NIENTE CAMBIA SE NON CAMBI NIENTE (2 lettori)

Val

Torniamo alla LIRA
Nel 1981 il ciclista padovano Giuliano Calore stabilì un record mondiale incredibile,
scalando il Passo dello Stelvio e riscendendo a valle utilizzando una bicicletta senza manubrio e senza freni,
il tutto mentre suonava degli strumenti musicali, arrivando regolarmente a destinazione senza cadere e senza mai appoggiare i piedi a terra.

Ancora nel 2015, alla venerabile età di 77 anni, ha ripetuto l’impresa. E in piena notte.

Reso onore a chi lo merita, vorremmo utilizzare questa impresa per fare una metafora fra la guida dell’economia del nostro Paese e la guida della bicicletta.

Il grande Giuliano Calore ha imparato a condurre la bicicletta senza usare il manubrio per sterzare e senza usare i freni per frenare,
persino lungo una strada ripida e tortuosa come quella dello Stelvio.

Ma è evidente che la maggior parte di noi non è in grado di condurre una bicicletta senza manubrio e senza freni neppure in una strada diritta e in pianura.



Per governare l’economia di un Paese il governo deve necessariamente disporre di strumenti per farlo.

Se l’obiettivo di condurre una bicicletta è di arrivare alla meta, percorrendo la strada, fatta di tornanti, di salite e di discese,
per arrivare alla meta, l’obiettivo delle politiche economiche del governo dovrebbe essere l’attuazione della Costituzione,
che prevede sostanzialmente il perseguimento della piena occupazione, con uno stipendio dignitoso per i lavoratori.

Questo facendo fronte agli ostacoli all’attuazione di questi obiettivi: cambiamenti degli scenari economici a livello internazionale,
dazi di Trump, aumenti del prezzo del petrolio, evoluzione della tecnologia, aumento delle esportazioni cinesi, variazioni dei tassi di cambio, ecc.

Non disporre di strumenti adeguati per fare fronte agli inevitabili imprevisti che possono portare alla perdita di posti di lavoro
e ad una perdita del potere d’acquisto degli stipendi è esattamente come condurre una bicicletta giù dallo Stelvio,
senza disporre di manubrio e di freni. I rischi di insuccesso, anzi di fare veri e propri danni, sono estremamente elevati.

Il buon senso ci fa intuire come gli strumenti fondamentali di cui un governo debba disporre sono
la possibilità di modulare la spesa pubblica e la tassazione in modo da stimolare o da “sgonfiare” l’economia.

Se nel Paese si registra un alto tasso di disoccupazione, infatti, il modo più semplice per creare delle opportunità di lavoro per i disoccupati
è aumentare gli investimenti pubblici, come ad esempio fece Roosevelt con il “New Deal”.

Se lo Stato mette in cantiere una quantità maggiore di opere pubbliche, infatti,
le imprese appaltatrici avranno la necessità di assumere nuovo personale e lo faranno attingendo dalla massa dei disoccupati.

In modo del tutto analogo il Governo potrebbe decidere di ridurre la pressione fiscale, in modo da lasciare più denaro in tasca a cittadini ed imprese,
i quali lo potranno spendere, aumentando la domanda di beni e servizi, il che portarà le imprese ad assumere nuovo personale per farvi fronte.

Se, invece, nel paese si registrano degli eccessi di domanda di beni e servizi al di là della capacità produttiva del paese,
che causano eccessiva spinte inflazionistiche, il Governo potrà decidere di ridurre gli investimenti pubblici o di aumentare le tasse, per ottenere l’effetto opposto al precedente.

Altri strumenti a disposizione di un governo possono essere la sovranità monetaria con una banca centrale pubblica,
la possibilità di controllare i flussi di capitali alle frontiere, la possibilità di imporre dei dazi sulle importazioni di merci dall’estero,
la possibilità di modificare le leggi che disciplinano l’economia del paese.

Non è questo il luogo per scrivere un manuale di politiche economiche, ma abbiamo citato degli strumenti che storicamente sono stati usati dagli stati sovrani per governare la propria economia.

Quello che è accaduto all’Italia è che negli ultimi decenni ha rinunciato a questi strumenti,
sottoponendosi ai vincoli di bilancio dell’Unione Europea, aderendo alla moneta unica,
rendendo la Banca d’Italia indipendente dal governo, liberalizzando i flussi di capitali alle frontiere,
abolendo o riducendo i dazi doganali riguardo a molti tipi di importazioni, accettando di trasformare in leggi della Repubblica le direttive dell’Unione Europea,
senza avere la possibilità di modificarle in Parlamento.

Oramai gli strumenti a disposizione del Governo del nostro paese sono estremamente limitati,
per cui nessun governo ha più la possibilità di affrontare realmente i problemi della disoccupazione e della diffusa povertà nel Paese.

I vari governi degli ultimi 25 anni hanno tutti fallito nel perseguimento degli obiettivi economici previsti dalla nostra Costituzione.

Hanno fallito non perché siano stati tutti degli incapaci o dei corrotti, ma perché non hanno avuto a disposizione gli strumenti necessari
per intervenire in modo determinante per contrastare i fenomeni economici internazionali che hanno portato ad un forte ridimensionamento del sistema produttivo italiano,
alla svendita della maggior parte delle nostre eccellenze ad acquirenti esteri ed alla riduzione di investimenti pubblici e privati nel Paese.

Se vogliamo, la colpa più grave di questi governi (quello attuale non fa eccezione) non è stato il loro insuccesso,
quanto il fatto che neppure si siano posti il problema di ripristinare questi strumenti, almeno in parte,
cosa che avrebbe consentito al loro ed ai successivi governi di ottenere dei risultati migliori.

Mentre la maggior parte degli italiani resta in attesa di un “salvatore della patria” che faccia i miracoli,
guidando una biciletta senza manubrio e senza freni giù dallo Stelvio senza cadere nel precipizio,
noi restiamo in attesa di una forza politica che, finalmente, abbia nel programma il ripristino dei necessari strumenti per governare l’economia del Paese.

Solo allora sarà concretamente possibile creare i 5-6 milioni di posti di lavoro che mancano per la piena occupazione, solo allora sarà veramente possibile ridurre la povertà nel Paese.

Di questo abbiamo bisogno:

– possibilità di fare deficit di bilancio secondo necessità (che non significa farlo in modo irresponsabile)

– sovranità monetaria (che non significa “uscire dall’euro”, ma disporre di una nostra moneta per l’economia interna)

– una banca centrale sottoposta al controllo del Governo (che non significa stampare denaro in modo scriteriato)

– controlli e limitazioni sui flussi di capitali verso l’estero (che non significa bloccarli)

– possibilità di imporre dazi doganali sulle importazioni, per proteggere le nostre imprese (che non significa adottare l’autarchia fascista)

– libertà di votare le leggi che vogliamo, senza dover rendere conto all’Unione Europea (che non significa non ricercare un’armonia legislativa con i nostri vicini di casa)


Quando troverete anche solo uno di questi punti nel programma dei partiti politici che infestano i mezzi di informazione, avvisateci.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Mentre noi troviamo solo delle soluzioni ombra .....

Dalla tabella finale di sintesi emerge che la manovra farà ricorso ad un deficit per un valore di 16,3 miliardi di euro nel 2020.

La relazione tecnica:
dalla plastic tax 1,1 miliardi,
dalla auto aziendali 332 milioni.

Il bonus bebè andrà a 440 mila nati, 95 milioni per il fondo disabilità,
185 per abolire il super ticket e 200 per non aumentare la cedolare secca

La manovra è stata bollinata dalla Ragioneria dello Stato.

La nuova versione della legge di bilancio, la prima del governo giallorosso, verrà inviata a breve in Parlamento.

Il testo è composto da 119 articoli ed è lungo 90 pagine.

Dalla tabella finale di sintesi emerge che la manovra farà ricorso ad un deficit per un valore di 16,3 miliardi di euro nel 2020,
di 12,7 miliardi nel 2021 e
10,5 miliardi nel 2022.

L’impatto è leggermente superiore a quanto stimato dal documento programmatico di bilancio (circa 16 milioni).

Le altre misure della manovra, che il governo aveva stimato valere sui 30 miliardi, hanno invece una copertura interna.

Secondo le tabelle allegate al testo, le nuove tasse introdotte con la manovra aumenteranno nel 2020 il prelievo fiscale di circa 2 miliardi.
Ecco i calcoli che emergono dalla relazione tecnica.


Bonus bebè per a 440mila nati
Circa un terzo dei beneficiari del bonus bebè riceverà il massimo dell’assegno, 160 euro al mese,
perché il nuovo nato arriverà in famiglie con Isee sotto i 7mila euro.
I nuovi nati del 2020 vengono indicati in 440mila di cui 140mila in famiglie povere.
La metà degli assegni sarà comunque maggiorato del 20% perché andrà a figli dal secondo in poi.

Aumentano richieste voucher nido
Nel 2019, al 18 ottobre, sono state registrate oltre 290mila domande per il voucher per l’asilo nido,
su un numero attuale di posti pari a circa 350-360 mila. “La spesa è in significativa crescita”, specifica la relazione tecnica,
ma il fondo è “congruo” per garantire il voucher fino agli attuali 1.500 euro.
Visto l’ampliamento del contributo, che può arrivare fino a 3mila euro per le famiglie con Isee più basso, l
a manovra stanzia altri 190 milioni per il 2020 che aumentano progressivamente fino ad arrivare a 291 milioni nel 2029.
La relazione precisa anche che “il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di spesa programmato”.

Il taglio della cedolare secca costa 200 milioni
Mantenere al 10% e non portare al 15% la cedolare secca sugli affitti a canone concordato determinerà per lo Stato
una perdita di gettito di 200 milioni di euro nel 2020, di 223 milioni nel 2021 e di 212 milioni nel 2022.
Nella tabella si stima che, sulla base delle dichiarazioni dei redditi del 2018,
nel complesso la base imponibile legata alla cedolare secca per immobili a canone concordato sia di oltre 4,2 miliardi di euro.

Dalla plastic tax 1,1 miliardi nel 2020
La plastic tax porterà nelle casse dello Stato 1,1 miliardi di euro, se partirà a luglio del 2020.
L’anno successivo il gettito dovrebbe invece salire a 1,8 miliardi di euro, mentre nel 2022 l’incasso stimato è di 1,5 miliardi.

Auto aziendali: la tassa su quelle inquinanti vale 332 milioni
Il gettito previsto dallo Stato con l’aumento delle tasse sulle auto aziendali inquinanti sarà di 332 milioni di euro nel 2020.
Salirà fino al 2022, quando raggiungerà i 378 milioni, e poi comincerà a scendere, arrivando a 360 milioni nel 2026.
Secondo i dati della relazione tecnica allegata alla manovra, i veicoli immatricolati nel 2018 e intestati a partite Iva sono 840mila:
per circa 43mila di questi la tassa passa dal 30% al 100% e per circa 754mila passa al 60%.
La relazione ricorda comunque, che circa il 25% delle auto individuate è escluso dall’aumento perché è in uso a rappresentanti.

Sugar tax: nelle casse dello Stato 234 milioni
La tassa sullo zucchero farà entrare nelle casse dello Stato 234 milioni il prossimo anno, altri 262 milioni nel 2021, poi 256 milioni nel 2022 e 275 milioni a regime.

Tassa sulla fortuna: 296 milioni nel 2020
L’incremento del prelievo sulle vincite al gioco porteranno nelle casse dello Stato 296 milioni di euro nel 2020; mentre nel biennio successivo le entrate saranno pari a 316 milioni l’anno.

Super ticket via da settembre: il costo è di 185 milioni
L’abolizione del super ticket per le prestazioni sanitarie partirà a settembre del 2020 e farà mancare nelle casse del servizio sanitario, solo il prossimo anno, 185 milioni.
Mentre a partire dal 2021 il minor gettito, che dovrà essere compensato dallo Stato, sarà pari a 554 milioni di euro.

Il bonus facciate costa 206 milioni
Il bonus facciate, che consentirà di ristrutturare gli esterni degli edifici potendo beneficiare di una detrazione lorda del 90%, costerà 206 milioni di euro nel 2021.

Fondo disabilità: 95 milioni per il 2020
Il fondo per la disabilità e la non autosufficienza avrà una dotazione iniziale di 95 milioni di euro (anno 2020), che saliranno a 265 milioni nel 2021 e a 478 milioni a partire dal 2022.

Esenzione del canone Rai per gli anziani
L’esenzione del canone Rai per gli anziani a basso reddito ‘costerà’ 21 milioni di euro l’anno, nel triennio 2020-2022. A tanto ammontano, infatti, le minori entrate stimate.

Rinvio digital tax: mancheranno 600 milioni
Il rinvio della digital tax avrà un effetto negativo sulle casse dello Stato pari a 600 milioni di euro.
La decisione di far partire la tassa dai ricavi realizzati nell’anno solare a decorrere dal 2020 comporta che il pagamento delle imposte scatterà nel 2021.
Di conseguenza il gettito stimato dall’introduzione del tributo, a partire dal prossimo anno, non potrà più essere ‘conteggiato’ tra le entrate dell’erario.

Obbligo pagamenti elettronici: +868 milioni nel 2021
L’obbligo di pagare con moneta elettronica per ottenere le detrazioni del 19% porteranno nelle casse dello Stato maggiori entrate per 868 milioni di euro nel 2021 e altri 496 milioni nel 2022.

Stretta sulle partite Iva forfettarie vale 894 milioni nel 2021
La stretta sul forfait al 15% per le partite Iva vale 894 milioni nel 2021 e 568 milioni nel 2022.
Il paletto più ‘pesante’ è quello sul divieto di cumulo per chi ha altri redditi da lavoro dipendente o assimilati superiori a 30mila euro,
che vale 593,8 milioni nel 2021 e 350 milioni nel 2022. Con lo stop alla flat tax sopra i 65mila euro che doveva scattare dal 2020, invece,
lo Stato ‘risparmia’ 154 milioni nel 2020, ma ben 2,5 miliardi nel 2021 e 1,5 miliardi nel 2022 quando la norma entrava a regime.

Rinnovo contratto statali: aumenti in busta paga del 3,5%
I 3 miliardi e 175 milioni per il rinnovo del contratto degli statali, che entrerà a regime nel 2021, corrispondono ad aumenti in busta paga del 3,5%.
Quello per il settore non statale, compresi Comuni ed enti locali, vale 2,53 miliardi, sempre a regime, di cui dovranno farsi carico i bilanci dei territori.
La somma totale per il rinnovo di tutto il pubblico impiego, quasi 3,3 milioni di dipendenti, ammonta così a 5,7 miliardi di euro.
E il rialzo del 3,5% vale anche per la sanità.

Imposta sostitutiva su rivalutazione partecipazioni e terreni: + 823 milioni
L’estensione al 2020 dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione di partecipazioni e terreni, ritoccata all’11%,
avrà un effetto positivo sui conti pari a 823 milioni di euro nel 2020, che saliranno a 453 milioni sia nel 2021 che nel 2022.

Da rinvio deduzioni componenti negative Ires risparmio di 986 milioni
Il differimento della deduzione per le componenti negative dell’Ires, come le svalutazione e le perdite sui crediti,
consentirà di risparmiare 986 milioni di euro nel 2020.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Qualcosa si sta inceppando nel meccanismo che dovrebbe portare all’impeachement di Trump,
e rischia di legarlo alla vicenda dello Spygate, cioè le indagini del Procuratore General Barr
e del pubblico ministero Durham circa le false accuse a Trump di essere stato influenzato dalla Russia.

Il tutto rischia di trasformarsi in una bomba atomica con ricadute anche in Italia.

Andiamo per gradi.

Le accuse che vorrebbero far partire la procedura di Impeachment di Trump, fortemente voluta dai Democratici alla Camera dei Rappresentati
e che si basa sulle accuse di aver fatto pressioni all’Ucraina affinchè indagasse sulle attività di Joe Biden e figlio,
si basa sulle testimonianze di due “Whistelblower”, due informatori che avrebbero informazioni indirette sulle telefonate
fra il presidente USA ed il presidente ucraino Zelenski.

Premettiamo che questa procedura non porterà a nulla di concreto anche perchè sarò bloccata comunque dai repubblicani al Senato
e basata sul “Sentito dire” di questi due testimoni, mentre sia Zelensky sia l’attuale direttore del NSC hanno negato che si sia detto nulla di compromettente.

Uno dei due testimoni si chiama Eric Ciaramella ed era distaccato alla Sicurezza Nazionale presso la Casa Bianca.

La sua testimonianza doveva essere essenziale, ma ora la voglia di testimoniare gli è venuta completamente meno,
secondo il Washington Examiner, dopo che è stato rivelato che questo informatore in realtà è un uomo della CIA,
che ha lavorato con il vicepresidente democratico Biden, con l’ex direttore della CIA Brennan,
dimessosi a causa dello Spygate ed almeno un’altro funzionario del partito democratico.

Insomma la sua “Imparzialità” sembra, per lo meno, dubbia, e la sua testimonianza ora rischia di essere controproducente.

Però c’è dell’altro. Come rivela Wikileaks Italian Ciaramella era nella lista degli invitati quando nel 2016 Renzi si recò negli USA per incontrare Obama.





Come mai un giovane funzionario di seconda o terza fascia, responsabile di un’area che non è mediterranea,
anzi “Baltico ed est”, è presente ad un ricevimento ufficiale per il Primo Ministro italiano?


Notate che Ciaramella è in mezzo a CEO ed addirittura al direttore dei servizi di Intelligence, e pare avere un ruolo ufficiale nell’amministrazione Obama.

Non sarà lui la vera congiunzione fra Mifsud, i Servizi ed il governo italiano, I servizi USA , la CIA, FBI e gli ambienti democratici?


Ora che l’Indagine è diventata un’indagine criminale negli USA probabilmente il Dipartimento della Giustizia
emetterà per lui e per tutti i funzionari implicati, da Brennan a Clapper, dei Sub Poena,
dei mandati di comparizione, per comprendere il loro ruolo nella vicenda delle false accuse a Trump.

Sarebbe però anche interessante se il presidente del Copasir lo convocasse a Roma per fare quattro chiacchiere.

Magari emergerebbe qualcosa di interessante sulle sue conoscenze in Italia…
 

Val

Torniamo alla LIRA
Mancava solo la commissione antiodio al burlesque della politica italiana.

Oddio! Forse odio. Non ci ho dormito la notte.

Adesso che è operativa la Commissione anti-odio, quanto ci metteranno a scoprire che odio? Peggio, a scoprirmi se odio?

Due giorni passati a sforzarmi di reprimere l’odio e ad esprimere solo sentimenti d’amore. Ma non mi ci riesce, lo confesso. Io odio.

E odio odiare. Adesso che l’odio è stato vietato, realizzo di essere un odiatore seriale. Per dire, odio essere svegliato presto, la domenica mattina.
E odio i programmi di cucina. Odio le code in tangenziale. Per la verità, odio anche le code in autostrada.
Ora che ci penso, odio le pubblicità alla radio, odio il riso di zucca, odio i logorroici, odio le promozioni telefoniche, odio certi insetti, l’afa, le zanzare.
Odio l’eccesso di zuccheri. E odio pure la carenza di sodio. O Dio, quanto odio.

O Dio, perché oltre all’amore, hai creato anche l’odio? Se ti risparmiavi sul punto, noi ci risparmiavamo la Commissione anti-odio. Ma ormai è andata.

Mi sfianco nel vano conato di estinguere l’odio, ma invano. Mi odio per quanto sono indolente, così renitente a rinunciare ad odiare.
Oddio, che ho detto? Mi odio? È permesso o è vietato odiare se stessi?

Domani chiamo il numero verde della Commissione Segre e mi informo.

Ma subito scopro che non c’è nessun numero verde. Il che mi manda su tutte le furie.
Sia perché odio i numeri verdi, sia perché odio che la Commissione sull’odio non si sia dotata di un numero verde anti-odio.

In ogni caso, mi ha spiegato qualcuno, odiare te stesso va bene, se sei un odiatore.

Comincio a confondermi e, lo ammetto, odio confondermi. Forse bisognerebbe proprio abrogarlo, l’odio.

Ve lo immaginate un mondo senz’odio? Il contrario di un mondo senza Nutella.

Poi, qualcuno mi illumina: non tutto l’odio vien per nuocere, alla pari dei mali del famoso proverbio.

Per esempio, odiare i sovranisti, i populisti, gli anti-europeisti e i dissidenti in genere, si può. Ora comincio a capire.

C’è l’odio buono e l’odio cattivo, proprio come il colesterolo.

Si tratta solo di odiare nel modo giusto: un odio amorevole. Ma come si fa a odiare amando? Va’, che non è difficile.
È solo questione di allenamento. Dopotutto, c’era riuscito – e ce l’aveva pure insegnato in versi – il grande Catullo:

Odi et amo. Quare id faciam, eccetera eccetera”.
Mi ha letto nel pensiero, il fellone. Lo odio.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Le buone intenzioni lastricano le strade per l’Inferno e svuotano le tasche dei cittadini.

La Tassa per la plastica nasce con l’idea di fare cassa e ridurre l’uso delle plastiche.

Il problema è che questa tassa, applicata in modo superficiale, solo per fare cassa, senza nessuna preparazione, si tradurrà nell’ennesima imposta regressiva ai danni dei poveri.

Facciamo un esempio pratico

. Il ministro per il Sud, Provenzano si è vantato che l’imposta “Comporterà che una bottiglietta d’acqua usa e getta costerà 4 centesimi in più“, come se questo fosse niente.

Noi, che facciamo la spesa al discount, come una buona parte degli italiani non abbienti, abbiamo registrato il prezzo dell’acqua minerale in Pet a costo minore. Eccovi qui il risultato:



Una bottiglia costa 15 centesimi. Un aumento di 4 centesimi significa un aumento del 26,6%,
un incremento che cadrà sulle spalle di chi non ha molti soldi e quindi va a comprare acqua, a costo basso, ad un discount.

L’aumento naturalmente non colpirà chi prende la più costosa e pregiata acqua in vetro, ma la differenza di prezzo è veramente notevole.

Nel discount visitato non c’erano acque in vetro, ma abbiamo visitato il sito della più grande catena della Grande Distribuzione Organizzata ed abbiamo trovato la meno costosa delle acque in vetro:



Una bottiglia costa 55 centesimi, ma è da litro.
Per fare un’equivalenza con la bottiglia precedente potremmo dire che 1,5 litri vengono a costare 0,82 euro, 82 centesimi,
cioè più di cinque volte quello che costa l’acqua a basso prezzo del discount.


E siamo in offerta speciale. Gran parte di questo costo è dovuto alla confezione, al più costoso vetro, ma non esiste più un ciclo di recupero dei vuoti….

Quindi il governo ha predisposto una tassa che colpisce i poveri, quelli che vanno al discount e comprano acque di poco prezzo,
e non quelli che possono permettersi acque in vetro, molto più costose.

Un governo che avesse voluto VERAMENTE colpire la plastica, non punire i poveri,
avrebbe predisposto incentivi per un ciclo chiuso del vetro che avrebbe permesso di acquistare le acque in vetro a basso costo.


Avrebbe poi diminuito i limiti dei clorati e dei cloriti per permettere di utilizzare acque potabili francamente meno disgustose di quelle servite ora da molte municipalizzate.

Invece lo scopo è sempre e solo uno: spremere i cittadini, soprattutto poveri, e rendere loro la vita peggiore.




E che gliene frega ai nostri ministri, anche loro mica comprano al discount. Gli italiani paghino.
 

Val

Torniamo alla LIRA
La questione è molto più semplice.

Non avendo il coraggio d'aumentare le tasse canoniche, IVA, irpef, ecc. che sono già ai vertici mondiali, s'inventano le tasse sull'ambiente.

Come si sono inventati l'evasione fiscale di 110 miliardi e oltre.

E' ovvio che questo tipo di tasse, del tutto arbitrarie e discriminatorie, vadano a colpire i ceti più deboli,
in costante crescita, anche in ragione di politiche economiche dissennate.

Cosa e come debba essere un concreto piano, indirizzo di sviluppo, nemmeno a parlarne, anche per perché, per poterne parlare,
dovrebbero avere, oltre che un minimo di coraggio politico, a questi ignoto, una conoscenza sulle leve economiche sulle quali dover intervenire.

Una cosa che sanno, con assoluta certezza, è come fare tabula rasa dei rimasugli d'economia, ancora presenti e resistenti, in questo sciagurato paese.

Vedi la tassa sulle bevande zuccherate, con la scusa che i bambini italiani sono obesi (?) ti mettono una tassa sulle bevande;
ma pezzo di somaro fai una legge che limita gli zuccheri nelle bevande se ti sta a cuore la linea dei bambini,
però se vai sul blog dei 5stalle tutti a elogiare il conte pirlotto e il bibitaro per simili fantastiche trovate.

Io non so se questi sono coglioni di suo o se al mattino prendono una pastiglia per rincoglionirsi.
Visto che sti deficienti giustificano la tassa sulla plastica un modo per combattere l'inquinamento del pianeta, bisognerebbe renderli edotti che:

per fabbricare una bottiglia di plastica bisogna sviluppare una certa quantità di calore,

per produrre una bottiglia di vetro (la loro alternativa alla plastica) la quantità di calore è enormemente superiore, visto che il calore si sviluppa bruciando, solitamente gas o derivati del petrolio.........

Una bottiglia di vetro pesa molto, ma molto più di una bottiglia di plastica, quindi per il trasporto dell'acqua minerale contenuta in bottiglie di vetro
dovrò utilizzare un numero superiore di automezzi rispetto al trasporto in bottiglie di plastica, con un inquinamento maggiore dell'atmosfera.

A questi bisogna togliergli il fiasco (naturalmente di vetro), altro che farli governare.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il Pd adesso ha paura.

Dopo la batosta dalle regionali in Umbria, un'altro tracollo potrebbe essere già all'orizzonte, questa volta in Emilia Romagna.

I dem infatti hanno messo la loro firma sulla plastic tax, il nuovo balzello che colpirà diversi prodotti
e che di fatto andrà a mettere nel mirino le tasche di milioni di italiani.

L'introduzione della nuova tassa ha fatto parecchio discutere. I renziani sono sul piede di guerra, ma anche all'interno del Pd
ci sono frange piuttosto critiche con la scelta del Mef guidato dal dem Roberto Gualtieri.

Solo questa mattina Delrio ha sottolineato tutti i rischi in termini di consensi legati al voto in Emilia Romagna:
"Rischiamo di essere travolti. Non si vota per il buon governo della regione, ma su un'onda ideologica che non si ferma con la buona amministrazione".

Parole dure sulla nuove tasse sulla plastica sono arrivate anche da Stefano Bonaccini, governatore uscente e ricandidato per i dem alla guida della Regione.

L'Emilia Romagna di fatto è il principale distretto per l'imballaggio del nostro Paese e un balzello di questo tipo potrebbe colpire tutto il settore produttivo.

Da qui la retromarcia del Tesoro.

Il ministro Gualtieri in un'intervista al Tg3 ha aperto alla possibilità di "rimodulare" l'imposta sulla plastica. Un'apertura che ha tutto il sapore della resa:

"Rischiamo di essere travolti. Non si vota per il buon governo della regione, ma su un'onda ideologica che non si ferma con la buona amministrazione".

Poi però arriva la stoccata agli alleati della maggioranza:

"È sorprendente che si approvi una manovra e poi la si critichi, questo non significa che non si possa migliorala".

Secondo il titolare del Mef "l’opposizione non ha argomenti e sarebbe bene che la maggioranza si concentrasse a difendere questa manovra
e naturalmente a lavorare insieme anche per migliorarla ulteriormente".

Ma a quanto pare gli "argomenti" delle opposizioni sono più convincenti di quelli usati dalla maggioranza
che giorno dopo giorno sta smontando una manovra che fa acqua da tutte le parti.
 

Val

Torniamo alla LIRA
 

Val

Torniamo alla LIRA
‘Giuseppi’ ha un diavolo per capello e sta riflettendo se gli convenga andare avanti a governare o gettare la spugna,
con la speranza di diventare una riserva della Repubblica.

Ha capito, anche dai sondaggi in caduta libera, che nel governo giallo-rosso non è scattata l’alchimia con i ministri chiave.
Gualtieri, all’Economia, è un filosofo che non riesce a governare né il bilancio dello Stato né il Mef.

Con Di Maio, agli Esteri, i rapporti sono diventati meramente formali,
i Ministri del Pd, da Franceschini a Guerini, pensano ormai solo al partito,
la De Micheli, alle Infrastrutture, non sa come destreggiarsi tra il vecchio ‘compagno di merende’ Moretti e l’ingombrante famiglia Benetton,
e Fioramonti, all’Istruzione, è una barzelletta per lo stesso M5S.
Intanto, i grillini più rampanti, da Spadafora a Fraccaro passando per Buffagni, si azzuffano su nomine e Rai. Un ginepraio.


Del resto il Premier ha vinto la lotteria di Palazzo Chigi senza neppure pagare il biglietto.
Grazie alla fortuna del principiante e un’impeccabile pochette, ha poi superato i primi mesi da Presidente del Consiglio senza che nessuno quasi se ne accorgesse.
Ma, come il miglior Christian De Sica, vincitore del SuperEnalotto, nel film Poveri ma ricchi, pian piano si è fatto riconoscere:
i viaggi su aerei di Stato, i bagni di folla e di selfie, la mania dei cashmere di Cucinelli e degli abiti sartoriali di Paolo Di Fabio.

Ma dopo aver pescato il jolly del Conte-bis, convinto ormai di essere un nuovo De Gasperi e di aver castigato per sempre Salvini, sono iniziati gli inciampi.

Il primo è stato con il Vaticano: nel suo discorso di insediamento bis nessun riferimento all’eutanasia, su cui era attesa una sentenza storica della Consulta.
Nei Sacri Palazzi avrebbero gradito una presa di posizione esplicita: non pervenuta.

Ora è atteso al varco per i provvedimenti da adottare per le ottantaduemila scuole cattoliche ed i contributi per i giornali diocesani.

Se Bergoglio non sorride più a Conte, Donald Trump è a dir poco furente.
Da Giuseppi non ha avuto la mano promessa.
Nel famoso “Russiagate” il suo sodale, il generale Gennaro Vecchione, imposto a sorpresa a capo del Dis, ha fatto implodere lo scandalo in una serie di malintesi.
L’ultimo, l’aver tentato di minimizzare, anche con l’aiuto del grande fratello Rocco Casalino,
i riferimenti all’Italia fatti in conferenza stampa dal Procuratore generale William Barr.
Ma l’inciampo forse più grosso in materia di servizi segreti deve ancora arrivare e Vecchione non sa proprio come gestirlo.

Il Copasir ne chiederà presto conto al Premier: un esplosivo affaire su attrezzature acquistate dai Servizi per le intercettazioni telefoniche,
dal nome intrigante “Exodus”, finito in inchieste giudiziarie che più procure si stanno palleggiando.

Se i Servizi tra brogliacci e informative, che ‘Giuseppi’ tanto ha cominciato ad amare, lo fanno star sveglio fino a tarda notte,
l’Economia è diventata un vero e proprio dramma.

Si è esposto personalmente per la cancellazione delle commissioni sui pagamenti elettronici con le banche,
che invece lo hanno costretto a sborsare fondi pubblici aumentando, anziché tagliare, i loro guadagni.

Si è messo contro i manager delle aziende, a cui voleva tassare le auto, e i proprietari di case per l’aumento delle aliquote, con l’unificazione di Imu e Tasi.

Non c’è un lavoratore, dipendente o autonomo, imprenditore o pensionato che si senta rappresentato nella legge di bilancio.

Non c’è azienda o settore che non risulti vessato dalla mannaia fiscale.

E neppure un collega avvocato, penalista o civilista, che apprezzi il suo tintinnio di manette.

Nelle poche ore di sonno, gli incubi sono ricorrenti e il pensiero di Conte va a Italo Calvino.

Chi dell’allegorica trilogia “I nostri antenati” si sente ora di essere? Il Visconte dimezzato, il Barone rampante o il Cavaliere inesistente?
O forse tutti e tre insieme, giacché il Premier, si sa, non è mai stato un personaggio monodimensionale.
Forse se si ferma un po’, per tornare dai suoi studenti o per qualche conferenza in giro per il mondo, fa un favore a se stesso e agli italiani.

Chissà che proprio Mattarella non glielo chieda presto.

Al Quirinale hanno ben chiaro quando chiamare il rien ne va plus.
 

Users who are viewing this thread

Alto