NIENTE CAMBIA SE NON CAMBI NIENTE (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Draghi, è il primo a sapere che è tutto una polveriera.

Sa bene che il target inflattivo non l'ha raggiunto e si stà tornando alla deflazione....il resto è una gigantesta bolla finanziaria.

L'ha detto tra le righe nel suo ultimo discorso, parlando pure di recessione.

Il resto è teatro e cerimonie di corte.

Che poi un banchiere che crea dal nulla i soldi per drogare la finanzia e la speculazione,
sia il nuovo beniamino della sinistra, beh....come pdc vedrei bene Jordan Belfort, the wolf of Wall Street
 

Val

Torniamo alla LIRA
La reale proprietà di Athena Global Opportunities Fund è rimasta in realtà nascosta
fino a quando non vi sono state indagini da parte della Gendarmeria Vaticana,
che ha scoperto come questi fondi provenissero dalla Segreteria di Stato
attraverso fondi provenienti da banche svizzere.

Una parte di questi fondi sarebbe stata investita poi in immobili a Londra per 129 milioni di sterline.

Partendo da questi fondi, provenienti dalle donazioni ai poveri da parte dei cattolici.

Conte, professore, avrebbe dato dei pareri ai suoi clienti per chiedere l’applicazione della Golden Rule
collegata alle telecomunicazioni, cioè dei poteri speciali del governo nella questione,
tutto questo 15 giorni prima di essere nominato presidente del consiglio.

Infatti,in un parere datato 14 maggio Giuseppe Conte consigliava di attivare la Golden Rule,
cioè chiedere l’intervento del governo dato che nell’azionariato di Fiber 4.0 vi era anche un fondo libico.

Conte, come presidente del consiglio, dopo 15 giorni, a giugno, applicò proprio la golden rule su questo tema.
 

Val

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Per una volta, sono d'accordo. Finiamola con questa sceneggiata furbata delle auto aziendali.

Come avevamo sottolineato varie volte questa finanziaria “Di passaggio” è piena di piccole trappole,
di piccole norme nascoste che però fanno sentire il proprio effetto in modo estremamente efficace.

Un esempio è il cambiamento sul regime delle auto aziendali.

Sino ad ora la spesa per l’auto aziendale, concessa come fringe benefit al dipendente,
veniva a ricadere sul reddito dello stesso solo per il 30%.

Nella bozza della nuova finanziaria questo valore diventa pari al 100%, e su questo valore totale verranno a pesare imposte e contributi.

Quindi se l’azienda concede l’auto al dipendente e questa costa all’aziende, per esempio, 10 mila euro annui,
il reddito del dipendente non verrà più ad esere incrementato di soli 3000 euro, come ora, ma di tutta la cifra, cioè 10 mila euro.

Questo porterà ad un forte aumento del carico fiscale e contributivo:
il Corriere calcola che per una Punto 1,4 assegnata al dipendente il carico fisclae sullo stesso aumenterebbe di 2000 euro
.
Alla faccia della riduzione del cuneo fiscale!


Tra l’altro la misura non ha neppure una scusante ecologica perchè colpisce anche le auto ad energia alternativa.

La misura non è per nulla secondaria anzi sono previsti ricavi per 532 milioni,
per cui questa volta non sparirà dalla legge di bilancio come è successo ad altre misure
che davano entrate minime e che quindi sono state assorbite diversamente.

Il tutto quando, nonostante le enormi incertezze per l’introduzione di formule ibride ed elettriche,
il mercato ,e quindi la relativa occupazione, stava dando qualche timido segnale di ripresa



Sembra che il governo sia abilissimo nel distruggere qualsiasi settore economico che abbia un anche minimo sentore di miglioramento.

Un cupio dissolvi di cui gli elettori si ricorderanno bene
 

Val

Torniamo alla LIRA
Continuano a svilupparsi le strategie acquisitive dei colossi dell’area Asia/Pacifico
in un momento storico e geopolitico in cui la logistica portuale e la sicurezza marittima assumono
(o meglio dovrebbero assumere) un ruolo sempre più strategico.

E proprio in tale scenario, il colosso Singaporeano PSA ha acquisito il controllo
del secondo terminal contenitori al mondo, ossia del terminal Sech di Genova
, invero già partecipato in precedenza.

E così PSA, tra i maggiori operatori del mondo, mentre attende l’approvazione dell’authority portuale sentito il MIT,
andrà a consolidarsi nella logistica portuale ligure anche attraverso la gestione delle banchine di Prà e di Sampierdarena
che si aggiunge alla precedente acquisizione del terminal Vte.

La notizia, passata forse fin troppo in sordina, ha molteplici e significativi impatti
In particolare, se ne evidenziano tre:

– l’operazione acquisitiva si pone nel quadro di un più efficace posizionamento in Italia, considerato un importante e strategico snodo logistico;

– il colosso singaporeano, che ha già realizzato l’installazione di innovative maxi-gru per la movimentazione dei container, può verosimilmente allungare la filiera della logistica italiana;

– Singapore è avanti anni luce nell’innovation e la sua presenza in Italia può rappresentare un booster per lo sviluppo in senso smart della portualità,
attraverso l’introduzione di processi di automazione e connettività, ed anche per una auspicabile evoluzione infrastrutturale.

L’operazione conferma il ruolo meramente logistico del nostro paese che sembra ormai avere abdicato al presidio di un settore,
quello marittimo appunto, altamente significativo per l’economia nazionale che vi contribuisce con quasi il 3% del PIL nazionale
e con una flotta commerciale che è a terza al mondo nell’orbita dei paesi del G20.

E dunque continua la contesa commerciale tra il Gruppo armatoriale Msc ed i cinesi di Cosco
che insistono nella loro strategia di penetrazione nel settore marittimo
attraverso alleanze
con altri importanti operatori/armatori quali Maersk (terminal di Savona) e Yilport (terminal di Taranto).

Mentre l’oligopolio estero si consolida nel nostro paese, non si può non considerare che
il sistema portuale rappresenta una infrastruttura critica particolarmente strategica anche per la sicurezza nazionale.

Infatti, i porti sono da intendersi come operatori di servizi essenziali nell’accezione fornita dalla Direttiva Europea “NIS”,
come recepita in Italia dal D.lgs. 65/2018, che tra i criteri per l’individuazione dell’ambito di applicazione fa testualmente riferimento:

a) a soggetti che forniscono un servizio che è essenziale per il mantenimento di attività sociali e/o economiche fondamentali;

b) ad un servizio la cui fornitura dipende dalla rete e dai sistemi informativi;

c) agli effetti negativi rilevanti che un incidente potrebbe determinare sulla fornitura di un servizio.

E non vi è parimenti dubbio che il presidio della portualità si pone come coerente con le finalità declinate nel DL 105/2019
sul perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, attualmente in iter di conversione, ossia di
assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti
, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche,
degli enti e degli operatori nazionali, pubblici e privati, da cui dipende l’esercizio di una funzione essenziale dello Stato
,
ovvero la prestazione di un servizio essenziale per il mantenimento di attività civili, sociali o economiche fondamentali per gli interessi dello Stato
e dal cui malfunzionamento, interruzione, anche parziali, ovvero utilizzo improprio, possa derivare un pregiudizio per la sicurezza nazionale.

Non va infatti sottaciuto che l’innovazione della logistica portuale, specie ad opera di colossi come PSA,
se da un lato trasformano in senso smart il sistema di gestione e ne automatizzano i processi industriali,
dall’altro aumentano la superficie esposta, determinando le condizioni per una maggiore vulnerabilità da sottoporre a stringenti
e puntuali valutazioni del rischio per mettere in campo importanti ed efficaci misure di mitigazione ex ante e di contenimento degli impatti e resilienza operativa ex post.

Del resto, molti ricorderanno che nel giugno 2017 si è consumato tra Europa, America e Asia
uno degli attacchi informatici più pervasivi della storia perpetrato, attraverso il ransomware NotPetya,
ai danni delle reti e sistemi di medie e grandi aziende tra le quali TNT, Reckit-Benkiser, Maersk
con impatti di oltre 1 miliardo di euro, tra somme pagate e danni alle attività produttive.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Se c'è da spendere soldi, spendiamoli nelle forze dell'ordine.
Un bel piano di assunzioni.......

Tra Civate – dove nei mesi si è assistito a un ricambio tra i pusher – e Bosisio, complessivamente in meno di un anno,
la Polizia ha individuato qualcosa come 1.500 acquirenti (pronti a avventurarsi nei boschi proveniendo da tutta la provincia),
documentando 8.500 cessioni da parte dei 20 indagati con un guadagno ipotizzato di circa 250.000 euro.

Ancora una volta, come ammesso dallo stesso dr. Di Laura, a impressionare è il volume d'affari.

“Sappiamo benissimo che questi due arresti sono un cucchiano nel mare.
Ma questa Operazione emblematicamente dimostra ogni singolo spacciatore quanta offerta ha e quanto giro d'affari ha.
Quello dell'uso della droga è un fenomeno sociale enorme, con una domanda incessante.
Quello lecchese è un mercato così ricco da spingere addirittura alla faida per il controllo del territorio”

L'amara constatazione del dirigente, impressionato anche da come, pur di guadagnare una dose aggiuntiva,
tossicodipendenti, spesso italiani, si prestino a fare da galoppini, sentinelle o autisti per gli spacciatori,
consentendo loro di non esporsi particolarmente nemmeno con i clienti.

E preoccupante è anche il ritorno, massiccio, dell'eroina, ancor più economica della “coca” venduta a 40-50 euro la dose.

Alla portata di tutti, in Valsassina come nell'alta Brianza, con effetti devastanti.
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Val

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Ho una sola definizione ....squallidi personaggi.

Mercoledì scorso, seduti su uno sgabello nel corridoio di Palazzo Madama che immette nel grande salone dove si affaccia la buvette,
due-tre senatori di Forza Italia o di provenienza post dc, eletti al Sud, si interrogano sul loro destino nella fase ascendente del «sovranismo salviniano».


Il più «strutturato» è Claudio Fazzone, coordinatore del Lazio, che mostra di avere le idee molto chiare.

«È tutto in movimento confida -: Salvini per mettere in crisi il governo e andare al voto sta tentando di portare dalla sua parte i grillini di destra.
Ma se gli va bene riesce ad accasarne non più di sette. In quel caso entreremo in ballo noi. Saremo una quindicina di senatori azzurri.
Anzi, è quasi sicuro che il gruppo parlamentare lo metteremo in piedi lo stesso al di là di questa evenienza.
Il motivo è semplice: in Forza Italia stanno trattando con il leader della Lega per garantire 20-30 persone. Noi saremmo «i sacrificandi».
Se così stanno le cose, organizzeremo un soggetto politico che tratterà per garantire noi:
se Salvini vuole le elezioni dovrà venire a patti anche con noi, altrimenti sosterremo il governo.
Sia chiaro: la nostra iniziativa nasce nell'ambito del centrodestra, per dialogare con il centrodestra; se poi non ci vogliono, guarderemo altrove.
Sapendo che quest'area moderata a cui ci riferiamo, potrà avere un futuro solo se riusciremo a strappare una legge elettorale proporzionale.
Con il proporzionale sarà Salvini a doverci pregare se vuol fare il Premier».

Il ragionamento, al netto degli interessi personali di ciascuno, ha un senso.

E deve essere andato molto avanti se i «costituendi», ad esempio, per rispettare il regolamento di Palazzo Madama
che prevede per dar vita ad un nuovo gruppo la presenza di un senatore che abbia a disposizione un simbolo presentato alle ultime elezioni
(Renzi, ad esempio, arruolò l'ultimo segretario del Psi, Riccardo Nencini), hanno voluto con loro un esponente dell'Udc, quell'Antonio Saccone,
già uomo ombra del leader dell'Udc Lorenzo Cesa, il quale lontano da orecchie indiscrete suona la grancassa della riscossa scudocrociata:

«I democristiani non moriranno sovranisti. Il nome del nuovo soggetto? Magari l'Altra Italia, come aveva ipotizzato il Cav: sarebbe una bella provocazione».

E nel gruppo, secondo le voci di Palazzo Madama, ci sono personaggi diversi: da Mallegni a Dal Mas, da Causin, a Stabile, a Berardi.

Non finisce qui: a sentire i bene informati, alla Camera è già pronta un'iniziativa uguale: stessi scopi, stessa ragione sociale, magari diverso nome.

Dietro ci sarebbero personaggi di grido che hanno posizioni agli antipodi: l'anti-sovranista Mara Carfagna e il «diversamente sovranista» Giovanni Toti.

I numeri, però, per ora non tornano, ma gli organizzatori non demordono.

Il concetto più esplicativo che collega le due operazioni sul filo del pragmatismo spinto, lo fornisce il toscano, Massimo Mallegni,
che in un angolo di Palazzo Madama ti chiede a bruciapelo alzando il naso all'insù:
«Mi guardi per favore se ho un buco che attraversa le due narici. Dici di no? Lo chiedo perché qualcuno deve aver pensato che portassi l'anello al naso».

Già, il gruppo serve a trattare direttamente con Salvini.

Anche la «polemica» dell'altro ieri della Carfagna sull'astensione di Forza Italia sulla delibera sulla commissione Segre sul razzismo, qualcuno la interpreta in questa logica.

«Io voglio bene a Mara confida la Ravetto ma non può spararci addosso solo perché vuole trattare con Salvini, o con chiunque altro, per salvare i suoi».

Mentre l'ipotetica alleanza con Toti, suscita qualche perplessità anche nell'area anti-sovranista di Forza Italia.

«Mara un dribbling dopo l'altro è la battuta di Gianfranco Rotondi rischia di dribblare anche se stessa».

Se Zygmunt Bauman fosse ancora vivo, dovrebbe essere stracontento: la sua teoria sulla società «liquida» si attaglia perfettamente al nostro Parlamento: appunto, il Parlamento «liquido».

Mai come in questa stagione, infatti, la geografia politica è in continuo cambiamento:
in un battibaleno siamo passati dal governo gialloverde, al suo opposto giallorosso; e, tra scissioni e migrazioni,
in un anno mezzo i partiti e i gruppi parlamentari sulla scena si sono moltiplicati.

Siamo in pieno divenire: anche le regole si sono «liquificate».

Ad esempio, quest'estate dal Quirinale avevano fatto sapere che qualora fosse stata approvata la legge che riduce i parlamentari,
il capo dello Stato avrebbe dovuto garantirne l'applicazione già dalla prossima legislatura,
per cui niente elezioni fino a quando gli obblighi di legge in tal senso non fossero stati esauditi:
fu il motivo che spinse Salvini a tentare la mossa sciagurata della crisi di agosto per andare subito alle urne.

Sono passati tre mesi e contrordine compagni.

Dal Colle è giunta, infatti, la notizia che anche se la legge sulla riduzione dei parlamentari non è pronta all'uso
(magari, se fossero raccolte le firme necessarie, per celebrare il referendum confermativo a giugno), si può votare lo stesso.

Una minaccia che ha messo la litigiosa maggioranza giallorossa davanti alle sue responsabilità.

«Il Quirinale ha cambiato interpretazione è il sussurro sarcastico del leghista Calderoli , quindi quest'estate avevo ragione io».

Così, alla fine, al leader della Lega per centrare l'obiettivo delle urne, resta solo la strada di portare qualche grillino nelle sue file. Che ci stia provando è sicuro.

«Al Senato c'è qualche movimento precisa il presidente della Commissione Esteri, il grillino Vito Petrocelli ma nulla di rilevante.
Alla Camera forse potrebbe strapparci una dozzina di deputati, ma chissene, non sono determinanti».

«Lo scambio che Salvini propone è semplice conferma il 5stelle Elio Lannutti -: tu mi aiuti a mandare a casa il governo per avere le elezioni; e io ti candido».

Insomma, siamo all'arruolamento con i metodi della marina inglese, ma non è detto che riesca.

Ad esempio, uno degli emissari della Lega si è sentito rispondere dal senatore grillino, il sardo Ettore Licheni, che pure ha una passione per il leader del Carroccio:
«Voi confondete la confidenza con il tradimento».

«Il punto vero chiosa Matteo Renzi è che i 5stelle sono una polveriera ma se hanno una cosa chiara in testa è quella di restare lì: quando gli ricapita?!
Eppoi Casaleggio vuole arrivare alle nomine di primavera e continuare a fare il suo gioco».

Senza contare che Salvini per strappare le urne dovrebbe accontentare gli eventuali grillini «acquisiti», gli azzurri della casa madre e quelli di possibili «derivate».

Gente che viene e gente che va; persone che arruoli e persone che disertano: basta e avanza per uscirne pazzo e per dissanguarsi di promesse.

Tant'è che l'«operazione» suscita scetticismo pure nel centrodestra.

«Matteo ci prova ammette Ignazio La Russa -, ma l'impresa è difficile. Eppoi, diciamoci la verità, lui non è tagliato per questo lavoro.
E, a differenza di Berlusconi, non ha un Verdini a disposizione. Ce l'ha in famiglia, ma non in campo».

Così ultima speranza di Salvini - si torna all'ipotesi di scuola dell'Ulivo edizione 1996-1998: cioè che il governo che batte bandiera giallorossa si autoaffondi.
Un epilogo non dettato dalle intenzioni, ma da una vocazione al suicidio dell'equipaggio.

«Le elezioni anticipate fu il commento della vittima di allora, Romano Prodi non le prevedi, non le decidi, ci caschi dentro».
 

Val

Torniamo alla LIRA
....e noi qui a farci prendere per i fondelli da una gretina .....

L’ex amministrato delegato del gruppo Scania, Leif Östling, non è ottimista sul futuro della Svezia.

In un’intervista su SwebbTv non ha avuto nessun problema ad affermare che l’immigrazione incontrollata porterà la Svezia alla guerra civile entro 10 anni.

Abbiamo fatto entrare troppa gente che veniva da fuori
E quelli che vengono dal Medio Oriente o dall’Africa vivono in una società che abbiamo abbandonato almeno un secolo fa


In Svezia le esplosioni ed i lanci di granate sono volati alle stelle negli ultimi anni,
esistono delle “No Go Zones” e sono anche aumentati esponenzialmente i reati verso le donne.

Östling nella sua valutazione parte anche dalla sua esperienza personale quando lavorava in Scania:
di 100 profughi somali assunti nella sua società 90 venivano licenziati perchè non erano in grado di arrivare in orario o di lavorare secondo il contratto.

Una situazione drammatica e Östling ritiene che ci vorrà un’intera generazione prima che i nuovi arrivati possano iniziate ad essere assimilati nella società svedese.

Nel frattempo calcola un periodo di 10 anni per trovare una seria soluzione al problema dell’integrazione,
e, se questo non verrà trovato, c’è la probabilità di scontri talmente forti dallo sfociare nella guerra civile e richiedere l’intervento dell’esercito.

Pensare che 10 anni fa la Svezia non aveva praticamente nessun problema.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Due papi, due pensieri contrapposti.

Papa emerito Ratzinger sostiene che i muri, confini, proteggono, conservano, salvaguardano.

Papa Bergoglio sostiene il contrario. Il razzismo non c’entra minimamente.

Il buon seno e il pragmatismo c’entrano moltissimo.

Non c’è bisogno di essere sociologi per capire che culture sociali e religiose, lontane anni luce dalle nostre, oltre un certo limite, porteranno allo scontro.

Non c’è bisogno di essere statisti per capire che un’immigrazione incontrollata, clandestina, porterà colossali problemi d’equilibrio sociale.

Non bisogna essere giuristi per capire che chi si muove come clandestino, salvo rarissime eccezioni, ha qualcosa da nascondere.

Non bisogna essere dei geni per capire che il 90% delle storie raccontate, sono delle bufale colossali,
es: Violentate e torturate/i nei campi libici, e dopo, i torturatori, violentatori, pentiti, gli pagano il viaggio agli scafisti?
Gli forniscono uno smartphone? Li lasciano qualcosa di valore?

La stragrande maggioranza di coloro che scendono dalla famigerate navi ONG, sono belli in forma, senza documenti,
raccontano provenienze inventate, rendendo impossibile qualsiasi controllo sul loro passato, il rimpatrio, ecc.

Chi c’è dietro queste manovre di devastazione sociale?.

Quanto investe?

A quale fine, se non quello di creare conflitti sociali per poi proporre, come la storia c’insegna, la sua soluzione.
 

Val

Torniamo alla LIRA
.......però loro pagano tutto con la carta di credito, anche i ceri delle chiese ........
 

Val

Torniamo alla LIRA
.......Alla morte di Gianni la moglie fu liquidata dalla famiglia Elkan con danaro ma niente azioni. Agli Agnelli ristretti è rimasta la Juventus........
circa il 29% di FCA appartiene al gruppo allargato degli Agnelli, tramite la finanziaria di famiglia Exor.

La fusione FCA (Fiat Chrysler) e PSA (Peugeut, DS ed Opel) presenta dei lati positivi e dei lati negativi,
soprattutto per quanto riguarla le prospettive di occupazione e di sviluppo italiane.

Anche se ormai FCA non è più una società italiana, ma un gruppo americano con sede nei Paesi Bassi per motivi fiscali,
e pochissimo di tricolore è rimasto, comunque ci sono molti impianti attivi ed importanti marchi, Alfa Romeo e Lancia in testa.

In questo articolo condensato metteremo alcuni punti che riteniamo importanti di questa operazione di carattere finanziario;

  • LE SOCIETA’ E COMPAGINI SOCIALI. I valori azionari sono piuttosto simili ed anzi ieri vi era una certa prevalenza per FCA.
  • Se l’azionariato FCA è piuttosto noto e non dà problemi nell’operazione , al contrario in PSA c’è un 13,68% di Dongfeng, cinese e una quota simile dello stato francese.
  • Dongfeng è un’azienda statale , quindi PSA ha dentro lo stato cinese e questo può essere un problema perchè avremmo la Cina con un 6% della società totale,
  • tranne che DongFeng non capitalizzi (aveva comprato a 7 euro per azioni ora valgono 27) ed esca.
  • FCA invece non farà entrare Magneti Marelli e distribuirà 5 miliardi di utili straordinari agli azionisti, l’unica cosa di interesse per la famiglia Agnelli.

  • Lo Stato francese tutelerà al massimo gli impianti in Francia, la FIAT dell’Italia se ne frega.

  • MERCATI: FCA è centrata sul Nord America, dove PSA è quasi assente, mentre sono entrambe presente in Europa e Sud America.
  • In Africa PSA è molto presente ed ha perfino il marchio Ambassador in India.
  • Fiat è meglio piazzata in Sud America ed in Turchia. Qui una carta con gli impianti PSA

  • INDUSTRIA e MARCHI.

  • FCA ha il marchi Alfa Romeo, Lancia e Maserati per lo sport ed il lusso , che mancano completamente a PSA, che al limite ha DS.

  • Poi c’è Jeep che da sola è una potenza in Nord America.

  • In questo settore l’integrazione potrebbe punire soprattutto Fiat, che, del resto, dopo la 500X sembra non avere più progetti .

  • Si avvia alla chiusura? Si parla di passaggio delle piattaforme elettriche di PSA a FCA, ma allora era molto più avanti Renault Nissan.

  • Inoltre FCA sta già sviluppando proprie piattaforme, anche se in ritardo.

  • In realtà i motivi sono soprattutto finanziari e gestionali, anche se i due gruppi hanno collaborato in passato allo sviluppo di molte piattaforme.
Con questa mossa gli Elkan Agnelli realizzano il loro sogno degli ultimi 25 anni: uscire dall’auto con dei soldi e godersi la vita.

In questa fase si vede la completa cecità delle classi dirigenti pubbliche degli ultimi 40 anni.

La Francia ha una partecipazione i Peugeut e può inflenzarne le decisioni.

Conte può “Augurarsi” che non cali l’occupazione in Italia, una pia illusione

nel momento in cui gli impianti italiani lavorano al 50% della loro capacità massima,
e le leggi contro le auto aziendali non sembrano favorire per nulla un aumento delle vendite in Italia

Quindi preparatevi a forti sacrifici occupazionali.
 

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