NON E' LA MERA FOTOGRAFIA CHE MI INTERESSA. QUEL CHE VOGLIO E' CATTURARE QUEL MINUTO, (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Carlo Verdelli, il direttore di Repubblica, che ha piazzato in prima pagina il titolo "Cancellare Salvini"
per accompagnare, senza nemmeno le virgolette, l'intervista di Graziano Delrio che quelle parole non le ha mai pronunciate.

"L'elettorato salviniano è militarizzato e un attacco di questo tipo (il titolo di Repubblica, ndr) non sposta più voti.
E' sicuramente un titolo ambiguo e discutibile, come sarebbe ad esempio un eventuale 'Cancellare Zingaretti', ma quello che conta è il contenuto dell'intervista a Delrio".

Amadori allo stesso tempo ha spiegato che il governo Conte sta ''un po' sottovalutando la questione dell'immigrazione
e il fatto che molti italiani vogliono un processo migratorio contenuto e non porti e porte aperte in maniera incondizionata''.

Secondo il sondaggista, un ritorno al vecchio quadro normativo non sarebbe gradito dalla popolazione.
Ciò potrebbe spingere buona parte di elettorato, anche quello non strettamente salviniano, ad avvicinarsi alla Lega.

Il risultato di questo spostamento di consensi a favore di Matteo Salvini, per Amadori, sarebbe notevole.

Se il governo cancellasse o cambiasse i Decreti Sicurezzi"la Lega potrebbe guadagnare un 2-3% e raggiungere così quota 35% segnando il record storico".

La sinistra e il M5s, già in crisi di consensi, potrebbero subire una batosta elettorale clamorosa quando si ritornerà alle urne.
Ma questo non sembra spaventare né l’esecutivo, né la maggioranza giallorossa.

Ospite del programma di La7 “Otto e mezzo”, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese
ha spiegato quali saranno le prime modifiche ai Decreti Sicurezza da effettuare entro gennaio:
multe più basse per le Ong, da 10 a 50mila euro, e ampliamento delle categorie dei permessi umanitari.

La Lamorgese ha spiegato che “vanno ampliate per evitare quanto stava per succedere a dicembre e cioè chi era senza permesso umanitario,
in base al decreto, veniva buttato per strada. Per i decreti sicurezza, oltre a quello che è stato segnalato dalla presidenza della Repubblica,
intendiamo fare un discorso più complessivo. Ricordo che noi eravamo l’unico Paese che era al 28% come permessi umanitari.
Gli altri Paesi erano al 3-4%.
Aver davvero limitato al massimo questa forma di protezione, secondo me, non va bene“.

Ma non basta. Nel “question time” di ieri alla Camera, lo stesso ministro ha risposto ad un'interrogazione
sulle iniziative per la regolarizzazione degli stranieri già presenti nel nostro Paese affermando che
"l'intenzione del governo e del ministero dell'Interno è quella di valutare le questioni poste all'ordine del giorno che richiamavo in premessa,
nel quadro più generale di una complessiva rivisitazione delle diverse disposizioni che incidono sulle politiche migratorie e sulla condizione dello straniero in Italia".

In sostanza, una sanatoria per gli immigrati.

Questa la volontà del governo.

I cittadini, però, sembrano non gradire tanto che sono pronti a far sentire la propria voce con un segno sulla scheda elettorale quando si tornerà alle urne.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Pronti a contare i voti ? ....perchè in Italia siamo pieni di lavoro. Come no ? FULL DE BALL


A dare l'assist alla Lamorgese ci ha ha pensato il deputato Riccardo Magi di +Europa,
il partito guidato da Emma Bonino nelle cui casse Soros ha versato l'anno scorso 200.000 euro
per tenerlo in vita e permettergli proprio di portare avanti certe politiche.


Dalla sua interrogazione è infatti venuto a galla il piano del governo.

Se da una parte il Viminale ha già ultimato la revisione dei decreti Sicurezza,
dall'altra ha compiuto un passo ulteriore per blandire gli ultrà dei porti aperti e i talebani dell'immigrazione.

All'orizzonte si profila un vero e proprio colpo di spugna per regolarizzare gli irregolari già presenti in Italia
che siano, però, in possesso di un contratto di lavoro.

"L'intenzione del governo e del ministero dell'Interno - ha spiegato ieri il ministro dell'Interno - è quella di valutare le questioni poste all'ordine del giorno
che richiamavo in premessa, nel quadro più generale di una complessiva rivisitazione delle diverse disposizioni che incidono sulle politiche migratorie e sulla condizione dello straniero in Italia".

Durante il question time il progetto è stato presentato come un provvedimento straordinario.

Un giro di parole per non usare il termine sanatoria.

Un intervento di questo tipo farebbe felici tutte quelle frange (dalle sardine alla sinistra immigrazionista)
che da mesi premono sul governo giallorosso affinché dia prova dei "segnali di discontinuità" promessi.

Andrebbe a inserirsi, come anticipa il radicale Magi, in una più ampia "revisione delle disposizioni che incidono sulle politiche migratorie e sulla condizione dello straniero".

Le richieste dei fan dell'accoglienza non si fermano certo alla revisione dei decreti Salvini e alla sanatoria della Lomorgese.

L'obiettivo ultimo è, infatti, arrivare a "una riforma strutturale che consenta la regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio",
come previsto dalla proposta di legge d'iniziativa popolare "Ero straniero" che attualmente è in discussione in Commissione affari costituzionali alla Camera.

I numeri degli immigrati che, con questo colpo di spugna, verrebbero regolarizzati sono impressionanti. Si parla almeno di 700mila persone.

"Il governo vuole riportarci al caos", commenta ora con preoccupazione il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari.
"Sbarchi, permessi di soggiorno per tutti, ritorno al business dell'accoglienza, via i decreti Sicurezza e perfino la Bossi-Fini",
continua puntando il dito contro il Movimento 5 Stelle che, dopo il patto di governo con il Partito democratico,
si sta rimangiando tutto quello che ha fatto in quattordici mesi con la Lega".

L'iter verso la sanatoria dei clandestini è già stato avviato.

Come spiega il Sole24Ore
, c'è già stato un prima via libera quando lo scorso 23 dicembre, in sede di approvazione della legge di Bilancio,
è stato accolto un ordine del giorno sul tema. In quell'occasione il governo si era impegnato a
"valutare l'opportunità di varare un provvedimento che, a fronte dell’immediata disponibilità di un contratto di lavoro,
consenta la regolarizzazione di cittadini stranieri irregolari già presenti in Italia, prevedendo, all’atto della stipula del contratto,
il pagamento di un contributo forfettario da parte del datore di lavoro e il rilascio del permesso di soggiorno per il lavoratore".

A questa prima sanatoria, qualora dovesse passare la proposta di legge "Ero straniero",
si aggiungerebbe la completa abrogazione del decreto flussi attraverso l'introduzione di quote di ingresso annuali e l'adozione di nuovi e più facili canali di ingresso.

Uno scenario apocalittico, dunque, che con l'instabilità in Libia e in gran parte dei Paesi dell'Africa subsahariana
richiamerebbe tutti quei disperati che già oggi stanno studiano il modo per raggiungere il nostro Paese tentando la sorte nel Mar Mediterraneo.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Povera democrazia...persa.

Ci sono volute oltre sei ore fitte di discussione e di confronto serrato.

E nonostante ciò alla fine la decisione di bocciare il referendum elettorale voluto dalla Lega non ha convinto tutti i 15 giudici costituzionali.

Secondo indiscrezioni la sentenza che ha spento le speranze del partito di Matteo Salvini e degli otto Consigli regionali a guida centrodestra
- che avevano promosso il referendum per trasformare, con l’abrogazione delle norme sulla assegnazione proporzionale dei seggi,
il Rosatellum in un maggioritario a collegi uninominali
- è stata presa a maggioranza.

Con che numeri è difficile dirlo, visto che le votazioni dei giudici così come le discussioni nella camera di consiglio sono coperte dal segreto.

Quello che filtra è che si sarebbe comunque trattato di una maggioranza solida e ampia.

Nulla a che vedere dunque con le voci che si erano succedute nelle lunghe ore che hanno preceduto la decisione che segnalavano una spaccatura importante,
con 8 giudici certi dell’inammissibilità del referendum e altri sette meno o addirittura per nulla convinti e dunque pronti ad aprire le porte alla consultazione referendaria.

Per capire sino in fondo le ragioni alla base della decisione della Corte bisognerà attendere il deposito della sentenza, che arriverà entro il 10 febbraio.

Quel che è certo già da ora è che la Consulta ha ritenuto inammissibile il quesito perchéeccessivamente manipolativo
nella parte che riguarda la delega al governo, che secondo i promotori del referendum avrebbe consentito
“l’autoapplicatività della ‘normativa di risulta’“, come spiega il comunicato della Corte.

La Consulta ha sempre ritenuto inammissibile il referendum sulle leggi elettorali, quando si determina un vuoto tale da richiedere una nuova normativa.
E lo ha fatto in nome del principio che occorre garantire la costante operatività del Parlamento.
In questo caso sarebbe stato necessario ridisegnare i collegi elettorali uninominali.
I promotori del referendum ritenevano che si potesse utilizzare l’articolo 3 della legge elettorale vigente
che attribuisce al governo una delega per la ridefinizione dei collegi, nel caso in cui - come effettivamente avvenuto - si riduca il numero dei parlamentari.

Una strada che invece la Corte ha ritenuto impercorribile.
Sul tavolo della Consulta non c’era solo l’opzione secca tra il sì al referendum e la bocciatura del quesito.
Ma anche una terza via: sospendere il giudizio sull’ammissibilità del quesito referendario per intraprendere la via della “autorimessione”,
facendo propri i dubbi di costituzionalità avanzati dalle parti che si erano costituite in giudizio.

Gli otto Consigli regionali avevano acceso il faro soprattutto sulla legge sul referendum, che consente al capo dello Stato
di ritardare solo di 60 giorni l’entrata in vigore del referendum e non sino ad una nuova normativa necessaria per colmare i vuoti e cioè in questo caso ridisegnare i collegi.

Le associazioni contro il referendum (Attuare la Costituzione e il Coordinamento per la democrazia costituzionale)
rappresentate dall’avvocato Felice Besostri invece avevano rilevato l’incostituzionalità dell’attuale legge elettorale.

Se fosse passata questa opzione la Corte avrebbe sospeso il giudizio sul referendum e avanzato davanti a se stessa la questione di costituzionalità di queste norme.
Ma si sarebbe trattato forse di un terreno troppo scivoloso, dove era più difficile trovare una maggioranza solida.

La decisione della Corte costituzionale “non entra a gamba tesa sulla legge elettorale che sarebbe risultata, ma si ferma su un aspetto ‘laterale’,
quello dell’eccessiva manipolatività del quesito nella parte che riguarda la delega al Governo, punto sul quale probabilmente c’è stato un maggiore consenso all’interno nel collegio”.

Così il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, commenta con l’Ansa la sentenza della Suprema Corte
che ha dichiarato inammissibile il referendum sulla legge elettorale sostenuto dalla Lega.

Il punto in questione, rileva Mirabelli, “non riguarda direttamente la legge elettorale, ma la delega al Governo
per consentire di applicare immediatamente l’eventuale legge che sarebbe rimasta in piedi in caso di esito favorevole del referendum”.

Sui possibili effetti di quella legge, sottolinea, “c’è solo un accenno che si può leggere in filigrana,
quando la Corte dice che con l’eliminazione della quota proporzionale il sistema elettorale si sarebbe interamente trasformato in un maggioritario a collegi uninominali.
Ma - nota - non ci dice se ciò era consentito o meno; se, in pratica, il referendum fosse effettivamente abrogativo oppure propositivo, cosa, quest’ultima, non prevista dalla nostra Costituzione”.

Il presidente emerito “azzarda” quindi una lettura della dinamica che potrebbe essersi sviluppata tra i 15 giudici del Collegio:
“nei casi in cui ci sono più aspetti sul tavolo, viene privilegiato quello che trova il maggiore consenso.
‘Assorbente’ significa che non è necessario affrontare gli altri argomenti che magari erano maggiormente divisivi.
Dichiarando che quell’aspetto è ‘assorbente’ viene meno l’esigenza di esaminare gli altri”.

“Ora - prosegue il costituzionalista - la palla ritorna al luogo naturale in cui si esercita la rappresentanza politica, il Parlamento,
ed io auspico un dibattito che porti ad una larga intesa sulle regole del gioco.
Spesso - conclude - sono state proposte leggi elettorali per trarre vantaggio e danneggiare gli avversari politici ed è capitato che poi il corpo elettorale abbia smentito quelle previsioni”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
È scoppiata una polemica, una volta tanto non pretestuosa e balorda, per un infelice titolone de la Repubblica: “Cancellare Salvini”.

Proprio così. E senza virgolette (c’è sempre chi le virgolette non le sa mettere e, quindi, vorrebbe che gli altri non facessero altro che mettere virgolette ovunque).
Tanto, con le virgolette o senza le virgolette il pensiero di Repubblica è noto.

La Repubblica, il giornale di Eugenio Scalfari (dovrei scrivere qualcosa delle storielle delle nostre famiglie)
può considerarsi il top, come oggi si dice, della politica delle “cancellazioni”.
Quello che, almeno da trent’anni è il modo di concepire la politica nel nostro Paese:

Distruggere, demonizzare, oscurare, manganellare, “cancellare” la politica degli altri.
Gli altri politici, quelli che non sono dalla tua parte
.
E, magari, ricavare una “ideologia” da quello che rimane, da quello e quelli che non sono fatti oggetto delle “cancellazioni”.

Riflettiamo un momento. Chi ci ha dato la “novità” della politica, delle leggi elettorali, della stampa, dei partiti?

Questi decenni sono stati decenni di cancellazioni, di demonizzazioni.
Cancellati, demonizzati, fisicamente annientati gli Uomini della Prima Repubblica.
Da Giulio Andreotti a Bettino Craxi e via via, noti ed ignoti.
Molti ignoti uomini politici della Prima Repubblica sono diventati “personaggi” perché si è trovato modo di “cancellarli” col “rito” riservato ai grandi.

Seconda Repubblica? Chiamatela pure così. Io per anni, per decenni, con parole e scritti,
con articoli e libri ho cercato di far capire a qualcun altro che questa è la Repubblica del Partito dei Magistrati.

In tanti anni cadute ed ascese di governi e di partiti o “cosi” che ad essi assomigliavano, sono stati scanditi dalla magistratura
.
Dal partito delle Toghe. Con gli arresti, le condanne, ma anche con le assoluzioni ritardatarie,
con gli “avvisi di garanzia” (che garantivano e garantiscono non altro che le “cancellazioni”).

Così è finito Andreotti, così Craxi. E, magari, Calogero Mannino. Che non era, fuori della Sicilia molto più che il Signor Nessuno
e che ha dovuto aspettare i suoi 80 anni per sentir dichiarare che, il fatto che “pareva” avesse paura di essere ammazzato dalla Mafia
non significava che dovesse aver procurato, gestito, stimolato la Trattativa tra Stato e Mafia.

Strage giudiziaria di uomini politici importanti e no. Ma anche di amministratori di Comunelli di campagna.
Rovine, suicidi. Ma anche mogli che tenevano e tengono i mariti per la falda della giacca,
perché non vadano a rischiare il loro buon nome “con la politica”, e mettersi sotto tiro di qualche Procuratore.

Lo “squadrismo togato” ha distrutto il concetto di “opinione pubblica”, di “volontà popolare”.
La politica è diventata rischio
.
Di nuovo, dopo che con la democrazia e la Liberazione non si rischiava più di finir male per mancanza di obbedienza e di rispetto della Dittatura.

Far fuori l’avversario. “Cancellarlo”. Con ciò distruggendo anche quelli che, capaci, sapienti ed onesti, non avevano un ruolo da cui essere ragionevolmente estromessi a suon di avvisi di garanzia.

Cancellare Salvini”. Certo.

Ci sono in Italia centinaia di persone capaci più di Salvini di far politica. Ma non c’è modo di “cancellarli”.
La politica della “cancellazione”, dello squadrismo giudiziario, di quello mediatico-giudiziario,
annientò uomini politici che, al paragone dei Di Maio e dei Toninelli etc. sono dei giganti.
Ma, al contempo, essa fa sì che taluno “esista” praticamente solo quando si sia appropriato di una notorietà da distruggere con un tratto di penna di un Procuratore.

Cancelleranno Salvini? Non lo so e mi rifiuto di pensare troppo a quel che succederà.
Benché la possibilità di vedere le sorti di un qualsiasi personaggio del proprio Paese distrutto da un tanghero che lo criminalizza perché
“sequestratore di persone mediante mancata accoglienza” sia cosa che dovrebbe farmi crollare il mondo addosso.

A Salvini il mio augurio. L’augurio di non cadere per tale sciagurata, spudorata manovra.
Vorrei poi augurare a lui ed a tutti gli Italiani qualcos’altro di più decente e serio. Ma ho paura.

Francamente ho invece paura di un avvenire che, poi, non ho.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Povero povero povero governicchio. Non so come andrà a finire.
Ma - in ogni caso - che figura di merda. E perdita di credibilità.....se ce n'era ancora.


Un rompicampo che pare impossibile da sbrogliare.
La semplice questione se rinviare o meno il voto per consentire il processo a Salvini nel caso Gregoretti, ora è un rebus per solutori esperti.

E il centrodestra ha mostrato di averne in squadra qualcuno: da giorni la maggioranza è inchiodata, la forza dei numeri vanificata da quella delle regole.

La missione dei giallorossi pareva semplice: rinviare il voto sull'immunità al leader della Lega a dopo il voto in Emilia,
convinti che il ricorso all'arma giudiziaria per eliminare il nemico finirebbe per rafforzarlo nelle urne.

C'era solo un problema da risolvere:
il calendario della giunta per le immunità del Senato era stato deciso all'unanimità già in dicembre, con il voto sul capo leghista fissato per il 20 gennaio
.

I giallorossi erano convinti di cavarsela invocando lo stop dei lavori del Senato deciso in occasione del voto regionale, un «fermo» che blocca anche le commissioni.

Ma la giunta per le immunità è una commissione?
Maurizio Gasparri che la presiede è convinto di no e tira avanti con i lavori.

La maggioranza gioca allora un'altra carta: invoca l'assenza di due dei propri componenti (Mario Giarrusso e Pietro Grasso)
chiedendo che non si voti in loro assenza, ma la missione istituzionale si conclude già oggi e domani i due torneranno in Italia.

Gasparri, regolamento alla mano, blocca tutte le manovre dilatorie della maggioranza.
Scoppia la bagarre, con abbandono della giunta da parte della maggioranza in segno di protesta.

Oggi il nuovo atto: la questione passa all'aula e il centrodestra ottiene che sia sottoposta alla giunta per il regolamento del Senato, dove conta una maggioranza di sei componenti contro quattro.

I giallorossi insorgono nuovamente e in aula scoppia una nuova rissa.
Con accenti decisamente coloriti.
Il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, apostrofa Pd e M5s citando una famosa espressione del film Amici miei:
«Neanche la supercazzola sapete inventarvi».
Il presidente del Senato Elisabetta Casellati lo invita a moderare il linguaggio.
Roberto Calderoli difende il collega e sostiene che l'espressione sia stata sdoganata perché compare sul dizionario Zingarelli.

Il finale è materia per azzeccagarbugli.
La maggioranza chiede che la composizione della giunta per il regolamento venga riequilibrata.

Oggi la presidente Casellati dovrebbe invitare un senatore del Misto (Loredana De Petris) e uno delle Autonomie (Julia Unterberger), poi si deciderà.

Ma l'esito sarà appeso all'abilità nel formulare i quesiti messi al voto, perché un pareggio equivale a un «no».

Ma di sicuro il centrodestra avrà dimostrato che non hanno il coraggio delle loro idee:
vogliono processare Salvini, ma senza che gli elettori possano giudicarli nelle urne per questa scelta.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Applaudire il nostro governo e l'europa.

Secondo il vice capo degli stati maggiori congiunti USA Paul Selva lo stallo fra Haftar e Sarraj in Libia
sta permettendo a forze fondamentaliste islamiche legate all’ISIS di infiltrarsi e di assumere posizioni di forza, al livello di terzo incomodo, sul campo di battaglia.

Questa situazione non è altro che la figlia della strategia quasi obbligata della Turchia dal momento in cui questa ha deciso,
nel vuoto di potere a Tripoli, di assumere una posizione di forza.

Nonostante quanto dica Erdogan la Turchia non aveva molte alternative di intervento:

  • impiegare una squadra navale sarebbe stato complesso con l’ostilità diretta di Egitto Cipro e Grecia e quella indiretta di Italia e Francia ,
  • oltre al fatto che l’unica portaeromobili della flotta turca è ancora in costruzione e che, comunque,come dimostrato dai ribelli Houthi in Yemen, anche le navi possono diventare vittime di attacchi da terra;
  • un ponte aereo per il trasporto massiccio di truppe di terra appare poco realistico oltre che una provocazione verso tutti gli altri paesi NATO.
Quindi quello che sta facendo ora Ankara era l’unica alternativa di intervento, consistente in:

  • trasferire combattenti mercenari o ideologicamente collegati dal fronte siriano a quello libico, e questo è avvenuto con un paio di migliaia di uomini;
  • fornire intelligence, coordinamento, ed appoggio logistico, paradossalmente con mezzi NATO;
  • fornire appoggio diplomatico a Sarraj.
Naturalmente se importi migliaia di miliziani dalla Siria import anche Al Nusra ed ISIS,
e tutto questo sta avvenendo con mezzi, teoricamente, NATO, ed alle porte dell’Europa.

La Libia è ora un gioco fra Russia e Turchia, con gli USa che, per ora , si accontentano di appoggiare l’egiziano Al Sisi.

Dov’è l’Europa?

Berlino cerca di assicurarsi una via di approvvigionamento alternativa al gas,
dopo aver rafforato la propria partnership con Mosca, ma non ha nè la volontà, nè l’indipendenza da Ankara nè la capacità di concludere qualcosa.

A Roma invece regna il totale, assoluto, dilettantismo.
Invece di affidarsi ad ENI e Servizi, che ben conoscono la situazione sul campo ed hanno i contatti giusti,
continuano a giocare con la situazione come dei bambini viziati che si trovino davanti un nuovo gioco.


Con questo vertice non si potrà mai concludere nulla di buono.


Vice Chairman of the Joint Chiefs of Staff Paul Selva
 

Val

Torniamo alla LIRA
A Matteo Renzi non piace il “nuovo Pd”.

Il partito di cui è stato il dominus assoluto ora prova a smontare pezzo per pezzo i simboli dell’era renziana.

A partire dal più rappresentativo della stagione governativa di centrosinistra: il Jobs Act.

Giuseppe Provenzano
non ha dubbi. Il ministro dem per il Sud e la Coesione territoriale, in un’intervista alla Stampa, sgancia la “bomba”.
“Dobbiamo rappresentare – sostiene – una vera discontinuità non solo rispetto al governo gialloverde,
ma anche rispetto agli ultimi vent’anni, che hanno reso il nostro Paese il più diseguale d’Europa”.

Per Provenzano, “il Jobs act va rivisto. È tempo di un nuovo Statuto dei lavoratori.
Dobbiamo operare una discontinuità anche verso noi stessi e alcune scelte del passato.
In Italia c’è un tessuto lacerato: se dobbiamo riprendere un filo con cui tessere una nostra trama, quel filo è il lavoro.
Che può unire il Paese, rispondere alle ansie dei ceti medi impoveriti del Nord e alla fame di lavoro del Sud, dei giovani e delle donne”.

Come intervenire?
“Anzitutto – risponde Provenzano – bisogna crearlo, rilanciando gli investimenti. E bisogna riconoscergli dignità.
A cinquant’anni di distanza, ci vuole un nuovo Statuto dei lavoratori.
Che sancisca una cosa semplice: a parità di lavoro deve corrispondere parità di diritti e salario.
Abbiamo cominciato a rispondere al quesito salariale togliendo tasse dallo stipendio dei lavoratori. Ma servono altri strumenti”.

“Bisogna garantire – sottolinea – una retribuzione giusta, dando valore erga omnes ai contratti sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative.
E serve una riforma fiscale che aumenti la progressività: quando sono nato io, nell’82, le aliquote andavano dal 18 per cento per i redditi bassi al 65 per quelli alti.
Nei decenni si sono concentrate invece sulla fascia media. Cancelliamo le storture dei decreti sicurezza – propone sul tema migranti – e cambiamo la legge Bossi-Fini”.

Infine, si rivolge a Cinque Stelle e Italia viva: “Matteo Renzi e il Movimento cinque stelle decidano da che parte stare tra destra e sinistra”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Poveri anche loro. Questo è il decadimento annunciato.

Gli amici e sostenitori di Papa Francesco hanno preso veramente male la pubblicazione del libro sul celibato dei sacerdoti
che in un primo momento sembrava essere stato scritto a quattro mani dal Cardinale Robert Sarah ed il Papa Emerito Benedetto XVI.

Così hanno lanciato una tale offensiva contro Ratzinger ed i cattolici conservatori che il Sommo Pontefice in pensione
ha pensato di ritirare la propria firma al libro per scongiurare il rischio di una forte lacerazione all’interno della Chiesa.

Non sembra che Benedetto XVI sia riuscito nel proprio intento. Le polemiche sono rimaste e diventate ancora più forti.



.
 

Val

Torniamo alla LIRA
A casa mia si parla come si mangia.
Se dico "lesbica" non faccio altro che seguire il dizionario Treccani
e quindi dire una cosa vera e giusta. E finiamola di fare i pacioni perbenisti e benpensanti.

lèsbica s. f. [femm. sostantivato dell’agg. lesbico]. – Donna omosessuale.
/'lɛzbika/ s. f. [femm. sost. dell'agg. lesbico]. - [donna che è attratta sessualmente da persone del suo stesso sesso, o che ha rapporti sessuali con esse]
≈ (non com.) omofila, (lett.) tribade. ⇑ (fam.) omo, omosessuale, (non com.) omosex. ↔ ⇑ (fam.)...

“Chiamare Licia Nunez ‘la lesbica’ è indice di omofobia. Fernanda Lessa merita l’espulsione, perché ha così discriminato una concorrente, solo perché l’aveva nominata – si legge nel comunicato stampa dei legali dell’attrice - .L’omofobia colpisce non solo gli omosessuali dichiarati, ma soprattutto quelli che vivono nel dolore e nella paura di raccontarsi, proprio per sfuggire al dileggio degli ignoranti omofobi. I responsabili del Gf devono intervenire immediatamente per non diventare complici. Aspettiamo con fiducia. Bmore Management Annamaria Bernardini de Pace & Nando Moscariello”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Fantastico risultato per questo governo. Un'altra azienda che se ne va.


La Coca Cola lascia la Sicilia, o meglio, la Sibeg Coca Cola è pronta a trasferire tutta la produzione in Albania a Tirana
per fronteggiare i due nuovi balzelli governativi: la sugar-tax e la plastic-tax.

1554312257-cocacola.jpg


L'azienda etnea si trova in difficoltà e sarebbe pronta a sbarcare dall'altro lato dell'Adriatico.

“La Sibeg-Coca Cola rappresenta un patrimonio occupazionale e produttivo per Catania e la Sicilia.
I lavoratori rischiano ora di pagare a caro prezzo due nuovi balzelli governativi.
Con i vertici dell’azienda cittadina abbiamo avviato, già in questi giorni di Natale,
un confronto mirato a individuare ogni iniziativa utile a scongiurare un altro effetto-valanga
sulla già disastrata economia di questo territorio”,

spiegano in un lungo comunicato Nino Marino, segretario generale della Uila Sicilia,
e Alessandro Salamone, componente della Segreteria regionale dell’organizzazione di categoria.
 

Users who are viewing this thread

Alto