OGNI ERRORE, PRIMA DI ESSERLO, E' STATA UNA SCELTA. MAI SCORDARLO (1 Viewer)

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Torniamo alla LIRA
Ormai alle strette, reduce da una sconfitta bruciante, da una disastrosa visita negli USA come ministro degli Esteri,
da una gestione ondivaga e pasticciata dell’affare ILVA ed un prossimo devastante disastro per l’Italia nel MES,
Di Maio cerca di reagire e decide di scaricare un po’ di guai sul PD. O almeno ci prova.

Ecco l’intervento in cui annuncia che il M5s presenterà i propri candidati in Emilia Romagna e Calabria.



Questa mossa ha diverse chiavi di lettura:

  • effettivamente può esserci stato un rifiuto della base dell’accordo con il PD, dopo i contrasti su ILVA, MES, il casino che regna al governo etc;
  • Di Maio cerca di dare un senso a se stesso ed alla propria esistenza ed a quella del Movimento;
  • La linea della “Terza Via” cerca di riprendere un po’ di spazio dopo che la linea di Bugani-Fico aveva trasformato il M5s in una sorta di filiale confusionaria e velleitaria del PD.
  • Se questa scelta conta qualcosa è proprio in questo senso, dato che in ER il Movimento era ormai completamente appiattito sulla linea del PD.
Cambierà qualcosa nelle prossime elezioni? Piuttosto poco, se non nulla, e questo per due motivi;

  • l’elettorato del M5s è ormai talmente sfiduciato che non sarebbe andato a votare in caso di mancata presentazione, per cui si recuperano degli astenuti , ma non si tocca il risultato finale;
  • i sondaggi comunque danno M5s al 7-8% in Emilia Romagna. Il governo Giallo Fucsia ha ridotto il Movimento all’ininfluenza politica. Qualsiasi cosa faccia basta la parola “Elezioni” per riportare tutto alla normalità .
Insomma una gran noia alla fine.

Si cerca di riesumare un morto, ma di solito questo non è un bello spettacolo.
 

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Secondo quanto riporta il quotidiano giapponese Asahi Shimbun alti funzionari cinesi avrebbero mandato un duro monito a Corea e Giappone
per il caso in cui questi paesi decidano di istallare missili intermedi americani.

Uno di questi avvisi, il più forte , è avvenuto all’incontro fra Wang Yi, il ministro degli esteri cinese,
e separatamente funzionari paritari coreani e giapponesi, mentre un avviso simile è stato mandato anche al governo americano.

Ora si capisce perchè Trump ha deciso di mettere fine al trattato INF, quello che impediva lo sviluppo delle armi strategiche di gittata intermedia.

Il problema non è nei confronti della Russia, verso la quale esistono le armi strategiche a lungo raggio, gli ICBM,
ma verso la Cina, circondata da basi americane nei paesi tradizionalmente amici di Washington, anzi parzialmente dipendenti dalla cooperazione militare con gli USA.

Questi missili avrebbero una gittata dai 500 ai 5000 km, quindi, installati in queste posizioni (Corea e Giappone, ma potremmo aggiungere anche le Filippine)
costituirebbero una vera e propria cintura strategica nucleare attorno a Pechino.

Il vantaggio rispetto agli ICBM è che la distanza che dovrebbero percorrere sarebbe molto minore rispetto a quella dei missili intercontinentali,
per cui potrebbero colpire con un preavviso molto più breve: tra Pechino e Tokio ci sono poco più di 2000 km, fra Pechino e Seul meno di 1000.

Un missile ipersonico impiegherebbe veramente minuti per giungere ad obiettivo.

Trump in questo modo mette sotto pressione Pechino un paese che sta facendo crescere le proprie ambizioni militari
con lo sviluppo di missili ipersonici, antinave, caccia di V generazione e portaerei.

In questo modo il presidente cerca di rinchiudere Pechino nei propri confini.
 

Val

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Uno, dico uno che abbia spiegato in un TG la storia dell'ems. Agli Italiani.

Il bagno di sangue, continua ad andare avanti. La follia regna sovrana. Nonostante i devastanti risultati del sistema €.
Si continua a parlare, procedere, verso l'unione bancaria, unione fiscale e pazzie del genere.
In sostanza, l’unica cosa che interessa è il controllo, fin nei minimi particolari, del denaro.
Poi ogni stato viene lasciato al suo destino, o peggio in balia di altri stati UE più attrezzati.
In pratica si continua, imperterriti, a voler costruire la casa partendo dal tetto e non, come sarebbe logico e normale, dalle fondamenta.
Qualsiasi persona di buon senso in buona fede, sa perfettamente che prima d'arrivare all’unione monetaria,
sarebbe stato fondamentale, indispensabile, avere l'unione, politica, militare, ecc. per poter arrivare, alla fine del processo, ad un unione monetaria.
Visto che le cose non sono mai andate così, ne andranno mai così, la domanda: a chi giova questo sistema,
dato che al popolo non ha giovato nemmeno per sbaglio? Mi sembra inutile, data la scontata risposta.

Il MES serve a tutto tranne a quello che si dice.
Come già detto da altri e dallo stesso Borghi il problema è risolvibile dalla banca centrale se fa la banca centrale.
Se gioca ai bussolotti no.
E' la BCE che deve garantire ed aiutare in caso di crisi perchè ha poteri illimitati di intervento.
Gli altri sistemi basati sui fondi fanno ridere
.Il problema è che,forse giustamente,non si accetta la condivisione del debito ma se così è,certo giustamente,
ci si deve con onestà salutare,ognuno per la sua strada e arrivederci a quando si parlerà una sola lingua in senso reale e figurato.
Quando questo accadrà saranno possibili gli stati uniti di Europa.
Prima si unisce solo la malafede.

Quasi sempre, quando si parla del sistema €, si dimenticano alcuni presupposti di fondamentale importanza:
1) la BCE è non è una banca centrale, ma una banca privata di sola emissione.
2) La BCE, non facendo capo a nessuno stato, può fallire.
3) La BCE è l'unica struttura bancaria al mondo, di questo tipo, con caratteristiche, fuori da ogni logica di sana economia.
4) La BCE si autonomina, banca centrale, mentre banca centrale non è, non essendo prestatrice d'ultima istanza, come lo sono tutte le banche centrali del mondo.
5) L'obiettivo della BCE avrebbe dovuto essere la stabilità dei prezzi, il controllo dell'inflazione.
Il risultato della BCE è stato l'affossamento delle dinamiche e delle potenzialità economiche
e di sviluppo di molti paesi UE, fino ad arrivare a toccare, negli ultimi tempi, anche alla Germania.
Tutte queste manovre (MES e altre briglie, vincoli), molto oscure e torbide, con le sigle e le definizioni più rassicuranti,
se non fossero fantasiose, altro non sono, una volta a regime, che automatismi infernali, fuori dal controllo politico e popolare,
per garantire un paracadute a un certo sistema bancario, non certo per i cittadini, che rimarrebbero, come sempre, col cerino in mano.
Ci sarà da stare molto, ma molto in allerta.
Ma come mai questi problemi, prima della riforma bancaria (banca universale del 1993), non esistevano o erano rarissime eccezioni?
Chi nasce gobbo, come al BCE, non potrà mai diventare dritto.

In tutta questa vicenda, le affermazioni più insolitamente imprudenti sono quelle di visco
(governatore di bankitalia, che evoca rischi di default) e patuelli (presidente abi, che minaccia di non comprare più btp),
in caso di approvazione del mes.

Di solito stà gentaglia parla in maniera molto bizantina, senza dire nulla di chiaro, ma lanciando segnali a destra ed a manca.
Stavolta invece hanno starnazzato come oche inseguite dai cani, evocando rischi e preannunciando ritorsioni (contro il governo)
che loro per primi invece dovrebbero disinnescare. Troppo strano.

Ergo: è in corso una battaglia, sotterranea ma con qualche ribollio in superficie, tra il sistema bancario italiano (
in una inedita alleanza con quello francese, certamente spinti dalla paura della catastrofe, vedasi pezzo di ieri di Blondet),
ed il sistema bancario tedesco che si sta "preparando" al default di DB+CB+LB.

Dài ragazzi, che la giostra del grande collasso finanziario comincia a girare:
secondo me tutto avverrà in un qualsiasi momento tra la brexit (31 gennaio o dopo) e la elezione Usa (6 novembre 2020).

Sbarazzatevi della carta e comprate monetine d'oro. Buon divertimento.
 

Val

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Se li si utilizza per lavoro o per hobby, il risultato non cambia: per i droni è obbligatoria l'assicurazione.

A stabilirlo è il regolamento dell'Enac che entrerà in vigore dal prossimo 15 dicembre.

La terza edizione del regolamento Enac sui droni (mezzi aerei a pilotaggio remoto, i cosiddetti Sapr)
prevede che a partire dal 15 dicembre, questi oggetti dovranno essere assicurati anche se si usano per scopi ricreativi.

In precedenza invece l'obbligo era riservato esclusivamente all'utilizzo per motivi di lavoro.


È l'articolo uno a stabilire che «I Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto impiegati sia per uso professionale che ricreativo,
sono assoggettati alle previsioni del Codice della Navigazione secondo quanto previsto dal presente Regolamento».

Mentre è l'articolo 32 a stabilire che «Non è consentito condurre operazioni con un SAPR se non è stata stipulata
e in corso di validità un'assicurazione concernente la responsabilità verso terzi adeguata allo scopo».

Inoltre, il regolamento ricorda che gli operatori di Sapr "impiegati per uso professionale, indipendentemente dal peso,
e gli operatori e/o i proprietari di Apr di massa uguale o maggiore di 250 g impiegati per attività ricreative hanno l'obbligo di registrarsi sul portale D-Flight"
e che "la capacità dell'operatore del Sapr di rispettare gli obblighi derivanti dal Regolamento viene attestata dall'Enac
mediante il rilascio di un'autorizzazione nei casi di operazioni specializzate critiche".
 

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Fino a mille euro per chi installa a casa filtri per l'acqua.

È quanto prevede il cosiddetto "bonus rubinetti" come è già stata ribattezzata
la detrazione contenuta nel corposo pacchetto di emendamenti dei 5S alla manovra, depositati in commissione bilancio al Senato.

Tra questi, la ridefinizione della plastic tax, la stretta sull'Imu per la Chiesa e le auto aziendali, la proroga del bonus verde e videosorveglianza.

Il "bonus rubinetti" è in sostanza una detrazione fino a mille euro per chi installa a casa filtri per l'acqua
che sale fino a 5mila euro per chi li installa in bar e ristoranti.

Lo scopo è quello di incentivare l'uso dell'acqua del rubinetto filtrata scoraggiando per questa via il consumo delle bottiglie di plastica.
 

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Le auto saranno più sicure dal 2022, grazie ai nuovi sistemi di assistenza alla guida avanzati.

Lo stabilisce il regolamento adottato dal Consiglio economia e finanza dell'Unione Europea
per raggiungere l'obiettivo di dimezzare, fino al 2030, i decessi negli incidenti stradali

I nuovi dispositivi salva-vita (tra cui l'adattamento intelligente della velocità, l'alcolock, ecc.) saranno obbligatori dal 2022 per veicoli utilitari, furgoni, tir e bus.

Gli Stati membri dell'Unione hanno approvato il testo che prevede entro il 2022
l'obbligo per tutte le nuove auto immesse sul mercato dell'Ue di dotarsi di sistemi avanzati di sicurezza.

Come precisano da Bruxelles: «Le nuove norme contribuiranno a ridurre in maniera significativa il numero di decessi
e di lesioni gravi sulle strade dell'U e rafforzano inoltre la competitività dei costruttori di autovetture europei sul mercato globale».

Tra i dispositivi obbligatori per tutti i veicoli ci sono:

l'adattamento intelligente della velocità, ciò avviene con la notifica al guidatore se si sta superando il limite di velocità attraverso la vibrazione del pedale dell'acceleratore;

il monitoraggio più preciso della pressione dei pneumatici (che avvertono il guidatore in caso di anomalie),

la registrazione dei dati in caso di incidente,

avvertimento del conducente in caso di sonnolenza e distrazione,

la maggiore sicurezza in retromarcia

e il monitoraggio del tasso di alcol nel sangue (il guidatore deve soffiare nel dispositivo alcolock prima di poter avviare il motore).

Inoltre sia le vetture che i furgoni dovranno dotarsi di frenata automatica d'emergenza di serie,

del mantenimento della corsia di marcia

e sistemi per ridurre le conseguenze fisiche di pedoni e ciclisti in caso di investimento.

Ma non solo, infine, per autobus e autocarri dovranno previsti anche sistemi per migliorare la visione diretta dei conducenti

e dispositivi sulla parte frontale e laterale del veicolo che permettono di individuare e segnalare la presenza di pedoni o ciclisti in strada,

di solito è una telecamera posteriore, o tramite monitor o videocamera rileva la presenza di persone e oggetti durante la retromarcia evitando la collisione.
 

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Il ristorante può rifiutare dei clienti, ad esempio perché ha a disposizione solo un tavolo da dieci persone mentre la comitiva che richiede i suoi servizi è composta solo da sei persone?

La situazione descritta nel quesito è molto frequente, specie nelle grandi città e nel fine settimana.
I ristoratori che hanno la certezza che arriveranno altri avventori, infatti, non vogliono perdere l'occasione di servire quattro pasti in più.

La scelta di rifiutare i clienti, però, non può essere compiuta dai gestori di pubblici esercizi in maniera del tutto libera.

L'articolo 187 del Regolamento per l'esecuzione del TULPS stabilisce, infatti, che
"Salvo quanto dispongono gli artt. 689 e 691 del codice penale, gli esercenti non possono senza un legittimo motivo,
rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo".

La ragione di tale divieto sta nell'intenzione del legislatore di garantire a tutti la possibilità di usufruire di vitto e alloggio, ovverosia di prestazioni ritenute essenziali.

Come emerge chiaramente dallo stesso articolo 187, tuttavia, il divieto non è assoluto ma soggiace ad alcune eccezioni.

Innanzitutto, occorre considerare le previsioni degli articoli 689 e 691 del codice penale, che, nei fatti,
impongono di rifiutare la somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 16 anni, agli infermi di mente,
a coloro che sono in stato di deficienza psichica per altra infermità e a coloro che si trovano in stato di manifesta ubriachezza.

Inoltre, il rifiuto di offrire i propri servizi a dei clienti può essere giustificato se sussiste un legittimo motivo.

A tale proposito, si consideri ad esempio il caso in cui il ristorante stia per chiudere
o l'ipotesi in cui il cliente sia un soggetto che, notoriamente, compie delle attività illecite.
In alcuni casi, può reputarsi legittimo il rifiuto anche se l'abbigliamento dell'avventore non è giudicato conveniente.

Venendo al caso di specie, in linea generale la situazione prospettata nel quesito non può essere considerata un legittimo motivo per rifiutare di accogliere un cliente.
Anche in questo caso, tuttavia, occorre valutare le circostanze del caso concreto
(ad esempio, il rifiuto potrebbe essere legittimo se, contemporaneamente, è arrivata un'altra comitiva in grado di riempire tutti i posti disponibili).

Quando il rifiuto di servire un cliente non è legittimo né giustificato, la conseguenza per il ristoratore può essere anche abbastanza pesante:
la legge prevede infatti l'applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa, il cui importo va da 516 a 3.098 euro.
 

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È una grana non da poco quella che potrebbe presto ritrovarsi tra le mani Donald Trump.

È un paradosso dal sapore di beffa, perché l’economia degli Stati Uniti, numeri alla mano, va a gonfie vele:
i dati sono positivi, il termometro segna una temperatura in perfetta salute e il presente è dorato.

Eppure, la Federal Reserve Bank di New York e quella di Atlanta prevedono che la crescita economica degli Stati Uniti rallenterà
e che supererà a malapena la soglia dello zero durante il quarto trimestre del 2019.

In altre parole, secondo le previsioni di questi istituti, all’orizzonte si prospettano condizioni di “quasi recessione”
che potrebbero manifestarsi in un momento delicatissimo, cioè proprio mentre sta per iniziare la campagna elettorale per le prossime elezioni presidenziali, previste per il 2020.

Come fa notare Asiatimes, i modelli economici delle due banche citate – che ricordiamolo,
si basano sui dati comunicati dalle agenzie governative – non promettono niente di buono.

Le previsioni della Fed di New York per l’ultima parte del 2019 attestano una crescita del Pil di appena lo 0,4%,
quelle della Fed di Atlanta addirittura dello 0,3%.

Significa che il tasso di crescita americano, stimato essere pari all’1,9% nel terzo trimestre,
potrebbe scendere di botto fino a una soglia percentuale compresa tra lo 0,3% e lo 0,4%.

Soltanto 18 mesi fa l’amministrazione Trump utilizzava proprio le previsioni della Fed di Atlanta come prove inconfutabili della politica economica della Casa Bianca.

Nel giugno 2018 il segretario al Tesoro Usa, Steve Munchin, dichiarava entusiasta che “la Fed di Atlanta sta proiettando una crescita del pil pari al +4,7%”.

Oggi le previsioni dello stesso istituto parlano di un misero +0,3% di crescita del Pil annuale.

E proprio la crescita del Pil sarebbe scesa al di sotto del 2% perché le aziende avrebbero annullato numerosi piani di investimento di capitale
come risposta all’incertezza latente sulle catene di approvvigionamento globali.

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina non ha giovato alla salute di Washington, che molto presto potrebbe toccare con mano
gli effetti nefasti delle sue tariffe velenose. In altre parole, il governo americano, a differenza della Cina,
non può sperare di crescere affidandosi solo al mercato interno, perché i consumatori statunitensi sono già stati spremuti a dovere
e le loro munizioni stanno per esaurirsi. Nel caso in cui Trump dovesse poi imporre un nuovo dazio del 25% su 160 miliardi di dollari di importazioni cinesi,
compresa la maggior parte dell’elettronica di consumo, l’economia americana, nel 2020, potrebbe avviarsi davvero verso la recessione.

L’economia degli Stati Uniti ha sì generato una domanda interna sufficiente per mantenere la crescita del suo Pil vicina alla soglia del 2%.

Ma i consumatori Usa sono ormai “consumati”: a loro non si può proprio chiedere di più.
Le vendite al dettaglio, non a caso, sono aumentate di appena il 3% su base annua rispetto alla versione preliminare di ottobre promossa dall’Ufficio censimento Usa.
L’inflazione è in aumento a un tasso annuo del 2,3% e le vendite al dettaglio crescono a un ritmo inferiore all’1%:
troppo poco per spingere un sistema economica che ha tagliato i ponti con la Cina e che vorrebbe autoalimentarsi.

Gli americani, spaventati da cupe aspettative, stanno risparmiando sempre di più, tanto che il tasso di risparmio personale
è schizzato dal 6% del reddito disponibile al momento dell’ascesa di Trump all’attuale 8,5%.

Un’altra osservazione dovrebbe far riflettere: gli investimenti restano deboli, e anzi sono diminuiti durante il terzo trimestre.

Trump si trova quindi in una posizione scomoda: oggi l’economia Usa tira dritta come un treno, domani potrebbe invece deragliare.
E potrebbe farlo nel bel mezzo della prossima campagna elettorale, proprio quando al tycoon servirebbero certezze sulle quali aggrapparsi per la riconferma.
 

Val

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Joe Biden e il figlio Hunter finiscono nel mirino di Lindsey Graham, il senatore capo
del Comitato giudiziario del Senato degli Stati Uniti e molto vicino al presidente Donald Trump.

Graham, infatti, ha inviato una lettera al segretario di Stato Mike Pompeo giovedì chiedendo documenti relativi all’ex vicepresidente
e le sue comunicazioni con i funzionari ucraini durante la presidenza Obama.

L’inchiesta avviata dal potente senatore Graham si concentra sui colloqui telefonici che Joe Biden ebbe con l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko
riguardo al licenziamento del principale procuratore del Paese, nonché sulle comunicazioni che facevano riferimento all’indagine di Kiev su Burisma,
la compagnia ucraina di gas naturale che assunse Hunter Biden, figlio del candidato alle primarie del partito democratico, a 50mila dollari al mese.

La richiesta di Graham mira a legittimare le accuse del presidente Trump contro Biden, accusato da The Donald d
i aver fatto pressioni sull’Ucraina per licenziare il procuratore capo del Paese al fine di proteggere suo figlio.

Taylor Reidy, portavoce di Graham, ha spiegato al Washington Post che il senatore ha chiesto i documenti
perché il presidente della commissione Intelligence della Camera, il democratico Adam Schiff, ha “fatto capire che non intende vedere le carte”.
“I documenti richiesti – ha sottolineato il portavoce del senatore – potrebbero gettare luce su questo tema”.


La vicenda che imbarazza i democratici
Come aveva previsto Pat Buchanan su The American Conservative già a settembre, l’Ucrainagate rischia di inguaiare l’ex vicepresidente Biden.

Graham indagherà sui presunti legami di quest’ultimo con la grande corruzione del Paese dell’Europa orientale,
e quelli tra il figlio Hunter e la Burisma Holdings, compagnia di gas ucraina che lo assunse nel 2014 a seguito di EuroMaidan.

Altro che Trump: il vero quid pro quo fu quello esercitato da Biden nei confronti dell’allora presidente Poroshenko.
Nel maggio del 2016, Joe Biden, infatti, in qualità di uomo di punta designato da Barack Obama per l’Ucraina,
volò a Kiev per informare Poroshenko che la garanzia di un prestito ammontante a ben un miliardo di dollari americani
era stata approvata per permettere a Kiev di fronteggiare i debiti. Ma si trattava di un aiuto “condizionato”.

Se Poroshenko non avesse licenziato il procuratore capo nello stretto giro di sei ore, Biden sarebbe tornato negli Usa
e l’Ucraina non avrebbe più avuto alcuna garanzia di prestito. L’Ucraina, in quell’occasione, capitolò senza alcuna resistenza.

Il procuratore stava indagando proprio sugli affari della Burisma Holdings, compagnia che aveva collocato nel proprio board operativo,
con uno stipendio di 50mila dollari al mese, Hunter Biden, il figlio del vicepresidente.

Lo stesso Biden si vantò di aver minacciato nel marzo 2016 l’allora presidente ucraino Poroshenko di ritirare un miliardo di dollari in prestiti
se quest’ultimo non avesse licenziato il procuratore generale Viktor Shokin che, a quanto pare, stava indagando proprio su suo figlio Hunter.

“Parto fra sei ore. Se il procuratore non verrà licenziato, non prenderete i soldi”, disse Biden a Poroshenko,
come da lui stesso raccontato in un evento organizzato dal Council of Foreign Relations.

Dichiarazioni a dir poco imbarazzanti per il candidato dem alla Casa Bianca, che ora rischiano di trascinarlo nei guai.

Biden furioso con Graham: “Imbarazzante”
Reazione amara, quella del candidato alle primarie Joe Biden, che definisce in un’intervista rilasciata alla Cnn “imbarazzante” l’iniziativa del Senatore Graham.

“Sono deluso e sinceramente arrabbiato – ha sottolineato Biden – lui mi conosce, conosce mio figlio. Sa che non c’è nulla”.

Tuttavia, ha sottolineato l’ex vicepresidente, è vero che se Graham “si mettesse contro Trump, la sua rielezione al Senato sarebbe molto difficile”.
Secondo l’esponente democratico, Graham “si pentirà per tutta la vita” del suo sostegno a Trump.
 

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