche estere delle somme colossali che basterebbero a sviluppare l’Africa intera. C’è crisi perché di fronte a queste ricchezze individuali, che hanno nomi e cognomi, le masse popolari si rifiutano di vivere nei ghetti e nei bassifondi. C’è crisi perché i popoli rifiutano dappertutto di essere dentro una Soweto di fronte a Johannesburg. C’è quindi lotta, e l’esacerbazione di questa lotta preoccupa chi ha il potere finanziario.
 

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Ci si chiede oggi di essere complici della ricerca di un equilibrio. Equilibrio a favore di chi ha il potere finanziario. Equilibrio a scapito delle nostre masse popolari. No! Non possiamo essere complici. Non possiamo accompagnare quelli che succhiano il sangue dei nostri popoli e vivono del sudore dei nostri popoli nelle loro azioni assassine. Signor presidente, sentiamo parlare di club – Club di Roma, Club di Parigi, Club di dappertutto. Sentiamo parlare del Gruppo dei Cinque, dei Sette, del Gruppo dei Dieci, forse del Gruppo dei Cento o che so io. E’ normale allora che anche noi creiamo il nostro club e il nostro gruppo. Facciamo in modo che a partire da oggi anche Addis Abeba diventi la sede, il centro da cui partirà il vento nuovo del Club di Addis Abeba. Abbiamo il dovere di creare oggi il fronte unito di Addis Abeba contro il debito. E’ solo così che potremo dire, oggi, che rifiutando di pagare non abbiamo intenzioni bellicose ma, al contrario, intenzioni fraterne.

Del resto, le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune. Quindi il club di Addis Abeba dovrà dire agli uni e agli altri che il debito non sarà pagato. Quando diciamo che il debito non sarà pagato non vuol dire che siamo contro la morale, la dignità, il rispetto della parola. Noi pensiamo di non avere la stessa morale degli altri. Tra il ricco e il povero non c’è la stessa morale. La Bibbia, il Corano, non possono servire nello stesso modo chi sfrutta il popolo e chi è sfruttato. C’è bisogno che ci siano due edizioni della Bibbia e due edizioni del Corano. Non possiamo accettare che ci parlino di dignità. Non possiamo accettare che ci parlino di merito per quelli che pagano, e perdita di fiducia per quelli che non dovessero pagare. Noi dobbiamo dire, al contrario, che oggi è normale si preferisca riconoscere come i più grandi ladri siano i più ricchi.

Un povero, quando ruba, non commette che un peccatucolo per sopravvivere e per necessità. I ricchi sono quelli che rubano al fisco, alle dogane. Sono quelli che sfruttano il popolo. Signor presidente, non è quindi provocazione o spettacolo. Dico solo ciò che ognuno di noi pensa e vorrebbe. Chi non vorrebbe, qui, che il debito fosse semplicemente cancellato? Quelli che non lo vogliono possono subito uscire, prendere il loro aereo e andare dritti alla Banca Mondiale a pagare! Non vorrei poi che si prendesse la proposta del Burkina Faso come fatta da “giovani”, senza maturità ed esperienza. Non vorrei neanche che si pensasse che solo i rivoluzionari parlano in questo modo. Vorrei semplicemente che si ammettesse che è una cosa oggettiva, un fatto dovuto. E posso citare, tra quelli che dicono di non pagare il debito, dei rivoluzionari e non, dei giovani e degli anziani. Per esempio Fidel Castro ha già detto di non pagare. Non ha la mia età, anche se è un rivoluzionario. Ma posso citare anche François Mitterrand, che ha detto che i paesi africani non possono pagare, i paesi poveri non possono pagare. Posso citare la signora primo ministro di Norvegia. Non conosco la sua età e mi dispiacerebbe chiederglielo, è solo un esempio.

Vorrei anche citare il presidente Félix Houphouët Boigny. Non ha la mia età, eppure ha dichiarato pubblicamente che, quanto al suo paese, la Costa d’Avorio, non può pagare. Ma la Costa d’Avorio è tra i paesi che stanno meglio in Africa, almeno nell’Africa francofona. E per questo, d’altronde, è normale che paghi un contributo maggiore, qui. Signor presidente, la mia non è quindi una provocazione. Vorrei che molto saggiamente lei ci offrisse delle soluzioni. Vorrei che la nostra conferenza adottasse la risoluzione di dire chiaramente che noi non possiamo pagare il debito. Non in uno spirito bellicoso, bellico. Questo per evitare di farci assassinare individualmente. Se il Burkina Faso da solo rifiuta di pagare il debito, io non sarò qui alla prossima conferenza! Invece, col sostegno di tutti, di cui ho molto bisogno, col sostegno di tutti potremo evitare di pagare. Ed evitando di pagare potremo consacrare le nostre magre risorse al nostro sviluppo.

E vorrei terminare dicendo che ogni volta che un paese africano compra un’arma, è contro un africano. Non contro un europeo, non contro un asiatico. E’ contro un africano. Perciò dobbiamo, anche sulla scia della risoluzione sul problema del debito, trovare una soluzione al problema delle armi. Sono militare e porto un’arma. Ma, signor presidente, vorrei che ci disarmassimo. Perché io porto l’unica arma che possiedo. Altri hanno nascosto le armi che pure portano. Allora, cari fratelli, col sostegno di tutti, potremo fare la pace a casa nostra. Potremo anche usare le sue immense potenzialità per sviluppare l’Africa, perché il nostro suolo e il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza braccia e un mercato immenso, da Nord a Sud, da Est a Ovest. Abbiamo abbastanza capacità intellettuali per creare, o almeno prendere la tecnologia e la scienza in ogni luogo dove si trovano.

Signor presidente, facciamo in modo di realizzare questo fronte unito di Addis Abeba contro il debito. Facciamo in modo che, a partire da Addis Abeba, decidiamo di limitare la corsa agli armamenti tra paesi deboli e poveri. I manganelli e i machete che compriamo sono inutili. Facciamo in modo che il mercato africano sia il mercato degli africani. Produrre in Africa, trasformare in Africa, consumare in Africa. Produciamo quello di cui abbiamo bisogno e consumiamo quello che produciamo, invece di importarlo. Il Burkina Faso è venuto a mostrare qui la cotonella, prodotta in Burkina Faso, tessuta in Burkina Faso, cucita in Burkina Faso per vestire i burkinabé. La mia delegazione e io stesso siamo vestiti dai nostri tessitori, dai nostri contadini. Non c’è un solo filo che venga d’Europa o d’America. Non faccio una sfilata di moda, ma vorrei semplicemente dire che dobbiamo accettare di vivere africano. E’ il solo modo di vivere liberi e degni.

(Thomas Sankara, estratto dal “discorso sul debito” pronunciato al vertice panafricano di Addis Abeba, Etiopia, il 29 luglio 1987. Un anno dopo, il 28 ottobre, Sankara verrà assassinato a Ouagadougu, capitale del Burkina Faso, che quattro anni prima aveva liberato, con la sua rivoluzione, dal colonialismo francese. Il presidente dell’Organizzazione per l’Unità Africana, cui Sankara si rivolge nel discorso, è il congolese Denis Sassou-Nguesso, mentre la citata premier norvegese è Gro Harlem Brundtland, progressista e ambientalista. Riletto oggi, il celebre discorso di Sankara – martire socialista della sovranità democratica dell’Africa – è particolarmente illuminante, di fronte alla tragedia quotidiana dell’esodo dei migranti africani).

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Carpeoro: ma il fascismo nacque da massoneria e Vaticano
Scritto il 04/9/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi


Attenti al lupo? Non lasciatevi ingannare: perché se il “lupo” è il fantasma storico del fascismo, a lanciare periodicamente l’allarme sul suo ipotetico, improbabile ritorno sono «faine e donnole», le stesse che quel “lupo” lo fabbricarono, cent’anni fa. Agitarne lo spettro, oggi? E’ comodo: in quel modo, “faine e donnole” «possono continuare indisturbate ad aggirarsi per i pollai». Fuor di merafora: i voraci mustelidi (le faine e le donnole, appunto) altro non sarebbero che la massoneria e il Vaticano, cioè i due veri genitori (occulti) del movimento politico reazionario fondato negli anni ‘20 dall’ex dirigente socialista Benito Mussolini. E’ la ricostruzione che Gianfranco Carpeoro affida al suo prossimo saggio, “Il compasso, il fascio e la mitra”, in uscita tra qualche mese. Retroscena in arrivo, documenti alla mano: furono le dirigenze massoniche e cattoliche a pianificare l’ascesa del fascismo, fino alla sua rimozione dopo il ventennio, per poi continuare – attraverso la sovragestione finanziaria del paese – a reggere i destini economici dell’Italia anche nel dopoguerra, sempre attraverso una tacita spartizione “bipartisan” del potere.
«Il fascismo nasce da uno scontro folle, violentissimo e senza esclusione di colpi, tra la massoneria e il Vaticano», dichiara Carpeoro in diretta web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Il fascismo nasce favorito dalla massoneria», ma poi si trasforma: «Da masso-fascismo diventa catto-fascismo», quindi «scarica la massoneria (la mette finanche fuorilegge) e si allea col Vaticano». E alla fine, il movimento fascista «viene tradito, e annullato, da queste due forze: massoneria e Vaticano». Il regista della reintroduzione del Vaticano nel sistema politico italiano? «E’ un signore che ha un nome evocativo: si chiama Gentiloni, è il nonno dell’attuale premier». Dopo la presa di Roma del 1870, ricorda il “Giornale”, Pio IX aveva decretato, con il “non expedit”, che i credenti italiani non partecipassero più alla politica. Decisione confermata dal successore, Leone XIII. Ma Pio X, pontefice dal 1903, aveva capito che il blocco non era ulteriormente sostenibile: «C’era da affrontare il “pericolo rosso”, ovvero i socialisti, e quindi occorreva accordarsi con i liberali, rappresentati dal capo del governo Giovanni Giolitti».
Lo stesso Giolitti, continua il “Giornale”, aveva fatto una mossa da grande giocatore introducendo il suffragio universale maschile, per cui alle elezioni del 1913 gli aventi diritto al voto sarebbero passati da 3 a 8 milioni. «Lo Stato liberale rischiava grosso, ma anche la Chiesa: se il Papa avesse confermato il “non expedit”, il Parlamento poteva cadere in mano ai socialisti; per evitarlo, i cattolici avrebbero dovuto appoggiare i liberali. Quella di Giolitti fu una strategia vincente, però lo Stato laico finiva per ammettere implicitamente, dopo quasi mezzo secolo, che non era possibile governare l’Italia senza la Chiesa». Il tramite dell’accordo, raggiunto nel 1912, fu il conte Vincenzo Ottorino Gentiloni, dirigente dell’Azione Cattolica. Obiettivo del Vaticano: mobilitare gli elettori cattolici per «opporsi a ogni proposta di legge contro le istituzioni religiose», ma anche tutelare le scuole cattoliche, battersi per l’istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, respingere qualsiasi legge divorzista. «Il “non expedit” venne tolto, e il patto venne applicato in 330 collegi su 508, tutti quelli dove c’era il pericolo che vincessero i socialisti».
Quel patto, aggiunge il “Giornale”, doveva rimanere segreto. «Ma Gentiloni – che ci teneva a entrare nella storia, e infatti ci è entrato – rivelò sia le clausole sia il nome dei candidati che vi avevano aderito. Si scoprì così che molti erano massoni, ovvero nemici mortali della Chiesa, almeno in teoria». Nemici giurati, ma pronti a mettersi d’accordo per spartirsi il potere, sostiene Carpeoro, in un mondo dove – dietro le apparenze – si bada al sodo, e l’alleato di oggi può diventare l’avversario di domani. «I massoni, che favoriscono il fascismo – dichiara Carpeoro – sono gli stessi che poi lo vanno ad appendere a testa in giù, Mussolini». Pochi sanno che quando il Duce fu appeso a testa in giù, a piazzale Loreto, «c’era un’intera loggia del Grande Oriente d’Italia». Una loggia presente al gran completo, che pronunciò anche delle parole rituali, in quella macabra circostanza: «Non vi scordate che l’Appeso, nei tarocchi, è la carta derivante dal capovolgimento dell’Imperatore», sottolina Carpeoro, di cui pochi mesi fa è uscito in libreria il primo volume del saggio “Summa Symbolica”. Un libro edito da L’Età dell’Aquario, che rivela l’alfabeto – spesso arcano – dei simboli che ci circondano.
“Faine e donnole, massoneria e Vaticano, fascismo e poi antifascismo: «Sotto questo profilo – continua Carpeoro – ci sono dei termini di continuità, perché poi anche la Repubblica nasce all’insegna di un patto, sia pure abbastanza belligerante, tra massoneria e Vaticano». Risvolti di una storia che vive di chiaroscuri: «La massoneria imparerà a infiltrarsi nel Vaticano e il Vaticano imparerà a infiltrarsi nella massoneria, però poi in realtà il sistema economico verrà garantito da Mediobanca, che è l’istituzione finanziaria massonica, e dalle istituzioni finanziarie vaticane, principalmente dalle cosiddette banche cattoliche, che poi confluiranno, in termini di collegamento, nel sistema Ior». Quindi, conclude lo studioso, c’è poco da fidarsi del ricorrente monito sul possibile ritorno del fascismo: «Fa parte del sistema di equilibrio-squilibrio tra i due veri sistemi organizzati», cioè la massoneria e il Vaticano. Sono loro il potere, quello autentico: e se ogni tanto riesumano lo spettro del fascismo, gridando “attenti al lupo”, è per poter continuare, «in quanto faine e donnole», ad «aggirarsi indisturbate per i pollai».
Attenti al lupo? Non lasciatevi ingannare: perché se il “lupo” è il fantasma storico del fascismo, a lanciare periodicamente l’allarme sul suo ipotetico, improbabile ritorno sono «faine e donnole», le stesse che quel “lupo” lo fabbricarono, cent’anni fa. Agitarne lo spettro, oggi? E’ comodo: in quel modo, “faine e donnole” «possono continuare indisturbate ad aggirarsi per i pollai». Fuor di merafora: i voraci mustelidi (le faine e le donnole, appunto) altro non sarebbero che la massoneria e il Vaticano, cioè i due veri genitori (occulti) del movimento politico reazionario fondato negli anni ‘20 dall’ex dirigente socialista Benito Mussolini. E’ la ricostruzione che Gianfranco Carpeoro affida al suo prossimo saggio, “Il compasso, il fascio e la mitra”, in uscita tra qualche mese. Retroscena in arrivo, documenti alla mano: furono le dirigenze massoniche e cattoliche a pianificare l’ascesa del fascismo, fino alla sua rimozione dopo il ventennio, per poi continuare – attraverso la sovragestione finanziaria del paese – a reggere i destini economici dell’Italia anche nel dopoguerra, sempre attraverso una tacita spartizione “bipartisan” del potere.

«Il fascismo nasce da uno scontro folle, violentissimo e senza esclusione di colpi, tra la massoneria e il Vaticano», dichiara Carpeoro in diretta web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Il fascismo nasce favorito dalla massoneria», ma poi si trasforma: «Da masso-fascismo diventa catto-fascismo», quindi «scarica la massoneria (la mette finanche fuorilegge) e si allea col Vaticano». E alla fine, il movimento fascista «viene tradito, e annullato, da queste due forze: massoneria e Vaticano». Il regista della reintroduzione del Vaticano nel sistema politico italiano? «E’ un signore che ha un nome evocativo: si chiama Gentiloni, è il nonno dell’attuale premier». Dopo la presa di Roma del 1870, ricorda il “Giornale”, Pio IX aveva decretato, con il “non expedit”, che i credenti italiani non partecipassero più alla politica. Decisione confermata dal successore, Leone XIII. Ma Pio X, pontefice dal 1903, aveva capito che il blocco non era ulteriormente sostenibile: «C’era da affrontare il “pericolo rosso”, ovvero i socialisti, e quindi occorreva accordarsi con i liberali, rappresentati dal capo del governo Giovanni Giolitti».

Lo stesso Giolitti, continua il “Giornale”, aveva fatto una mossa da grande giocatore introducendo il suffragio universale maschile, per cui alle elezioni del 1913 gli aventi diritto al voto sarebbero passati da 3 a 8 milioni. «Lo Stato liberale rischiava grosso, ma anche la Chiesa: se il Papa avesse confermato il “non expedit”, il Parlamento poteva cadere in mano ai socialisti; per evitarlo, i cattolici avrebbero dovuto appoggiare i liberali. Quella di Giolitti fu una strategia vincente, però lo Stato laico finiva per ammettere implicitamente, dopo quasi mezzo secolo, che non era possibile governare l’Italia senza la Chiesa». Il tramite dell’accordo, raggiunto nel 1912, fu il conte Vincenzo Ottorino Gentiloni, dirigente dell’Azione Cattolica. Obiettivo del Vaticano: mobilitare gli elettori cattolici per «opporsi a ogni proposta di legge contro le istituzioni religiose», ma anche tutelare le scuole cattoliche, battersi per l’istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, respingere qualsiasi legge divorzista. «Il “non expedit” venne tolto, e il patto venne applicato in 330 collegi su 508, tutti quelli dove c’era il pericolo che vincessero i socialisti».

Quel patto, aggiunge il “Giornale”, doveva rimanere segreto. «Ma Gentiloni – che ci teneva a entrare nella storia, e infatti ci è entrato – rivelò sia le clausole sia il nome dei candidati che vi avevano aderito. Si scoprì così che molti erano massoni, ovvero nemici mortali della Chiesa, almeno in teoria». Nemici giurati, ma pronti a mettersi d’accordo per spartirsi il potere, sostiene Carpeoro, in un mondo dove – dietro le apparenze – si bada al sodo, e l’alleato di oggi può diventare l’avversario di domani. «I massoni, che favoriscono il fascismo – dichiara Carpeoro – sono gli stessi che poi lo vanno ad appendere a testa in giù, Mussolini». Pochi sanno che quando il Duce fu appeso a testa in giù, a piazzale Loreto, «c’era un’intera loggia del Grande Oriente d’Italia». Una loggia presente al gran completo, che pronunciò anche delle parole rituali, in quella macabra circostanza: «Non vi scordate che l’Appeso, nei tarocchi, è la carta derivante dal capovolgimento dell’Imperatore», sottolina Carpeoro, di cui pochi mesi fa è uscito in libreria il primo volume del saggio “Summa Symbolica”. Un libro edito da L’Età dell’Aquario, che rivela l’alfabeto – spesso arcano – dei simboli che ci circondano.

“Faine e donnole”, massoneria e Vaticano, fascismo e poi antifascismo: «Sotto questo profilo – continua Carpeoro – ci sono dei termini di continuità, perché poi anche la Repubblica nasce all’insegna di un patto, sia pure abbastanza belligerante, tra massoneria e Vaticano». Risvolti di una storia che vive di chiaroscuri: «La massoneria imparerà a infiltrarsi nel Vaticano e il Vaticano imparerà a infiltrarsi nella massoneria, però poi in realtà il sistema economico verrà garantito da Mediobanca, che è l’istituzione finanziaria massonica, e dalle istituzioni finanziarie vaticane, principalmente dalle cosiddette banche cattoliche, che poi confluiranno, in termini di collegamento, nel sistema Ior». Quindi, conclude lo studioso, c’è poco da fidarsi del ricorrente monito sul possibile ritorno del fascismo: «Fa parte del sistema di equilibrio-squilibrio tra i due veri sistemi organizzati», cioè la massoneria e il Vaticano. Sono loro il potere, quello autentico: e se ogni tanto riesumano lo spettro del fascismo, gridando “attenti al lupo”, è per poter continuare, «in quanto faine e donnole», ad «aggirarsi indisturbate per i pollai».

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.. non è chiaro che cosa abbia fatto scattare il raptus degli animali .. sicuro che non è chiaro ? I 2 microchip impiantati all'interno dei cani , sempre a norma delle vostre leggi fasulle ..

" h!!p://incantodiluce.blogspot.it/2017/09/last-warning-mass-vaccination-or-global.html "
volete i vostri bimbi svuotati , vuoti ? continuate con le vostre dannate vaccinazioni , stolti !
Altrimenti , quando vedrete come stanno le cose , dite : no ! grazie , a mio figlio questi 10 veleni non li do !

parte 1 : " h!!ps://www.youtube.com/watch?v=ISuyzi8pxTw "
parte 2 : " h!!ps://www.youtube.com/watch?v=PAVeMFpih0I "
parte 3 : " h!!ps://www.youtube.com/watch?v=N-w_vnr_TbQ "
parte 4 : " h!!ps://www.youtube.com/watch?v=J4UPXBIq7Ks "

ottima esposizione al signore del video ..

" h!!ps://www.romait.it/articoli/23860/roma-75enne-guidava-con-patente-scaduta-da-2-anni-e-senza-assicurazioni "

voi cari agenti non vi rendete conto della vostra cecità , della vostra iniquità lavorativa , voi seguite leggi storte e distorte costituite da persone scorrette e inique ! Vi fate voi la revisione obbligatoria al vostro corpo ogni 2 anni pagandola a privati o istituzioni ? Se la revisione degli autoveicoli è obbligatoria , deve essere interamente coperta e pagata da chi ha scritturato la legge e non a carico dei " finti " proprietari degli autoveicoli e motoveicoli ! Le auto e le moto si fermano comunque , nonostante le revisioni periodiche , a volte pochi giorni dopo la revisione , a volte dopo mesi da questa , quindi questa pratica dei controlli obbligatori biannuali è del tutto inutile , oltrechè dispendiosa ! Nonostante tutte le certezze delle revisioni , le auto , le moto ed altro .. si fermano e i proprietari , a loro spese , rimuovono il mezzo dalla strada e lo riparano ! sempre a loro spese , non , a vostre spese ! Siete una associazione a delinquere legalizzata per quello che la legge è oggigiorno finalizzata al peculato di organi privati tramite multe e sanzioni ingiuste, revisioni obbligatorie , rendetevene conto , la realtà e dura da accettare ! Presto voi tutti capirete che tutte le assicurazioni del mondo non potranno coprire e coprirsi a vicenda per lo stratosferico disastro che ha da venire in questo mondo ! Voi vi meritate pienamente ciò che ha da venire e che è scritto fin dalla fondazione del mondo ! Da quel momento in avanti , l'assicurazione obbligatoria annua per i mezzi terrestri , non avrà più senso di esistere perchè tutte le varie compagnie assicurative esistenti verranno spazzate via in un solo istante , esse non saranno in grado di onorare i loro impegni assicurativi monetari !
Una cosa ancora finchè avete tempo , la revisione fatevela al cervello , revisionatevi lo spirito finchè ne avete la possibilità , perchè delle vostre falsità , della vostra ipocrisia , del vostro falso potere che vi siete attribuiti o che qualcuno vi ha attribuito avete raggiunto l'apice del disgusto ..

" h!!p://quifinanza.it/lavoro/ai-parlamentari-140mila-euro-di-pensione-il-quadruplo-del-versato/140036/ "

140 mila euro di pensione annui , cosa vi dice il cervello ? Vi prendono in giro , cari cittadini e cittadine , e non ve ne volete accorgere .. voi 40 anni , anzi , 41 .. oppure sono 42 ?
questi escrementi di scarafaggio egizio di parlamentari putridi , lavorano ... oppure fanno finta ! di lavorare 4 anni e mezzo , ed in soli 54 mesi lavorativi maturano ben 900 euro di pensione mensile , quando raggiunta l'età pensionabile ! voi 40 , 45 anni per questi maledetti 1000 euro , loro in un decimo del tempo ! Fatevi un favore , cancellatevi dall'anagrafe tributaria cancellandovi il codice fiscale restituendolo all'ufficio rilasciatore , richiedete indietro all'inps quanto versato interamente di pensione e gestitevi voi le vostre fatiche ! Questi pagliacci che governano devono finirla di essere così schifosi e sleali , così vili ed iniqui , sono tutti da prendere a calci e mettere ai lavori forzati , altro che 140 mila euro annui , senza fare un benemerito cavolo ! Mi rammarico solamente per quelle persone che sono giuste e che con ciò non hanno niente a che vedere !

La ciliegina : l'inps vi chiede indietro dei soldi per maturare qualche anno prima l'anzianità di pensione ! Vi offre un prestito e su quanto vi tratterrà dai 200 ai 300 euro mensili sulla " vostra " pensione per 20 anni .. perchè dice che vi presta 20.000 - 30.000 euro , solo lo dice che ve li presta questi denari ehh !? sicuro che ve li presta ? Oppure fa finta di prestarveli ed invece vi presta una parte dei soldini che voi già avete accantonato nell'arco di una vita lavorativa ? ma scusate un momento bella e brava gente : i 250.000 - 350.000 euro ( duecentocinquantamila - trecentocinquantamila euro ) che voi già avete versato negli accantonamenti di una vita non fanno nessun testo ? Perchè l'inps non scala dal montante totale che voi già avete versato ed accantonato dopo ben 41 anni di lavoro .. ? oppure anche 25 anni di lavoro ? .. e vi restituisce integralmente il vostro ? Vi prendono per il fiocco brava gente , e non ve ne accorgete mica voi .. avete lasciato dei lupi a guardia del pollaio , e le galline e i polli muoiono ! Questa è la triste realtà ! Disonesti che si autogestiscono nelle loro iniquità , non pagate la pensione a questi schifosi di politici , interrompete i pagamenti pensionistici immediatamente , essi , siano inps , siano politici , sono disonesti fino al midollo e non se ne vogliono rendere conto !
 

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settembre 2017
€-RIFORMA DEI TRATTATI: L'INCUBO DEL CONTABILE E' VIVO E LOTTA INSIEME AD €SSI [/paste:font]


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Non è un'immagine dell'incubo meramente simbolica e allusiva: è una rappresentazione icasticamente fedele dell'ordine internazionale del mercato...

1. Prendiamo le mosse da questo (prezioso) ritrovamento di Francesco nei commenti al precedente post, per focalizzare un punto essenziale ai fini della comprensione del presente. Partiamo da così lontano nel tempo, (lontano almeno secondo il metro della "cronaca" senza memoria, studiatamente diffusa dal sistema di controllo mediatico), per rammentare un argomento topico, come si suol dire: la facile replica dei L€uropeisti e neo-ordo-liberisti (spesso a propria insaputa; tipicamente ciò vale per i "costituzional-filosofi" come per i "ventoteniani" ) ad ogni richiamo alla diretta e viva voce dell'Assemblea Costituente e dei suoi maggiori protagonisti, è quella di dire che "da allora le cose sono molto cambiate".
Questo argomento omnibus fa del trascorrere del tempo la leva per affermare una tautologia priva di qualsiasi senso logico-economico e storico, poiché la struttura del capitalismo non è mutata: anzi, le tendenze e le forze che lo caratterizzano da oltre due secoli, sono sempre le medesime, producendo delle fasi cicliche sia dal punto di vista strettamente economico (rilevate con la crescita e l'andamento di occupazione, consumi e, soprattutto, investimenti), che, cosa ben più importante per il cittadino comune, sul piano dell'assetto politico-istituzionale.

2. L'ideologia del consolidamento fiscale, de "lo Stato è come una famiglia" - cioè "l'incubo del contabile" deriso inappellabilmente da Keynes, e che segna la distinzione tra "Uomini e no" -, l'ideologia del "non ce lo possiamo permettere", del debito pubblico e della spesa pubblica come costi da sottrarre al bilancio, non tanto fiscale (cosa che è un fatto di contabilità "pubblica) ma al prodotto nazionale (cosa che attiene ai saldi settoriali della ben diversa contabilità "nazionale"), non arretra mai di un millimetro.
Questa para-logica, che è tipica dell'assetto monoclasse e oligarchico proprio del gold standard, con le sue "plebi poverissime" di cui parla - p.8- Guido Carli, proprio a proposito della moneta unica dell'europa federale (prospettiva che Rosa Luxemburg aveva definito con eloquente esattezza già nel 1911, qui, p.2), insomma tutto questo apparato di ideologia teocratica ove "il mercato" è "il bene comune" coincidente con la volontà del Dio (di ESSI), è stato e sempre rimarrà in agguato, pronto a riproporsi e re-istituzionalizzarsi.
E l'agguato, anzi, l'assedio, riprende oggi, più che mai, in nomine €uropae, ma non s'era fermato neppure "ieri", in sede di Costituente, direttamente intrecciato con le propaggini, non eradicabili, dello stesso liberismo che aveva determinato gli eventi che andarono dalla fine della prima guerra mondiale alla stessa vicenda Costituente.

3. Il brano che Francesco ci offre documenta con chiarezza inequivocabile questo percorso pregresso e, oggi, di arrembante restaurazione.
Le "cose" non sono affatto cambiate, specialmente quando le "forze della reazione", pur sconfitte in Costituente - ma solo per un breve attimo di democrazia sostanziale- valendosi del "vincolo esterno" L€uropeo, sono esplicitamente volte a prendersi una schiacciante rivincita sulla...sovranità popolare (la sovranità appartiene ai "mercati", per ESSI, perché ciò è l'ordine naturale delle cose).
Per questo per parlare degli "attacchi", di ieri e di oggi, alle Costituzioni democratiche abbiamo utilizzato la locuzione "Storia di una rivincita", (che è poi il tema centrale di "La Costituzione nella palude").
E dunque, più che commentare direttamente l'episodio del 1946 - che avrebbe dell'incredibile, se si fosse coscienti di cosa e chi fu costretto a sconfiggere la maggioranza schiacciante dei Padri Costituenti-, vediamo come, poco dopo, "a Costituzione in vigore" fu costretto a commentare Federico Caffè:
"Nel III Rapporto della Commissione Economica presentato all’Assemblea Costituente del 18 ottobre 1946 (Problemi monetari e commercio estero - Interrogatori, questionari, monografie), veniva interrogato l’allora ragioniere generale dello Stato, Gaetano Balducci, per chiarire la situazione della tesoreria onde trarre prospettive per il futuro. Anche allora bisognava “sanare” il bilancio dello Stato!
Baffi chiese a Balducci: “Si potrebbe fare economia in qualche settore? ”.
La risposta di Balducci fu la seguente:
… Su questo sono un po’ pessimista, perché purtroppo non si riesce a far comprendere tale verità nemmeno agli uomini politici responsabili. Quando un paese si trova nella situazione economica in cui si trova il nostro, tante spese bisogna assolutamente abbandonarle, anche se sono un prodotto della civiltà. Bisogna avere il coraggio di scendere dal livello di civiltà in cui si era. Per esempio (è doloroso dirlo), le spese di assistenza sociale, le spese di istruzione, ecc. non solo vengono tenute al livello di prima, ma anzi si vogliono aumentare, mentre, viceversa, ciò non è possibile…” [Rapporto cit., 108].

Per tale ragione nel 1949 – a Costituzione in vigore – Federico Caffè non poteva che stigmatizzare il mito della “deflazione benefica e risanatrice” che affermava essere alimentato “dalla corrente più autorevole (o comunque più influente) dei nostri economisti, e pedissequamente ripetuto dai politici, sia pure con la consueta riserva, di carattere del tutto retorico, che esclude una loro adesione «a una politica di deliberata deflazione».
In realtà non occorre che uno stato di deflazione si manifesti in quanto deliberatamente voluto dalle autorità politiche; se esso, comunque, si manifesta, una eventuale inazione delle autorità di governo implica una loro grave responsabilità, in quanto la deflazione, non meno e forse ancor più della inflazione, è uno stato patologico che non si sana attraverso l’azione spontanea delle forze di mercato
”.

Egli si rendeva conto che in Italia non fossero possibili allora “… alcune forme di manovra del debito pubblico del genere di quelle seguite negli Stati Uniti e nell’Inghilterra in base alla tecnica della finanza funzionale e ai canoni della politica economica «compensatoria». Ma anche gli obiettivi più modesti di una spesa pubblica in funzione anticiclica e di interventi stimolatori molto più blandi… sembrano irraggiungibili di fronte alla visione strettamente contabile e computistica degli organi in parola, (ndQ.: problema oggi ancora più attuale data la "comprensione" dei giuristi) ai quali pare ben improbabile fare accogliere un giorno l’idea che possa essere utile talvolta non già far quadrare i bilanci, ma tenerli in squilibrio. Alla fine gli organi agiscono con la testa degli uomini che li dirigono…”.

E ricordando con “sgomento” le citate parole di Balducci, Caffè proseguiva:
“…Quando si aggiunge che, parlando di spese di istruzione, egli precisa che intende riferirsi addirittura ai maestri elementari, si può comprendere quale irrimediabile sconforto debba arrecare la consapevolezza che idee simili prevalgano in organi pubblici in posizione strategica agli effetti della manovra della politica economica…
CHE SENSIBILITÀ DI FRONTE AI PROBLEMI DELLA DISOCCUPAZIONE potrà avere chi ritiene eccessiva la spesa per l’istruzione o per i servizi sociali in Italia? Non si tratta di necessaria impopolarità che qualcuno deve anche assumersi. Si può essere impopolari dicendo che certe spese non debbono essere fatte, ma si può esserlo dicendo, invece, che devono essere trovati i mezzi per poter sostenere le spese stesse, ad esempio con una tassazione più incisiva o più perequata.

Nella preferenza accordata a una alternativa anziché all’altra vi è già un concetto di scelta che implica preoccupazioni per certi interessi di gruppo anziché per altri … Alla deflazione pretesa «risanatrice», non meno che all’inflazione, SONO LEGATI INTERESSI PARTICOLARI CHE SI AVVANTAGGIANO DELLA SITUAZIONE CHE NE RISULTA, A DANNO DELLA PARTE PIÙ ESTESA DELLA COLLETTIVITÀ…
” [F. CAFFE’, Il mito della deflazione, Cronache sociali, n. 13, 15 luglio 1949].
Quindi, tenetelo a mente: “bisogna avere il coraggio di scendere dal livello di civiltà” in cui eravamo, altro che concorsone con l€uro ed il fiscal compact. Il resto, come evidenziato da Quarantotto, è solo rappresentazione."

4. Il mio richiamo su queste vicende e aggressioni politiche alla democrazia costituzionale, ripetute - e con successo- fino ai giorni nostri non è dunque meramente filologico o metodologico.
Si tratta di un problema attualissimo, proprio in questi giorni e nei prossimi, dato che, a grandi passi, si sta accelerando verso la riforma dei trattati per la finalità essenziale di conservare l'euro (articolo comico involontario imperdibile), cioè il gold standard, cioè la società che, appunto, Carli così descrive:
"Insomma, il ritorno alla convertibilità aurea generalizzata implicava governi autoritari, società costituite di plebi poverissime e poco istruite, desiderose solo di cibo, nelle quali la classe dirigente non stenta ad imporre riduzioni dei salati reali, a provocare scientemente disoccupazione, a ridurre lo sviluppo dell’economia".
5. Della riforma ora in gestazione dei trattati L€uropei rammentiamo le linee fondamentali, v.p.10.
Il pretesto attualizzatore è la tragicomica "solidarietà" interfederale sul default dei titoli del debito pubblico dei paesi dell'eurozona, default che ci assicura di rendere probabile attraverso un bel mix di rating del debito pubblico, con obblighi di vendita per gli istituti bancari nazionali, e misure dell'ESM-Trojka istituzionalizzata che completino il tutto facendo decollare le sofferenze sistemiche e i bail-in sui risparmiatori nazionali:
"Ferma la "irrealistica" praticabilità di un adeguato bilancio fiscale federale, il massimo che si tenterà di fare, e che Macron è predisposto ad accettare per sua "forma mentis", è un inadeguato bilancio di tal genere: cioè composto con risorse fornite, da tutti i paesi dell'eurozona, in proporzione maggiorata in rapporto al PIL, rispetto all'attuale contribuzione, ma senza alcun intervento solidale-compensativo a carico della Germania. Questo pseudo bilancio federale (che non avrebbe alcuna funzione di riequilibrio delle asimmetrie interne, ma solo la veste di un'esosa esazione aggiuntiva aggravante la situazione fiscale dei paesi in crisi di competitività), sarebbe semmai, in più, farcito di un ESM trasformato in trojka permanente, intenta a "sorveglianze" di bilancio direttamente sostitutive delle politiche fiscali residue dei paesi dediti all'aggiustamento (quindi moltiplicando il "trattamento Grecia" per chiunque non correggesse di qualche decina di punti percentuali il costo del lavoro, tramite il dilagare della disoccupazione e la distruzione del welfare) e con un ministro euro-finanziario fantoccio della "guida" tedesca".

Pubblicato da Quarantotto a 12:28 43 commenti: Link a questo post
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domenica 17 settembre 2017
 

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Forumer storico
Conditi: moneta fiscale, e usciamo dalla crisi in 100 giorni

Scritto il 19/9/17 • nella Categoria: idee Condividi


Molti mi chiedono: “Cosa faresti per uscire dalla crisi se tu fossi al governo?”. Bella domanda, perché è facile parlare di soluzioni finchè sai che non sarai tu a doverle attuare, altra cosa è essere lì ed avere la responsabilità della vita di 60 milioni di persone. Noi italiani. Tutti sanno che il problema dell’attuale crisi economica è la mancanza di soldi nell’economia reale, ma nessuno lo dice. Tutto il resto sono solo chiacchiere e distintivo. Ci dicono sempre che le cause sono la corruzione, l’evasione fiscale, il debito pubblico, gli sprechi, l’automatizzazione, la globalizzazione, ma noi sappiamo che non sono il problema principale. Ci distraggono in continuazione con discussioni su temi diversi come i vaccini, l’immigrazione, i cambiamenti climatici, gli attentati terroristici, gli stupri e qualsiasi altra cosa riesca a distogliere la nostra attenzione dall’unico e vero problema. La crisi economica deriva dalla mancanza di soldi nell’economia reale. Ma i problemi dovrebbero essere la scarsità di risorse umane e materiali, certamente non i soldi che si possono creare e vengono anche oggi creati in grandi quantità e senza alcun limite. Solo che finiscono nelle mani di pochi privilegiati, che si arricchiscono a scapito di tutti gli altri.
Siamo una delle nazioni al mondo più ricche di risorse materiali, con un patrimonio artistico, culturale ed ambientale che tutti ci invidiano, ma soprattutto abbiamo risorse umane di qualità, perché abbiamo cultura, capacità, genio ed inventiva come nessun’altra popolazione al mondo. Tuttavia, siamo incapaci di trovare l’unica risorsa che può essere creata dal nulla senza alcun problema: i soldi. Supponiamo che ci sia un governo illuminato che voglia seguire la nostra strada, questi dovrebbero essere gli interventi legislativi nei primi cento giorni: 1) Istituire una moneta fiscale elettronica chiamata Sire, che gira su un circuito fiscale indipendente dalle banche, che fa capo al ministero dell’economia e delle finanze. Stampa anche biglietti di Stato in Sire e monete metalliche da 5 e 10 euro in Sire. Essendo materia fiscale, né la Bce né l’Ue possono dire niente; l’importante è che siano ad accettazione volontaria e utilizzabili per pagare le tasse.
2) Lo Stato diventa istituto di moneta elettronica come prevede l’articolo 114/bis del Tub (Testo unico bancario), per cui con la stessa carta di credito fiscale posso anche effettuare pagamenti in euro, magari con tecnologia blockchain. 3) Riprendere il pieno controllo della Banca d’Italia da parte dello Stato, procedendo al rinnovo delle cariche direttive e riacquistando le quote di partecipazione attualmente detenute da privati, per rispettare quanto previsto dall’articolo 47 della nostra Costituzione. 4) Procedere al consolidamento dei titoli di debito pubblico dello Stato attualmente detenuto da Banca d’Italia, circa per 400 miliardi di euro, in modo che il famigerato rapporto debito/Pil possa scendere vicino al 100%. 5) Creare un sistema di banche pubbliche sul modello tedesco, nazionalizzando ed acquisendo il controllo di quelle in difficoltà, trasferendo tutte le sofferenze che gravano sul settore bancario presso la Banca d’Italia.
6) Disporre il pagamento immediato di tutti i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende private e finanziare, con denaro creato direttamente dallo Stato, il sostegno ai cittadini in difficoltà, la ricostruzione del terremoto, gli investimenti produttivi ed innescare lo sviluppo economico in tutti i settori strategici dell’economia reale. Mentre diventano operativi questi 6 punti, viene contemporaneamente inoltrata, al Parlamento Europeo e alla Corte di Giustizia Europea, una denuncia per il mancato rispetto dei Trattati da parte della Bce e della Commissione Europea, citando nello specifico gli obiettivi dell’articolo 3 del Tue (Trattato sull’Unione Europea) e dell’articolo 127 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), oltre a tutte le altre norme a favore degli Stati che non sono state rispettate: l’accusa è di aver adottato politiche monetarie solo a favore di banche e mercati finanziari, mentre i Trattati hanno ben altri obiettivi.
Nell’eventualità la Bce adottasse provvedimenti di blocco del sistema bancario, tenere pronto un decreto legge con il quale trasformare il sistema “fiscale” Sire, già utilizzato negli scambi, in un sistema monetario vero e proprio, dichiarandone la validità a corso legale e l’accettazione obbligatoria. In questo caso si usce dall’euro, ma senza traumi e con un sistema monetario pronto e già funzionante. Parleremo di questo e di molto altro a Roma il 9 ottobre 2017, presso il VII Municipio in un incontro pubblico con Nino Galloni e Paolo Tintori. Siete tutti invitati. Perchè se vogliamo davvero un cambiamento radicale e profondo delle politiche economiche e monetarie, dobbiamo aumentare la consapevolezza di tutti su questi temi fondamentali ed essere capaci di immaginare un sistema diverso, altrimenti saremo noi stessi un freno al cambiamento. Ho anche realizzato 6 video brevissimi e chiari, che potete trovare sul mio profilo pubblico su Facebook da condividere con i vostri amici.
(Fabio Conditi, “Come risolvere la crisi in soli 100 giorni”, da “Come Don Chisciotte” del 17 settembre 2017. Conditi è presidente dell’associazione “Moneta Positiva”).
Molti mi chiedono: “Cosa faresti per uscire dalla crisi se tu fossi al governo?”. Bella domanda, perché è facile parlare di soluzioni finchè sai che non sarai tu a doverle attuare, altra cosa è essere lì ed avere la responsabilità della vita di 60 milioni di persone. Noi italiani. Tutti sanno che il problema dell’attuale crisi economica è la mancanza di soldi nell’economia reale, ma nessuno lo dice. Tutto il resto sono solo chiacchiere e distintivo. Ci dicono sempre che le cause sono la corruzione, l’evasione fiscale, il debito pubblico, gli sprechi, l’automatizzazione, la globalizzazione, ma noi sappiamo che non sono il problema principale. Ci distraggono in continuazione con discussioni su temi diversi come i vaccini, l’immigrazione, i cambiamenti climatici, gli attentati terroristici, gli stupri e qualsiasi altra cosa riesca a distogliere la nostra attenzione dall’unico e vero problema. La crisi economica deriva dalla mancanza di soldi nell’economia reale. Ma i problemi dovrebbero essere la scarsità di risorse umane e materiali, certamente non i soldi che si possono creare e vengono anche oggi creati in grandi quantità e senza alcun limite. Solo che finiscono nelle mani di pochi privilegiati, che si arricchiscono a scapito di tutti gli altri.

Siamo una delle nazioni al mondo più ricche di risorse materiali, con un patrimonio artistico, culturale ed ambientale che tutti ci invidiano, ma soprattutto abbiamo risorse umane di qualità, perché abbiamo cultura, capacità, genio ed inventiva come nessun’altra popolazione al mondo. Tuttavia, siamo incapaci di trovare l’unica risorsa che può essere creata dal nulla senza alcun problema: i soldi. Supponiamo che ci sia un governo illuminato che voglia seguire la nostra strada, questi dovrebbero essere gli interventi legislativi nei primi cento giorni: 1) Istituire una moneta fiscale elettronica chiamata Sire, che gira su un circuito fiscale indipendente dalle banche, che fa capo al ministero dell’economia e delle finanze. Stampa anche biglietti di Stato in Sire e monete metalliche da 5 e 10 euro in Sire. Essendo materia fiscale, né la Bce né l’Ue possono dire niente; l’importante è che siano ad accettazione volontaria e utilizzabili per pagare le tasse.

2) Lo Stato diventa istituto di moneta elettronica come prevede l’articolo 114/bis del Tub (Testo unico bancario), per cui con la stessa carta di credito fiscale posso anche effettuare pagamenti in euro, magari con tecnologia blockchain. 3) Riprendere il pieno controllo della Banca d’Italia da parte dello Stato, procedendo al rinnovo delle cariche direttive e riacquistando le quote di partecipazione attualmente detenute da privati, per rispettare quanto previsto dall’articolo 47 della nostra Costituzione. 4) Procedere al consolidamento dei titoli di debito pubblico dello Stato attualmente detenuto da Banca d’Italia, circa per 400 miliardi di euro, in modo che il famigerato rapporto debito/Pil possa scendere vicino al 100%. 5) Creare un sistema di banche pubbliche sul modello tedesco, nazionalizzando ed acquisendo il controllo di quelle in difficoltà, trasferendo tutte le sofferenze che gravano sul settore bancario presso la Banca d’Italia.

6) Disporre il pagamento immediato di tutti i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende private e finanziare, con denaro creato direttamente dallo Stato, il sostegno ai cittadini in difficoltà, la ricostruzione del terremoto, gli investimenti produttivi ed innescare lo sviluppo economico in tutti i settori strategici dell’economia reale. Mentre diventano operativi questi 6 punti, viene contemporaneamente inoltrata, al Parlamento Europeo e alla Corte di Giustizia Europea, una denuncia per il mancato rispetto dei Trattati da parte della Bce e della Commissione Europea, citando nello specifico gli obiettivi dell’articolo 3 del Tue (Trattato sull’Unione Europea) e dell’articolo 127 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), oltre a tutte le altre norme a favore degli Stati che non sono state rispettate: l’accusa è di aver adottato politiche monetarie solo a favore di banche e mercati finanziari, mentre i Trattati hanno ben altri obiettivi.

Nell’eventualità la Bce adottasse provvedimenti di blocco del sistema bancario, tenere pronto un decreto legge con il quale trasformare il sistema “fiscale” Sire, già utilizzato negli scambi, in un sistema monetario vero e proprio, dichiarandone la validità a corso legale e l’accettazione obbligatoria. In questo caso si usce dall’euro, ma senza traumi e con un sistema monetario pronto e già funzionante. Parleremo di questo e di molto altro a Roma il 9 ottobre 2017, presso il VII Municipio in un incontro pubblico con Nino Galloni e Paolo Tintori. Siete tutti invitati. Perchè se vogliamo davvero un cambiamento radicale e profondo delle politiche economiche e monetarie, dobbiamo aumentare la consapevolezza di tutti su questi temi fondamentali ed essere capaci di immaginare un sistema diverso, altrimenti saremo noi stessi un freno al cambiamento. Ho anche realizzato 6 video brevissimi e chiari, che potete trovare sul mio profilo pubblico su Facebook da condividere con i vostri amici.

(Fabio Conditi, “Come risolvere la crisi in soli 100 giorni”, da “Come Don Chisciotte” del 17 settembre 2017. Conditi è presidente dell’associazione “Moneta Positiva”).

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