ETF Operatività degli ETF armonizzati short e/o a leva (1 Viewer)

IlPorcospino

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ETF a replica fisica

a) Replica Completa di un Indice o di un Paniere​
In questo caso l’Emittente dell’Etf, allo scopo di replicare fedelmente
il Benchmark sottostante (quindi le relative performance), acquista
tutti i titoli/strumenti finanziari che compongono l’Indice o Paniere,
con il relativo peso.
Se ad esempio l’emittente dell’Etf, con questo metodo, vuole replicare
l’indice di mercato Ftse Mib per conseguire le performance dello
stesso, acquista tutte le 40 azioni che lo compongono con l’esatto
peso.
I principali vantaggi per l’investitore/acquirente dell’Etf si possono
riassumere in:
- Trasparenza totale degli strumenti sottostanti;
- Tracking error ridotto, cioè la differenza di rendimento tra l’indice
che si vuole replicare e il rendimento dell’Etf è contenuta, considerato
che il patrimonio del fondo indicizzato ha la stessa composizione
del Benchmark;
- Nessun rischio di controparte.
Tra i punti di debolezza di questa metodologia di replica si ricordano
principalmente i costi di negoziazione necessari per acquistare tutti i
componenti del Benchmark, che si riflettono su maggiori costi di
gestione a carico
dell’investitore.​
b) Replica tramite
Campionamento di
un Indice o di un
Paniere​
In questo caso la
replica del
Benchmark sottostante si attua attraverso l’acquisto di un sottoinsieme
molto significativo dei titoli che lo compongono e non di tutti i
componenti.
Nel caso di indici e/o panieri composti dal molti strumenti finanziari,
i costi della replica integrale sarebbero troppo alti con la conseguenza
di produrre un sensibile tracking error (deviazione dal benchmark)
La tecnica del campionamento si può realizzare in diversi modi, ad
esempio:
- si acquistano solo i titoli del Benchmark più liquidi e più scambiati,
escludendo quelli illiquidi;
- si utilizza l’ottimizzazione, ossia la scelta dei titoli facenti parte dell’indice
e/o paniere che si vuole replicare viene demandata a modelli
quantitativo - matematici secondo determinati parametri.
I principali vantaggi per l’investitore/acquirente dell’Etf sono:
- Trasparenza totale degli strumenti sottostanti;
- riduzione dei costi amministrativi e di negoziazione, in quanto l’Etf
detiene solo un “campione” del totale degli strumenti finanziari che
compongono il Benchmark che si intende replicare;
- Nessun rischio di controparte.
Tra gli svantaggi della tecnica del campionamento si rileva un Tracking
Error leggermente più alto, considerato che l’Etf non detiene tutti i​
titoli del suo Benchmark.
 

IlPorcospino

Forumer storico
ETF a replica sintetica

Questa famiglia di Etf, a differenza dei replicanti fisici, non acquistano direttamente
i titoli che compongono l’indice sottostante.
Hanno alla base un contratto di Swap stipulato tra l’emittente dell’Etf e una
o più controparti, generalmente Banche d’Affari.
La replica dell’indice e/o paniere Benchmark che si vuole attuare con il
fondo indicizzato viene data in outsourcing alla controparte dello swap.
L’Etf a replica sintetica è utilizzato soprattutto per accedere a mercati e/o
strumenti finanziari dove sono difficili le negoziazioni per gli investitori stranieri
o dove risulta impossibile o troppo costoso effettuare una replica di
tipo fisico ( es. mercati delle commodities e dei paesi emergenti).
Sostanzialmente:​
A)​
l’emittente dell’Etf e la Banca di Investimento stipulano un contratto di
Swap in virtù del quale;

B)​
l’emittente dell’Etf acquista un paniere di titoli indicati dalla controparte
e si obbliga a corrispondergli le relative performance;

C)​
la controparte dello Swap si obbliga a corrispondere all’emittente dell’Etf
la performance integrale dell’indice di riferimento sottostante al fondo indicizzato.
Le due parti, alle scadenze stabilite, si scambiano solo i flussi finanziari netti.
Schematicamente a titolo esemplicativo (dati al netto delle commissioni):

I vantaggi principali per l’investitore/acquirente dell’Etf sono rappresentati:
- dalla replica precisa del benchmark;
- da un Tracking Error contenuto in quanto i costi (di negoziazione e quindi
di gestione) sono piuttosto bassi;
- dall’accesso a mercati e/o strumenti finanziari nei quali è difficile ,impossibile
o troppo costoso procedere con una replica fisica, cioè acquistare gli
strumenti finanziari;
Il principali svantaggi per l’investitore/acquirente sono costituiti:
- da una minore trasparenza in quanto non si conoscono le controparti
dello Swap e la composizione del paniere collaterale, se esiste. Passi importanti
in questo senso si hanno con lo snapshot (scheda sintetica) del paniere
collaterale che adottano i principali emittenti europei;
- dal rischio di controparte, cioè dalla possibilità che la controparte dello
Swap non onori i propri impegni.
Questa tipologia di rischio:
- è mitigata dalla previsione della Direttiva UCITS III che prevede un rischio
massimo del 10% per controparte;
- si può ridurre ricorrendo alla stipula di più contratti di Swap con soggetti
diversi;
- si può ridurre quando l’emittente pone un collaterale (basket di titoli, di
cui si dovrebbe giudicare la qualità, la liquidità, il mercato di negoziazione)​
a garanzia dello swap.
 

IlPorcospino

Forumer storico
Ma le cose sono ancora più complesse e caldamente consiglio di andare a vedere cosa c'è dentro un ETF prima di acquistarlo. Si chiama trasparenza ed è importante:

Credit Suisse amplia la sua offerta in Italia con 13 ETF di nuova generazione che investono in prevalenza sui Mercati Emergenti. Con questi nuovi fondi indicizzati, quotati contemporaneamente su Borsa Italiana e sul London Stock Exchange (Londra: LSE.L - notizie) (LSE), Credit Suisse conferma e rafforza il proprio obiettivo di posizionarsi in Europa come emittente leader e all'avanguardia di ETF.
Credit Suisse, a distanza di un anno dal lancio dei suoi ETF sul mercato italiano, amplia ulteriormente la propria offerta con 13 nuovi prodotti, portando così la sua gamma a 44 ETF totali quotati sull'ETF Plus di Piazza Affari.
Con i nuovi fondi Credit Suisse segna la nascita di una nuova generazione di ETF che coniuga i vantaggi della replica sintetica (cosiddetti ETF swap-based) con la trasparenza propria della replica fisica o diretta. La metodologia di replica swap è particolarmente adatta per indici di mercati emergenti, nei quali la replica fisica risulta spesso difficoltosa causa i costi ed i limiti di accesso ai mercati, e offre la possibilità agli investitori di raggiungere questi mercati in modo efficiente.
“Credit Suisse ha fatto della trasparenza e della qualità i propri emblemi . Oggi siamo gli unici ad offrire la piena visibilità sulla composizione dei nostri ETF, che i nostri clienti possono consultare in ogni momento sul sito internet di Credit Suisse ETF Credit Suisse AG - Exchange Traded Funds (ETFs). Li abbiamo chiamati di nuova generazione perché annullano ogni giorno il rischio di controparte, tipico degli ETF a replica sintetica, e sono perfettamente trasparenti per quanto riguarda la composizione del portafoglio”, afferma Enrico Camerini responsabile di CS ETF in Italia.
“È un grande momento per CS ETF. Negli ultimi giorni abbiamo ampliato il nostro portafoglio di ETF in Svizzera e in Germania portandolo, rispettivamente, a un totale di 54 e 45 prodotti. Non solo, oggi contestualmente entriamo sul mercato inglese e consolidiamo ulteriormente la nostra presenza in Italia. Prosegue quindi il percorso di espansione e rafforzamento della nostra piattaforma, di cui l'Italia continua a rappresentare uno dei mercati chiave. È un grande momento per l'industria europea di ETF, non è che l'inizio di un percorso che vede grandi potenzialità di crescita così come è avvenuto negli USA nell'ultimo decennio.” Afferma Dan Draper responsabile Globale degli ETF di Credit Suisse, che prosegue: “La capacità di offrire una gamma di prodotti integrata con gli ETF di nuova generazione, sia a replica fisica che a replica sintetica, è il risultato di una collaborazione di successo tra le attività di trading e di structuring dell'investment banking di Credit Suisse che vanno a coniugarsi con l'esperienza e la reputazione della divisione di Asset Management. Credit Suisse continua quindi a perseguire con successo il proprio modello di banca integrata.”
Il lancio in Italia comprende tre ETF su aree emergenti quali Asia, America Latina e Mercati Emergenti europei ( MSCI EM Asia, MSCI EM Latin America e MSCI Emerging Market EMEA), oltre che 10 prodotti basati sui singoli paesi quali Brasile, Russia, Cina e India.
Il nostro CS ETF (IE) on CSI 300 è l'unico ETF quotato in Europa che permette agli investitori italiani ed europei di investire in azioni di classe A quotate nelle due principali borse cinesi e non direttamente accessibili agli investitori privati stranieri.
L'indice replica l'evoluzione di valore delle 300 principali imprese della Cina continentale quotate nelle due maggiori piazze borsistiche del paese, Shanghai e Shenzhen.
Credit Suisse è attiva nel segmento degli ETF dal 2001. Leader in Svizzera nel business degli exchange traded fund, oggi la banca gestisce in questo settore asset per circa CHF 12 miliardi. A partire dall'ultimo trimestre 2009, Credit Suisse ha avviato il proprio piano di espansione della piattaforma ETF in Europa ed è oggi presente sul SIX Swiss Exchange, il London Stock Exchange, Xetra e sulla Borsa Italiana. L'offerta di ETF copre un ampio spettro di componenti di portafoglio, come i titoli di stato Europei e Americani, gli indici azionari di Europa, USA, Giappone, Australia, Canada e dei Mercati Emergenti.
 

IlPorcospino

Forumer storico
se non sbaglio solo ishares ed ubs non hanno etf sintetici

Non lo so, però (manca UBS)

1304417017immagineetf.jpg


Purtroppo non è a colori ,ma si capisce anche se non tutto; se lo trovo a colori lo posto. E' su IlSole24Ore Plus.
Ad es. RBS ha il 100% di etf sintetici; sono 22 che assommano un patrimonio di 1196 mln di €.

Secondo me sono dati che hanno un valore molto limitato.
Ti faccio un esempio: prendo un Lyxor azionario; il sottostante è costituito al 95% di titoli e al 5% di swap per migliorare il traking. E' un sintetico? Sì. E' rischioso? Molto, molto poco; perchè ci sono i titoli e il collaterale.

Se prendo un ETC short sul grano il cui sottostante è al !00% sintetico garantito con limiti da AIX; è sintetico? Sì. E' rischioso? Sì. Lo compro e lo tengo i gg necessari a fare gain e poi lo vendo. Se mi incastro, rifletto con max attenzione su cosa fare.
 
Ultima modifica:

claudios

Forumer storico
certo: quando gli swap sono al 5% il rischio è limitato....


sai se ce n'è qualcuno che invece di usare gli swap
usa future scambiati su mercati regolamentati?
 

IlPorcospino

Forumer storico
Cmq, per dare a Cesare quel che è di Cesare, anche negli etf fisici ci può essere una natura di rischio piuttosto occulta:

Attenzione al prestito titoli

·
Non è detto però che il rischio di controparte sia assente negli Etf fisici. Questi ultimi possono infatti “prestare” titoli del portafoglio a banche d’affari. Queste vendono i titoli prestati sul mercato: se poi il prezzo scende, quando devono ricomprare gli stessi titoli per restituirli all’Etf ci fanno un bel guadagno. L’Etf dal canto suo incassa commissioni che servono a ridurre il costo di gestione dell’Etf.

·
Attenzione però che se la banca che ha preso a prestito i titoli fallisce, il portafoglio dell’Etf resta “monco” e perde valore. La pratica del prestito titoli non è proibita agli Etf sintetici, ma è più frequente negli Etf fisici, i cui costi di gestione sono più elevati – Lyxor, per esempio, non pratica il prestito titoli per nessuno dei suoi Etf sintetici.
 

IlPorcospino

Forumer storico
sai se ce n'è qualcuno che invece di usare gli swap
usa future scambiati su mercati regolamentati?

Gli ETC a leva sul petrolio o sul gas naturale; gli etc fw. Magari, non solo futures ma anche cds. Cds, leggiti, quando hai tempo, i post precedenti.

Mi sembra, però, che questa attenzione così acuita per i rischi in questo periodo, sopratutto dopo l'inchiesta del Sole24Ore e il monito di Draghi sia giusta per i cds, ma esagerata se si estende tout court agli ETF/ETC. In questo caso, mi sembra che le autorità stiano emettendo un warning su un mercato i cui rischi di insolvenza sono molto limtati quantitativamente parlando.

Per tanti motivi, che non sto qui a riassumere, ma che puoi trovare nei post precedenti, gli ETF short o a Leva e gli etc non li terrei in portafoglio in una strategia da cassettista. Preferirei gli etf a leva=1 fisici. E se non sono in cassetta, me ne importa relativamente dei rischi di insolvenza: dovrebbe saltare il sistema proprio mentre sto tradando! E' mai successo che un'emittente non ha onorato una richiesta? Magari questa è una ricerca da fare ...
 
Ultima modifica:

claudios

Forumer storico
Finora da quello che ho capito i rischi sono dati dai derivati non emessi da istituti come le borse che con tutte le garanzie garantiscono la trasparenza e li scambiano su mercati regolamentati.
Un conto è il rischio derivante dalle caratteristiche dei futures (come il contango, volatilità, leva...) che è previsto.
Un discorso diverso per un derivato emesso e gestito da un istituto (non borsa) che magari si occupa di investimenti quindi in evidente conflitto di interessi ed il cui prezzo a volte si forma in modo non trasparente.

In questi giorni penso che ci sia parecchia confusione.
In qualche pubblicazione che indicava etf rischiosi venivano indicati anche quelli che hai citato e che anch'io credevo basati sui futures, probabilmente confondendo i vari tipi di rischio.

Allora la mia domanda che ho malposto era in realtà:
esistono degli etf che contengono fisicamente solo futures scambiati su mercati regolamentati (e quindi per me affidabili)
o da qualche parte le descrizioni del prodotto scritte in linguaggio contrattese/burocratese (di cui sono molto poco esperto) lasciano intuire la possibile presenza di altri derivati?
 

IlPorcospino

Forumer storico
Finora da quello che ho capito i rischi sono dati dai derivati non emessi da istituti come le borse che con tutte le garanzie garantiscono la trasparenza e li scambiano su mercati regolamentati.
Un conto è il rischio derivante dalle caratteristiche dei futures (come il contango, volatilità, leva...) che è previsto.
Un discorso diverso per un derivato emesso e gestito da un istituto (non borsa) che magari si occupa di investimenti quindi in evidente conflitto di interessi ed il cui prezzo a volte si forma in modo non trasparente.

In questi giorni penso che ci sia parecchia confusione.
In qualche pubblicazione che indicava etf rischiosi venivano indicati anche quelli che hai citato e che anch'io credevo basati sui futures, probabilmente confondendo i vari tipi di rischio.

Allora la mia domanda che ho malposto era in realtà:
esistono degli etf che contengono fisicamente solo futures scambiati su mercati regolamentati (e quindi per me affidabili)
o da qualche parte le descrizioni del prodotto scritte in linguaggio contrattese/burocratese (di cui sono molto poco esperto) lasciano intuire la possibile presenza di altri derivati?

Io riassumerei, per quel che ne so, la situazione così:
- etf/etc fisici: rischio di controparte nullo a meno di lending
- etf/etc con una componente di derivati molto limitata e ben collateralizzata: rischi di controparte molto limitato: i vantaggi per l'investitore son maggiori degli svantaggi
- etf/etc sintetici che possono contenere di tutto; bisogna andare a vedere dentro -- quando ci si riesce -- per farsi un'idea sul rischio di controparte.

Il rischio di controparte scatta solo se l'etf si trova in condizioni di non onorare i rimborsi. Non ho trovato traccia di eventi del genere, ma la mia ricerca è limitata. Mi sembra un rischio che non può da solo orientare un investimento.

Non so se ci sono etf/etc che usano solo i futures come derivati, ma, permettimi, bisognerebbe partire dal mercato e dalla borsa su cui vuoi investire. La massa di etf/etc è enorme, leggere la documentazione di uno è già una fatica, leggere la documentazione di tutti è improbo. Bisogna farlo sui siti delle emittenti.

In ultimo: se è importante conoscere i rischio di controparte che si assume acquistando un etf/etc è molto importante scegliere bene il mercato, la borsa, il momento d'ingresso, la strategia di portafoglio e i tempi di mantenimento in ptf. Non so come la vedi, ma io partirei da dove e per quanto tempo vuoi fare l'investimento. Poi, scegli lo strumento valutando anche i rischi.
 

IlPorcospino

Forumer storico
A Swap-Based ETF Checklist
Written by Paul Amery - November 08, 2010 20:17
In Europe, exchange-traded funds using derivatives to track their underlying index now outnumber those using traditional, physical replication by around two to one. However, a close examination of swap-based ETF structures reveals some significant differences, notably regarding collateral policy, swap reset frequency, swap fees and the taxation of dividend income from the underlying securities.
We have therefore put together a checklist that investors can use when evaluating and comparing exchange-traded funds from different providers.


1. Who’s The Counterparty?
The swap counterparty exists to guarantee ETF investors their index return (after fees). Assessing the direct credit risk of swap counterparties is relatively straightforward, even if obtaining the relevant information may require some legwork if you don’t have a Bloomberg subscription.
For example, investors can refer to the credit default swap spreads of the swap-writing banks for an indication of both absolute and relative credit risk. Banks’ asset swap spreads are an alternative measure (asset swap spreads show the price of credit for a bond issuer, expressed as a margin over the wholesale interest rate).
Swap-based ETFs may have single or multiple counterparties. In the case of the multiple counterparty swap-based ETF structure (as offered by issuers Source, ETF Exchange, and in iShares’ latest swap-based funds), rules exist both to ensure diversification between counterparties and for counterparty replacement if one fails to perform its duties. But ETF issuers using the single swap provider model argue that they can internalise certain costs and ultimately provide investors with a better deal (see point 4 below).


2. What’s The Collateral Policy?
Europe’s UCITS rules, which set the risk management policy to be followed by almost all the region’s ETFs, specify that net exposure to derivatives counterparties may not exceed 10% of a fund’s net asset value.
Collateral is therefore used to reduce ETFs’ exposure to their swap counterparties.
How collateral policy is enforced within the overall UCITS framework is down to the individual regulator in the country where the fund is domiciled. For most swap-based ETFs, this means Ireland or Luxembourg, though there are also swap-based ETFs resident in both France and Germany. In practice, differences in domicile can lead to some differences in the actual rules set.
The Irish financial regulator, for example, did not allow equities as collateral for swap-based ETFs until early this year. When it did, it insisted that equities be subject to a 20% “haircut” (in other words, collateral held in the form of equities should represent at least 120% of the counterparty risk exposure). In Luxembourg, where equities have been permitted as collateral in derivatives-based UCITS (like ETFs) for longer, it’s up to the fund custodian, the fund management company and the fund’s directors to set any haircut for equity collateral.
The reset policy for the swaps backing a fund can also have an effect on the overall level of collateralisation. Some ETF providers reset their swaps only quarterly, others according to a more frequent schedule, including daily. The minimum level of collateralisation required to trigger a swap reset can vary from the UCITS-prescribed minimum of 90% to 95-97% in some cases, while the level of collateralisation reached after a reset can also vary, from under 100% to 120%.
The overall level of collateralisation reached as a result of all these considerations can, in turn, also reflect differences in a swap-based ETF’s structure (see point 3 below).
If you imagine liquidating a swap-based ETF’s collateral after an insolvency event, the actual make-up of the basket of securities may impact your ability to do so. A collateral basket containing Japanese equities will require you to wait until Asian trading hours to get best execution on a sale, for example.
Owning bonds as collateral may sound safer in theory than owning equities, but is it in practice? If your bond collateral performs differently to the index you’re tracking, you’re exposed to correlation risk.
Two swap-based ETF issuers, Credit Suisse and iShares, now disclose their funds’ collateral baskets daily on their websites. Other providers offer this information only at six-monthly intervals (in their funds’ annual and semi-annual accounts) or on request.
More frequent disclosure is undoubtedly better from an investor’s perspective, if only as a form of reassurance that good quality assets are being held to back the swap counterparty’s promises.


3. Owned Assets Or Prepaid Swap?
Can the structure adopted by the swap-based ETF affect the security of an investor’s interest in a fund? There’s a difference between two groups of European ETFs that’s worth being aware of, say some fund providers.
In the first case, money entering the fund after an investor’s subscription is used to buy a selection of shares, representing a basket of collateral. The return on this basket is then exchanged (via an “unfunded” swap) with a counterparty for the return on the index.
In the second case, the money entering the fund is paid directly across to the swap counterparty (in a so-called “prepaid” or “funded” swap). The counterparty contracts to pay the fund the index return, as well as pledging collateral to the ETF’s account at the fund custodian.
Lyxor, Amundi, EasyETF, Credit Suisse and around half of db x-trackers’ funds (all the firm’s fixed income ETFs, plus its Euro Stoxx 50, DAX, CAC 40 long and short, and shari’ah-compliant ETFs) follow the first model.
The remainder of db x-trackers’ ETFs, as well as iShares’ latest swap-based funds, follow the second, funded swap model.
According to Ted Hood, CEO of Source, it’s definitely preferable to be the owner of the collateral basket than to have it pledged to you.
“Where there’s a pledge of collateral, in the case of the insolvency of the swap counterparty there’s a risk that a liquidator or administrator could step in and freeze all assets and liabilities of the bank concerned, even those that are clearly held in client accounts. This has happened with the Lehman failure, for example, and some investors are still waiting for their cash,” said Hood.
Dan Draper, Global Head of ETFs at Credit Suisse, concurs. “A swap-based ETF structure where the fund owns the assets is definitely more transparent and easier to understand than a structure involving a funded swap and a pledge of collateral. In the case of a credit event affecting the swap counterparty, the fund doesn’t need to prove to anybody that it is entitled to the collateral, as it already owns the assets directly.”
Not so, counters Manooj Mistry, head of db x-trackers in the UK. “We moved to the pledge structure early last year for a number of funds to make things more efficient operationally when moving collateral around. The law in Luxembourg governing collateral pledges is very robust and we believe that in some ways this is a safer arrangement from an investor’s point of view than owning stocks directly.”
“There are a number of trade-offs when comparing these two structures,” said Matthew Tagliani, executive director at Morgan Stanley. “Funds which own a basket of securities and which then swap the return on those securities for the return on the index are often more popular than those funds using the pre-paid swap model. This is because the absolute notional size of derivative exposure in the first type of fund is lower than in a fund that purchases a pre-paid swap. On the other hand, a fund with a pre-paid swap may have a higher level of notional backing through its collateral schedule, which can lead to overcollateralisation of up to 120%."
“In the case of the bankruptcy of a swap counterparty, it’s the job of the administrator to extract maximum value for the insolvent bank’s creditors. The administrator may therefore try to freeze the banks’ accounts until a full summary of assets and liabilities is compiled. So some delay might occur before the person to whom collateral has been pledged by the bank gets access to it and can liquidate it. Having said that, in the case of Lehman, while some investors have had to wait, we’re aware of others who were able to obtain their collateral and sell it on the day of the bankruptcy,” said Tagliani.




4. How Much Are The Swap Fees?
For those swap-based ETF providers that have to negotiate their swap contracts at arm’s length with third parties (notably Source, ETF Exchange and iShares’ new funds), it’s more likely that swap costs will be payable. These costs, in turn, will have an impact on the ETFs’ tracking difference from their benchmark.
For iShares’ new swap-based funds, launched two months ago, there’s a 0.3% trading cost on the creation or redemption of a swap, plus a variable annual swap fee that reflects the spread over Libor charged to the fund by its swap counterparties for replicating the index. In the case of the MSCI Russia fund, that’s an additional 0.77% per annum, while for the S&P CNX Nifty India fund it’s an extra 0.13%.
ETF Exchange also has to pay a fee (in the form of a spread over LIBOR) to its swap counterparties, according to its chief executive, Mark Weeks, in an interview earlier this year. The swap fees vary and reflect the market being tracked, he explained. The average ETF Exchange fund trailed its benchmark by 1.32% in 2009, well in excess of the ETFs’ total expense ratios, which range from 0.3% to 0.65% per annum, with the bulk of this additional underperformance apparently attributable to such swap fees.
Those ETF issuers using a single swap provider, typically their parent bank, to write their funds’ swaps claim that this allows them to avoid levying any additional spreads and to achieve better tracking. But since the cost of the swap also reflects the quality of collateral being provided in return, it’s important to look at these two parts of the equation together.


5. What Is The Dividend Tax Policy?
What proportion of the income deriving from an ETF’s underlying holdings is actually received by the fund? The benchmark the fund uses may imply one thing, while the fund actually receives a different percentage of dividend income.
For example, all the new European ETFs launched this summer to track the S&P 500 use the net total return index as their benchmark. This net return index is calculated by assuming that dividends are received after a 30% deduction for US withholding tax. At the S&P 500 index’s current gross dividend yield of around 2%, that tax deduction represents around 60 basis points per annum in income forgone.
However, all Irish-domiciled ETFs investing in US shares are eligible to use the Irish-US double tax treaty to reclaim some of the withholding tax, resulting in a deduction of only 15%. That’s an automatic 30 basis points “outperformance” of the benchmark.
Apart from raising questions about whether issuers are using the most appropriate benchmark, this example also serves to highlight the existence of such anomalies. As you might expect with tax, it’s a complicated subject to survey.
Furthermore, ETF issuers are often able to “enhance” dividend income by receiving dividends in a more favourable location (from a withholding tax perspective) than the fund’s domicile implies.
All these tax-related questions should be posed to providers, since they act as an important additional point of comparison between funds.



 

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