Parmalat (PLT) Parmalat (a) III cosa sarà da grande ? (1 Viewer)

salcatal

Come i Panda
Lavorano anche di sabato.

ADDÌ, 9 Aprile 2011.
Il Governo, al fine di difendere i supremi interessi del Paese,
VISTA
l’intrinseca instabilità del capitalismo;
VISTI
i costi sociali della liberalizzazione dei mercati finanziari;
VISTA
la minaccia all’identità nazionale creata dall’afflusso incontrollato di capitali esteri;
DECRETA:

Art 1. Lo Stato garantisce la stabilità della struttura proprietaria delle società italiane quotate. La Consob è preposta alla tutela e promozione della stabilità, e attua le direttive del Ministro dell’Economia e delle Finanze (Mef), che ne nomina il vertice.

Art 2. La proprietà delle azioni è riservata ai soggetti italiani. Opa, Ops, patti di sindacato, acquisto di blocchi di azioni e ogni operazione rilevante ai fini del controllo che coinvolga soggetti esteri è proibita, se non espressamente autorizzata dal Mef. Il Mef, di concerto con la Consob, può congelare i diritti di voto, abolire il pagamento dei dividendi, bloccare le offerte pubbliche, promuovere l’azione dell’autorità giudiziaria e tributaria nei confronti dei soggetti che violano il divieto. Sono autorizzati a detenere partecipazioni rilevanti, previa autorizzazione, i soli soggetti esteri con i quali lo Stato Italiano o i membri del suo Governo, intrattengono rapporti di affari.

Art 3. La Consob decide l’ammissione alla quotazione delle società, purché in possesso della qualifica di società di sistema. Il controllo delle società di sistema può essere esercitato solo da un azionista di sistema. Sono azionisti di sistema lo Stato, gli enti locali, i soggetti pubblici o privati nominati con l’assenso di un’entità pubblica, le fondazioni bancarie, e gli impreditori di sistema. Il controllo delle società di sistema è stabile e può cambiare solo previo assenso del Mef. La nomina di Presidente e amministratore delegato spetta esclusivamente agli azionisti di sistema, sentito il parere del Mef. L’assemblea dei soci, le azioni di responsabilità e ogni altro diritto spettante agli azionisti nondi sistema sono abrogati.

Art 4. Sono società di sistema i campioni nazionali, le istituzioni finanziarie e le società controllate da imprenditori di sistema.

Art 5. Sono campioni nazionali le società nelle quali Stato, enti locali, cassa DDPP o altre entità pubbliche detengono una partecipazione azionaria, nonchè tutte quelle operanti in settori dichiarati strategici dal Mef.

Art. 6. Le banche e le assicurazioni italiane sono istituzioni finanziarie di sistema. Assicurano i mezzi finanziari alle altre società di sistema al fine di promuoverne la stabilità. In caso di difficoltà si fanno carico dei loro debiti, garantendole contro il rischio di insolvenza, e collocano presso i risparmiatori gli aumenti di capitale che si rendessero necessari. Reperiscono le risorse finanziarie presso i risparmiatori, collocando in via esclusiva proprie obbligazioni e polizze vita. Fanno eccezione le obbligazioni dei campioni nazionali. Possono derogare all’obbligo del controllo da parte di un azionista di sistema le istituzioni costituite in forma cooperativa, nelle quali nessuno comanda. In questo caso, la nomina del Presidente è soggetta al parere vincolante del Mef.

Art. 7. È imprenditore di sistema chi: a) detiene una squadra di calcio; b) svolge la propria attività grazie a concessioni, autorizzazioni, licenze da parte di ente pubblico; fornisce servizi soggetti a regolamentazione o comunque giudicati di pubblica utilità dal Mef; c) detiene una partecipazione in un organo di informazione e/o in una istituzione finanziaria di sitema; d) svolge la propria attività in un settore strategico.

Art. 8. Le società che a qualunque titolo gestiscono il risparmio devono essere controllate da istituzioni finanziarie di sistema. Agiscono nell’esclusivo interesse del controllante, seguendone le direttive.

Art. 9. È fatto divieto agli organi di informazione economica di denigrare, criticare o comunque porre in cattiva luce gli interessi degli azionisti di controllo delle società di sistema.

Art. 10. Norma transitoria. Al fine di promuovere la costituzione dei campioni nazionali, le normative Antitrust sono abrogate.

Santalmassiaschienadritta
 
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dariomilano

novellino
ADDÌ, 9 Aprile 2011.
Il Governo, al fine di difendere i supremi interessi del Paese,
VISTA
l’intrinseca instabilità del capitalismo;
VISTI
i costi sociali della liberalizzazione dei mercati finanziari;
VISTA
la minaccia all’identità nazionale creata dall’afflusso incontrollato di capitali esteri;
DECRETA:

Art 1. Lo Stato garantisce la stabilità della struttura proprietaria delle società italiane quotate. La Consob è preposta alla tutela e promozione della stabilità, e attua le direttive del Ministro dell’Economia e delle Finanze :eek:(Mef), che ne nomina il vertice.

Art 2. La proprietà delle azioni è riservata ai soggetti italiani. Opa, Ops, patti di sindacato, acquisto di blocchi di azioni e ogni operazione rilevante ai fini del controllo che coinvolga soggetti esteri è proibita, se non espressamente autorizzata dal Mef.:eek::eek: Il Mef, di concerto con la Consob, può congelare i diritti di voto, abolire il pagamento dei dividendi, bloccare le offerte pubbliche, promuovere l’azione dell’autorità giudiziaria e tributaria nei confronti dei soggetti che violano il divieto.:eek::eek::eek: Sono autorizzati a detenere partecipazioni rilevanti, previa autorizzazione, i soli soggetti esteri con i quali lo Stato Italiano o i membri del suo Governo, intrattengono rapporti di affari.:eek::eek::eek::eek:

Art 3. La Consob decide l’ammissione alla quotazione delle società, purché in possesso della qualifica di società di sistema. Il controllo delle società di sistema può essere esercitato solo da un azionista di sistema.:eek::eek::eek::eek::eek: Sono azionisti di sistema lo Stato, gli enti locali, i soggetti pubblici o privati nominati con l’assenso di un’entità pubblica, le fondazioni bancarie, e gli impreditori di sistema. Il controllo delle società di sistema è stabile e può cambiare solo previo assenso del Mef. La nomina di Presidente e amministratore delegato spetta esclusivamente agli azionisti di sistema, sentito il parere del Mef. L’assemblea dei soci, le azioni di responsabilità e ogni altro diritto spettante agli azionisti nondi sistema sono abrogati.

Art 4. Sono società di sistema i campioni nazionali, le istituzioni finanziarie:eek::eek::eek::eek::eek::eek: e le società controllate da imprenditori di sistema.

Art 5. Sono campioni nazionali le società nelle quali Stato, enti locali, cassa DDPP o altre entità pubbliche detengono una partecipazione azionaria, nonchè tutte quelle operanti in settori dichiarati strategici dal Mef.:eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek:

Art. 6. Le banche e le assicurazioni italiane sono istituzioni finanziarie di sistema. Assicurano i mezzi finanziari alle altre società di sistema al fine di promuoverne la stabilità. In caso di difficoltà si fanno carico dei loro debiti, garantendole contro il rischio di insolvenza, e collocano presso i risparmiatori gli aumenti di capitale che si rendessero necessari. Reperiscono le risorse finanziarie presso i risparmiatori, collocando in via esclusiva proprie obbligazioni e polizze vita. Fanno eccezione le obbligazioni dei campioni nazionali. Possono derogare all’obbligo del controllo da parte di un azionista di sistema le istituzioni costituite in forma cooperativa, nelle quali nessuno comanda. In questo caso, la nomina del Presidente è soggetta al parere vincolante del Mef.

Art. 7. È imprenditore di sistema chi: a) detiene una squadra di calcio; :eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::D:D b) svolge la propria attività grazie a concessioni, autorizzazioni, licenze da parte di ente pubblico; fornisce servizi soggetti a regolamentazione o comunque giudicati di pubblica utilità dal Mef; c) detiene una partecipazione in un organo di informazione e/o in una istituzione finanziaria di sitema; :eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek:d) svolge la propria attività in un settore strategico.

Art. 8. Le società che a qualunque titolo gestiscono il risparmio devono essere controllate da istituzioni finanziarie di sistema. Agiscono nell’esclusivo interesse del controllante, seguendone le direttive.

Art. 9. È fatto divieto agli organi di informazione economica di denigrare, criticare o comunque porre in cattiva luce gli interessi degli azionisti di controllo delle società di sistema.:eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek:

Art. 10. Norma transitoria. Al fine di promuovere la costituzione dei campioni nazionali, le normative Antitrust sono abrogate.:eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek:

Santalmassiaschienadritta



o mio dio!!! ma è l'originale o una proposta scherzosa di qualche sito?

hahah okok è uno scherzo :D:D posso intraprendere il mio giretto in bici più tranquillo! (intuito più dai VISTI che dai DECRETI hihi)
 
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salcatal

Come i Panda
La follia di un uomo che e', purtroppo, Ministro pt (direi ancora per poco).


Nel fondo anche capitali stranieri.

Ma non francesi e tedeschi.

E allora quali?

CINESI E RUSSI, ovviamente ma solo provvisoriamente, e cioe' fin quando Gheddafi&c. non abbiano risolto i loro problemini.
 

salcatal

Come i Panda
C'e' veramente da essere furiBondi.

Scuole che cadono a pezzi, siti archeologici come Pompei che cadono a pezzi sempre perche' non ci sono fondi.

Faro' una proposta io.

L'uso federalistico della Cdp.

I soldi dei libretti di Napoli spesi a Napoli, quelli di Pompei a Pompei ecc. ecc.


E una gestione rigorosamente separata, anche per sportello postale in maniera da evitare utilizzi indebiti e violazione del vincolo di destinazione.

Evitare, cioe' che i risparmi di un quartiere vengano spesi in un altro quartiere.:(
 

salcatal

Come i Panda
Ricorso Lactalis rigettato

Fonti confidenziali (Il Messaggero, come al solito) dicono che il ricorso di Lactalis sia stato rigettato.

Cosa negativa in assoluto, per chi, come me, ritiene che le regole vadano rispettate sempre e comunque.

Cosa positiva per l'andamento del titolo.
 
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salcatal

Come i Panda
Ecco l'articolo.

http://www.ilmessaggero.it/
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Domenica 10 Aprile 2011Chiudi [FONT=Arial,Times]MILANO - Ci sono anche i messicani di Grupo Industrial Lala interessati a far parte della cordata italiana per Parmalat, dove i giudici di Parma avrebbero frenato i francesi di Lactalis. Lala che nell’estate 2004 rilevò Parmalat Mexico, secondo quanto risulta a Il Messaggero, avrebbe formalizzato per iscritto a Intesa Sanpaolo la disponibilità a rivestire un ruolo nell’operazione. E la Superbanca avrebbe sul tavolo anche le lettere dei canadesi di Saputo Milk e dei brasiliani di Lacteos. Questi ultimi che già ai primi di marzo, prima del blitz di Lactalis salita al 28,9%, con l’ausilio della Leonardo & co hanno tastato il terreno per una fusione con Collecchio da realizzare dopo il rinnovo del cda, sarebbero disposti ad anticipare l’operazione entrando in Latco, la newco che dovrebbe essere partecipata da Cdp, banche e soci industriali tra cui Granarolo. Dopo il summit di due giorni fa, pausa di riflessione fino a domani in vista di un’altra riunione sempre ad alto livello che potrebbe tenersi martedì. Ieri solo gli uomini di Intesa sarebbero stati al lavoro per approfondire il dossier e valutare la proposta ricevuta da Rothschild, advisor di Granarolo che formula le sue osservazioni. Cdp, che domani in assemblea adegua lo statuto all’interventismo sulle imprese strategiche italiane attraverso il mega fondo sovrano, ha dato disponibilità a coprire un terzo dell’equity necessario a Latco per lanciare un’opa sul 60-70% di Parmalat dove servono 3-3,5 miliardi compreso il debito. Ma fra le banche (Intesa, Unicredit, Mediobanca) non ci sarebbe unità di intenti nella partecipazione al capitale e si vorrebbe che la differenza fosse coperta dalla Cassa. Poi c’è il partner industriale: potrebbe essere Granarolo che verrebbe venduta a Parmalat e il ricavato (500 milioni) i suoi soci Gran Latte e Intesa lo reinvestirebbero in Latco. Accanto a Granarolo si potrebbe far spazio a uno dei pretendenti esteri. Nella settimana che inizia domani il piano dovrebbe essere definito in vista dell’assemblea del 28 giugno. Che dovrebbe tenersi regolarmente visto che il Tribunale di Parma, ha depositato l’altro giorno il provvedimento sul ricorso di Lactalis tendente a congelare la decisione di Parmalat di rinviare l’assise: sembra però che i giudici abbiano rigettato la richiesta.[/FONT]
[FONT=Arial,Times]r. dim.[/FONT]



 
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salcatal

Come i Panda
Uccello in gabbia? Come vedete non sono l'unico a pensarla così


A quali settori si riferisce?
«Ciascuno ha la propria sensibilità. Io nell'azione governativa in campo economico non trovo affatto i motivi che ci hanno ispirato nei primi anni della nostra avventura politica».
E di chi è la responsabilità?
«Lo si vede chiaramente: di chi fa la politica economica del governo. Non mi piace e va corretto questo accentramento eccessivo di poteri. Trovo negativo che il centro delle decisioni in campo economico, e non solo, non sia più a Palazzo Chigi ma a via XX Settembre».

Ovvero al ministero dell'Economia.
«Nella stessa via c'è anche il ministero dell'Agricoltura, ma non mi riferivo a quello...».
Non sta a Berlusconi riprendersi la centralità perduta?
«Noi, io e gli altri amici, lavoriamo proprio per questo: perché Berlusconi ritorni a guidare il partito nel modo più visibile possibile, e riprenda in mano l'azione di governo


Galan: il Pdl ha tradito Forza Italia, si cambi - Corriere della Sera


L'ANALISI
Geronzi sperava, Tremonti sapeva
di EUGENIO SCALFARI
Cesare Geronzi

LO CHIAMANO il banchiere di Marino ma è uno sberleffo che Cesare Geronzi non merita: è stato molto peggio che un semplice provincialotto, ma anche molto di più. Ha avuto in mano per lungo tempo le leve che governavano un sistema di potere ed ha ambito che quel sistema prevalesse su tutti gli altri. Non ce l'ha fatta ed è caduto. Gli era già capitato altre volte ma era sempre riuscito a rialzarsi; questa volta è difficile che accada.


Il suo sistema di potere nacque dalla fusione del Banco di Roma con il Banco di Santo Spirito, di proprietà d'una Fondazione di origine vaticana. Il Banco di Roma era una delle tre banche d'interesse nazionale, le altre due erano possedute dall'Iri: la Banca Commerciale Italiana e il Credito Italiano. Le tre Bin avevano il controllo di Mediobanca, guidata da Enrico Cuccia.
Il sistema era questo: l'Iri, le tre Bin, Mediobanca. Cuccia diceva che il corpo di Mediobanca era pubblico ma la testa era privata. La testa privata era la sua, il corpo pubblico era l'Iri, ma il sangue che circolava nel sistema e lo teneva in vita era frutto delle tre Bin perché erano loro a collocare tra i risparmiatori le obbligazioni emesse da Mediobanca per raccogliere i capitali necessari a farla funzionare come banca d'affari. Queste erano le entità societarie, alla testa delle quali c'erano uomini in carne ed ossa con le loro storie e i loro caratteri.



Cuccia era uno di quegli uomini, ma insieme a lui e prima di lui ce n'erano altri, tutti molto speciali: Raffaele Mattioli, Adolfo Tino, Ezio Vanoni, Bruno Visentini, Ugo La Malfa, Pasquale Saraceno. E la Banca d'Italia di Donato Menichella e poi, dal 1960, di Guido Carli.
Questa era la struttura di quel sistema e di quell'intreccio tra finanza e politica: la rete di sostegno che proteggeva l'economia reale, la finanziava e la regolava. I pilastri dell'economia reale erano: la Fiat di Valletta e poi, dal 1968, di Gianni Agnelli; l'Eni di Enrico Mattei, la Edison di Giorgio Valerio, la Montecatini di Carlo Faina, la siderurgia a ciclo integrale, le autostrade, i telefoni e le telecomunicazioni, la Rai, l'Alitalia, la Finmeccanica, tutte dell'Iri insieme alle tre Bin. Ma delle banche l'Iri si limitava a custodire le azioni; la politica bancaria la guidava la Banca d'Italia e nessuno si sognava di metterne il ruolo in discussione.



Così andarono le cose dal 1947 fino agli anni Settanta. Adesso sembra preistoria, sono cambiate le strutture, sono cambiati gli uomini. La spinta in avanti dell'economia italiana cominciò a rallentare fino a quando si fermò del tutto. Il debito pubblico prese a crescere fino a diventare, dagli anni Ottanta ad oggi, una mostruosa montagna. La disoccupazione, dopo esser stata riassorbita per tutto il decennio 1955-65, ricomparve fino a diventare strutturale. La competitività e la produttività scesero a livelli infimi. Ma soprattutto il rapporto tra gli affari e la politica diventò perverso e la sua perversità andò sottobraccio con la corruzione. Fino a quando la Prima Repubblica cadde e la Seconda che la sostituì si rivelò peggiore al punto da far rimpiangere quella che l'aveva preceduta.



* * *


Geronzi diventò un elemento del sistema quando già il rapporto tra affari e politica era imputridito, la rete di protezione e di regolazione era stata strappata in più punti, gran parte delle grandi imprese erano scomparse o avevano cambiato padrone. Per di più era ancora un elemento marginale perché il Banco di Roma che aveva cambiato il nome in Capitalia era molto più debole di Unicredit mentre la Commerciale era addirittura scomparsa nelle ampie braccia di Intesa-Sanpaolo. Tanto debole da mettersi in vendita poiché nella nuova era della globalizzazione le banche italiane non reggevano il confronto; per sopravvivere dovevano assumere ben più ampie dimensioni. La scorciatoia obbligata per Geronzi che guidava Capitalia fu la fusione con l'Unicredit di Profumo.



Nella spartizione dei ruoli a lui toccò la presidenza di Mediobanca, da tempo orfana di Cuccia e poi del suo successore Maranghi.


Non ebbe deleghe, gli amministratori Nagel e Pagliaro se le tennero ben strette salvo il comitato "nomine" che era ed è la cabina di regia delle società partecipate. Ma Geronzi era un bravissimo navigatore ed aveva un suo speciale talento: utilizzava le aziende per accrescere il suo potere. Talvolta le sue iniziative andavano anche a vantaggio dell'azienda, ma più spesso il vantaggio era suo soltanto. Così fece anche con Mediobanca. C'era entrato quasi di soppiatto, per "generosità" di Profumo; ma ne prese sempre più saldamente le redini lasciando le operazioni bancarie alle mani dei manager. Lui si occupò del suo potere. Diventò il referente di Gianni Letta e di Berlusconi; in quella veste si attribuì il ruolo di supervisore di una delle società partecipate, la Rcs-Mediagroup, cioè il Corriere della Sera la Gazzetta dello sport e i tanti settimanali del gruppo.



Strinse un sodalizio con i francesi di Bolloré e di Tarak Ben Ammar, che avevano un piede in Mediobanca e un altro nelle Generali. Vagheggiò una fusione tra Generali e Mediobanca; tenne l'occhio su Bernabè e su Telecom, con la sua importante rete di comunicazioni e la sua televisione La7, la sola esistente fuori dal duopolio Rai-Mediaset. E forse non fu estraneo alla caduta in disgrazia di Profumo e alla sua defenestrazione da Unicredit. A quel punto pose la sua candidatura alla presidenza di Generali. Si era convinto che fosse più agevole guidare Mediobanca dall'alto di Generali anziché guidare Generali da Mediobanca. Forse pensava che il management del Leone (Perissinotto e Balbinot) fosse più malleabile di Pagliaro e di Nagel. Ma su quel punto sbagliò. Non aveva previsto che quei quattro si sarebbero messi d'accordo per farlo fuori. Ci hanno impiegato un anno. Più veloci di così...!

* * *

Chi volesse definire con una sola parola Cesare Geronzi, potrebbe chiamarlo l'Uccellatore, colui che per professione ha quella di catturare uccelli vivi. Non è poi tanto male acchiappare uccelli vivi e metterli in gabbie dorate e provviste di buon mangime. Certo, con poca o pochissima libertà. Ma c'è un altro personaggio di questa storia ed ha anche lui il suo soprannome: chiamiamolo Convitato di pietra o Gran Commendatore, secondo il testo di Da Ponte. Parliamo naturalmente di Giulio Tremonti, ministro dell'Economia. Tremonti non ha armato la mano dei manager di Mediobanca e di Generali, tanto meno li ha ispirati e guidati. Però sapeva. Aveva anche avvertito, ma molto alla lontana, Berlusconi, come se parlasse di un'ipotesi remota e abbastanza facile da bloccare. Invece era questione di ore. Non sapeva nulla Geronzi, non sapevano nulla Bolloré e Tarak Ben Ammar, non sapevano nulla Marina figlia e Silvio padre; ma il Convitato di pietra sì, lui sapeva.



Palenzona sostiene che il nuovo sistema, la nuova astronave, è composta di tre moduli: a valle ci sono le Generali, il comando di Generali è in mano a Mediobanca, il comando di Mediobanca è in mano a Unicredit. Cioè a Palenzona che ne è vicepresidente. Il presidente è il tedesco Dieter Rampl, che sta dietro Palenzona e forse è lui il vero perno alla faccia dell'italianità. Ma probabilmente alle spalle corporalmente possenti di Palenzona c'è il Gran Commendatore, Giulio Tremonti, protettore della Lega e fautore delle banche territoriali. Negli anni Ottanta un'architettura di questo genere avrebbe potuto essere immaginata e costruita, ma oggi non direi. L'economia globale, la finanza globale, la libera circolazione dei capitali non vanno in questa direzione. Le economie nazionali non reggono se non hanno dimensioni continentali. Usa, Cina, India, Russia, Brasile, queste sono le dimensioni. L'Europa le avrebbe ma per ora l'Europa non c'è. I finanzieri, i banchieri, gli industriali debbono immaginare e operare come se l'Europa ci fosse. Le architetture pensate sulla dimensione del cortile di casa non reggono all'urto della realtà, sono attendamenti fabbricati con le carte da gioco dei bambini. L'Uccellatore così come il Convitato di pietra sono anomalie nel paese delle anomalie.

Perciò è più corretto prevedere che i manager di Mediobanca, di Generali, di Unicredit, di Intesa, di Telecom, di Fiat-Chrysler, punteranno sul valore delle aziende e saranno giudicati su quella base. Valori non effimeri, non ottenuti con accorgimenti speculativi, ma di media-lunga durata, aggiornati ogni anno ma proiettati almeno verso il quinquennio o meglio ancora il decennio. Incrementi di valore, ampliamento delle basi produttive, regole di concorrenza, titoli giudicati dal mercato, competitività, creazione di nuovi prodotti, conquista di nuovi mercati. Le "matrioske" immaginate da Palenzona non servono più. Dietro Generali c'è il mercato internazionale delle assicurazioni; dietro Mediobanca c'è il mercato degli affari da intermediare e da finanziare; dietro Intesa e Unicredit c'è la banca generale, il credito da offrire sul territorio e in Europa. Lo Stato ha un solo e vero modo di stare sul mercato: produrre servizi pubblici e infrastrutture efficienti e far rispettare le regole di concorrenza che impediscano monopoli, conflitti d'interesse e rendite non tassate.
Buona giornata e buona fortuna.



(10 aprile 2011) © Riproduzione riservata

 

salcatal

Come i Panda
Inutile dire che concordo con Scalfari.

Don Giovanni ucciderà il Gran Commendatore, ma questi, dopo, nelle vesta di Convitato di pietra lo trascinerà con se' all'inferno.

In fondo l'umanità non fa che ripetere lo stesso libretto da secoli.

Certo che quelli di Da Ponte sono avvincenti.:)
 

salcatal

Come i Panda
Ed ecco, puntuale, la sfida che Don Rodrigo, tramite il servo Leporello-Ferrara, lancia al Gran Commendatore o Convitato di pietra.


«Di tanto in tanto dovreste ricordarvi il sale di questa nostra avventura: iniettare dosi massicce di libertà in un paese che era bloccato, che non conosceva l'alternanza di forze diverse al governo dello Stato, un paese in cui piano piano alla dittatura morbida delle ideologie nazional-popolari in declino si andava sostituendo quella, ancora più tignosa e illiberale, delle burocrazie giudiziarie d'assalto e di poteri economici senza inventiva e senza capitali ma con molte immodeste ambizioni di dominio. Un progetto nobile e pericoloso, per il quale si è chiamati a pagare dei prezzi, non solo a riscuotere gli onori della carriera politica.
Tra essere liberi e farsi del male per stupidità, tra la libertà responsabile e un'indisciplina irresponsabile e autolesionista, c'è tutta la differenza tra una politica e un Pdl ricchi di autentici e sani conflitti e un sistema-partito che si disintegra a forza di chiacchiere».

Un avviso ai naviganti: Berlusconi può mollare - Interni - ilGiornale.it del 10-04-2011
 

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