NL Economia e Finanza del 10/02: la nostra view (1 Viewer)

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Quando non si può più distogliere lo sguardo



Buonasera,



la notizia di oggi è davvero positiva per gli investitori coinvolti nella vicenda Parmalat, perché riguarda il tanto atteso allargamento dell’inchiesta che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Bank of America, Citigroup, Deutsche Bank, Morgan Stanley, UBS, Banca popolare di Lodi e la società di gestione del risparmio di Banca Intesa, Nextra. L’accusa è la più favorevole ai bondholders e più indirettamente agli shareholders Parmalat, poiché si ipotizza in concorso in aggiotaggio.



Tale accusa, se provata e ritenuta valida in sede processuale, permetterebbe ai risparmiatori truffati di addire a rivalse economiche anche contro i soggetti che hanno concorso al crack Parmalat e che sono venuti meno volontariamente ai loro doveri di informazione ed assistenza del sottoscrivente. Intendiamoci, “tra il dire ed il fare c’è sempre il mare”, ma è pur sempre un elemento positivo per i defraudati da Parmalat questo allargamento dell’inchiesta e non solo loro, ma anche per tutti gli altri risparmiatori italiani che beneficeranno indirettamente e giocoforza di una maggiore e coscritta apertura delle società di risparmio verso i propri clienti.



Lasciando al tempo e ai magistrati l’evoluzione di questo nuovo livello dell’inchiesta, spendiamo anche qualche parola con chi fino ad oggi è stato elevato dai media come paladino dei truffati, cioè verso quei comitati di creditori di vario genere e di vario titolo che stanno raccogliendo proseliti presso i piccoli risparmiatori truffati. Lo spunto ci arriva dalla indiscrezione giornalistica che vede indagati per aggiotaggio i responsabili del Comitato dei Creditori Parmalat, a causa delle notizie riguardanti il presunto “tesoro di Tanzi” scoperto presso un conto di Bank of America. Come molti ricorderanno gli annunci a tutta la comunità dei media della scoperta comportò una notevole ingerenza sulle fasi di contrattazione di diversi titoli più o meno indirettamente legati al crack Parmalat; ebbene oggi la procura di Milano ha presentato il conto a chi sventolo ai quattro venti quella notizia come bandiera.



E’ proprio su questi ultimi comitati più o meno spontanei che ci sentiamo di apostrofare una nostra ultima riflessione, poiché non vorremmo che dopo il “banchetto dei leoni” arrivassero anche le “iene e gli avvoltoi” ad infierire sulle povere vittime di questa truffa; nostro malgrado, dobbiamo rilevare che tali comitati di creditori non lavorano per vocazione o per simpatia, ma richiedono sempre tasse di iscrizione, il pagamento delle spese processuali e qualora riescano a raggiungere un rimborso, richiedono anche una percentuale sul recuperato. Ebbene, tra i tanti comitati sorti non è difficile trovare anche soggetti che richiedano percentuali oscillanti tra il 10% ed il 15% su ogni eventuale risarcimento; cifre davvero vergognose se consideriamo la scarsa levatura degli avvocati che sostengono i procedimenti avanzati e soprattutto se si tiene bene a mente che in Italia è proprio l’iperinflazionata professione dell’avvocato che dovrebbe tenere più basse le spese che un risparmiatore deve affrontare per trovare assistenza qualificata.



In fondo, al momento basta presentare una denuncia contro Parmalat in procura, una lettera di diffida alla propria società di risparmio gestito intermediatrice nell’acquisto dei bond Parmalat e solo dopo 60 giorni ed in caso di mancata risposta dell’istituto chiamato in causa, citare in giudizio tramite denuncia anche esso. Adempiendo a quanto espresso sopra, ogni risparmiatore truffato è già in regola e potrà un domani dichiararsi parte lesa in giudizio, tanto contro Parmalat e/o i suoi responsabili, tanto verso le banche intermediatrici nella sottoscrizione dei bond. Per fare questo, al momento ci sembra quantomeno eccessivo aderire ad associazioni che comunque richiedono un contributo di ingresso.
 

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