non esistono derivati "cattivi". Cattivo può esser l'uso che viene fatto. (1 Viewer)

tontolina

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Derivati di Stato, la Corte dei Conti chiama in giudizio Morgan Stanley e vertici del Tesoro

I magistrati contabili parlano di un danno erariale da 3 miliardi e disegnano un quadro in cui il Tesoro ha sottoscritto strumenti speculativi, dando tutti i vantaggi in mano alla banca estera (che è specialista dei titoli di Stato) e senza poter quantificare gli effetti delle clausole inserite nei contratti. Prima causa del genere al mondo

di ALBERTO CUSTODERO
05 luglio 2017
La Procura presso la Corte de conti ha citato in giudizio la Morgan Stanley e i vertici del Tesoro che gestiscono la mole di debito pubblico - attuali e passati - per un danno erariale da 3 miliardi in relazione alla sottoscrizione di contratti derivati e relative clausole tra il Mef e la banca Usa. È un passo di risonanza globale, perché per la prima volta al mondo la giustizia contabile di uno Stato promuove un'azione a una banca estera: i precedenti erano limitati ad enti locali.

Pur essendo un ente privato (con sede legale a Londra), la Corte dei conti ritiene che Morgan abbia agito con le caratteristiche dell'ente pubblico (e quindi sotto la giurisdizione della Corte stessa e non del giudice civile), in quanto ha svolto di fatto un ruolo di consulente dello Stato. Questo rapporto però poi è degenerato, sostengono i magistrati contabili, al punto che lo Stato si è trovato nei confronti della Morgan in una sorta di semi soggezione finanziaria. Anche perché la stessa Morgan Stanley risiede nel circolo degli specialisti dei titoli di Stato, quel ristretto gruppo di banche che sottoscrive le aste di Btp e affini e ha quindi una importanza vitale nel collocamento del debito pubblico, a maggior ragione quando le emissioni sono tanto frequenti e importanti come avviene per l'Italia.

Secondo la Corte, insomma, Morgan Stanley disponeva e lo Stato eseguiva senza batter ciglio.

La citazione in giudizio segue gli atti delle scorse settimane, quando la Corte ha mandato la Gdf al Tesoro per acquisire documenti sulla vicenda che tra il 2011 e il 2012 ha portato lo Stato italiano a versare nelle casse della banca d'affari circa 3 miliardi di euro pubblici, per chiudere quattro contratti derivati e rinegoziare due coperture sulle valute. Secondo la Corte dei conti, la banca sarebbe responsabile del 70% dei danni causati, mentre il restante 30% se lo suddividono la direttrice del debito pubblico, Maria Cannata, con un ruolo preponderante (un miliardo di euro), il suo predecessore Vincenzo La Via e gli ex direttori del Tesoro, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli. A loro si fa risalire in particolare la gestione dei contratti (speculativi, per la Corte) sottoscritti dal Tesoro con Morgan Stanley, con clausole speciali che si sono rivelate vantaggiose solo per il colosso americano.
Ecco chi accusa la Corte dei Conti per i derivati di stato finiti male
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Il danno erariale ipotizzato si consuma nel 2011, quando Morgan chiede l'applicazione di una clausola (Ate) del 1994 che era stata sempre rinnovata nonostante fosse da subito diventata desueta, in quanto la sua applicazione rendeva massimamente aleatorio il rischio dell'investimento per lo Stato. La ricostruzione della Corte parte da un assunto preciso: agli amministratori del denaro pubblico non è consentito sottoscrivere operazioni di carattere speculativo. Eppure proprio questo sarebbero, secondo i magistrati, le vendite di swaption finite sotto la lente.

Si tratta di opzioni che l'acquirente (la banca) riceve dal venditore (lo Stato) e che impegnano quest'ultimo a scambiare - in una data futura - i flussi di un tasso fisso con un variabile.
I magistrati contabili fanno l'esempio di una swaption collegata all'Interest Rate Swap a 30 anni da 3 miliardi: se nel 2004 lo Stato ha incassato 47 milioni di euro, nel 2011 per quello stesso meccanismo - quando il contratto è stato chiuso e ristrutturato - lo Stato ha dovuto versare alla Morgan Stanley oltre 1 miliardo di euro. Cifra che per la Corte non lascia dubbi su chi avesse fatto meglio i conti. Altre ricostruzioni di alcuni flussi finanziari fatte dalla Corte con tanto di tabelle, sono chiare.
Nel caso di una swaption venduta dal Mef nel 2004, si registrano fino al 2011 pagamenti per 645 milioni e riscossioni per 268, per una differenza negativa di 377 milioni.
In una swaption ristrutturata nel 2003 il saldo è positivo per 65 milioni, ma con una in ristrutturazione nel 2008 torna un saldo negativo di 277 milioni.

Al Tesoro, i magistrati contabili non addebitano il ricorso a strumenti derivati in sé, ma la responsabilità di aver lasciato introdurre una clausola spropositata, che ha dato per un decennio la facoltà alla banca di far scattare l'opzione di chiudere i contratti nel momento a lei più propizio. Un clausola che doveva essere contestata fin da subito, dicono i magistrati, eppure è sopravvissuta fino alla fine del 2011. Ed è scattata portando in cassa a Morgan in tutto 3 miliardi, quando pure le finanze dello Stato erano sotto massima pressione da rischiare di non pagare gli stipendi pubblici.
Senza che dal Mef, colpevolmente secondo la Corte, nessuno cercasse di opporsi.

Derivati di Stato, la Corte dei Conti chiama in giudizio Morgan Stanley e vertici del Tesoro
 

tontolina

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dunque anche MONTI ha giocato con i derivati ......
Debito pubblico, la lettera di Padoan alla Commissione: ecco i dossier riservati sui derivati

Debito pubblico, la lettera di Padoan alla Commissione: ecco i dossier riservati sui derivati
di Rosario Dimito

Rendendo "collaterale" il caso-Etruria per dirla con le parole di Renato Brunetta, la Commissione d'inchiesta sulle banche sposta il tiro sulla crisi del debito pubblico e la mina dello spread per le quali saranno auditi gli ex ministri e dg del Tesoro e lady debito pubblico. Ieri il presidente Pierferdinando Casini ha reso noto di aver ricevuto una lettera da Pier Carlo Padoan di accompagnamento ai dossier delle operazioni in derivati con primari istituti di credito esteri tra il 2011 e il 2012.

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Le carte sono state secretate o coperte dalla riservatezza. Si tratta di quelle operazioni fatte dal Tesoro con grandi banche per coprirsi dal rischio di tasso e che dal 2013 non possono essere svelate. Si ricordi che nel 2012 Morgan Stanley si avvalse di una clausola dell'accordo e risolse unilateralmente il derivato con un costo per l'erario di 2,5 miliardi. Questi contratti con la banca americana fanno parte dei documenti blindati inviati da Padoan. Così come contratti di ristrutturazione con Citibank, Ubs, Deutsche bank ma anche "l'assegnazione a una nuova controparte Sociètè Gènèrale".
Secondo alcune ricostruzioni il buco sarebbe
nel 2011 di 2,9 miliardi,
nel 2012 di 3,8 miliardi,
di 9 miliardi nel 2013
e di 3,3 miliardi nel 2014.
 

tontolina

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ITALIA ALLA DERIVA-TI – GRILLI SPIEGA PERCHE’ IL GOVERNO MONTI DECISE DI LIQUIDARE IL DERIVATO MORGAN STANLEY: SE NON PAGAVAMO 3,1 MILIARDI NE RISCHIAVAMO 500 DI DEBITO PUBBLICO – E SACCOMANNI CONFESSA: IL BAIL IN C’E’ STATO IMPOSTO DALLA GERMANIA

grilli ed il derivato morgan stanley: pagare era il male minore. saccomanni: bail in imposto

Da la Stampa


Tra la fine del 2011 e l' inizio del 2012 Monti dovette pagare 3,1 miliardi di euro a Morgan Stanley per chiudere in anticipo un contratto sui derivati acceso nel 1994. Soldi che avrebbe potuto risparmiare, portando la banca d' affari americana in tribunale con più di una ragione.
Ma un «mancato pagamento» in quegli anni difficili avrebbe avuto «conseguenze devastanti» ponendo il nostro paese, che doveva già affrontare uno spread di oltre 500 punti, in situazione di pre default. È una delle circostanze emerse nelle audizioni degli ex ministri dell' Economia Vittorio Grilli e Fabrizio Saccomanni alla commissione parlamentare d' inchiesta sulle banche.

«Per non pagare a Morgan Stanley 3,1 miliardi di euro in contanti», ha sottolineato Grilli, si sarebbero messi a rischio 500 miliardi di rifinanziamento del debito all' anno. «Pur non essendo parte della negoziazione avvenuta - ha aggiunto - è stata presa una decisione giusta. In generale, ma specie in quel momento, portare in tribunale Morgan Stanley avrebbe avuto conseguenze devastanti».



Un contesto altrettanto difficile fu quello che costrinse l' Italia a cedere sul bail in. Roma, ha raccontato Saccomanni, aveva compreso gli effetti negativi che avrebbe avuto una versione allargata sul modello Usa come quella che si era fatta strada all' Fsb di Basilea e che era stata portata in Europa da un gruppo di paesi guidato dalla Germania. Dopo il discorso di Mario Draghi la crisi del debito si era calmata ma un fallimento del negoziato sull' Unione bancaria avrebbe riportato le turbolenze.

E così, nel voto, l' Italia finì in minoranza. Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna erano sostanzialmente commissariate e non poterono opporsi. Peraltro, in privato, spiega Saccomanni, si riconoscevano le ragioni dell' Italia ma proprio i timori su una mutualizzazione dei rischi per un paese con alto debito come il nostro fecero prevalere la linea dura. Saccomanni rivendica comunque «un successo»: quello di aver fatto introdurre nella Brrd la «ricapitalizzazione preventiva» usata poi nel salvataggio di Mps.

Nelle sue ultime sedute la Commissione banche si lascia così alle spalle i temi di polemica più politica come quello del rapporto tra Maria Elena Boschi e la vicenda Etruria e sente due ex ministri dell' Economia finiti al settore privato (Jp Morgan e Unicredit). Con il Natale alle porte e il prossimo scioglimento delle Camere, passerà ora a redigere la relazione finale, partendo dal punto più importante: le proposte di modifica legislativa per evitare che si ripetano crisi bancarie come quelle che abbiamo subito. I commissari si ritroveranno prima di fine anno per puntare a un testo condiviso.
 

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Inchiesta derivati, Morgan Stanley contesta giurisdizione Corte dei Conti
Redazione Reuters

Inchiesta derivati, Morgan Stanley contesta giurisdizione Corte dei...


ROMA (Reuters) - Morgan Stanley contesterà oggi la giurisdizione della Corte dei Conti nella prima udienza del processo che la vede imputata per un danno erariale di 2,7 miliardi di euro per la chiusura e ristrutturazone di derivati sul debito pubblico, rendono noto tre fonti vicine alla situazione.

Il logo di Morgan Stanley a Wall Street. REUTERS/Brendan McDermid
Morgan Stanley ritiene di aver contrattato con lo Stato la chiusura delle posizioni e che dunque i suoi atti dovrebbero essere giudicati da un tribunale civile e non dalla Corte dei Conti, riferiscono le fonti.

Nel processo sono coinvolti anche quattro alti dirigenti del Tesoro ai quali si contesta un danno erariale complessivo di 1,18 miliardi: l’ex responsabile del debito pubblico Maria Cannata, il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e gli ex ministri Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli.

Il Tesoro ha espresso lo scorso anno piena fiducia nel lavoro svolto dai dirigenti e fiducia che il lavoro della magistratura possa fare chiarezza sugli episodi oggetto di accertamenti.

Morgan Stanley non ha commentato ma ad agosto 2016, quando

il caso era emerso, aveva definito le accuse prive di fondamento.

Nessun commento neanche da Siniscalco e Grilli.

Tra fine 2011 e inizio 2012 il ministero dell’Economia ha

versato alla banca americana circa 3 miliardi in conseguenza di

una clausola di “Additional termination event” presente in

alcuni contratti. La clausola, secondo la Corte dei Conti,

consentiva la conclusione dei contratti a discrezione di Morgan

Stanley.

I legali di Morgan Stanley, Cannata, La Via, Siniscalco e Grilli contesteranno anche il merito delle accuse osservando che per la stessa vicenda già due tribunali si sono pronunciati per l’archiviazione, dicono ancora le fonti.

Il gip di Roma, nell’autunno del 2015, sulla posizione della Cannata, all’epoca indagata per manipolazione del mercato, truffa aggravata e abuso d’ufficio.

Il tribunale dei ministri che il 22 gennaio 2016 ha stabilito che l’allora presidente del Consiglio Mario Monti e l’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non commisero alcun reato.

I derivati hanno avuto, tra 2013 e 2016, un impatto negativo

sul bilancio pubblico di 24 miliardi: 13,7 sono esborsi netti

mentre 10,3 sono riclassificazioni statistiche, quel che

Eurostat chiama ‘net incurrence’.

Lo scorso anno i derivati hanno avuto sul bilancio pubblico italiano un impatto negativo di oltre 8 miliardi, secondo le statistiche di Eurostat. Gli esborsi ammontano a 4,25 miliardi ma, considerando anche gli aggiustamenti contabili che incidono sul debito pubblico, il totale sale a 8,324 miliardi.

Il Tesoro ha sempre sostenuto di aver utilizzato i derivati

come assicurazione contro il rischio di un aumento dei tassi,

soprattutto durante gli anni peggiori della crisi finanziaria.

Ma, come spiegato dalla procura della Corte dei Conti a

febbraio 2017, alcuni dei contratti “evidenziavano profili

speculativi che li rendevano inidonei alla finalità di

ristrutturazione del debito pubblico - l’unica consentita dalla

normativa per operazioni in derivati - non essendo ammissibile

per lo Stato, investitore pubblico, assumersi rischi

rilevantissimi”.

Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia
 

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è un attimo fare BOOM.

LEVA FINANZIARIA e DERIVATI: mega polveriera sui mercati!
Scritto il 6 settembre 2018 alle 09:18 da Danilo DT

Ennesima puntata della saga “la storia insegna nulla”, ma la cosa ci sorprende per niente.
Anche perché possiamo dire che la fiducia ci mette del suo, ma poi anche le normative favoriscono nuovamente quei comportamenti che hanno mandato in tilt il mercato. Ovvio, mi riferisco alla Volcker Rule.

(…) Il Consiglio della Federal Reserve – che ha formato lo stesso Trump con le sue nomine – è stata la prima istituzione finanziaria a presentare effettive proposte di modifica della Volcker Rule, alla base – durante l’amministrazione Obama – degli sforzi di Washington per rendere il settore più sicuro dopo la crisi dei mutui subprime nel 2008. (…) Le autorità di regolamentazione hanno mostrato maggiore disponibilità ad ascoltare le lamentele delle società finanziarie e sono pronte ad un rinnovo che darebbe alle banche più margine di manovra, presumendo che le loro operazioni rispettino la normativa. (…) l’obiettivo della proposta è quello di semplificare la normativa, modificandola “alla luce della nostra esperienza con la Volcker Rule in campo pratico”. (…) (Source)

Beh insomma, direi che è chiaro. Si vuole far passare l’abrogazione delle limitazioni alla speculazione con il capitale proprio come norma di semplificazione. In realtà poi , però, l’obiettivo è permettere alle grandi case d’affari di “aumentare” la potenza di fuoco sulla speculazione, dando loro la possibilità di amplificare utili e bonus per i dirigenti, utilizzando appunto il capitale proprio.
Il risultato è il seguente.
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Ma ve lo devo proprio commentare o posso farne a meno? Si, dai, il passato non solo non ha insegnato un piffero, ma addirittura oggi la situazione è BEN peggiore di quanto visto nel 2008. + 35% rispetto ad allora. Abbiamo avuto negli anni successivi al crac di Lehman Brothers qualche miglioramento che è poi rapidamente scemato. E adesso, signori, siamo seduti su una polveriera ricoperta di mine innescate.
Pregate che nulla si muova (ovvero che capiti qualcosa di sistemico che faccia partire la volatilità) perché sennò è un attimo fare BOOM.
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STAY TUNED!
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attivi e passivi illiquidi
Banche, bomba da 6.800 miliardi di titoli tossici nei bilanci degli istituti tedeschi e francesi
Banche, bomba da 6.800 miliardi di titoli tossici nei bilanci degli istituti tedeschi e francesi


Nei bilanci delle banche europee c’è una montagna di attivi e di passivi, pari a 6.800 miliardi di euro, con una caratteristica che non può non inquietare almeno un po’: l’opacità. A tanto ammontano infatti i cosiddetti titoli illiquidi, quelli nel gergo tecnico chiamati di «Livello 2 e 3» e nel linguaggio più popolare «titoli tossici».

Sebbene questo appellativo sia sbagliato per molti aspetti, nei bilanci delle banche europee c’è un gigantesco rischio potenziale e imponderabile: gli attivi e passivi illiquidi hanno un ammontare 12 volte superiore a quello dei crediti deteriorati e per il 75% sono concentrati in due soli Paesi. Cioè Germania e Francia. Basterebbe che subissero una svalutazione del 5% per erodere mediamente il capitale delle banche più esposte di 330 punti base. Con punte di 1.500. Insomma: se accadesse, buona parte del cataclisma patrimoniale colpirebbe gli istituti di due soli Paesi. Quelli ritenuti più solidi...



Banche, ora il faro sui titoli opachi (e non sono made in Italy)
Ecco perché la Banca d’Italia, in un Convegno organizzato dall’Università Cattolica con Crif e Credit Risk Club, ricordando questi dati emersi in un suo studio, ha ancora una volta puntato il dito sugli attivi e passivi illiquidi: perché rappresentano un potenziale problema sul quale la Vigilanza europea deve alzare la guardia. «Possono non essere tossici - commenta Fabio Panetta, Vicedirettore generale della Banca d’Italia e componente del Consiglio della Vigilanza Bce -, ma producono potenzialmente rischi materiali».

«La pericolosità è sconosciuta - gli fa eco Rosario Roca, ispettore senior di Bankitalia -, ma verosimilmente non è distante da quella dei crediti in sofferenza». Questo perché gli attivi di «Livello 2 e 3» sono tutti gli strumenti (spesso complessi e opachi) per i quali non esiste un mercato di riferimento che stabilisca un prezzo: non avendo un valore certo, dunque, le banche li iscrivono nel bilancio a un prezzo ricavato o dal confronto con titoli simili (nel caso del «Livello 2») oppure da complessi calcoli matematici (nel caso del «Livello 3»). Insomma: una montagna da 6.800 miliardi di euro è iscritta nei bilanci a valori opinabili. E non verificabili da parte della Vigilanza.


Level 3: quei titoli illiquidi senza valore certo nei bilanci
È Rosario Roca ad elencare i potenziali rischi. Uno: il processo di valutazione da parte delle banche è discrezionale. «Gli istituti creditizi sono incentivati a usare la discrezione nel valutare questi attivi a proprio vantaggio». Due: «Le banche hanno l’interesse a classificare il più possibile gli strumenti al Livello 2 piuttosto che al Livello 3, per evitare una stigmatizzazione sul mercato». Questo perché quelli di Livello 3 sono ritenuti da mercato e agenzie di rating più “tossici”. Tre: per le banche è difficile fare corrette coperture dei rischi (hedging). Negli ultimi stress test l’Eba ha imposto di stimare shock esterni sugli attivi tossici, dimostrando crescente attenzione sul tema. Ma c’è un problema, evidenziato da Andrea Resti, Professore della Bocconi: il valore di partenza di questi attivi è stato, anche negli stress test, quello che le banche le banche si auto-assegnano. E, come detto, proprio questo valore è opinabile.
 

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Derivati, la Brexit non sgancia la bomba

Derivati, la Brexit non sgancia la bomba
L’Esma è intervenuta per sbrogliare la matassa


di Marcello Astorri19 febbraio 2019 | 12:13


L’Esma interviene per disinnescare la bomba dei derivati, che rischiava di esplodere nel caso di una Brexit senza accordo con l’Unione europea. A quanto si apprende da Il Sole 24 Ore, l’autorità europea, omologa della Consob italiana, ha infatti dato il via libera al riconoscimento di tre Controparti centrali inglesi: LCH Limited, Ice Clear Europe e LME Clear Limited. Con questo provvedimento, potranno dunque continuare a operare sui derivati con le banche dell’Unione Europea. Il ruolo di queste controparti, che si mettono in mezzo a due contraenti, è cresciuto molto dopo il crack di Lehman Brothers. Basti pensare che, a oggi, la sola Ice Clear, una delle tre controparti britanniche autorizzate, ha posizioni su credit default swap per 1.600 miliardi di dollari.
 

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Banche e derivati: a rischio 4 miliardi per la truffa del petrolio «scomparso»
di Alessandro Graziani
16 Maggio 2020

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Così come Totò cercava di vendere la Fontana di Trevi ai turisti che arrivavano a Roma, a Singapore il finanziere e trader sui futures sul petrolio Lim Oon Kuin (conosciuto anche come O.K. Lim) è riuscito a ottenere maxiprestiti da più banche vendendo poi i barili di greggio sottostanti ai derivati, senza che i singoli creditori lo sapessero. Un mese fa è emerso un «buco» da almeno 800 milioni di dollari, ma gli accertamenti per quantificare i danni sono ancora in corso, su un totale di crediti bancari di 4 miliardi.

Tra le 23 banche che hanno concesso circa 4 miliardi di crediti a rischio alla società di O.K. Lim, infatti, non compaiono solo istituti asiatici ma anche una discreta pattuglia di banche europee che hanno già contabilizzato le perdite nei conti del primo trimestre. Oltre al colosso euro-asiatico Hsbc, figurano anche l'inglese Standard Chartered, le francesi Société Géneérale e Natixis e le olandesi ABN Amro, Rabobank e Ing.

Pochi giorni fa inoltre, sempre da Singapore, è giunto un nuovo allarme per le grandi banche che finanziano il trading sui derivati.
Il colosso bancario Hsbc, secondo quanto ricostruito da Bloomberg, ha accusato la locale società ZenRock Commodities Trading Pte Ltd di uno svariato numero di transazioni «disoneste». L'accusa: aver nascosto milioni di dollari di perdite utilizzando sempre lo stesso cargo di petrolio per ottenere finanziamenti da diverse banche, ognuna ignara dell'esistenza dei prestiti delle altre.

In entrambi i casi, al di là dell’eventuale animo truffaldino dei trader, emergono dubbi sull'efficacia della funzione di risk management delle banche e in alcuni casi anche sul loro modello di business che, nella fattispecie delle banche europee, è monitorato dalla Vigilanza di Bce.

Gli effetti delle perdite da derivati generati da OK Lim sono già emersi nei conti trimestrali di Hsbc e Abn Amro. Nell'annunciare i dati trimestrali, che hanno registrato un utile in calo del 48%, Hsbc ha fatto riferimento ufficiale a «un onere significativo legato all'esposizione delle imprese a Singapore».

Il conto delle perdite su crediti a trader che operano su derivati è stato peggiore per l'olandese Abn Amro, che non avendo un bilancio ampio come Hsbc, ha chiuso il trimestre in perdita per 395 milioni. Tra le motivazioni addotte dalla banca, «due casi eccezionali che hanno contribuito in negativo per 460 milioni». Abn Amro non fa nomi, ma uno dovrebbe essere proprio il caso di Singapore. L'altro, già annunciato a fine marzo dalla stessa Abn, si riferisce a un hedge fund Usa che a causa delle perdite su derivati non è riuscito a ripristinare il “margin call” generando una perdita di 200 milioni sui crediti concessi da Abn Amro.

Anche escludendo i casi fraudolenti di occultamento delle perdite di alcuni trader, la volatilità dei prezzi degli asset (non solo materie prime, ma anche sull'azionario) sta determinando ingenti perdite su crediti per le banche che hanno un forte focus sui derivati. È il caso di alcune banche francesi, per esempio, che si sono specializzate negli equity derivatives sui dividendi azionari. L'impatto della crisi e le decisioni delle Autorita di Vigilanza (Bce ha chiesto alle banche di rinviare a ottobre le decisioni sulle cedole) hanno fatto “scomparire” i dividendi generando perdite a chi gestisce i derivati con quel sottostante.

È il caso di Société Générale che nel primo trimestre del 2020 ha visto precipitare del 99% i ricavi da equity trading, contribuendo alla perdita per 537 milioni di euro della divisione corporate e investment banking dell'istituto francese.

I violenti sbalzi delle quotazioni delle varie asset class sono proseguiti anche nel mese di aprile ed eventuali conseguenze sui conti delle banche si vedranno con le semestrali che saranno diffuse tra fine luglio e inizio agosto. Il tema preoccupa non poco le Autorità di Vigilanza. Tanto che lo scorso 16 aprile la Bce ha deciso di abbassare temporaneamente per sei mesi i requisiti di capitale legati al rischio di mercato per le banche commerciali in modo da garantirne l'operatività durante la fase attuale di volatilità per il coronavirus.
«Con questa decisione la Bce - è stata la motivazione ufficiale arrivata da Francoforte - sta rispondendo agli straordinari livelli di volatilità registrati sui mercati finanziari dalla diffusione del coronavirus».



Banche e derivati: a rischio 4 miliardi per la truffa del petrolio «scomparso»
 

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