di Biagio Simonetta il sole 24ore
Che la Cina abbia mentito sui numeri di questa pandemia sembrano esserci ormai pochi dubbi. Quando la polmonite di Wuhan ha contagiato l’Occidente, i dati sui contagi e sulle vittime sono sembrati immediatamente difformi da quelli cinesi. Basti pensare che già oggi in Italia, mentre l’emergenza è tutt’altro che finita, si contano più morti e più infetti rispetto ai numeri ufficiali forniti da Pechino.
Ad alimentare ulteriori dubbi, in queste ore, c’è uno strano sovraffollamento delle case funerarie di Wuhan, riaperte lunedì 23 marzo dopo la quarantena assoluta. Il numero di cremazioni, di urne e di parenti chiamati a piangere i loro cari, non convince. E il quotidiano cinese Caixin, che riporta tutta la diffidenza degli stessi cittadini, pone pesanti domande su quante persone abbia ucciso realmente il
Covid-19 da quelle parti.
La stima si basa sul fatto che il 4 aprile prossimo, in Cina, si celebra il Qingming, il giorno dei defunti. E che per quella data le case funerarie di Wuhan vorrebbero consegnare tutte le urne ai loro parenti, con un ritmo di 3500 urne al giorno dal 23 marzo. I calcoli sono giusti, ma la tesi di fondo è falsa. Perché a Wuhan, quest’anno, le celebrazioni del Qingming sono vietate da una disposizione firmata dal governo locale il 26 marzo scorso. E ogni attività di pulizia delle tombe (il “tomb sweeping day”) è sospesa fino al 30 aprile. Anche altre province, tra cui il Guangxi e lo Zhejiang, hanno annunciato restrizioni simili. Il nesso fra urne giornaliere e scadenza per il Qingming, insomma, non esiste.
Morti anche nel 2019?
È quindi difficile ritenere che le stime di Radio Free Asia siano attendibili. Tuttavia, che i dati ufficiali diramati dalle autorità cinesi siano falsi sembra ormai lampante. Ma con gli enti governativi che seguono la strada della censura e le stesse case funerarie obbligate a non fornire dettagli, è molto complesso azzardare ipotesi. I morti a Wuhan potrebbero essere stati 10mila, ma anche 100mila. In questo momento nessuno è in grado di dirlo. Di certo, nelle settimane dell’inferno, a Wuhan si moriva a casa o per strada, come testimoniano molti video caricati sui social media e sfuggiti alla censura di Pechino. Nei famosi sei giorni in cui a Wuhan costruirono il grande ospedale dell’emergenza, i presidi ospedalieri esistenti non potevano più accogliere pazienti. E la morte arrivava nei vicoli, fuori dai supermercati, nelle camere da letto. Vittime alle quali mai nessuno ha fatto un tampone, e che rimarranno per sempre fuori dal conteggio ufficiale dei morti da coronavirus.