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Quelle salutari tempeste finanziarie dettate dalla ragione
Buonasera,
la novità che fa testo negli ultimi 5 o 6 anni è costituita dai risparmiatori più furbi che hanno imparato a fuggire da società con un alto indebitamento: ma è furbizia acquisita o paura dettata dall’istinto degli ultimi disastrosi casi? Lo scopriremo solo con il tempo. Di fatto vi è un vistoso ridimensionamento di società che come Parmalat e Finmatica sono soltanto produttori di debiti e di pochissimi o nessuno utile.
Impregilo e Cremonini ne sono un chiaro esempio, perché sono state oggetto di pesanti vendite quasi esclusivamente a causa dei loro bilanci, che vantavano dei poco lusinghieri indebitamenti e la seconda ha avuto anche il difetto di avere chiesto consulenza a quello ormai tristemente famoso “studio Zini” che ha assistito Parmalat. Ovviamente nella piena e totale incertezza non vi sono solo vendite su questi titoli, ma vere e proprie speculazioni ora al rialzo ed ora al ribasso, facendo leva su ogni vera o presunta notizia o comunicato che le interessano.
A questo punto molti potrebbero “storcere il naso” e dire che anche questo è pur sempre un eccesso e che in fin dei conti penalizzare società come Cremonini, leader in Italia per il commercio di carni, è davvero eccessivo. Ma in fin dei conti questo eccesso non porta a ripercussioni negative, perché comunque va a ridimensionare società che erano state sopravvalutate rispetto ai loro fondamentali e quindi anche nelle sue ripercussioni più emotive, non creano eccessi negativi e disastrosi per il mondo finanziario; quindi, che ben vengano di queste prese di coscienza.
Le vere ripercussioni negative arriveranno solo se non si porrà rimedio alla questione della fiducia dei risparmiatori, perché sarà in quel caso che invece di fuggire dinanzi a società poco trasparenti o con elevato indebitamento i risparmiatori eccederanno nelle loro reazioni, andando ad abbandonare gli investimenti azionari ed in corporate per dirigersi nuovamente verso le più sicure obbligazioni di stato.
Il rischio c’è e come è giusto che sia il più diretto interessato, ossia lo Stato Italiano, ne approfitta annunciando tramite il ministero del tesoro una valanga di emissioni statali che nel prossimo mese dovrebbero interessare un controvalore di circa dieci miliardi di euro. Insomma, visto che non si è ancora trovata una soluzione tanto vale fornire un’alternativa più affidabile al risparmiatore.
Tutto bene se non fosse che lo stato italiano è parte in causa per ricercare una soluzione e quindi un miglioramento della trasparenza attraverso più efficienti organi di controllo e se non fosse anche per il basso rendimento delle obbligazioni statali: basti pensare che il tasso di riferimento dei BTP triennali ha cedola pari al 2,75%. Da tutto questo si può evincere come ad essere tra la padella e la brace siano solo i risparmiatori che da una parte trovano un sistema finanziario più o meno volutamente poco chiaro e dall’altra si ritrovano obbligazioni di stato con rendimenti che a mala pena riescono a recuperare il potere d’acquisto perso rispetto al “tasso ufficiale” dell’inflazione.
E’ su questo punto che bisogna intervenire, prima che il risparmiatore italiano faccia due passi indietro, perché scegliere di ritornare alle obbligazioni di stato equivale ad un passo indietro di 10 anni sulle nostre abitudini di investimento, ma il ritornare a conservare i soldi dentro il materasso, solo perché da una parte abbiamo un sistema finanziario non controllato e dall’altra parte abbiamo le banche e lo stato che tra commissioni, gestione e tasse di fatto detengono i depositi a tasso creditore zero, significa ritornare indietro di ben 40 anni.
Buonasera,
la novità che fa testo negli ultimi 5 o 6 anni è costituita dai risparmiatori più furbi che hanno imparato a fuggire da società con un alto indebitamento: ma è furbizia acquisita o paura dettata dall’istinto degli ultimi disastrosi casi? Lo scopriremo solo con il tempo. Di fatto vi è un vistoso ridimensionamento di società che come Parmalat e Finmatica sono soltanto produttori di debiti e di pochissimi o nessuno utile.
Impregilo e Cremonini ne sono un chiaro esempio, perché sono state oggetto di pesanti vendite quasi esclusivamente a causa dei loro bilanci, che vantavano dei poco lusinghieri indebitamenti e la seconda ha avuto anche il difetto di avere chiesto consulenza a quello ormai tristemente famoso “studio Zini” che ha assistito Parmalat. Ovviamente nella piena e totale incertezza non vi sono solo vendite su questi titoli, ma vere e proprie speculazioni ora al rialzo ed ora al ribasso, facendo leva su ogni vera o presunta notizia o comunicato che le interessano.
A questo punto molti potrebbero “storcere il naso” e dire che anche questo è pur sempre un eccesso e che in fin dei conti penalizzare società come Cremonini, leader in Italia per il commercio di carni, è davvero eccessivo. Ma in fin dei conti questo eccesso non porta a ripercussioni negative, perché comunque va a ridimensionare società che erano state sopravvalutate rispetto ai loro fondamentali e quindi anche nelle sue ripercussioni più emotive, non creano eccessi negativi e disastrosi per il mondo finanziario; quindi, che ben vengano di queste prese di coscienza.
Le vere ripercussioni negative arriveranno solo se non si porrà rimedio alla questione della fiducia dei risparmiatori, perché sarà in quel caso che invece di fuggire dinanzi a società poco trasparenti o con elevato indebitamento i risparmiatori eccederanno nelle loro reazioni, andando ad abbandonare gli investimenti azionari ed in corporate per dirigersi nuovamente verso le più sicure obbligazioni di stato.
Il rischio c’è e come è giusto che sia il più diretto interessato, ossia lo Stato Italiano, ne approfitta annunciando tramite il ministero del tesoro una valanga di emissioni statali che nel prossimo mese dovrebbero interessare un controvalore di circa dieci miliardi di euro. Insomma, visto che non si è ancora trovata una soluzione tanto vale fornire un’alternativa più affidabile al risparmiatore.
Tutto bene se non fosse che lo stato italiano è parte in causa per ricercare una soluzione e quindi un miglioramento della trasparenza attraverso più efficienti organi di controllo e se non fosse anche per il basso rendimento delle obbligazioni statali: basti pensare che il tasso di riferimento dei BTP triennali ha cedola pari al 2,75%. Da tutto questo si può evincere come ad essere tra la padella e la brace siano solo i risparmiatori che da una parte trovano un sistema finanziario più o meno volutamente poco chiaro e dall’altra si ritrovano obbligazioni di stato con rendimenti che a mala pena riescono a recuperare il potere d’acquisto perso rispetto al “tasso ufficiale” dell’inflazione.
E’ su questo punto che bisogna intervenire, prima che il risparmiatore italiano faccia due passi indietro, perché scegliere di ritornare alle obbligazioni di stato equivale ad un passo indietro di 10 anni sulle nostre abitudini di investimento, ma il ritornare a conservare i soldi dentro il materasso, solo perché da una parte abbiamo un sistema finanziario non controllato e dall’altra parte abbiamo le banche e lo stato che tra commissioni, gestione e tasse di fatto detengono i depositi a tasso creditore zero, significa ritornare indietro di ben 40 anni.