Macroeconomia Usa-Europa orizzonti novembre (1 Viewer)

mariougo

Forumer storico
copio qui,
separatamente le prospettive di novembre,

Le prospettive per la crescita economica della Svizzera sono​
peggiorate negli ultimi mesi. I dati disponibili relativi al primo​
semestre e gli attuali indicatori relativi al resto dell’anno fanno​
pensare che il PIL svizzero nel 2014 crescerà leggermente sotto​
il potenziale – noi prevediamo una crescita potenziale di quasi il​
2%. Rispetto ad alcune grandi economie nazionali​
nell’Eurozona, la crescita prevista dell’1.5% è senz’altro accettabile.​
Per la Germania prevediamo lo stesso tasso di crescita,​
ma Francia e Italia sono ben lontane dal superare le loro debolezze​
di crescita. I deficit strutturali e finanziari sono troppo​
elevati. I forti interventi della BCE con sempre nuove misure​
hanno raggiunto l’obiettivo di mantenere bassi i tassi per le imprese​
e anche gli stati. Ma con l’andamento economico attualmente​
senza slancio e un’inflazione continuamente in calo, la​
crescita nominale rimane più bassa rispetto all’interesse debitori​
da utilizzare per i titoli di stato. La quota del debito in percentuale​
della produzione dovrebbe quindi aumentare ulteriormente​
a fronte di persistenti deficit di bilancio in molti stati​
membri.​
Più positive sono invece le previsioni negli Stati Uniti, dove il​
mercato del lavoro mostra miglioramenti con una forte ripresa​
della crescita economica. Perfino i prossimi aumenti dei tassi​
non vengono più percepiti così minacciosi sui mercati finanziari,​
come accadeva solo poco tempo fa. La dinamica economica​
negli Stati Uniti sembra sufficientemente forte per poter tollerare​
un aumento del livello dei tassi. Le indicazioni dalla Cina​
sono disomogenee – l’indebolimento della crescita avviene attualmente​
in modo regolare. La nostra attenzione è rivolta al​
fattore di rischio mercato immobiliare
Per l’economia svizzera, soprattutto la situazione nell’Eurozona​
– che non mostra un ulteriore crollo, ma che non promette​
neppure una rapida ripresa – rappresenta un modello poco ottimistico.​
Non si prevede tuttavia un forte crollo della crescita.​
Da un lato l’importante quota delle esportazioni svizzere è molto​
diversificata a livello globale, anche se la domanda​
dell’Eurozona rappresenta quasi la metà delle esportazioni.​
Dall’altro lato, tuttavia, anche la domanda interna rimane molto​
solida, supportata dalla crescita della popolazione a fronte di​
una quota costante della disoccupazione che rimane invariata​
al 3.2% da maggio 2013. Attualmente, però, anche per quanto​
riguarda il consumo privato si riscontra un leggero indebolimento​
della dinamica.​
Nel 2014 non è stato più possibile ottenere i tassi di crescita​
dell’esercizio precedente, talvolta molto superiori al 2.0%​
(yoy). La crescita dei consumi si è dimezzata a quasi l’1%. Una​
tendenza leggermente negativa è evidenziata anche dai tassi di​
crescita nel settore edilizio, sebbene anche qui i tassi siano ancora​
nettamente in terreno positivo.​
Nel 2° trimestre 2014, il raffreddamento dell’economia svizzera​
è stato meno forte di quanto comunicato dalla SECO in una​
prima pubblicazione. Dopo una revisione e grazie l’utilizzo di​
un diverso metodo di calcolo, è risultata una crescita dello​
0.2% (1.4% yoy) rispetto al trimestre precedente, invece della​
stagnazione comunicata inizialmente. Ma anche con il suddetto​
valore rivisto, il rallentamento della crescita è ben visibile. I​
valori attuali degli indici dei responsabili degli acquisti in Europa​
e in Svizzera non fanno prevedere alcuna accelerazione neppure​
per l’inizio dell’ultimo trimestre. In Svizzera, con un valore​
superiore a 50, l’indice complessivo per settembre mostra una​
lieve espansione (si veda la figura). La componente della produzione​
è chiaramente in terreno positivo. Il portafoglio ordini si​
attesta però leggermente sotto il livello di espansione già per la​
seconda volta consecutiva e non fa prevedere alcun rapido aumento​
della produzione.​
Nel complesso, ostacolata dall’Eurozona e favorita dalle regioni​
economicamente più dinamiche e con una solida economia interna,​
anche se deve affrontare tendenze alla saturazione, la​
Svizzera rimane sempre in pista. Tuttavia, i rischi rimangono alti​
a causa della mutevole situazione nell’Eurozona e delle numerose​
tensioni geopolitiche e sociali in quasi tutti i continenti
Congiuntura: il settore immobiliare in Cina frena la crescita​
In Cina si registra da oltre un anno un rallentamento del dinamismo sul​
mercato immobiliare. Il calo dei prezzi delle abitazioni e degli inizi dei​
lavori di costruzione nonché delle vendite di nuove costruzioni è dovuto​
soprattutto all’eccessiva offerta strutturale e non a interventi statali​
per raffreddare il mercato come negli anni precedenti. Poiché la percentuale​
degli investimenti nell’edilizia residenziale sull’economia globale​
è ancora alta nel confronto internazionale, gli effetti frenanti sul​
PIL sono corrispondentemente forti. Per la prima volta da molti anni, a​
ottobre le restrizioni per l’acquisto di immobili sono state rese meno​
severe. Ciò riduce il rischio di un brusca frenata, ma l’entità dell’offerta​
eccessiva indica tuttavia anche per il 2015 un andamento debole
Inflazione: le aspettative negli Stati Uniti e nell’UME rimangono​
invariate​
Come mostrano le aspettative inflazionistiche a lungo termine, attualmente​
gli attori del mercato mettono in dubbio soprattutto la credibilità​
della Banca centrale giapponese. Nonostante l’enorme aumento​
della massa monetaria, le aspettative inflazionistiche sono molto al di​
sotto dell’obiettivo del 2%. Anche un incremento degli acquisti di​
obbligazioni non dovrebbe quasi cambiare in modo duraturo questa​
situazione. Nell’Eurozona, le aspettative inflazionistiche sono in calo,​
ma si muovono ancora vicino al livello previsto del 2%. Nel complesso,​
le aspettative sono quindi ancora invariate. Supportata dalla sensibile​
svalutazione dell’euro, questa situazione dovrebbe rimanere così​
anche nei prossimi mesi. Il leggero calo negli Stati Uniti dipende soprattutto​
dalla forza dell’USD e non preoccupa
Il ribasso del prezzo del petrolio si avvicina alla fine​
Dalla metà di giugno di quest’anno, il prezzo del petrolio è diminuito​
nettamente. A settembre, per la prima volta dalla primavera 2012, il​
future a 1 mese per il tipo Brent determinante per l’Europa ha nuovamente​
sfondato al ribasso il livello di USD 100 al barile. Il calo dei prezzi​
si può attribuire principalmente a due motivi: da un lato, a causa della​
dinamica economia statunitense e dell’approssimarsi del previsto​
primo aumento dei tassi statunitensi la forte rivalutazione del biglietto​
verde fa alzare il prezzo del petrolio al di fuori dell’area del dollaro.​
Dall’altro lato, il peggioramento della situazione congiunturale nelle​
grandi aree economiche e il rallentamento della dinamica di crescita in​
Cina hanno un effetto frenante sulla domanda globale di petrolio, il​
che da molto tempo mantiene l’eccessiva offerta presente. Una situazione​
che all’interno dell’OPEC causa un notevole disagio e per il prossimo​
anno aumenta sensibilmente la probabilità di una riduzione del​
volume di estrazione target, tanto più che con 30 milioni di barili al giorno​
il cartello ha lasciato invariata la quantità estratta a un livello costantemente​
elevato. In passato, la riduzione dell’obiettivo di produzione​
si è dimostrato un valido strumento per far salire il prezzo del petrolio.​
Anche se l’effetto prezzi a causa della ridotta dipendenza degli Stati​
Uniti dal petrolio estero non dovrebbe più essere così forte, una​
scarsità dell’offerta dovuta a una riduzione della quantità estratta dovrebbe​
comunque determinare una distensione nel prezzo del Brent.​
Continuiamo quindi a ritenere ben supportata la nostra previsione a
12mesidioltre USD100 al barile

:rolleyes: m
 

mariougo

Forumer storico
dollaro....nuova forza...

A ottobre i mercati finanziari hanno registrato le maggiori
volatilità dell'anno. Nel contempo sono stati notevoli
anche i forti movimenti dei rendimenti sui mercati obbligazionari
statunitensi. Ciò è dipeso sia dalle incertezze
sulla fine dell'allentamento quantitativo («Quantitative
Easing») della Banca centrale statunitense, sia dalle pre-
occupazioni
per la crescita nell'Eurozona e in parte negli
Stati Uniti. In questo contesto gli effetti negativi degli elevati
livelli di volatilità si possono ridurre mediante misure
di copertura, come l'acquisto di titoli di stato statunitensi
a lunga scadenza. I violenti movimenti del mercato hanno
riportato a un livello adeguato l'umore eccessivamente
ottimistico degli investitori. Contemporaneamente le
preoccupazioni connesse al recente test bancario europeo
si sono dimostrate infondate. Aumentiamo quindi
moderatamente il nostro impegno nelle categorie
d'investimento sensibili al rischio.
Gli investimenti sensibili al
rischio sono nuovamente
più interessanti dopo
la correzione
La
liquidità è aumentata leggermente a causa

della riduzione della posizione in oro. Adesso
siamo leggermente «sovraponderati».
Quanto alle
obbligazioni rimaniamo «sottoponderati

», ma aumentiamo la nostra posizione
nelle obbligazioni dei paesi emergenti in
valuta locale.
A settembre avevamo ridotto notevolmente le
nostre posizioni
azionarie. Da allora siamo

rimasti ancora leggermente «sovraponderati».
Manteniamo ora una posizione in
oro molto

«sottoponderata».
Relativamente alle
materie prime manteniamo

la nostra ponderazione «neutrale» per
proteggerci dai rischi geopolitici.
Manteniamo il nostro posizionamento leggermente
«sovraponderato» nelle
strategie

alternative
Al miglioramento dei dati fondamentali della più
grande economia mondiale, per molto tempo il dollaro
statunitense non ha quasi reagito. Nei mesi scorsi
è tuttavia iniziato il suo rialzo rispetto alle valute europee.
Si tratta di un aumento temporaneo o possiamo
aspettarci un incremento ancora maggiore? A nostro
avviso siamo all'inizio di una tendenza rialzista di
lungo termine per il «biglietto verde».
Da qualche tempo siamo «ottimisti sul dollaro». Eravamo pertanto
sempre più frustrati di fronte alla debolezza che la valuta
statunitense ha registrato fino a maggio di quest'anno rispetto
a valute europee quali euro, franco svizzero o sterlina
britannica. La rivalutazione del biglietto verde, avvenuta in
precedenza, rispetto allo yen giapponese e alle valute dei
paesi
emergenti e di quelli ricchi di materie prime, era stata
solo una magra consolazione. Ora sembra che la situazione
stia cambiando. Si tratta dell'inizio di una tendenza, che «fa
dell'onnipotente dollaro un oggetto di devozione universale»
per citare in modo leggermente modificato Washington
Irving, uno scrittore e diplomatico del XIX secolo?
Le variazioni di politica monetaria offrono supporto
Guardando al passato, la politica monetaria esageratamente
restrittiva della Banca centrale europea (BCE), che si rifletteva
nella netta diminuzione del suo bilancio, è stata il motivo
principale della forte performance dell'euro fino a metà 2014.
Anche i notevoli flussi di capitale degli investitori americani
verso le obbligazioni dei cosiddetti paesi periferici e verso le
azioni dell'Eurozona hanno contribuito alla forza della moneta
unica europea. In quel periodo, l'atteggiamento restrittivo
della BCE era ancora più determinante in considerazione del
massiccio apporto di liquidità della Banca centrale statunitense
(Fed). Ora la situazione è cambiata: il 9 settembre 2014 la
BCE ha fatto capire di essere disposta ad aumentare significativamente
il proprio bilancio per frenare i rischi di deflazione
e stimolare la debole crescita. La Banca centrale statunitense,
invece, sta per rendere gradualmente meno accomodante la
sua politica monetaria. Le variazioni di direzione delle banche
centrali hanno determinato un miglioramento delle prospettive
per il dollaro statunitense (vedi grafico). Siamo alla fine di
tutto questo oppure esiste ancora potenziale rialzista?
Il rally del dollaro statunitense dovrebbe proseguire
A nostro avviso siamo all'inizio di una pluriennale forza strutturale
del dollaro statunitense e precisamente per i seguenti
motivi:
1. Attualmente, dal punto di vista fondamentale il dollaro
statunitense non è sopravvalutato. La parità del potere
d'acquisto indica una corretta fascia di applicazione da
1.25 a 1.30 USD per EUR (1.28 secondo la recente stima
dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico,
OCSE).
2. Mentre la Fed mette fine ai suoi acquisti di titoli («allentamento
quantitativo»), la BCE inizia un grande programma di
liquidità – dalle cosiddette mirate operazioni di rifinanziamento
a lungo termine (TLTRO) per le banche fino agli acquisti diretti
di obbligazioni fondiarie e di asset-backed security, ABS.
I banchieri centrali a Francoforte potrebbero rinunciare ad
acquistare i titoli di stato dell'Eurozona. Ciononostante queste
transazioni non sembrano escluse, se la situazione lo richiedesse.
La conseguente divergenza della politica monetaria
negli Stati Uniti e in Europa è molto positiva per il dollaro
3. In un contesto di deboli previsioni sulla crescita economica
in Europa, Giappone e nella maggior parte dei paesi emergenti,
rimaniamo fiduciosi che in futuro il prodotto interno
lordo degli Stati Uniti aumenterà del 3 per cento circa. Un
minore prezzo del petrolio e il calo dei tassi a lungo termine
danno un fortissimo impulso all'economia statunitense, che
compensa l'effetto negativo della rivalutazione del biglietto
verde e della debole crescita globale.
4. Grazie alla debole inflazione, la Banca centrale statunitense
Fed ha un notevole margine di manovra nel determinare il ritmo
degli aumenti dei tassi di riferimento. Gli investimenti sul
mercato monetario frutteranno però, a tempo debito, positivi
rendimenti nominali. I corrispondenti rendimenti nominali in
euro, franchi svizzeri e yen rimarranno invece probabilmente
intorno allo zero ancora per anni.
5. Il deficit delle partite correnti degli Stati Uniti – dal punto
pei. Cosa potrebbe mettere in dubbio la nostra previsione
favorevole al dollaro? La ripresa del biglietto verde potrebbe
interrompersi, se le prospettive di crescita per l'economia statunitense
dovessero peggiorare notevolmente. Ciò, a sua volta,
limiterebbe il margine di manovra per un aumento dei tassi
da parte della Banca centrale statunitense. Non prevediamo
tuttavia alcuno scenario del genere. Se dovesse invece accadere,
riteniamo molto limitato il potenziale ribassista del dollaro
statunitense rispetto all'euro.
Contesto favorevole per «investimenti rischiosi»
Abbiamo colto l'occasione del calo dei corsi azionari di metà
ottobre per aumentare il nostro impegno netto. Il «panico da
crescita» tra gli operatori del mercato, soprattutto riguardo
agli Stati Uniti, ci sembrava infatti esagerato. Ci siamo riusciti
vendendo opzioni put sugli indici SMI, S&P 500 ed Euro-Stoxx
50. Dopo che in estate avevamo ridotto la «sovraponderazione
» dei mercati azionari e delle obbligazioni societarie ad alto
rendimento, eravamo dell'opinione che la correzione fosse
sufficiente.
Abbiamo inoltre incrementato la nostra posizione sulle obbligazioni
locali dei paesi emergenti (obbligazioni denominate
nella valuta del rispettivo paese) nei portafogli in EUR e in
CHF, poiché riteniamo un rendimento corrente del 6.5 per
cento un cuscinetto di sicurezza abbastanza buono contro
potenziali indebolimenti delle valute. A nostro avviso l'attuale
contesto di politica monetaria continua a offrire un supporto
fondamentale per investimenti rischiosi. Tuttavia, in considerazione
della fine dell'allentamento quantitativo della Banca
centrale statunitense e delle incerte previsioni sugli utili in alcuni
settori, gli investitori devono ponderare attentamente
pei. Cosa potrebbe mettere in dubbio la nostra previsione
favorevole al dollaro? La ripresa del biglietto verde potrebbe
interrompersi, se le prospettive di crescita per l'economia statunitense
dovessero peggiorare notevolmente. Ciò, a sua volta,
limiterebbe il margine di manovra per un aumento dei tassi
da parte della Banca centrale statunitense. Non prevediamo
tuttavia alcuno scenario del genere. Se dovesse invece accadere,
riteniamo molto limitato il potenziale ribassista del dollaro
statunitense rispetto all'euro.
Contesto favorevole per «investimenti rischiosi»
Abbiamo colto l'occasione del calo dei corsi azionari di metà
ottobre per aumentare il nostro impegno netto. Il «panico da
crescita» tra gli operatori del mercato, soprattutto riguardo
agli Stati Uniti, ci sembrava infatti esagerato. Ci siamo riusciti
vendendo opzioni put sugli indici SMI, S&P 500 ed Euro-Stoxx
50. Dopo che in estate avevamo ridotto la «sovraponderazione
» dei mercati azionari e delle obbligazioni societarie ad alto
rendimento, eravamo dell'opinione che la correzione fosse
sufficiente
:rolleyes: m
 
Ultima modifica:

mariougo

Forumer storico
2015

L’anno finanziario 2014 è ora alle nostre spalle. E si può essere contenti​
per un risultato superiore alla media soprattutto per gli investimenti​
svizzeri. Sia le azioni sia, in modo anche un po’ sorprendente,​
le obbligazioni mostrano una notevole performance. Ciò non era assolutamente​
prevedibile nel corso dell’anno. I mercati hanno registrato​
talvolta fortissime oscillazioni. Dopo un inizio del 2014 ancora​
molto positivo per l’economia mondiale le aspettative si sono dimostrate​
troppo euforiche. Ciò ha determinato in autunno maggiori timori​
per la crescita, anzitutto per la paura di una nuova recessione​
nell’Eurozona. Ma anche se le previsioni di una ripresa nelle grandi​
economie che non hanno avviato con decisione le riforme, quali Italia​
e Francia, rimangono moderate, non si riscontra un crollo della​
domanda europea e soprattutto globale.​
Tuttavia, la congiuntura globale più debole e in modo particolare la​
ripresa estremamente lenta nell’Eurozona ha (avuto) conseguenze​
per la politica monetaria: che a causa della bassa pressione inflazionistica​
rimane sempre molto espansiva o diventa addirittura più accomodante.​
L’attivismo delle banche centrali ha dato un’ulteriore​
spinta ai mercati azionari. Dato che contemporaneamente i tassi a​
lungo termine hanno raggiunto nuovi minimi record, il rendimento​
complessivo delle obbligazioni mostra una tendenza sempre rialzista.​
Pertanto, nell’anno passato i titoli di stato dell’Eurozona figurano​
tra gli investimenti più positivi, il che all’inizio dell’anno non era​
stato previsto da nessuno.​
La politica monetaria non diventa un peso​
Il supporto della politica monetaria non verrà meno neppure nel​
2015. Dopo oltre sei anni di politica dei tassi zero, per gli Stati Uniti si​
intravede l’inizio di una normalizzazione. Il fragile contesto e non da​
ultimo il quadro inflazionistico sempre moderato inducono però attualmente​
la Fed a non agire in fretta e quindi a non intervenire rapidamente.​
Il Giappone e l’Eurozona, invece, continuano ad aumentare​
enormemente la massa monetaria a causa della peggiore situazione​
economica. Nel complesso, ciò dovrebbe consentire a livello​
mondiale, ove possibile, solo un aumento relativamente limitato dei​
tassi a lungo termine.​
Pertanto, le previsioni sui rendimenti per il 2015 rimangono abbastanza​
accettabili anche dopo i risultati già ottimi dell’anno precedente.​
Il limitato potenziale rialzista dei tassi non dovrebbe determinare​
forti perdite di valore delle obbligazioni. Soprattutto le obbligazioni​
societarie con durata media dovrebbero fruttare un rendimento​
accettabile. Anche per le azioni lo scenario rimane positivo. Nel​
frattempo, i livelli dei prezzi sono però molto elevati. Le aziende devono​
presentare risultati ancora migliori per giustificare la valutazione.​
Anche nel 2015 dovrebbero verificarsi continuamente delle correzioni​
che tuttavia inducono poi di nuovo a entrare nel mercato.​
Infatti, nonostante l’indebolimento della congiuntura le aspettative​
economiche della maggior parte delle aziende non mostrano alcun​
sensibile peggioramento della situazione. Qui è di supporto la forte​
svalutazione dell’EUR rispetto all’USD, che a causa della soglia minima​
del tasso di cambio incide nella stessa misura sulle aziende svizzere.​
Quest’anno, tale svalutazione dovrebbe riflettersi sempre più​
positivamente nei margini degli esportatori, a differenza dell’incerta​
domanda nell’Europa continentale. Alla fine dell’anno, il cambio​
EUR / CHF si è avvicinato moltissimo alla soglia di 1.20. Se non si verificherà​
di nuovo un duraturo e drastico aumento degli afflussi di capitale,​
la Banca nazionale svizzera dovrebbe saper difendere bene il​
limite minimo senza dover intervenire massicciamente.​
Con il calo dei tassi, i previsti rendimenti dei dividendi hanno ulteriormente​
aumentato il loro vantaggio rispetto ai pagamenti di interessi​
sulle obbligazioni (vedi grafico). Ciò dovrebbe offrire un buon​
cuscinetto contro i crolli e continua a rendere le azioni una categoria​
d’investimento relativamente interessante.​
Fiducia nonostante elevata incertezza​
Indubbiamente le incertezze per il nuovo anno rimangono notevoli.​
Divampano tra l’altro numerosi conflitti geopolitici. Non è affatto​
certo che la prevista riduzione della velocità della crescita in Cina avvenga​
in modo controllato. Le riforme strutturali nell’Eurozona non​
sono affatto sufficienti e il focolaio della crisi del debito potrebbe riaccendersi​
di nuovo. La manipolazione dei mercati da parte delle​
banche centrali può inoltre generare turbolenze in ogni momento.​
In sintesi: le possibilità che soprattutto un portafoglio diversificato​
anche quest’anno dia un risultato poco spettacolare ma comunque​
soddisfacente non sono poi così negative

Ultimamente, i timori di recessione per l’Eurozona sono diminuiti.​
Nel terzo trimestre, l’economia è riuscita a registrare di nuovo​
una crescita contenuta. Tuttavia, la previsione per la fine dell’anno​
rimane moderata dopo la forte correzione degli indicatori della fiducia​
che però nel frattempo mandano in misura maggiore segnali​
di una stabilizzazione. Ciò si riflette anche nei dati per la Svizzera.​
Favorita dai bassi prezzi delle materie prime e dall’effetto stimolante​
del calo della valuta, all’inizio del prossimo anno la congiuntura​
dovrebbe rimanere sulla buona strada. Per quanto riguarda l’Eurozona,​
per il 2015 vediamo però complessivamente solo una moderata​
crescita del PIL dell’1.0%. Con l’1.6% la Svizzera dovrebbe​
continuare a registrare un andamento migliore, uguale al livello di​
quest’anno.​
La situazione economica negli Stati Uniti rimane sempre robusta.​
La crescita è sostenuta soprattutto dalla dinamica congiunturale,​
alimentata dalla continua ripresa sul mercato del lavoro. Nella seconda​
economia, la Cina, il calo dei prezzi immobiliari e il settore​
edilizio hanno un effetto negativo. I dati del PIL per il terzo trimestre​
mostravano un ulteriore indebolimento della velocità della crescita,​
che tuttavia, come programmato dal governo, finora ha un​
andamento controllato. Nel complesso, gli impulsi di crescita della​
maggior parte dei paesi emergenti rimangono robusti, anche se​
meno forti rispetto agli anni precedenti.​
Aspettative inflazionistiche ulteriormente in calo​
L’indebolimento della congiuntura mondiale ha un effetto sempre​
frenante sull’inflazione. Oltre al sottoutilizzo in parte sempre elevato,​
soprattutto il calo dei prezzi delle materie prime determina una​
bassa pressione sui prezzi. Di conseguenza le aspettative inflazionistiche​
sono sensibilmente diminuite non solo per l’Eurozona ma​
anche per gli Stati Uniti. In Svizzera il tasso d’inflazione annuo oscilla​
sempre intorno allo zero e anche nel 2015 prevediamo una media​
annuale molto bassa.​
Previsioni sui tassi posticipate​
In questo contesto, dopo il pacchetto di misure già dec
la BCE​
tende ad allentare ulteriormente la politica monetaria all’inizio del​
2015, infine anche tramite l’acquisto di titoli di stato. La BNS continuerà​
a difendere la soglia minima del tasso di cambio. Ulteriori misure,​
quali tassi negativi, dovrebbero però essere adottate solo nel​
caso di emergenza, quale massiccia fuga di capitali verso il franco.​
Le proiezioni inflazionistiche molto moderate e anche l’atterraggio​
morbido da noi previsto sul mercato immobiliare svizzero danno​
margine di manovra alla BNS per questa evenienza. La bassa pressione​
inflazionistica rende meno urgente un’azione più rapida della​
Fed in caso di dati sempre buoni del mercato del lavoro. Continuiamo​
a prevedere un primo aumento dei tassi verso la metà del 2015.​
I funzionari della Fed non mostrano tuttavia alcuna fretta. Pertanto,​
negli ultimi mesi anche per gli Stati Uniti le previsioni sui tassi a medio​
termine non si sono mosse ulteriormente al rialzo.​
La correzione della fiducia nell'Eurozona sta finendo,​
con prospettive sempre robuste per gli Stati Uniti​
Indici dei responsabili degli acquisti dell'industria​
manifatturiera​
La domanda globale più debole mantiene bassa la​
pressione inflazionistica a livello mondiale​
Prezzi al consumo, in % rispetto all'anno precedente​
L'allentamento della BCE diminuisce ulteriormente
le previsioni sui tassi; anche per la Fed è previsto
una normalizzazione dei tassi più lenta
Le accanite discussioni sulla recessione e sulla deflazione hanno fatto​
scendere i rendimenti obbligazionari nel 2014 ancora a nuovi livelli​
minimi. La nuova valanga di misure della Banca centrale europea​
(BCE) ha regalato ai debitori tassi ancora più bassi e agli investitori​
obbligazionari lauti utili di corso. Per reinvestimenti gli attuali​
rendimenti sono poco interessanti, ciononostante gli investitori si​
rifugiano sempre nei sicuri titoli di stato. In Svizzera, i rendimenti dei​
titoli della Confederazione inferiori allo 0.4% non riflettono più da​
molto tempo i dati fondamentali. Ma anche per il 2015 non prevediamo​
un forte aumento dei tassi a lungo termine in Europa e quindi​
neppure in Svizzera. La BCE saprebbe impedire i forti aumenti dei​
rendimenti con ulteriori misure, eventualmente con acquisti di titoli​
di stato. Riteniamo tuttavia i rendimenti supplementari per durate​
lunghe non adeguati all’aumento del rischio di modifica dei tassi​
d’interesse e preferiamo le durate medie. Rimaniamo prudenti per​
quanto riguarda le obbligazioni statunitensi, poiché la normalizzazione​
dei tassi dovrebbe iniziare molto prima rispetto all’Europa.​
Obbligazioni societarie favorite​
A causa delle banche centrali espansive e della ricerca di rendimento​
da parte degli investitori, i rendimenti delle obbligazioni societarie​
mostrano una tendenza negativa da cinque anni – anche nel​
settore delle obbligazioni ad alto rendimento con bassa qualità del​
credito (high yield). A causa della politica monetaria sempre espansiva​
in Europa raccomandiamo una quota neutrale nelle obbligazioni​
high yield nonostante il calo dei rendimenti.​
Per gli obbligazionisti riteniamo più interessanti le obbligazioni societarie​
nel settore investment grade inferiore (BBB). I premi di rischio​
rispetto ai titoli di stato di durate comparabili ammontano a​
un po’ di più di 100 punti base (cfr. figura) – molto meno rispetto al​
periodo successivo alla crisi finanziaria, ma sempre adeguati ai rischi.​
Anche le obbligazioni societarie dell’Eurozona dovrebbero​
continuare a essere risparmiate dai forti aumenti dei rendimenti a​
fronte della stabilizzazione economica con attività delle banche​
centrali sempre intense.​
Paesi emergenti sotto l’influenza dei tassi statunitensi​
Sottoponderiamo leggermente le obbligazioni dei paesi emergenti​
in valuta locale. Gli aumenti dei tassi negli Stati Uniti dovrebbero influire​
su questo segmento. Riteniamo più interessanti le obbligazioni​
dei Paesi emergenti in USD a causa dei minori rischi a fronte di un​
interessante premio di rendimento.​
Protezione contro l’inflazione quando le aspettative sono​
basse​
Le obbligazioni protette contro l’inflazione sono adatte a
un contesto​
dei tassi, nel quale l’inflazione prevista dal mercato viene ritenuta​
troppo bassa, il che a nostro avviso, con l’attuale aspettativa inflazionistica​
è opportuno soprattutto negli Stati Uniti. Tatticamente,​
all’interno dei titoli di stato sovraponderiamo quindi leggermente​
gli «Inflation-Linker», chiamati TIPS negli Stati Uniti

Per gli investitori azionari, il 2014 è stato di nuovo un anno superiore​
alla media, anche se nel corso dell’anno le aspettative congiunturali​
globali sono peggiorate. La Banca centrale europea (BCE) ha​
reagito sempre con nuove contromisure. Anche la Fed statunitense​
non ha accennato ad abbandonare rapidamente la politica dei tassi​
zero. Nel frattempo, il margine di manovra per ulteriori misure di​
stimolo da parte dei banchieri centrali è limitato. Alla BCE rimane​
ancora un possibile programma di acquisti di titoli di stato. Negli​
Stati Uniti, i segnali indicano invece aumenti dei tassi.​
Oltre alle previsioni sui tassi, anche le incertezze congiunturali globali​
dovrebbero occupare i mercati nei prossimi mesi. Il rallentamento​
della crescita viene confermato dagli attuali indicatori economici​
e dovrebbe impedire un rapido aumento dei corsi azionari globali,​
anche se non prevediamo un’altra recessione nell’Eurozona.​
In questo contesto, a differenza degli anni precedenti per il 2015​
non ci aspettiamo una performance azionaria superiore alla media.​
Tuttavia, le prudenti banche centrali e i solidi profitti aziendali ci​
fanno prevedere un rendimento positivo. Alle attuali valutazioni​
sono però sempre prevedibili correzioni lampo, come quelle del​
mese di ottobre 2014.​
La relativa attrattiva dei titoli con dividendi rispetto alle obbligazioni​
è sempre favorevole alle azioni. Dopo il continuo calo dei rendimenti​
dei mercati dei capitali, i dividendi azionari sono diventati ancora​
più interessanti rispetto alle cedole delle obbligazioni.​
Anche se l’economia statunitense mostra attualmente molto slancio,​
soprattutto in quel Paese le elevate aspettative del mercato con​
la prossima fine della politica dei tassi zero si trovano davanti a una​
difficile sfida. Le aspettative per l’Eurozona sono meno ambiziose.​
Inoltre, la BCE si trova sempre in modalità espansiva. Di conseguenza​
preferiamo l’Europa rispetto agli Stati Uniti, mentre per la Svizzera​
ci posizioniamo in modo neutrale.​
Valutazioni elevate in Svizzera​
Dopo sei anni di rally azionario, in Svizzera le valutazioni sono elevate.​
Sulla base del rapporto corso / utile, la maggior parte dei settori​
in un confronto a lungo termine è piuttosto cara – soprattutto i​
titoli difensivi dei settori sanità e alimentari. Il settore sanità (industria​
farmaceutica) rimane però uno dei nostri preferiti a causa del​
costante potenziale di crescita. I titoli ciclici hanno già anticipato​
gran parte del rallentamento congiunturale previsto e nel corso​
2014 sono quotati chiaramente nel settore negativo – a differenza​
del mercato complessivo in rialzo. Quanto ai prodotti industriali, a​
fronte di una congiuntura mondiale stabile, anche se non euforica,​
vediamo un certo potenziale di recupero. Anche per i titoli tecnologici​
rimaniamo ottimisti con una valutazione storicamente vantaggiosa.​
Il mercato azionario statunitense anticipa il ciclo​
dei tassi​
Rally azionario di 6 anni con tasso zero negli Stati Uniti​
Per l’oro riteniamo opportuna una leggera sovraponderazione. Infatti,​
anche se come sempre generalmente a un basso livello per il​
2015 prevediamo un leggero aumento dell’inflazione, con l’aumento​
più forte negli Stati Uniti e in Cina. Per questo motivo, la domanda​
di oro come investimento contro l’incremento dell’inflazione​
dovrebbe aumentare di nuovo leggermente. A ciò si aggiungono​
le azioni valutate in modo elevato e i rendimenti estremamente​
bassi delle obbligazioni, il che proprio per gli investitori interessati​
alla stabilizzazione fa sembrare interessante l’oro come protezione​
del portafoglio. Ciò è complessivamente favorevole a una leggera​
tendenza rialzista del prezzo dell’oro.​
Per i metalli industriali, quest’anno la tendenza ribassista dovrebbe​
stabilizzarsi. Anche per il 2015 è prevedibile un nuovo calo della dinamica​
di crescita in Cina, il che dovrebbe influenzare la domanda​
di metalli industriali. Nel complesso prevediamo tuttavia che la crescita​
economica globale, guidata dalla solida crescita negli Stati​
Uniti, accelererà leggermente rispetto al 2014. Per questo motivo​
riteniamo opportuno un posizionamento neutrale per i metalli industriali.​
Contesto difficile per il petrolio​
Dopo la decisione dell’OPEC di non ridurre nonostante l’eccesso​
dell’offerta di petrolio i quantitativi estratti target, in vigore dal​
2011, il greggio rimane sotto pressione. L’attuale livello dei prezzi –​
il più basso da oltre cinque anni – dovrebbe quindi rimanere ulteriormente​
sotto pressione nei prossimi mesi. Per il 2015 è previsto​
un leggero aumento della domanda globale di petrolio, ma non​
prevediamo alcuna sensibile distensione sul mercato petrolifero.​
Infatti, a condizione che non si verifichino seri crolli della redditività​
delle compagnie di estrazione, in primo luogo una notevole quota​
dell’aumento della domanda dovrebbe essere coperta dall’ulteriore​
incremento della produzione statunitense. E in secondo luogo​
per il primo semestre 2015 le previsioni sulla domanda di petrolio​
dell’OPEC sono nettamente inferiori al quantitativo estratto dell’OPEC​
di 30 milioni di barili al giorno, cosicché l’eccedenza
delle compagnie di estrazione, in primo luogo una notevole quota​
dell’aumento della domanda dovrebbe essere coperta dall’ulteriore​
incremento della produzione statunitense. E in secondo luogo​
per il primo semestre 2015 le previsioni sulla domanda di petrolio​
dell’OPEC sono nettamente inferiori al quantitativo estratto dell’OPEC​
di 30 milioni di barili al giorno, cosicché l’eccedenza di petrolio​
dovrebbe durare ancora. Sul periodo di 12 mesi vediamo quindi il​
prezzo del petrolio di poco superiore al livello attuale, per cui raccomandiamo​
un posizionamento leggermente sovraponderato.​
Interessanti investimenti alternativi​
La ricerca del rendimento nel contesto di tassi bassi continua anche​
nel 2015 e dovrebbe favorire quindi le strategie alternative. Come​
già il mese di ottobre 2014 ha mostrato, la volatilità delle categorie​
d’investimento tradizionali può aumentare improvvisamente in​
poco tempo. Assieme alla valutazione già ambiziosa delle azioni,​
questo fa sembra interessante per la diversificazione del portafoglio​
soprattutto le strategie d’investimento alternative non direzionali.​
Sovraponderiamo quindi leggermente gli investimenti alternativi

EUR/USD​
La retorica sempre prudente della Fed, che non lascia intravedere​
nessuna intenzione di procedere affrettatamente per normalizzare i​
tassi, e il calo delle aspettative inflazionistiche hanno determinato​
un rallentamento del movimento rialzista dell’USD. La ripresa estremamente​
lenta della congiuntura dell’Eurozona e la tendenza della​
BCE ad adottare ulteriori misure non convenzionali sono però sfavorevoli​
a una duratura inversione del cambio EUR / USD. Nonostante​
l’avvicinarsi di un primo aumento dei tassi della Fed, non​
prevediamo però neppure un’ulteriore forte rivalutazione dell’USD.​
Lo sganciamento della politica monetaria dell’Eurozona da quella​
degli Stati Uniti dovrebbe essere già ampiamente scontata. Anche​
l’eccedenza delle partite correnti dell’Eurozona ha un effetto stabilizzante​
sulla domanda di euro. A breve termine vediamo ancora un​
leggero potenziale ribassista a 1.22 per l’EUR / USD a causa della​
probabilità di ulteriori azioni della BCE. Sul periodo di 12 mesi, con​
una ripresa della congiuntura dell’Eurozona vediamo un livello di​
1.26.​
:mumble: m​

 

Users who are viewing this thread

Alto