Obbligazioni MPS (3 lettori)

Fabrib

Forumer storico
ROMA (MF-DJ)--Il testo del decreto del presidente del consiglio (Dpcm) per la privatizzazione di Mps è stato trasmesso un mese fa dal Mef a palazzo Chigi, con la richiesta di essere inserito all'ordine del giorno della "prima seduta utile" del consiglio dei ministri. E da allora, scrive La Stampa, è fermo, con il Mef che spinge per l'approvazione, i grillini che si oppongono e il premier Giuseppe Conte che finora ha preso tempo.
Ma tempo non ce n'è: il decreto, di tre articoli, prevede al primo articolo l'autorizzazione al Tesoro per compiere l'operazione di scorporo delle sofferenze e il suo acquisto da parte di Amco, a sua volta controllata al 100% dal ministero dell'Economia. Ovvero, il passaggio indicato nella relazione illustrativa come "una condizione essenziale per restituire alla banca una prospettiva di stabile recupero di redditività e di valore" e pertanto elemento "essenziale per la successiva dismissione della partecipazione" da parte del Ministero. Oltre al rispetto degli impegni assunti con l'Unione europea al momento dell'ingresso dello Stato nel capitale.
Il testo del decreto ha iniziato a girare in bozza nel giugno scorso, subito dopo l'annuncio da parte di Monte Paschi dell'operazione con Amco. Il testo definitivo è pronto da inizio agosto e l'8 agosto scorso è stato bollinato dalla Ragioneria generale e inviato all'ufficio legislativo del ministero dell'Economia. Da qui il 10 agosto è stato mandato a palazzo Chigi, con la richiesta di inserimento all'ordine del giorno. Per quanto riguarda le modalità della privatizzazione, il decreto conferma le indiscrezioni circolate fin da fine giugno. Ovvero, un ampio spettro di possibilità che vanno dalla quotazione in Borsa in una o più tranche delle azioni vendute dal Tesoro fino alla fusione con un'altra banca. A frenare il tutto però è arrivata l'opposizione dei Cinquestelle, che punterebbero come più volte dichiarato a mantenere l'istituto in mano pubblica. Gli accordi con la Ue prevedono la cessione entro l'approvazione del bilancio 2021, nella primavera del 2022.
 

NoToc

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Banca MPS: per Mediobanca sarà best in class dopo derisking
Gli analisti di Mediobanca hanno calcolato che dopo il derisking Banca Monte Paschi potrebbe generare capitale per 40 basis points all'anno e di conseguenza serviranno almeno 3 anni per riportarlo su livelli migliori in condizioni normali.
In ogni caso, gli esperti fanno notare che dopo la pulizia degli Npl, Banca Monte Paschi cambierà faccia e avrà una qualità da migliore della classe nel settore di riferimento insieme a Credem.

In attesa di sviluppi Mediobanca resta cauta su Banca Monte Paschi, ribadendo la raccomandazione "neutral", con un prezzo obiettivo a 1,5 euro.
(Trendonline)
 

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Repetita juvant:

Roma, 12 set. (askanews) – “Penso che sia opportuno che una banca importante come come Monte dei Paschi sia rilanciata, non che sia spezzatata”. Lo ha affermato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, rilevando, al termine dell’Ecofin informale a Berlino, come vi sia un dibattito “stravagante” a volte su Mps.

A Monte Paschi “noi abbiamo fatto un scissione degli asset non performanti, una importante operazione positiva di derisking, che ripulisce Monte dei Paschi. Penso che il lavoro fatto nella ricapitalizzazione e con il derisking consenta il rilancio di questa banca importante con la ricerca di un partner strategico- ha concluso il ministro – nei tempi che sono opportuni”.
 

pietro17elettra

Nonno pensionato
IL MITO (RICORRENTE) DELLA BANCA PUBBLICA
di Nicola Saldutti21 set 2020
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https://www.corriere.it/economia/op...9-16c79fac234d.shtml#commentFormAnchorArtDown
Il mito (ricorrente) della banca pubblica

Sulle banche si fa molta confusione. E si sta facendo strada il mito della banca pubblica. L’idea che la presenza dello Stato (o delle Regioni) dentro l’azionariato di un istituto di credito, lo renda di per sé più efficiente, tecnologicamente sofisticato e attento sia al mercato sia al territorio.
Un mito, appunto. Certo, l’esperienza del Mediocredito Centrale che ha rilevato la Popolare di Bari con il progetto di creare una banca che aiuti la crescita nel Mezzogiorno, è un progetto che, se ben impostato, potrebbe funzionare. Ma mescolare la questione delle sofferenze, i crediti a rischio chiamati npl, non performing loan, è un errore. Pochi lo ricordano ma il primo a lanciare l’allarme fu proprio il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: propose l’idea di creare una bad bank, che raccogliesse i crediti difficili del sistema in una dimensione para-pubblica. La discussione con la Ue non portò a nulla e la storia è nota, da Popolare Vicenza e Monte dei Paschi i disastri si sono susseguiti (in molti casi più per cattiva gestione che per i crediti). Ora ci risiamo.


Allora vale la pena ricordare che prima della riforma del credito in Italia esistevano gli Istituti di diritto pubblico, dal Banco di Napoli al San Paolo di Torino al Banco di Sicilia, allo stesso Mps. Per statuto non avevano fini di lucro, poi si scelse la via della società per azioni. Trasformare le banche in vere e proprie imprese. Cosa che comporta il rischio di fallire.
Certo, gli istituti sono il tessuto nervoso e arterioso del Paese, e lo stanno dimostrando nell’emergenza: la moratoria dei prestiti ha superato i 300 miliardi, l’attivazione delle garanzie pubbliche riguarda milioni di persone e piccole imprese. Forse è questo il punto: invece di pensare ad un ritorno dello Stato -banchiere, che ha il suo fascino, bisognerebbe concentrarsi su questo. Come andrà gestita la transizione di questi crediti sospesi, dentro i quali ci sono imprese che potranno riprendersi e aziende che hanno solo rinviato l’emergenza. Questo è il vero nodo.
Se si guardano i numeri, da Pop Vicenza a Ferrara, il conto di oltre 11 miliardi è stato pagato dall’insieme delle banche, dunque sono stati salvataggi privati. Adesso si tratta di lasciare da parte i miti, pubblico o privato, e ragionare sulla fase due dell’emergenza. Partendo da un paradosso: secondo le regole attuali i cosiddetti Utp (unlikely to pay), che sono un gradino sotto le sofferenze, non godono di un trattamento agevolato. Risultato: un’azienda in difficoltà finanziaria, potrebbe fallire pure avendo tutte le possibilità di riprendersi da un punto di vista industriale. Qui non è la diatriba Stato-mercato, ma ascolto della realtà. Lasciando da parte i miti.
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