BY UMBISAM ...
Carige, tutte le incognite del ritorno in Borsa
L'appuntamento con il ritorno in Borsa del titolo Carige, sospeso da inizio anno dopo il commissariamento della banca, è già segnato sulle agende dei commissari. Sarà dopo due scadenze obbligate, l'aumento di capitale da 700 milioni, entro la fine dell'anno, e l'assemblea chiamata a nominare il nuovo consiglio di amministrazione figlio del riassetto societario, presumibilmente fra gennaio e febbraio.
Soltanto a quel punto si potrà dire davvero concluso il commissariamento, che Bce ha fissato al 31 dicembre 2019, ma che potrà essere prorogato fino all'assemblea. Il passo successivo, che potrebbe già essere compiuto a febbraio, segnerà il ritorno sul listino del titolo Carige. Ma il percorso è disseminato di incognite, a cominciare proprio dall'esito dell'aumento.
IL SUCCESSO DELL'OPERAZIONE
Non è infatti in discussione il successo dell'operazione, tenuto conto che ilfondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) ha già garantito la sua disponibilità a farsi carico di tutto l'inoptato, ma la composizione finale del capitale. C'è un numero, 90, che se per la cabala corrisponde alla paura, anche qui desta preoccupazione. Fitd, direttamente e tramite lo strumento conosciuto come Schema Volontario (a cui aderiscono solo alcune delle banche del Fondo) pronto a convertire il prestito concesso a Carige a suo tempo, si è impegnato a sottoscrivere il 79% del capitale.
Il 9 è invece garantito da Cassa Centrale Banca (Ccb), la holding trentina del sistema dicredito cooperativo che riunisce 84 istituti, già individuato come socio industriale, mentre il rimanente 12 è riservato agli attuali azionisti, grandi e piccoli, della banca. Proprio questo è il punto: perché i primi soci di Carige, Malacalza Investimenti della famiglia Malacalza, Lonestar di Gabriele Volpi e Popl2 di Raffaele Mincione, hanno già detto che non sottoscriveranno l'aumento. Soltanto loro tre, superano il 40% dell'attuale capitale e se si considera che a loro sono collegati alcuni fondi e altri azionisti, si arriva tranquillamente al 50%.
Quasi certo, insomma, che di questo inoptato, pari almeno al 6% del futuro capitale dovrà farsi carico Fitd, salendo quindi dal 79 all'85%. Decisiva sarà quindi la posizione di tutti gli altri azionisti, che sono comunque più di 65 mila. Se parteciperanno all'operazione, terranno Fitd sotto la soglia del 90%. Se si chiameranno fuori, allora la soglia verrà superata, imponendo l'Opa totalitaria su Carige che conduce al delisting.
In teoria, il Fondo può rimettere sul mercato una quota di azioni per ricostituire il flottante, ma non è tutto così scontato. Una carta da giocare potrebbe essere un accordo tra il futuro socio industriale, Ccb, e i grandi azionisti genovesi. Come è noto, il piano prevede che solo Ccb, entro due anni, possa acquistare le azioni da Fitd con uno sconto del 47%. Se Ccb volesse estendere quest'opzione anche ai soci genovesi potrebbe farlo, facendo così mutare il loro atteggiamento, inducendoli a partecipare all'aumento e a salire anche nel capitale, ricostituendo così una base locale forte.
Gli scenari attorno alla banca, insomma, si moltiplicano anche se l'obiettivo finale resta comunque il ritorno in Borsa. Sì, ma a quale prezzo? Ovviamente il ragionamento, finora coperto dal massimo riserbo, è già iniziato da tempo e muove da una considerazione che i commissari hanno manifestato in assemblea: dentro Carige c'è valore. Valore che in prospettiva può essere distribuito.
Stiamo parlando di una banca che, come indica il piano, può garantire un ritorno del capitale del 6%. L'operazione con Sga-Amco cancella oltre 3 miliardi dicrediti deteriorati, portandoli a meno del 3% del totale. La forchetta entro cui si potrebbe andare a collocare il ritorno in Borsa, del titolo secondo elaborazioni interne all'istituto, potrebbe essere compresa fra 0,40 e 0,70 euro. Decisiva sarà la gestione della banca che riparte patrimonializzata e ripulita dai crediti cattivi, ma si presenta sul mercato e va al confronto commerciale con gli altri istituti.
Il perimetro di Carige si è ridotto e l'attenzione si è focalizzata su famiglie e Pmi, ma è proprio su questo terreno che bisognerà dimostrare di essere efficienti, evitando che il quarto aumento di capitale in sei anni non faccia la fine dei precedenti tre, bruciati per non far sprofondare nel baratro l'istituto. I pilastri dell'attività commerciale restano quindi il capitale alto, i rischi bassi e la redditività. La banca, che pure ha mantenuto in situazioni difficili l'80% delle masse amministrate, deve ora puntare al recupero dei clienti che hanno scelto altri istituti o di chi, pur restando nel perimetro della banca, ha spostato altrove una parte della sua liquidità.