NON CI E' DATO DI SCEGLIERE LA CORNICE DEL NOSTRO DESTINO. PERO' SIAMO NOI A IMMETTERE IL CONTENUTO (1 Viewer)

Val

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Amica di quello sopra. Ricordo questo fatto dello scorso anno.

L’ultima figuraccia della Morani, in ordine cronologico, è di ieri sera: a Non È L’Arena, su La7,
la deputata ha detto che “il tricolore è nato dalla lotta antifascista” (link al video).

Strano, io mi ricordavo che il tricolore verde-bianco-rosso fece la sua prima apparizione nel 1796,
in uno stendardo celebrativo conferito da Napoleone ai combattenti lombardi per la campagna d’Italia,
mentre come prima bandiera ufficiale di uno Stato italiano apparve l’anno dopo, nel 1797, come bandiera della Repubblica Cispadana.
Prima di raggiungere l’attuale forma, nella prima metà del 1900.


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Val

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Ricordate sempre che :

Dall'esame dell'art 560 c.p.c così come riformato dal decreto del 2018, dallo studio del notariato emerge immediatamente il mutamento della condizione del debitore.

Al debitore infatti e al suo nucleo familiare è consentito continuare ad abitare l'immobile pignorato,
fino al decreto di trasferimento
, senza che il giudice debba autorizzarlo specificamente a ciò.


Il bene infatti non viene liberato automaticamente con la nomina di un soggetto terzo nella veste di custode.

Terzo custode
che comunque, anche dopo l'eliminazione dalla norma dell'autorizzazione giudiziale per l'esercizio dell'attività di gestione e amministrazione,
non può considerarsi, una volta nominato, libero di agire autonomamente.

Per poter compiere atti di ordinaria o straordinaria amministrazione, dovrà sempre attenersi a precise istruzioni del giudice al riguardo.

Per quanto riguarda il divieto del debitore di stipulare un contratto di locazione sancito dal comma 7,
il legislatore pare prevedere la possibilità di contrarre una locazione efficace a tutti gli effetti,
per cui anche all'esterno del procedimento esecutivo, in virtù dell'autorizzazione del giudice.

L'ordine di liberazione del nuovo art 560 c.p.c, nel rispetto dei principi di economia e ragionevole durata del procedimento,
può qualificarsi come un provvedimento sommario e semplificato destinato alla realizzazione della migliore vendita possibile,
sotto i poteri direttivi del giudice, impugnabile dalle parti e dal detentore che non ha titoli per opporsi alla procedura.
Esso però non ha natura decisoria o definitiva nei confronti di chi vanta un titolo opponibile,
che può agire in seguito in via principale per far accertare il suo diritto o con un'opposizione cognitiva.

Senza soluzione il tema della ultrattività della legittimazione del custode a dare attuazione all'ordine di liberazione
nell'interesse di chi si è aggiudicato il bene, quando la sua esecuzione non si è esaurita prima dell'emissione del decreto di trasferimento.

Ci si chiede infine se sia ammissibile che il custode liberi il bene immobile se abitato dal debitore,
se la liberazione è successiva al decreto di trasferimento e concorre con l'azione del rilascio nei confronti dell'acquirente.
 

Val

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Per la Corte d'appello di Milano è legittima la delibera regionale che vieta l'ingresso negli ospedali alle donne che indossano il burqa o il niquad per motivi di sicurezza.

La Corte d'Appello evidenzia come in secondo grado l'attenzione del giudizio si sia spostato sul contenuto del cartello
e sulle proposte di eventuali modifiche, tanto che le parti hanno aggiustato il tiro, modificando in parte le proprie difese.

Il giudice di secondo grado, dopo aver risolto alcune questioni pregiudiziali, evidenzia la necessità di
concentrarsi sul carattere discriminatorio della
delibera della Giunta regionale del 10.12.2015
e se la sua attuazione, tramite l'affissione dei cartelli come descritti, viola a sua volta le norme antidiscriminatorie.

A tale proposito la Corte d'Appello giunge alla conclusione che "Non può certamente essere attribuito alla delibera in questione un carattere discriminatorio,
anzitutto per la sua genericità e per avere correttamente messo in relazione la impossibilità di identificare una persona, in quanto con volto coperto,
in determinati luoghi pubblici con problemi di ordine pubblico e sicurezza (che i gravissimi attentati in luoghi pubblici avevano reso ancor più evidenti, destando vivo allarme sociale),
senza che vi sia stata alcuna violazione di riserva di legge, avendo la delibera richiamato espressamente la legge 152/75 (c.d. legge Reale) …

La Corte condivide pertanto l'impostazione del Tribunale che ha valutato come proporzionato e ragionevole lo "svantaggio"
imposto dal cartello alle donne che indossano il velo integrale per motivi religiosi
,
in quanto limitato nel tempo e circoscritto nel luogo SSR e giustificato da ragioni di pubblica sicurezza."
 

Val

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Spesso e volentieri il giornalismo è la continuazione del cialtronismo con altri mezzi.

Non è che sia poi questa grande novità, la categoria è quella che è, grammatica e sintassi traballano come al solito,
le nostre piccole miserie da pennivendoli in cerca d’autore si dipanano in lungo e in largo per tutta la storia della repubblica delle banane.

Niente di particolarmente originale, a pensarci bene.

Però è anche certo che in questi tempi bui e tempestosi il combinato disposto di crollo definitivo non solo delle ideologie,
ma di qualsiasi solida radice culturale, rivoluzione digitale assolutamente non governata e progressione geometrica dell’analfabetismo funzionale
ha creato un cortocircuito non solo politico e informativo, ma soprattutto mentale, cognitivo, antropologico
che per chiunque non abbia ancora deciso di mandare il cervello all’ammasso ha davvero dell’incredibile.

L’ultima vicenda che ha dato la stura all’ennesima performance del rutilante circo mediatico è riconducibile all’ormai celeberrimo fenomeno delle “sardine”.

Una settimana prima manco sapevano che esistessero, una settimana dopo non si parla d’altro
e pare che il loro impatto sulla palude budinosa della nostra politichetta sia stato talmente devastante
da indurre quasi la metà degli italiani a vederli come l’unica vera, credibile alternativa al populismo sovranista salviniano.

Niente meno.

Ora, il fatto che tre ragazzi riempiano di folle straboccanti alcune piazze è oggettivamente una notizia,
che va quindi data, analizzata, approfondita, cercando di capire chi sono, cosa pensano, cosa vogliono,
di quali visioni si nutrono, quale spazio politico intendono aggredire, quali trappole devono evitare eccetera eccetera.

Il punto, però, è purtroppo un altro.

Il punto è che sul termine “sardine” ci si dovrebbe soffermare solo un attimo, giusto per capire il perché
di quella scelta così stravagante e poi passare oltre, perché dello slogan, sostanzialmente, chissenefrega.

Noi invece no.

Quella roba lì diventa non l’involucro, l’etichetta, il logo di una cosa nuova che accade, quanto invece il contenuto,
l’essenza, la filosofia sulla quale siamo liberi di riversare tutto l’infantilismo, il bambinismo e, diciamoci la verità,
il cretinismo di un mondo che vive di superficie, di giochi di parole, di tic, di birignao, di messaggi in codice,
di accenni, di ammicchi, di strizzate d’occhi, di battute e ribattute e controbattute e che inizia così a intasare
ogni spazio mediatico di metafore e iperboli e chiasmi ed ellissi e urobori e pastrugnamenti vari nei quali tutto è sostituibile e intercambiabile.

Tranne la parola “sardina”, ormai vero totem, vero monolito, vero motore immobile della comunicazione politica.

Tanto è vero che a un genio della superficialità furbastra, un virtuoso del surfare sui problemi senza mai andare a fondo,
un fenomenale semplificatore e quindi inevitabilmente semplicistico come Salvini non è sembrato vero di metterci il carico da novanta
con un bombardamento di messaggi social con tanto di fotomontaggi e meme e tutorial sul tema “Gattini per Salvini” - tutto vero -
con le simpatiche bestiole che si pappano i pescetti e via andare di questo passo.

E appena partono i gattini, poi arrivano i cagnolini e poi, di rincorsa, tutto il bestiario assortito che, di alta allegoria in alta allegoria,
dà modo a noi analisti, noi commentatori, noi fenomeni da baraccone di inzuppare il biscotto nell’ennesimo profluvio di banalità
su questo paese che cambia, signora mia, ed è tempo di volti nuovi, di linguaggi nuovi, di parole nuove, di orizzonti nuovi.

Che poi tanto nuovi non sono, perché le stesse fregnacce nuoviste le abbiamo scritte per le “madamin” della Tav e i “vaffaday” grilleschi
e i “girotondi” morettiani e il “popolo dei fax” anticraxiani e tutto il resto di quei risibili e friabili fenomeni di massa
prodotti da una società senza più vincoli e barriere che non ha trovato, grazie proprio alla caduta di vincoli e barriere,
la strada per la libertà e il culto dell’individuo, quanto invece quella per l’appecoronamento di gregge, reso universale e totalitario dal detonatore digitale.

E non c’è scampo. Non c’è requie. Non c’è pietà.

Ti arriva l’etologo a dirti quanto siano pedagogici i comportamenti collettivi delle sardine
e poi ti arriva il nutrizionista che quanto fa bene l’Omega 3 delle sardine
e poi ti arriva l’etnografo su quanto le sardine fossero alle basi della nostra civiltà mediterranea
e poi ti arriva il designer su quanto ma quanto sia stiloso e asciutto e minimal il look sardinaresco
e poi ti arriva il sessuologo che le sardine non lo fanno poi così strano
e poi ti arriva il sociologo sui sorprendenti parallelismi tra “massa e potere” e “massa, sardine e potere”.

E noi scribacchini tutti ottusi e ciucci e caproni a dare corda a questa pletora di fanfaronate, di buffonate, di cazzate
e guarda un po’ questi pesciolini e guarda un po’ questi gattini e chi lo sa se la Bestia sarà più svelta delle Sardine
e giù una bella leccata di piedi ai nuovi liderini delle sardine, che non si sa mai se vanno al governo,
ma intanto giù una bella leccata di piedi al lider maximo dei gattini, che non si sa mai se torna al governo,
e pronti via con gli amarcord e la sera andavamo in via delle sardine e quando ci si vestiva alla sardinista e sempre sardine, sardine, sardine!

Dai, è quella roba che succede sempre nel nostro ambiente, siamo tutti uomini di mondo, per carità.

Con l’unica considerazione che fa un po’ tristezza che solo poco tempo fa alcune smeriglianti carriere politiche e giornalistiche
siano state costruite sfruttando l’onda lunga del terrorismo o del manipulitismo, oggi invece quella del salvinismo o del sardinismo.

Ma questo è un altro, lungo, inutile discorso.
 

Val

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A rileggere quello sopra, stasera in rai erano tutti fascisti.......

D'Alessio aveva la camicia nera .....
Panariello aveva la camicia nera ......
Tozzi aveva la camicia nera ......
Il direttore d'orchestra aveva la camicia nera .....
Raf aveva la maglietta nera .......
 

Val

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È il 12 giugno di quest'anno e, all'interno della Lega, si sta decidendo che posizione prendere sul Mes.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte spinge per firmarlo, così come chiede l'Europa.

Il Movimento 5 Stelle fa quello che gli riesce meglio: tentenna.

La lega cerca di frenare, ma evidentemente non sono tutti convinti e così Salvini scrive nella chat dei parlamentari una frase lapidaria: "Non firmiamo un cazzo".
Quattro parole che chiudono la partita e che, allo stesso tempo, fugano ogni dubbio su chi oggi si chiede cosa faceva la Lega quando poteva davvero decidere ed era al governo?

Risposta: era già all'opposizione. Conte, infatti, aveva già preso accordi con l'Europa. E la Lega si era trovata così all'opposizione.
 

Val

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Prima di entrare in riunione si era fatto un boccale ........
L'interesse dell'Italia non può coincidere con l'interesse del nord europa.

Tria, con una non troppo velata nota polemica, afferma di immaginare
che i due vicepresidenti del Consiglio di allora fossero stati informati di quanto accaduto.

L’ex ministro sostiene che sia in Italia che negli altri Paesi si dovrebbe capire che
l’interesse nazionale si difende mostrando che esso coincide con gli interessi dell’Europa e delle altre nazioni
.
 

Val

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"carta canta" anche per i rapporti tra premier e Cinque Stelle.

Un post
inserito dai pentastellati nel blog delle stelle a giugno 2019, infatti,
smentisce clamorosamente il presidente del Consiglio e dimostra che anche i grillini si erano impegnati pubblicamente
(insieme agli ex alleati del Carroccio) a non firmare il nuovo Mes con le modifiche richieste dall'Europa.

La questione è molto chiara: il Movimento - ben prima che Conte si trasformasse nel miglior alleato del Pd e dell'Unione europea -
si impegnò a non firmare alcuna riforma del Mes.

Anzi, leggendo quel testo firmato proprio da tutto il MoVimento, si capisce che i pentastellati fossero contrari
al nuovo Meccanismo europeo di stabilità al pari di quei partiti sovranisti che adesso Conte attacca.

Il titolo del post è già chiarissimo: "NO a questa riforma del MES, NO all’austerità".

Ma quello che c'è scritto è ancora più duro.

Innanzitutto, i grillini confermano che insieme alla Lega votarono una risoluzione
con cui si chiedeva al governo di impegnarsi a non votare "(quindi di fatto porre il veto)"
a qualsiasi riforma del Mes che andasse nella direzione poi confermata nei negoziati.

Ma soprattutto si definivano chiaramente i parametri del nuovo Meccanismo confermando anche i timori
che questa riforma conducesse verso tagli, austerità e un sempre più incisivo coinvolgimento del Mes nelle riforme macro-economiche.

Tutto per soddisfare le pretese di un'istituzione che si rivela per i Paesi come "tagli e sacrifici".
 

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