NIENTE CAMBIA SE NON CAMBI NIENTE (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
E dimentica pure il buon renzino.....

Intervista a Fabio Dragoni da parte del TG3 in cui si parla della durata del governo e del ruolo di Giorgia Meloni nel centrodestra.

Secondo il giornalista ed imprenditore il governo non arriverà a Marzo semplicemente perchè,
salvo non venga convocato un referendum, a partire da Marzo vi sarà la riduzione dei parlamentari
e, secondo Dragoni, Zingaretti vorrà chiamare alle urne prima.. per non parlare dei cinque stelle che, letteralmente, rischiano di scomparire.
 

Val

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nord-stream.jpg
 

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Così dipenderemo dalla Germania anche per il rifornimento di gas
e voi, coglioni, all´epoca avete rinunciato al southstream sull´onda di posizioni infami e traditrici tipo questa:
http://energiamedia.it/oltr...


Ieri la Danimarca ha concesso gli ultimi permessi necessari alla realizzazione del famoso,
e controverso, gasdotto Nord Stream 2, permettendone quindi il completamento.

Si tratta di un’infrastruttura che permetterà il trasporto di enormi quantità di gas naturale a costi molto contenuti
verso la Germania, l’Austria ed i Paesi Bassi, i principali contraenti dell’iniziativa che, comunque, è di proprietà russa:
infatti il proprietario e gestore è solo Gazprom, ed i 5 partner occidentali, Wintershall, Uniper, Royal Dutch Shell, ENGIE e OMV,
che hanno versato 9,4 miliardi di euro, sono solo dei creditori.

Del resto il rapporto costi benefici dell’opera per la Russia sono troppo grandi per non prenderne il controllo diretto,tanto più che il valore rispetto all’export di Mosca è minimo.

La vittoria della Russia è la sconfitta di altri paesi:

  • l’Ucraina, che non potrà più godere dei diritti di transito, così essenziali per la sua economia;
  • la Polonia, che è stata il principale alleato di Trump nella lotta contro il gasdotto, ora diventa secondaria per le forniture energetiche tedesche e può essere “Messa in quadro” dentro al UE da parte della Germania;
  • il Gas Naturale Liquefatto USA non sarà mai competitivo, dal punto di vista del prezzi, con il gas naturale per gasdotto russo. Trump è fuori dai giochi;
Probabilmente gli investimenti politici ed economici degli USA per fermare questa infrastruttura sono stati superiori a quanto ha speso la Russia per realizzarla,
eppure alla fine questa tattica si è rivelata completamente perdente.

Ora gli USA hanno perso buona parte della propria influenza politica verso la Germania e questo elemento
si farà anche più acuto con il completarsi dei progetti verso il Turkmenistan e dalla Russia verso l’Ungheria e la Bulgaria.

Stiamo assitendo ad una sempre maggiore integrazione fra Asia, sotto forma della Russia, ed Europa.

Risolto il problema del Donbass, e Zelensky non vede l’ora di concluderlo, non ci sarà più nessun problema alla normalizzazione dei rapporti russo-europei.

Trump esce sconfitto da questa contesa, e non poteva essere diversamente.

Accetterà l’esito o cercherà di rifarsi in qualche altro modo, magari colpendo il surplus commerciale europeo verso gli USA ?

Lo Sparemo presto.
 

Val

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E Grassi è pronto a lasciare.

Secondo Il Messaggero, l'addio ai 5 Stelle del senatore è imminente.

"Sto scrivendo la mia lettera d'addio al M5S. E non sarò l'unico ad andarmene", avrebbe detto Grassi ad alcuni colleghi.

Aprendo un fosso nel Movimento che potrebbe diventare presto una voragine.
Sì, perché insieme a lui ci sarebbero altri due onorevoli pentastellati pronti a lasciare il gruppo 5S a Palazzo Madama.
Spalancando le porte di una crisi, l'ennesima nel Movimento, che rischia di allargarsi anche alla maggioranza di governo,
resa sempre più traballante da numeri poco rassicuranti.

Grassi, con un passato da direttore del dipartimento di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Napoli "Parthenope"
e da ordinario di diritto civile nello stesso Ateneo, da tempo è in rotta con il capo politico.
I contrasti con Di Maio, legati alla scarsa democrazia e trasparenza dei processi decisionali all'interno dei 5 Stelle,
erano sfociati a fine settembre nelle dimissioni dell'ex professore da capogruppo in commissione Affari costituzionali del Senato.

In quella occasione, Grassi aveva detto di non avere "preso alcuna decisione sulla prospettiva di abbandonare il gruppo M5S a Palazzo Madama",
pur prendendo atto che "esistono criticità e far finta che i problemi non ci siano mi sembra irrealistico".

Su Facebook, Grassi aveva condiviso le accuse che l'ex ministro Giulia Grillo aveva rivolto a Di Maio.
Indizio che valeva quasi come una prova sull'ipotesi di un suo abbandono del gruppo pentastellato in Senato.
Ipotesi che a questo punto potrebbe concretizzarsi a breve. Indebolendo al tempo stesso governo e Movimento 5 Stelle.
 

Val

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Non c'è mai fine al peggio ........

Matteo Renzi cambia schema.
Provando a giocare all'attacco. Il leader di Italia viva fa filtrare di non temere le elezioni anticipate.

Al netto delle parole al miele nei confronti del premier Giuseppe Conte, dopo settimane di bombardamento,
l'ex segretario del Pd cominciare a valutare l'opzione di un ritorno al voto in tempi stretti.
Ponendo fine all'esperienza del governo giallorosso.
Un cambio di strategia radicale su cui si sussurra ci sia lo zampino di Denis Verdini.

Il ritorno al voto sarebbe uno scenario da prendere in considerazione per una serie di buone ragioni.

La prima: il logoramento cui sta andando incontro l'esecutivo concede ancor più campo all'avanzata del centrodestra.

C'è una seconda valutazione di Renzi, squisitamente numerica: se si va al voto in tempi strettissimi,
dopo il via libera alla manovra, il taglio dei parlamentari sarebbe congelato.

Soluzione che consentirebbe al nuovo partito, Italia viva, di contenere la riduzione degli eletti.

Con meno 345 parlamentari, le possibilità per la creatura renziana di eleggere una nutrita pattuglia di deputati e senatori sarebbero ridotte.

E di conseguenza, Renzi perderebbe peso e spazio nella partita parlamentare.

Se si ritorna al voto, con l'attuale composizione numerica del Parlamento,
Iv, superando la soglia di sbarramento (3 %) conserverebbe buona parte dei parlamentari uscenti.

Esito che darebbe al rottamatore la forza di giocare una partita da protagonista, anche in caso di vittoria del centrodestra.

Terza e ultima ragione, che spinge Renzi a non scartare l'idea del voto, porta dritto all'appuntamento dell'elezione del presidente della Repubblica.

Il mandato di Sergio Mattarella scade nel 2022.

Il ragionamento del senatore di Scandicci è molto chiaro: se l'alleanza Pd-M5s-Leu regge, si consolida,
toccherà a Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti dare le carte quando il Parlamento in seduta comune dovrà eleggere il nuovo inquilino del Colle.

E i nomi che sono (oggi) sul tavolo terrorizzano Renzi: Romano Prodi, Walter Veltroni o Mattarella bis.

L'incubo numero uno per l'ex presidente del Consiglio è Prodi: profilo apprezzato da Beppe Grillo e negli ambienti dei 5 stelle.
Dunque un'ipotesi concreta.

Prodi al Colle rappresenterebbe per Renzi una sconfitta dura da superare.

Ecco che l'ex leader dei dem comincia ad accarezzare l'idea di stringere un patto con il leader del centrodestra:
uno scambio tra elezioni anticipate e presidente della Repubblica condiviso.

Sottraendo così il pallino dalle mani di Zingaretti (o del prossimo segretario del Pd) e Grillo.

Un piano che Renzi avrebbe già confidato ai suoi colonnelli:
«Per noi è meglio un leghista moderato (Giancarlo Giorgetti) che Romano Prodi o Walter Veltroni al Colle».

Pur di non spedire il professore al Quirinale, Renzi non avrebbe difficoltà nel concedere la vittoria al centrodestra,
spianando la strada a Matteo Salvini per Palazzo Chigi.

Il sogno di Renzi si chiama Mario Draghi: l'ex presidente della Bce sarebbe il profilo ideale da far sedere sulla poltrona di capo dello Stato.
Nome che riscuote consenso anche nel centrodestra. Ma per Renzi non sarebbe un ostacolo insuperabile un'eventuale candidatura di Giancarlo Giorgetti.

Scongiurato il pericolo di Prodi al Quirinale, Renzi avrebbe poi tutto il tempo per giocare la propria partita per la leadership dell'opposizione.

Una partita tutta interna al campo del centrosinistra. Dove Renzi sa di poter vincere (facile) contro Zingaretti, Di Maio e Fico.
 

Val

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Beppe Grillo, Davide Casaleggio e Luigi Di Maio,
guru, presidente dell'associazione Rousseau e capo politico.

Sono loro, pur con ruoli e filosofie diverse, a dettare legge nel Movimento 5 Stelle.

E sono sempre loro i protagonisti di un'indiscrezione che la dice lunga sulla confusione che regna nel partito, ormai frazionato in mille rivoli.

La Stampa riporta uno spiffero risalente all'estate scorsa.
Il governo gialloverde, su input di Matteo Salvini, sarebbe caduto di lì a poco.
E il giallorosso era solo il colore della Roma. Nel Movimento, però, già tirava aria di tempesta.

Grillo già spingeva, in cuor suo, fiutava l'imminente tradimento della Lega.
E spingeva nella direzione di un accordo con il Pd.

Mentre Di Maio, fermo nelle sue posizioni, giurava fedeltà a Salvini.

In mezzo, il subbuglio tra attivisti e parlamentari, sempre più in rotta con la linea politica di Giggino, soprattutto dopo il flop delle Europee. "Bisogna fare qualcosa".

Grillo, ormai ridotto a nume tutelare del Movimento, prende il telefono e chiama Davide Casaleggio, invitandolo alla sua villa di Sant'Ilario, a Genova.
Casaleggio Jr., legato al comico genovese da una forte amicizia, prende la macchina e lo raggiunge poche ore dopo.
"Eccomi Beppe, dimmi tutto". Dopo i convenevoli di rito, arriva il piatto forte: le difficoltà del M5S.
"Davide, ormai si parla solo di migranti", avverte Grillo, nostalgico delle "vere" 5 Stelle del Movimento (acqua, ambiente, trasporti, connettività e sviluppo).

Il figlio di Gianroberto annuisce, prima di sbiancare di fronte alla clamorosa proposta del comico:
"Perché non ti metti tu alla guida del M5S?". La risposta è spiazzante: "Beppe lo sai che il mio sogno è andare alle Maldive e aprire un diving".
Ovvero un centro immersioni. Altro che la politica. Vuoi mettere il mare cristallino di Malè?

Grillo, che all'Oceano Indiano preferisce la Costa Smeralda, capisce. Ma non approva. Rassegnandosi a sopprtare ancora Di Maio

Il quale, dopo la caduta del governo gialloverde, prova a opporsi in ogni modo al ribaltone.

Alla fine, a malincuore, accetta Pd e Farnesina. Il resto è storia.
 

Val

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Ed eccolo qui il giornalaio che capisce poco, molto poco di matematica.....e di potere.

In un comunicato diramato si legge che le discussioni in corso relative alla trattativa
"aprono la strada alla creazione di un nuovo gruppo di dimensioni e risorse globali,
detenuto al 50% dagli azionisti di Groupe Psa e al 50% dagli azionisti di Fca".

Considerando il contesto che si evolve rapidamente e che presenta costantemente nuove sfide,
si farà leva sulla "forza nella ricerca e sviluppo e sull'ecosistema globale per accelerare l'innovazione e
affrontare queste sfide con agilità ed efficienza negli investimenti".

Va sottolineato inoltre che - senza prevedere la chiusura di stabilimenti -
la creazione di valore risultante dall'operazione è stimata in circa 3,7 miliardi di euro in sinergie annuali a breve termine.
 

Val

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Di fatto Conte ha "prefigurata" una via per salvare un investimento che prevedeva l'intervento del Governo per "bloccare" la operazione a suo (del cliente) discapito.

Il fatto è che 15 giorni dopo diventa PM e dopo qualche mese il Governo fa esattamente quello che Conte aveva indicato come soluzione.
 

Val

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Bisogna preparare il terreno.

Ma ormai siamo abituati a queste cose.

In Italia l'impossibile diventa realtà.

Basta trovare le giuste rotelline da ungere.

Questo è il momento adatto.

Non si può aspettare di tornare a nuove elezioni, Salvini farebbe il pieno.

Ora invece non ha abbastanza numeri da contrastare l'ennesimo golpe bianco.

E poi Draghi ha un nome che è 'garanzia'. Chi oserebbe opporsi?.

Ma forse è buono così, ci darebbe il colpo di grazie e buonanotte al secchio.

Si chiamerebbe eutanasia.
 

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