PER COMBATTERE L'ANSIA MI HANNO CONSIGLIATO DI CAMMINARE FINCHE' NON MI PASSA. DEVO DIRE CHE STA COMINCIANDO A FUNZIONARE, VIENNA E' BELLISSIMA. (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Steve Bannon non è uno stratega, ma la strategia stessa.

Differenza sostanziale, poiché quello che alle nostre latitudini conosciamo soprattutto
per la sua esperienza da Chief Strategist alla Casa Bianca è l’uomo che ha avuto la capacità
di ridisegnare i confini degli schieramenti politici in America e nel resto del mondo,
rimettendo in gioco una fetta di umanità che da troppi anni era costretta a votare più “turandosi il naso”, che per convinzione.


Mi riferisco alla cosiddetta maggioranza silenziosa che è in larga parte costituita
da quei ceti passati dalla classe media a essere mediamente poveri.

Prima di continuare è necessario un brevissimo passo indietro.

Fino a una manciata di anni fa l’establishment aveva il pieno controllo di tutti gli schieramenti politici
che, infatti, si differenziavano su alcune sfumature, ma erano identici nella difesa dello status quo.

Negli Stati Uniti così come in Italia o altrove.


Risultato:
un Occidente moribondo, che le classi dirigenti che si sono avvicendate hanno svuotato di tutto:
valori, storia e cultura, quindi identità; produzione, quindi economia; diritti dei lavoratori e potere d’acquisto, quindi qualità della vita.

Conseguenza:
malcontento sociale e azzeramento del tasso di natalità che, tradotto, significa che hanno tolto il futuro dalla linea del nostro orizzonte.


Steve Bannon è l’uomo che più di tutti ha contribuito a dare voce alle persone di cui parlavo poc’anzi
attraverso un mix composto da alcuni elementi fondamentali:

una visione, cioè un’idea della nostra società da qui a prossimi venti o trent’anni,

un’identità precisa e

la capacità di farli “arrivare” dritti alla testa ma anche al cuore della gente.

Dobbiamo poi aggiungere qualità come coerenza, intraprendenza, costanza e passione,
ovvero i prodromi per la vittoria di una sfida tanto difficile e ambiziosa.


In particolare, la storia di Bannon conferma come la coerenza stia alla base di ogni successo:
Master alla Harward Business School e la collaborazione con Goldman Sachs, quindi economia.
La Marina, con il ruolo di ufficiale di complemento sul cacciatorpediniere USS Paul F. Foster, quindi il patriottismo.
Poi la realizzazione di documentari, quindi la comunicazione.
Last but not least l’informazione, con Breitbart prima e il podcast War Room: Pandemic, oggi.

Come vedete, coerentemente con il combinato disposto delle proprie esperienze,
Bannon ha dato vita a una linea di pensiero che racchiude ognuna delle peculiarità
che caratterizzano ogni passo del suo cammino, mettendole così a frutto.


C’è infatti molto, moltissimo di Bannon non soltanto nell’affermazione, ma nella genesi del trumpismo
e nella conquista – contro tutti i pronostici – della Casa Bianca da parte di Trump.


Partendo da questi principi, quest’estate Bannon lancerà l’Accademia dell’Occidente giudaico-cristiano,
con sede alla Certosa di Trisulti, in Italia, iniziativa che va esattamente nel solco di una riaffermazione
dei valori fondanti dell’Occidente da cui dipende non soltanto la nostra sopravvivenza come generazione, ma della nostra Civiltà.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Appelli zingarettiani sempre più drammatici all’unità di un Partito Democratico
che non solo non pare ultransensibile a queste chiamate, ma sembra aver smarrito la forza, la voglia, la capacità di reagire.


Un Pd senza reazioni, senza storia, così appare ed è percepito un partito che, tra l’altro,
è parte consistente di un Governo impegnato, dopo il Covid, a ricostruire, a ripartire, a innestare la leggendaria marcia in più.

Impegno difficile se non impossibile che riguarda il futuro del Paese la cui gestione non potrà più sedersi
su quel tirare a campare che è diventato il marchio di fabbrica di Giuseppe Conte.


Il fatto è che non c’è traccia del Pd in questo Governo, come si rileva da più parti non precisamente di centrodestra (Pensalibero),
ma non vi è alcuna traccia di discussioni e di confronti interni per non disturbare il navigatore.

E ciò per un accomodamento iniziale trasformatosi ben presto in vera e propria sudditanza nei confronti di un Movimento 5 Stelle
verso cui i piddini hanno svolto la funzione di donatori di sangue “a gratis”, senza un rientro,
senza un minimo di contropartita e sposando controriforme, come nel caso della giustizia.


L’assenza nel Governo Conte rispecchia la non presenza del Pd nei confronti e nelle sfide politiche,
come se un cortocircuito ne avesse colpito la famosa “politica della stabilità”,
tramutatasi ben presto in un restare fermi, immobili, silenti.

E spicci nel liquidare l’unica novità come quella di Matteo Renzi, ed ora costretti a fare i conti
non tanto o non soltanto coi suoi boicottaggi elettorali ma, soprattutto,
con la perdita di una identità che impedisce di guardare al proprio futuro.

E ciò è loro tanto più impedito quanto più ci si vuole imbandierare sotto l’insegna del leggendario
nuovo che avanza” contro il vecchio che resiste, affidandosi allo specchio delle apparenze e agli inganni degli slogan.


La grillizzazione di Nicola Zingaretti è l’atto finale di una vicenda a suo modo emblematica
nel letterale ribaltamento di ruoli e di progetti in cui lo spazio della politica si è sempre più ridotto
perché consegnato all’estemporaneità, e spesso alla pericolosità, di proposizioni per stupire,
alla ossessione di visibilità mediatica, alla pura gestione del potere.


Il rischio, ora, non è che il Pd rimanga come al solito, in mezzo al guado, ma che ci resti il Paese.
 

Val

Torniamo alla LIRA
1593158835160.png
 

Val

Torniamo alla LIRA
“Siano gli iscritti a scegliere qualunque cosa importante per il MoVimento 5 Stelle per la direzione del Movimento 5 Stelle".

Davide Casaleggio ha fatto irruzione nel dibattito politico, proprio nel giorno in cui due parlamentari hanno lasciato il gruppo dei pentastellati.

Casaleggio boccia, dunque, l’idea di Grillo di affidare il M5S a un direttorio
che traghetti il partito fino agli Stati generali che, secondo le ultime indiscrezioni,
dovrebbero tenersi a ottobre, dopo le Regionali.

Il presidente dell’Associazione Rousseau ha voluto, quindi, giocare di sponda con Alessandro Di Battista
che, intervistato da Lucia Annunziata su Rai3, aveva chiesto di indire un “congresso”, o meglio

“un'assemblea in cui tutti le persone del M5S, da iscritti ad attivisti, dicano la loro per costruire un'agenda politica”.

In quell’occasione l’ex deputato romano ha fatto intendere di essere pronto ad assumere la leadership del Movimento con una piattaforma
“legata al rafforzamento dello stato e alla lotta alle politiche globaliste”.

Un’uscita che il garante del Movimento Beppe Grillo ha immediatamente respinto con un tweet assai velenoso:

“Dopo i terrapiattisti e i gilet arancioni di Pappalardo, pensavo di aver visto tutto... ma ecco l'assemblea costituente delle anime del Movimento.
Ci sono persone che – ha concluso il comico genovese - hanno il senso del tempo come nel film - il giorno della marmotta -."

Di Battista, pur senza citare apertamente Grillo, ha replicato via Instagram:

"Oggi pomeriggio sono tornato in Tv. Ho fatto proposte e preso posizioni chiare.
Si può legittimamente non essere d'accordo. Lo si dica chiaramente spiegando il perché”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Qui vogliamo i nomi .......

Addio al taglio dei vitalizi.
Via libera della Commissione contenziosa del Senato
all’annullamento della delibera del Consiglio di presidenza che, il 16 ottobre 2018, ha deciso il taglio dei privilegi.


Nell’organismo, chiamato a esaminare i ricorsi presentati dai senatori,
tre sono stati i voti a favore e due i contrari, stando a quanto riferiscono fonti parlamentari.

............................
La commissione è composta da 7 membri, sembra che 2 non fossero presenti,
anche se ci sono 6 supplenti. :

Presidente :
Sen. Caliendo Giacomo - Forza Italia/UDC

Vicepresidente :
Sen. Pillon Simone - Lega/Partito Sardo d'Azione

Membri Titolari :
Sen. Riccardi Alessandra - Lega/Partito Sardo d'Azione
Dott. Avv. Delreno Giuseppe
Dott. Tomassi Riccardo

Componenti Titolari per i Ricorsi :
Dott. Martellino Cesare
Avv. Mattoni Alessandro

Fonti parlamentari dicono che i due no sono di Pillon e Riccardi.

Fosse vera l'indiscrezione, Forza Italia ha perso un'altra volta il tram ............
 

Val

Torniamo alla LIRA
Non cè limite al numero e alla gravità degli scandali che riguardano i sussidi erogati dallo Stato.

Recente è la notizia assurda che riguarda la figura professionale dei navigator,
i quali -racconta il sito money.it – nonostante percepiscano uno stipendio di circa 2 mila euro netti mensili
ed abbiano continuato a ‘lavorare’, hanno avuto la possibilità di richiedere e ottenere il bonus di 600 per l’emergenza Covid.



di-maio-1024x683-1.jpg



La figura del navigator è stata inserita appositamente con l’introduzione del Reddito di cittadinanza.

La loro funzione è quella di affiancare il percettore di tale sussidio al fine di favorire l’inserimento lavorativo del cittadino senza lavoro.

All’inizio dell’emergenza tutte le attività dei servizi pubblici per l’impiego sono state bloccate,
dunque, anche i quasi 3.000 navigator presenti sul territorio nazionale hanno proseguito la loro attività in smart working da casa.



o.564775-1024x683.jpg



Delle fonti interne hanno riferito a Money.it che “i navigator operativi a Milano sono stati completamente fermi per settimane,
continuando a percepire il compenso e magari facendo anche domanda all’INPS per il bonus 600 euro”.


Insomma, una categoria lavorativa che indubbiamente ha potuto “trarre vantaggio da questi mesi”,
dalle gravi ‘disattenzioni’ del governo e sicuramente dalla poca mole di lavoro, sempre ammesso che ci sia stata.

.........................

Solo al 2% dei percettori del reddito di cittadinanza è stato trovato lavoro dai "navigator".
Più inutili di così ...............
 

Val

Torniamo alla LIRA
In una drammatica catena di conseguenze negative una strettamente figlia dell’altra,
il settore delle fonderie italiano si trova a fare i conti con il durissimo colpo inflitto dalla crisi delle auto.

La frenata delle quattro ruote potrebbe spingere verso perdite tra il 20 e il 30%, stando alle stime,
facendo segnare così cali pesanti dettati dalla crisi.

Succede in tutto il mondo, si dirà, e non è certo colpa di nessuno.

Vero soltanto in parte, come testimoniato da chi in quel mondo ci lavora
e guarda con preoccupazione all’immobilismo di un governo che tarda nel tendere la mano.




Le fonderie italiane vanno a picco: produzione già crollata del 20-30%



Repubblica ha raccolto le testimonianze di chi si trova a contare i danni in queste settimane complicate.

Come Enrico Frigerio, numero uno di Fonderia di Torbole, che punta il dito contro l’esecutivo giallorosso:

“All’estero qualcosa in termini di nuove commesse si muove, là dove sono arrivati gli incentivi per l’auto.
In Italia i volumi sono invece ancora fermi”.

Il punto più basso è stato toccato nel mese di aprile,
quando stando alle rilevazioni effettuate da Assofond la produzione è crollata addirittura del 67%.

Un tonfo senza precedenti.



Le fonderie italiane vanno a picco: produzione già crollata del 20-30%



A spiegare il perché di una flessione così imponente è lo stesso presidente di Assofond Roberto Ariotti:

“Le fonderie hanno pagato il prezzo del lockdown molto più rispetto alla media dell’industria generale.
Il nuovo settore aveva imboccato una fase di rallentamento già nel 2019, sensibilmente accentuato da quanto successo negli ultimi mesi.
Noi però non accettiamo la dialettica tra le ragioni della salute e quelle del profitto perché gli stabilimenti rimasti operativi
hanno sempre operato mettendo al primo posto la tutela dei lavoratori, collaborando a tenere in vita il sistema produttivo nazionale”.

Le fonderie italiane vanno a picco: produzione già crollata del 20-30%



Il calo del settore non è troppo distante, in termini percentuali, da quello fatto registrare anche al di fuori dei confini.

A preoccupare è la difficoltà nel ripartire, senza aiuti.

Con il governo che fatica ancora a battere dei colpi consistenti e l’Unione Europea ancora troppo poco determinata
nel tutelare gli interessi delle proprie fonderie sui mercati internazionali:

“Bisogna lavorare sulla creazione di un sistema di concorrenza paritaria con i produttori extra Ue.
I comportamenti virtuosi devono essere valorizzati quanto protetti”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Quando penso a questo tizio ................


«L’Italia dovrà fare subito le riforme o rischia di perdere gli aiuti europei»:

lo ha dichiarato David Sassoli, presidente del Parlamento UE, in un’intervista al Messaggero.

Persino di fronte alla crisi economica che si affaccia minacciosa tra pochi mesi, dopo la fine dell’estate, le autorità europee
– che in questo caso, come in molti altri, hanno posizioni coincidenti con quelle dei principali partiti italiani –
si mantengono arroccate nel rispetto del dogma delle riforme strutturali.



david-sassoli-1200x1200-1-1024x1024.jpg
 

Val

Torniamo alla LIRA
Non si tratta di nulla di nuovo né di insolito: il meccanismo “aiuti finanziari in cambio di riforme strutturali”
è il motore primo della costruzione europea e una costante di tutta la storia dell’integrazione comunitaria.

Come scrive Alessandro Somma:


«A ben vedere, la costruzione europea inizia proprio a partire da uno scambio di denaro contro riforme,
destinato ad ancorare l’Europa occidentale al mondo capitalista.
Fu questo il motivo per cui alla fine degli anni Quaranta venne creata l’Organizzazione per la cooperazione economica europea,
poi divenuta, al principio degli anni Sessanta, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
Come sappiamo, essa fu voluta dagli Stati Uniti per coordinare la distribuzione degli aiuti previsti dal Piano Marshall,
ma anche e soprattutto per promuovere tra i Paesi partecipanti la costituzione di un’area di libero scambio,
fondata innanzitutto sulla circolazione incondizionata di merci e capitali».


Il meccanismo degli aiuti finanziari in cambio di riforme lo si ritrova in vari momenti dell’integrazione europea,
come l’allargamento a sud (Grecia, Spagna, Portogallo) tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta
e quello a est dopo il dissolvimento dell’URSS; principio affermato nell’Atto unico europeo (1986) e nei documenti annessi,
che rimarcano che i trasferimenti finanziari verso i Paesi membri non rappresentano forme di compensazione e ridistribuzione
bensì strumenti di governance per ottenere la convergenza degli impianti istituzionali e delle economie nazionali.



318.0.710692025-0029-kPaD-U31801081053099hrF-656x492@Corriere-Web-Sezioni.jpg



Il “mercato delle riforme” è stato poi istituzionalizzato nei trattati e nei regolamenti europei
che disciplinano l’utilizzo dei fondi europei, le modalità della governance europea e i vari meccanismi di salvataggio finanziario degli Stati in difficoltà,
come ad esempio il Meccanismo europeo di stabilità (MES) che in base all’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea impone
«rigorose condizionalità» ai governi in cambio degli aiuti finanziari.


Il meccanismo degli aiuti finanziari in cambio di riforme strutturali è uno dei principali strumenti della governance europea
e della riforma dei sistemi istituzionali nazionali nella direzione dei principi neoliberali incorporati nei trattati europei:
in questa funzione, si tratta dell’altra faccia della struttura istituzionale europea,
in cui agli Stati è negata la sovranità finanziaria e la politica monetaria è rimessa nelle mani di una banca centrale indipendente
dalla politica democratica e dalle esigenze sociali ed economiche dei popoli europei.


Da una parte, infatti, gli Stati sono costretti a procacciarsi sui mercati finanziari le risorse di cui hanno bisogno,
e sono dunque esposti al costante e sistematico ricatto di una forma di potere impersonale (quella dei mercati)
che li porta “spontaneamente”, senza la costrizione esplicita, a varare politiche e a realizzare riforme
che migliorano la solvibilità del debito e creano un contesto ideale per le esigenze di liquidità e profitto degli investitori;

dall’altra, gli ormai ricorrenti momenti di crisi finanziaria, che in larga parte sono causati proprio dall’indipendenza della BCE
e dal fatto che gli Stati non hanno alcuna protezione di fronte ai mercati finanziari,
costringono gli Stati a ricorrere agli aiuti finanziari elargiti in cambio dell’impegno a realizzare le riforme strutturali:

riduzione dei salari,
privatizzazioni e
cessioni del patrimonio pubblico,
riforme del sistema pensionistico,
flessibilizzazione del mercato del lavoro ecc.

In poche parole, quel pacchetto di riforme che contenuto nella famosa lettera inviata all’Italia nel 2011
e che è stato applicato nel “salvataggio” della Grecia.

5254603_0030_recovery_fund_diretta_aiuti_italia_fondo_perduto_ultime_notizie_28_maggio_2020.jpg



Il “mercato delle riforme” è un meccanismo profondamente antidemocratico,
finalizzato a bypassare la volontà democratica e a imporre delle riforme politiche
spacciate per misure “tecniche” neutrali rispetto alle parti sociali e al conflitto distributivo
:

nel caso delle costituzioni “antifasciste”, come quella italiana,

fondate sui principi della democrazia economica,

dell’eguaglianza sostanziale e

dell’integrazione dei lavoratori nella vita sociale e politica dello Stato,

si tratta di un meccanismo politico finalizzato a ristrutturare nel profondo l’architettura istituzionale
e i principi stessi su cui si regge l’ordinamento politico nazionale;

l’integrazione europea e le riforme strutturali hanno causato uno smantellamento del dettato costituzionale,
soprattutto la parte dei principi fondamentali, pur mantenuto intatto nella forma,
all’interno di un processo storico in cui l’élite italiana ha sfruttato la scusa del “ce lo chiede l’Europa”
per realizzare riforme che non avrebbero mai avuto il consenso della maggioranza della popolazione.


Un vero e proprio capolavoro politico delle forze liberali ed europeiste,
che grazie al vincolo esterno e al mercato delle riforme sono riuscite a ristrutturare l’impianto istituzionale italiano,
fondato sulla presenza dello Stato nel sistema economico e sulla protezione sociale (come da dettato costituzionale),
nella direzione dei principi neoliberali e della logica della concorrenza.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Basta farsi prendere per i fondelli. Basta sacrifici inutili.

Se sacrificio deve esserci, che ci sia, ma per uscire - prima di tutto - dall'EURO

LA NOSTRA TOMBA.
 

Users who are viewing this thread

Alto