Mps, il Tesoro piazzista spacca i giallorosa
UNICREDIT VUOLE SOLDI PER PRENDERSELA. M5S NON VUOLE SVENDERLA. IPOTESI BANCO BPM
- Il Fatto Quotidiano
- 23 Sep 2020
- Carlo Di Foggia
È il dossier economico che più di ogni altro agita il governo, molto più (per ora) del Recovery Fund. S’intende il Monte dei Paschi di Siena, banca malandata al centro di uno scontro in seno alla maggioranza. Passate le elezioni, l’esecutivo giallorosa deve decidere cosa fare.
Il Tesoro, che l’ha salvata nazionalizzandola (8,5 miliardi investiti, detiene il 68% del capitale) sta provando a consegnarla ad altri istituti, al massimo attraverso una fusione. I 5Stelle vogliono invece evitare di svendere la banca, mossa che causerebbe una mega minusvalenza per lo Stato, e valorizzarla, ma non è chiaro come.
L’ULTIMO nome tirato fuori è Unicredit. Secondo Repubblica, il Tesoro ha provato a “piazzare” Mps alla banca guidata da Jean Pierre Mustier, che per tutta riposta ha chiesto una contropartita in contanti per assorbire lo sbilancio dovuto all’acquisizione, oltre a garanzie sui rischi legali della banca, che ha richieste di risarcimento danni per 10 miliardi dei quali 2,2 considerati “probabili” e 931 milioni “possibili”. In pratica, Mustier vuole replicare l’operazione che ha portato Intesa Sanpaolo a rilevare due anni fa Veneto Banca e Popolare di Vicenza in liquidazione prendendosi solo la parte sana più una dote pubblica di 5 miliardi di euro (e altrettanti di garanzie). Unicredit non commenta, ma in ambienti finanziari le pressioni del Tesoro vengono confermate. Risultato: calo dell’1,8% in Borsa.
Secondo gli analisti di Equita, Mps dovrebbe fare un aumento di capitale da 4 miliardi per venire incontro alle richieste di Mustier (al netto dei rischi legali). Ipotesi che non passerebbe facilmente il vaglio di Bruxelles e che non piace ai 5 Stelle, anche perché lo Stato si accollerebbe i costi senza avere un ruolo post acquisizione.
Ieri il nuovo ad, Guido Bastianini (in quota M5S), sentito dalla commissione parlamentare sulle banche, ha ammesso che le trattative non coinvolgono il management: “Decide il Tesoro”. Unicredit sarebbe il candidato naturale, perché l’unico ad avere una redditività tale da sfruttare, e quindi valorizzare, i 3,6 miliardi di cosiddette “Dta” fuori bilancio di Mps, cioè i crediti fiscali che possono essere scontati dalle tasse sugli utili. La cifra è enorme, ma servono, appunto, utili consistenti per poterli scontare: a Siena non ne vedono da un po’ e oggi sono poche le banche in grado di farli, tra crisi economica e tassi a zero.
Questo, ad esempio, complica la strada all’altra indiziata per una potenziale fusione, Banco Bpm. L’istituto nega ci siano stati contatti, anche se più rumors finanziari raccontano che il Tesoro ha sondato la banca milanese guidata da Giuseppe Castagna. Anche questa operazione, però, richiederebbe un aumento di capitale, metà del quale a carico del Tesoro.
Di tempo ce n’è poco. Ieri Bastianini ha rievocato la galleria degli orrori che ha azzoppato Mps a partire dalla disastrosa acquisizione di Antonveneta nel 2008 fino ai quattro aumenti di capitale tra il 2011 e il 2017 (polverizzati, agli attuali valori di Borsa, 18 miliardi). E ora, per liberarsi di 8 miliardi di crediti deteriorati, Mps è obbligata a un aumento di capitale da quasi un miliardo, da realizzare emettendo obbligazioni a tassi stellari che costeranno alla banca oltre 100 milioni l’anno e che andranno ad appesantire il già fragile conto economico.