NON CI E' DATO DI SCEGLIERE LA CORNICE DEL NOSTRO DESTINO. PERO' SIAMO NOI A IMMETTERE IL CONTENUTO (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
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"La Terra non gira oh bestie!". Era l’urlo di battaglia del leggendario Giovanni Paneroni,
il gelataio delle campagne bresciane che nel Ventennio fascista conquistò una popolarità debordante a livello nazionale,
suscitando anche le ire del regime, per le sue chiassose predicazioni.

E’ o dovrebbe essere "il padre nobile di tutti i terrapiattisti, quello che questi strampalati totali dell’era social
hanno invece dimenticato e da cui dovrebbero mutuare almeno alcune virtù, prima di tutto la ruspante genuinità
e l’amore disinteressato verso le proprie stravaganti convinzioni".

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Proprio al Planetario venerdì prossimo, 29 novembre, si affronterà bonariamente e con tono divertente questa "stramberia"
- quella appunto del terrapiattismo, che "tra tutte le sciocchezze complottiste e demenziali è certo la più estrema" -
ripercorrendone la storia, con molte sorprese e con un omaggio speciale a Paneroni,
unico vero eroe che pagò la sua lotta contro Galileo e Copernico con il carcere e addirittura il manicomio, senza essere né un criminale né un pazzo.
 

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Oggi Cottarelli in un Tweet di 3 righe ha detto la verità sul MES.

Dal momento che è un co......., probabilmente lo ha detto senza pensarci.

Ma ha affermto che "il MES è prestatore di ultima istanza".

Della serie, siccome Draghi ha tenuto a galla anche noi, nel tentativo di salvare l'Euro, hanno creato una parallello alla BCE
per affossare i PIGS dell'europa, senza mettere in discussione l'Euro.

Visto che nello statuto del MES c'è scritto che "questi prestiti non compariranno nel rapporto debito/pil delle nazioni".

Se approvano questo, siamo fottuti veramente.
Perchè toglieranno ogni riparo che fino ad ora ci avrebbe dato la Banca centrale, mentre ci spennano vivi - letteralmente.

E credo che pochi ancora lo abbiano capito.



Pensateci. Prima Draghi ci mette in sicurezza (come dovrebbe fare una banca centrale) con "whatever it takes".

La Germania si rivolta perchè non è riuscita ad affondarci.

Adesso, mettono un sistema totalmente blindato da ogni azione penale (uno Zar bolscevico fondamentalmente) che ci chiede 140 miliardi,
che guarda caso "non influsicono sul rapporto debito/PIL, che useranno come vogliono (2 grandi banche tedesche sappiamo che stanno saltando).

E quando saremo in difficoltà, e lo saremo di sicuro se non abbiamo la copertura della BCE, non ci sarà più la BCE ad intervenire,
ma PRIMA dovremo ristrutturare il debito usando i soldi dei correntisti, e poi forse ci ridaranno in prestito quello che abbiamo dato.

Non influendo sul debito e sulla tenuta dell'Euro.

Hanno appena creato un'arena dove noi entreremo a mani nude.
 

Val

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A me sta venendo in mente questo.

Anche perché dovrebbe far riflettere il fatto che si voglia dotare il MES di un fondo di 750 miliardi!

Sono una cifra spropositata e soprattutto, inutile quando hai una banca centrale a disposizione.

La logica vorrebbe che il MES prendesse solo le decisioni ma poi i soldi li mettesse la bce emettendoli nelle quantità che servono.

Quindi si vuole scorporare la UE dalla bce, questo è quello che mi viene in mente.

Ma a questo punto, l'euro, inteso come moneta, sarebbe solo un titolo emesso da un privato che non è più ufficialmente la moneta dell'Europa.
Potrei a questo punto emettere banconote anche io, o tu o chiunque altro, saremmo aziende private che emettono bigliettini di carta.

Secondo me sta per capitare qualcosa di grosso o si preparano a fronteggiare qualcosa di grosso.

O pensano che l'euro imploda, ma a questo punto non avrebbe senso fare un fondo in euro (e allora vedremo che questi prenderanno i soldi e li convertiranno in altre valute o in oro),
oppure pensano che la UE imploda e vogliono una fideiussione costosissima per essere sicuri che nessuno scappa per non perdere i soldi messi.

Tipo, ormai hai investito troppo per uscire...

.......Un po' come quelle donne che fanno spendere una fortuna al marito per costruire la casa sperando che questo lo dissuada da chiedere il divorzio in futuro...
 

Val

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“Pechino, abbiamo un problema”.

In Cina nel giro di 15 giorni ci sono stati due Bank Run, due assalti alle banche che hanno costretto gli istituti a blindarsi, letteralmente,
dietro montagne di banconote per mostrare una supposta, ed inesistente, liquidità.

Dopo la Henan Yichuan Rural Commercial Bank ad inizio mese è toccato alla Yingkou Coastal Bank,
presa d’assalto dai risparmiatori impauriti ed inferociti.

Questa piccola banca pagava già interessi sui depositi doppi rispetto a quanto pagato dai principali concorrenti, il tutto nel tentativo di attrarre nuova liquidità.

La situazione del sistema creditizio cinese sta esplodendo ed il tutto è reso evidente dall’andamento dei tassi interbancari:





Il tasso Repo ad un mese è schizzato al 5%, ben oltre il tasso della Banca Centrale,
indice che il sistema sta pagando una fortissima crisi di liquidità.

Questa è soprattutto presente nelle campagne, nelle zone industriali fortemente inquinate, e poco si mostra al mondo esterno.

La PBOC, la banca centrale cinese, ha imposto degli stress test prima al sistema creditizio nel suo insieme
e poi specificamente alle 30 principali banche.

I risultati sono stati tutt’altro che esaltanti.

Questo quelli sul totale del sistema:



La lettera D indica le banche già in default… e sappiate che sono 5.

Le banche in blu sono quelle ad alto rischio.

Praticamente abbiamo oltre 500 banche in Cina che sono ad alto rischio di fallimento.
Una situazione sicuramente non semplice.

La PBOC ha anche effettuato una ricerca simile fondata sulle 30 grandi banche e qui i risultati sono stati ancora peggiori:

  • nel caso di un calo del PIL ad una crescita al 5,3% 9 banche su 30 fallirebbero il test di adeguatezza di capitalizzazione con un calo del 1% della capitalizzazione del sistema dal 14,43% al 13,47%,
  • nel caso di un calo della crescita del PIL al 4,15% ben 17 banche su 30 fallirebbero di raggiungere gli obiettivi di capitalizzazione, fallendo quindi il test.
Una situazione molto preoccupante, tanto più che la reale crescita
non è assolutamente il 6% che viene presentato dal governo e dagli enti pubblici, ma molto, molto più bassa.
 

Val

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L’idea di tornare all’Iri per risolvere tutte le grandi crisi industriali presenti nel Paese
pone una questione pregiudiziale a cui dare una risposta.

È il mercato che non offre soluzioni o è la classe politica che non è all’altezza dei problemi complessi del momento?

Chi ipotizza la resurrezione dell’Iri non si pone l’interrogativo.

Per costoro la priorità è ribadire il principio che lo Stato deve sempre e comunque intervenire sul terreno economico
stabilendo automaticamente l’assioma che la classe politica al governo dello stato non può non essere capace di svolgere il compito a cui è preposta.

Ma la realtà è più forte delle convinzioni ideologiche astratte.

E se Alitalia, Ilva e tutti gli altri casi di grandi crisi aziendali non trovano risposte ormai da lungo tempo,
non si può non sollevare il dubbio che il problema non sia il mercato ma l’incompetenza di chi avrebbe il compito di sciogliere i nodi di tali crisi.

La vicenda della compagnia di bandiera è sintomatica.
La crisi viene da lontanissimo e le responsabilità vanno in gran parte ricercate nel passato.
Ma si può dire che quando spetta ai rappresentanti del Movimento Cinque Stelle
il compito di sbrogliare matasse così complesse e difficili, l’impresa da disperata diventa impossibile?

Oggi si scopre che era inadeguata ed improponibile una cordata di salvatori dell’Alitalia
in cui figurava una azienda che dopo essere stata accusata di non essere in grado di gestire tremila chilometri di rete autostradale a
vrebbe dovuto essere capace di convertirsi alla gestione di una rete aerea.

Ma chi aveva chiesto l’immediato ritiro della concessione autostradale ad Atlantia dopo la tragedia del Ponte Morandi era lo stesso
che non aveva battuto ciglio di fronte all’ingresso della stessa Atlantia nella cordata Alitalia.

Il fallimento di oggi, dunque, era stato annunciato allora

. E se oggi i responsabili di quell’errore strategico scoprono che l’unico modo per uscire dalla vicenda è riesumare l’Iri
(come se il ritorno alle Partecipazioni Statali servisse a rimettere in piedi un’azienda condannata dalle condizioni del mercato
a rimettersi in piedi solo dopo un drastico ridimensionamento in termini di strutture ed addetti),
diventa legittimo chiedersi se i falliti non stiano preparando un nuovo fallimento scaricandolo sulle tasche di tutti gli italiani.

Il problema, allora, è che gli incapaci provocano danni.

E che è sempre tardi quando si interviene per mandarli a casa!
 

Val

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Il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio lo scorso 11 aprile e ha dichiarato (min. 51.05)
: “Alitalia è una delle società in Europa che ha meno dipendenti rispetto a tutte le altre compagnie di volo che ci sono”.

Di Maio stava rispondendo a una domanda se, tra gli sprechi di Alitalia che vorrebbe eliminare, ci sia anche il personale.

Al di là di ogni valutazione sulle giuste dimensioni di una compagnia aerea come Alitalia, quella di Di Maio è un’affermazione errata.


Nella classifica europea delle maggiori venti compagnie aeree per numero di passeggeri - stilata da CAPA, società di consulenza specializzata nel mercato dell’aviazione -
Alitalia si piazza tredicesima, con circa 22 milioni di passeggeri (21,3 secondo Alitalia stessa. È l’unica di questa classifica, si legge nel report di CAPA, a non essere cresciuta – anzi – nel 2017).

Al primo posto, lontanissima, si trova Lufthansa, con 130 milioni di passeggeri, seguita da Ryanair (128,8 milioni),
IAG – la compagnia nata dalla fusione della spagnola Iberia con British Airlines – (104,8 milioni), Air France-KLM (98,7 milioni), Easyjet (81,6 milioni).

Precedono poi Alitalia, nell’ordine, Turkish Airlines (68,6 milioni), Aeroflot (50 milioni), Norwegian (33,2 milioni),
SAS (29,7 milioni), Wizz Air (28,3 milioni), Pegasus (27,8 milioni) e TUI Group (23 milioni).

Seguono Alitalia invece in questa “top 20” Thomas Cook Group (18,5 milioni), TAP Air Portugal (14 milioni),
S7 Airlines (14 milioni), Aegean (13 milioni), Finnair (11,9 milioni), Air Europa (10,8 milioni) e Flybe (9,3 milioni).

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Innanzitutto vediamo il numero di dipendenti Alitalia: secondo quanto ci ha riferito la compagnia aerea, al 31 dicembre 2017
il totale dei suoi dipendenti ammontava a circa 12.500 di cui 8.400 impiegati nell'aviation e 3.100 nell'handling.

Le altre compagnie

Le compagnie più grandi sono in effetti molto lontane, anche se Alitalia ci tiene a specificare
che alcune di queste - soprattutto le low cost - hanno solo personale dedicato all'aviation e non all'handling.

Lufthansa, secondo le informazioni riportate sul sito ufficiale, ha impiegato (Company)
nel corso del 2017 una media di 128.856 dipendenti. Ryanair ne ha invece circa 14 mila (https://corporate.ryanair.com/about-us/fact-and-figures/),
ancora secondo il sito ufficiale (nel suo rapporto annuale più recente, i dipendenti sono indicati in 13.026 nel marzo 2017).

International Airlines Group, secondo l’ultimo report annuale qui scaricabile, ha avuto un numero medio di dipendenti di 63.422 nel 2017.
Air France-KLM
ha avuto 83.522 dipendenti nel 2017. Easyjet, per concludere la “top 5”, aveva 12.280 dipendenti nel settembre 2017 (qui il report).

Turkish Airlines secondo l’ultimo report pubblico, relativo al 2016, ha 24.124 dipendenti, ma secondo Forbes e Financial Times nel 2017 sarebbero più di 30 mila.
Aeroflot
secondo il proprio sito dà lavoro a 21.500 persone (secondo il Financial Times a 14.700).

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Norwegian ha, secondo il suo sito internet () “circa 9.000 dipendenti” (nel report relativo al 2016 ne riportava 5.796).
SAS, secondo l’ultimo rapporto relativo a febbraio 2018 qui scaricabile, ha avuto in media nell’ultimo anno 10.172 dipendenti.

Wizz Air ha, secondo il report 2017 qui scaricabile 3.033 dipendenti,
e Pegasus ne ha secondo il Financial Times 5.340,
un numero in linea con quanto riportato dalla compagnia stessa sul suo sito, che parlava di 5.165 dipendenti a marzo 2016.

TUI Group e Thomas Cook Group sono tour operator, proprietari di alberghi e altre strutture, al di là delle linee aeree, dunque il numero di dipendenti totali è poco rilevante.

Confronto

Alitalia, escludendo i tour operator, è dunque la dodicesima compagnia aerea in Europa per numero di passeggeri,
ed è ottava per numero di dipendenti (dietro Lufthansa, Air France-KLM, International Air Group, Turkish Airlines, Aeroflot, Ryanair ed Easyjet).

Ha più dipendenti di Norwegian, SAS, Wizz Air e Pegasus, che pure hanno un numero di passeggeri superiore.

Conclusione
Alitalia non ha “meno dipendenti” rispetto a tutte le altre compagnie aeree europee.

È anzi ottava nel continente per numero di dipendenti, davanti – seppur di poco – a compagnie che trasportano molti più passeggeri.
 

Val

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Una profonda ed assoluta verità.

«Non sono nessuno per dire alle persone chi devono amare, ognuno ama chi vuole, pure gli animali.
Io sono convinta di amare più Macchia, il mio cagnolino, di alcune persone, però sono assolutamente contraria alle famiglie gay.
Le famiglie devono esser formate da una mamma e da un papà secondo me. Poi va beh, ognuno fa quello che vuole»
 

Val

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Oltre a giuseppi qualcun altro ci ha venduto per uno due tre quattro cadreghe....chissà chi è ?

Le parole di Beghin sono inequivocabili: “Il nostro sì di oggi non è una cambiale in bianco.
L'Europa ha bisogno di un governo subito e di tanti sì, dal ricollocamento obbligatorio dei migranti,
alla riforma del Patto di Stabilità, agli investimenti green, al 'Made in' per le nostre imprese.
Grazie a queste priorità Ursula Von der Leyen a luglio ha ricevuto la nostra fiducia.
Abbiamo già perso troppo tempo e i cittadini ci chiedono risposte che non possono più attendere.
Non nascondiamo che non tutta la squadra della nuova Commissione ci convince:
durante le audizioni abbiamo visto giganteschi conflitti di interesse e ascoltato troppi distinguo, troppi se e troppi ma.
Il Movimento 5 Stelle aspetterà al varco la nuova Commissione. Contro i cambiamenti climatici
ci aspettiamo l'esclusione dal Patto di Stabilità dei fondi per ricostruzione e per la prevenzione idrogeologica.
Contro la crisi dell'acciaio che mette a rischio migliaia di posti di lavoro bisogna utilizzare
il Just Transition Fund anche per l'acciaio, oltre che per il carbone”.

Piernicola Pedicini, uno dei due europarlamentari grillini a votare contro la Commissione von der Leyen:
“Votare la von Der Leyen vuol dire votare un intero pacchetto. E nel pacchetto c'era anche la Lagarde alla presidenza della Bce, per fare un esempio.
Nel pacchetto, e stavolta per responsabilità del nostro Governo, ci sono anche i ruoli chiave dei ministeri con personaggi
che rappresentano il filo continuo con la politica di svendita dell'Italia in Unione Europea”.


Pedicini non risparmia un affondo agli alleati del governo del Pd:
“Abbiamo un Presidente del Parlamento del Pd,
un ministro dell'economia del Pd,
un ministro degli affari Europei del Pd...
e adesso anche un Commissario europeo del Pd.
Alle audizioni del Parlamento europeo mi sono permesso di chiedere al Commissario designato Gentiloni se, per l'incarico che aveva ricevuto,
avrebbe avuto il coraggio di mettere in discussione quelle regole europee che schiacciano l'Italia e lui, per tutta risposta,
ha pensato bene di sacrificare l'alleato di governo per rassicurare i colleghi tedeschi e francesi che si sono affrettati a votarlo.
Tipico del Pd. Perché quelli del Pd sono fatti così, ti fanno i complimenti, ti dicono che sei bravo, ti dicono che dobbiamo lavorare insieme...
solo che, nel frattempo, le nomine del sistema Italia in Unione Europea, con la piena collaborazione della Rappresentanza italiana
(anch'essa tutta del PD) le hanno fatte tutte loro”.
 

Val

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Eccoli qui i "puri".

Doveva essere un "popolo di persone normali" che non odiano, che amano "la bellezza, la non violenza verbale e fisica".

Eppure anche nel banco di sardine più chic che ci sia, le mele marce non mancano.


Anzi. Mentre nel manifesto si attaccano i populisti che rovesciano bugie e odio" sugli italiani,
i seguaci di Santori&co riempiono di insulti chi non la pensa come loro.
Per la precisione, Giorgia Meloni. Finita in un vortice di offese non proprio da pesciolini educati.

Succede che un paio di giorni fa in un gruppo Facebook un utente pubblica un commento
sulla proposta della leader di Fratelli d’Italia di destinare il 5x1000 al fondo per i rimpatri degli immigrati irregolari.

L’emendamento alla manovra non piace (c’era da aspettarselo) alle sarde nostrane, che si sono scatenate in una discussione non certo edificante.

Nel post si parla di "proposta oscena" che porterà il Belpaese alla "barbarizzazione". Fin qui, nulla di male. La critica politica è legittima. Anzi: sana espressione di democrazia.

Discorso diverso per i commenti che ne scaturiscono.
Le sardine si lasciano andare ad un profluvio di insulti che neppure nei peggiori bar de Caracas.

"Una demente", scrive qualcuno.
"Una pazza da manicomio", fa eco un un altro utente.
E poi giù con "bestia", "Gollum", "mer…", "sgorbia", "spregievole", "feccia" e via dicendo.
Non manca neppure la richiesta di processarla come i nazisti a Norimberga.

Tra gli amministratori appare il sindaco di Acquaviva delle Fonti.
Al movimento dell’ex grillino Pizzarotti appartengono anche altri due amministratori dell’Arcipelago delle Sardine.
Il sindaco di Bitonto, vice-coordinatore nazionale del partito con cui si è candidato alle europee.

È stato lo stesso Carlucci, dopo le polemiche sugli insulti alla Meloni, a chiedere scusa con un breve post e promettendo di cancellare le offese.
L’Arcipelago delle Sardine si proponeva di cambiare l’Italia per lasciarsi alle spalle "la stagione del fasciopopulismo sovranista".
Qualcosa però dev'essere andato storto.

In realtà non siamo stupiti. Intendiamoci.
L’accaduto dimostra, se ve ne fosse bisogno, che focalizzare l’attenzione solo "sull’odio populista" è miope. Oltre che sbagliato.

A Repubblica, allora, aggiungiamo allora quest’altro suggerimento: nella rubrica contro la violenza verbale, ovviamente xenofoba e sovranista, si parli pure di questo.
Che è odio sardinesco.
 

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