Oroscopo finanziario 2019 di Saxo Bank (1 Viewer)

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L’oroscopo finanziario 2019 di Saxo Bank: la crisi italiana costringerà la Bce a un ‘giubileo dei debiti’
Mauro Bottarelli
L'oroscopo finanziario 2019 di Saxo Bank: le previsioni sulla crisi italiana, Brexit e Ue

Puntualmente, con l’arrivo di dicembre e l’approssimarsi del nuovo anno, Saxo Bank ha pubblicato le sue dieci “previsioni oltraggiose” per i 365 giorni che ci aspettano e, nemmeno a dirlo, c’è tanta Europa in questo elenco di eventi altamente improbabili ma per nulla impossibili.

Tanto più che, statistiche alla mano, solitamente non si scende mai sotto il 40% di previsioni azzeccate, pur operando nel campo magari non del parossistico ma certamente dell’iperbolico. Tanta Ue, dicevamo.

Non numericamente, visto che l’argomento viene trattato solo in tre punti ma a livello di magnitudo sistemica, sì, visto che probabilmente basterebbe che una sola delle previsioni avanzate dalla banca d’investimento danese trovasse conferma per svegliarci nel 2019 in un mondo completamente diverso, quasi da day after.

Un mondo, ad esempio, in cui la crisi italiana legata al rifinanziamento del debito pubblico ha raggiunto livelli tali da obbligare l’Ue a un vero e proprio “giubileo debitorio”, arrivando all’estremo di un ritorno a forza quattro della Bce al Qe con monetizzazione di tutti i debiti superiori al 50% nel rapporto con il Pil e garanzia via eurobond per il rimanente.

O con la Germania in recessione a causa del tonfo del suo gioiello industriale, il settore automobilistico, schiacciato dal gap tecnologico verso i concorrenti nella conversione della produzione verso l’auto elettrica e dalla tariffe statunitensi.

E con la Gran Bretagna che, dopo aver bocciato il Brexit in Parlamento e visto la caduta del governo May, torna alle urne e manda al 10 di Downing Street come nuovo primo ministro Jeremy Corbyn, leader laburista che appena arrivato al nuovo domicilio promette come primo provvedimento una patrimoniale lacrime e sangue e un reddito di cittadinanza finanziato direttamente dalla Bank of England, ribattezzato People’s quantitative easing. Il risultato? Inflazione alle stelle, parità sterlina/dollaro e fuga degli investitori stranieri. Insomma, la rivoluzione nel giro di pochi mesi.

Ovviamente, si tratta di “previsioni oltraggiose” ma al netto della decisione giunta ieri dalla Corte Ue, in base alla quale il Regno Unito può bloccare unilateralmente il processo di uscita dall’Unione e dell’imminenza del passaggio parlamentare a Westminster (11 dicembre), diciamo che almeno una delle dieci previsioni avrà una possibile verifica quasi nell’immediato.

Partiamo da lì, dunque. Stando a Saxo Bank, il Labour uscirà dalle elezioni anticipate con una maggioranza parlamentare enorme e un fortissimo mandato popolare, reso tale anche dalla decisione di indire un secondo referendum sul Brexit ma senza specificarne modi e tempi. Sarà l’agenda economica a caratterizzare la nuova maggioranza, la quale chiederà imemdiatamente la ri-nazionalizzazione di ferrovie e utilties e si imbarcherà in un Budget decisamente espansivo, con il deficit che andrà oltre il 5% del Pil. Il combinato di fuga degli investitori esteri e inflazione in rapida ascesa si riverbererà immediatamente sulla sterlina, la quale dopo aver passato gran parte del 2018 in area 1,30 sul dollaro per la prima volta arriverà alla parità nel cambio, un tonfo del 20%.

Ma se la Gran Bretagna, almeno nelle previsioni di Saxo Bank, appare destinata a un vero e proprio terremoto, l’Europa continentale non sarà da meno.
Il 2019 inizierà infatti con un’Ue in pieno caos a causa del risorgere di alcune criticità mai risolte: livello insostenibile di molti debiti pubblici, rivolte populiste, tassi di interesse in rialzo a causa delle politica di restrizione monetaria cominciata dalla Bce e crescita economica stagnante.

Ma sarà il nostro Paese e la sua quasi immediata incapacità strutturale di rifinanziare il debito a fungere da detonatore delle crisi, poiché per Saxo Bank proprio la crisi dei nostri Btp innescherà un contagio al sistema bancario europeo, accelerando il processo di recessione generalizzata per i 27. La Bce tenterà una reazione immediata, organizzando subito nuove aste Ltro di rifinanziamento a lungo termine per il sistema creditizio e rivedendo completamente la sua forward guidance ma non sarà sufficiente, visto che il contagio raggiungerà la Francia, il Rubicone che non può essere varcato e che porterà Bruxelles a mosse senza precedenti.

La Germania e i Paesi del Nord, posti di fronte all’ipotesi di un’Ue letteralmente di fronte all’abisso, accetteranno la strada della monetizzazione del debito e le autorità europee estenderanno un mandato in tal senso alla Bce per tutti i Paesi che abbiano una ratio debito/Pil superiore al 50%. Il resto sarà invece garantito attraverso uno schema basato su Eurobond, mentre verranno completamente rimossi i paletti e le finalità istitutive del Patto per la stabilità e la crescita. Per tamponare la crisi, si arriverà all’istituzione di una nuova regolamentazione fiscale che prevederà la mutualizzazione nel 2020 del primo 3% di Pil in deficit, con la percentuale eccedente che verrà sottoposta a review periodica della Commissione Europea ma solo in base allo stato di salute dell’economia dell’Unione.

Di fatto, il sogno dei consiglieri economici di Matteo Salvini.

Ma, come anticipato, la crisi europea del 2019 sarà talmente strutturale e acuta da vedere tra le sue vittime principali proprio l’economia tedesca, trascinata in recessione ufficiale dal suo gioiello di famiglia, il comparto automobilistico. A operare da proverbiale goccia che fa traboccare il vaso di una competizione tecnologica sempre più spietata, sarà per Saxo Bank il dato finale delle vendite del 2018, atteso a 100 milioni di veicoli e in realtà destinato ad assestarsi a circa 81 milioni, solo un 2% in più del 2017 e al di sotto della media di crescita annua fra il 5 e il 10% registrata a partire dal 2000 dall’industria teutonica.

Ad aggravare la situazione, il ritardo del comparto motive tedesco sull’auto elettrica, vero e proprio core business settoriale del futuro: con le stime che parlano di un 55% delle vendite di auto nuove e un 33% dello stock che sarà rappresentato appunto dall’elettrico entro il 2040, i marchi tedeschi scontano il loro essere soltanto in fase iniziale di trasformazione del comparto e il ricasco delle guerra tariffaria imposta dagli Stati Uniti si dimostrerà come il proverbiale colpo di grazia. Entro il terzo trimestre dell’anno prossimo, Berlino dovrà ammettere il suo ingresso ufficiale in recessione. Strutturale, oltretutto. E tutt’altro che di breve ciclo.

Insomma, un vero e proprio ’48. Cui si unirà, dall’altra parte dell’Oceano, un drastico cambio di guida alla Fed, reso necessario dalla decisione di Jerome Powell, attraverso una risicata maggioranza al prossimo meeting del Comitato monetario previsto il 18-19 dicembre, di alzare i tassi di un altro quarto di punto. Già nel primo trimestre 2019, questa scelta manderà fuori giri l’economia Usa attraverso l’aggravio del costo del denaro e del finanziamento e i mercati azionari, tanto che all’arrivo dell’estate Wall Street sarà talmente in profondo rosso e la curva dei tassi Usa talmente in inversione da spingere Donald Trump a rimuovere il capo della Banca centrale e sostituirlo con il numero uno della Fed del Minnesota, Neel Kashkari, capo delle “colombe” e critico della prima ora della politica di restrizione monetaria. Presto soprannominato The Great Enabler per la sua quasi sottomissione ai desiderata della Casa Bianca in vista della corsa per un secondo mandato nel 2020, Kashkari prometterà una linea di credito da 5 mila miliardi di dollari per acquistare i perpetual bond a zero-coupon emessi dal Tesoro per finanziarie i faraonici progetti infrastrutturali del Presidente e rimettere il turbo al Pil. L’inflazione raggiungerà il 6% e il tasso di interesse principale della Fed si fermerà all’1%: praticamente come dire che, da un paio di anni, dalle parti della Federal Reserve si è solo scherzato. O, per chi vuole pensar male, costruito le condizioni per un ritorno in grande stile al quantitative easing quasi strutturale.

Le altre previsioni?

  • Apple che acquisisce Tesla a 520 dollari per azione,
  • il credit crunch del ramo corporate Usa fa precipitare Netflix nelle condizioni di quasi junking di General Electric,
  • la Banca centrale australiana lancia il suo Qe per fronteggiare il crollo del mercato immobiliare interno,
  • un raro evento di flare solare crea il caos quasi millenaristico nel pianeta e infligge quasi 2 mila miliardi di dollari di danni,
  • entra il vigore la Global Transportation Tax (Gtt) come risposta al crescente e dilagante panico legato ai cambiamenti climatici e, infine,
  • l’Fmi e la Banca Mondiale aboliscono il Pil come misuratore della ricchezza, decidendo di focalizzare le proprie analisi sulla produttività.
Quante ne azzeccheranno questa volta?
 

tontolina

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