MONTI con il cervello al MARE (1 Viewer)

tontolina

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Economia


Mercato del lavoro/ Monti all'attacco di tutele e salari, ma sbaglia bersaglio: da uno studio Ubs emerge che il problema non sta nel costo


Venerdì, 14 settembre 2012 - 15:49:00
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Mario Monti va all'attacco dello statuto dei lavoratori:
"Certe disposizioni intese a tutelare le parti deboli nei rapporti economici hanno finito, impattando sul gioco del mercato, per danneggiare le stesse parti deboli che intendevano favorire" secondo il premier.

Insomma: introdurre tutele e sostenere un costo del lavoro più alto finisce col restringere il mercato del lavoro portando a tassi di disoccupazione più elevati di quanto altrimenti possibili, dimostrando come la competitività sarebbe alla fine legata a doppio filo al costo del fattore lavoro.


Secondo un recente studio della banca svizzera Ubs non sembrerebbe essere proprio così, o almeno non solo: l'edizione 2012 (la quindicesima) del rapporto "Prezzi e salari", che ha analizzato il potere d'acquisto dei salari in 72 città in tutto il mondo, non sembra infatti dimostrare la tesi dell'economista e premier italiano.
Fatto 100 il costo della vita a Zurigo, infatti, se Oslo raggiunge un indice di 105,4, Tokyo di 99, Ginevra di 96,8, Copenhagen di 91,7 e New York di 90,9, le città dove il costo della vita è minimo sono Nuova Delhi (dove la vita costa il 30,1% rispetto a Zurigo) e Mumbai (31%), seguite da Bucarest (36,2%), Manila (37,7%), Sofia e il Cairo (38,5% entrambe) e Nairobi (44,1%).
Milano (diciottesima più cara città al mondo tra quelle esaminate, con un costo della vita pari al 72,3% rispetto a quello di Zurigo)

e Roma (diciannovesima, 71,9%) appaiono città relativamente "care",
ma se si guarda al livello dei salari, sempre facendo 100 Zurigo, il capoluogo lombardo scivola al 25esimo posto (con salari pari al 53,6%, in media, rispetto a quelli elvetici) e Roma addirittura al 31esimo posto (e i salari raggiungono appena, in media, il 41% di quelli di Zurigo).

In compenso Copenhagen, New York e Tokyo restano tra le prime posizioni con salari medi tra il 94% e il 70% di quelli svizzeri, mentre al Cairo, a Kiev, a Nairobi, a Mumbai, a Manila, a Giacarta e a Nuova Delhi i salari non raggiungono il 10% di quelli medi di Zurigo. Come dire che provare a competere con queste città (e nazioni) solo sulla base del costo del lavoro e in particolare dei salari è semplicemente un non senso.
 

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Il vero problema in Italia è la classe politica che sfrutta la burocrazia per "facilitare o affossare" gli imprenditori intascando laute tangenti
 

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Balasso: Democrazia e lavoro

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Cipolletta: "Il crollo della domanda interna richiede l'indennità di disoccupazione generalizzata"

UNA PROPOSTA DI INNOCENZO CIPOLLETTA - Più che la produttività è il rilancio della domanda interna (consumi e investimenti) la vera emergenza da affrontare al tavolo tra Governo e parti sociali - Ecco perchè la Cig va sostituita con una vera indennità di disoccupazione estesa anche ai giovani che hanno perso il lavoro a tempo determinato.



l Governo Monti ha sollecitato un nuovo negoziato tra le parti sociali, guidato dal Ministro per lo Sviluppo Economico Passera, volto ad aumentare la produttività delle nostre imprese per favorire una ripresa della nostra economia. L***8217;Italia ha certamente bisogno di aumentare la sua produttività, ma questo non basterà a sostenere una ripresa dell***8217;economia italiana. Oggi il nostro paese (come molti altri paesi europei) soffre di un vero crollo della domanda interna, causato dal taglio della spesa pubblica, dall***8217;aumento della pressione fiscale e tariffaria, dall***8217;emergere della disoccupazione e dalla paura per un futuro che appare senza via di uscita.

In queste condizioni, un aumento della produttività, seppure necessario, serve a ben poco per rilanciare il paese.


La situazione della domanda interna è drammatica. Poche cifre bastano a descriverla. Il Pil nazionale è sceso, in termini reali, del 2,6% tra il secondo trimestre del 2011 e il secondo trimestre del 2012.

Ma la caduta della domanda interna è stata quasi il triplo: -6,5%! La maggiore caduta l***8217;hanno mostrata gli investimenti (-9,5%), ma essi pesano relativamente poco sulla domanda interna.
Il vero crollo è stato determinato dai consumi che, nello stesso periodo, sono scesi del 2,9%. Se poi si considerano solo i consumi dei residenti (ossia le spese delle famiglie degli italiani escludendo le spese dei turisti stranieri venuti in Italia) la caduta è addirittura del 3,6%. Da notare che anche i consumi pubblici, che solitamente sono anticiclici, sono scesi in termini reali dello 0,9%, mentre si è determinata una massiccia riduzione delle scorte, a significare delle basse prospettive da parte delle imprese.

Questo crollo è avvenuto in buona parte nella seconda metà del 2011.

Non è quindi il prodotto delle misure del Governo Monti, anche se l***8217;austerità per ***8220;salvare l***8217;Italia***8221; ha contribuito a tenere bassa la nostra economia, come Monti stesso ha ammesso. In effetti la recessione è iniziata nell***8217;estate del 2011 quando la stretta del credito ha bloccato le imprese e quando le famiglie hanno visto deteriorarsi le aspettative per l***8217;emergere della disoccupazione giovanile.
La recessione, per un paese come l***8217;Italia, non deriva dall***8217;improvviso impoverimento delle famiglie e delle imprese, ma dal peggiorare delle aspettative. Se imprese e famiglie vedono un futuro nero, tirano i remi in barca, riducendo investimenti, spese di rinnovo (auto, elettrodomestici, mobili, abiti, ecc.) e spese giudicate non necessarie (ristoranti, turismo, spettacoli, ecc.). Un simile comportamento genera un***8217;improvvisa caduta dei consumi che a sua volta determina minori produzioni e, se permane, minore occupazione.

A questo punto il deterioramento delle aspettative si trasforma in vera recessione, posto che la minore occupazione significa minori redditi e ulteriori maggiori preoccupazioni per il futuro delle famiglie.
Oggi siamo in questa situazione.

La domanda interna è crollata e non mostra alcun cenno di ripresa, mentre l***8217;unica voce che è aumentata sono le esportazioni, cresciute dell***8217;1,4% tra il secondo trimestre del 2011 e il secondo trimestre del 2012.

In queste condizioni, puntare sulle riforme che devono dare maggiore produttività e maggiore competitività all***8217;economia italiana non basta per assicurare una maggiore crescita. Esse saranno determinanti quando la ripresa europea sarà avviata. Ma conteranno poco per il rilancio dell***8217;economia. Anzi, da sole, rischiano di essere depressive. Infatti, se si spinge per aumentare la produttività dell***8217;economia in una fase di bassa domanda, si finisce per ridurre il numero di occupati per unità di prodotto e si contribuisce, anche per tale via, a comprimere l***8217;occupazione e la domanda di consumo interno.
Le riforme (le poche veramente utili) devono essere accompagnate, o addirittura precedute, da misure di sostegno della domanda interna. E a questo può servire anche il negoziato fra le parti sociali. Fra le misure urgenti, a mio avviso, c***8217;è l***8217;istituzione di una vera indennità di disoccupazione estesa ai giovani che hanno perso il lavoro a tempo determinato. La riforma Fornero ha avviato una simile indennità, ma l***8217;ha rimandata agli anni a venire, per la carenza di risorse finanziarie, data la difficoltà di cambiare il sistema della Cassa Integrazione Guadagni. Qui ci vuole coraggio da parte del governo e delle parti sociali. La Cassa Integrazione Guadagni (quella straordinaria) drena risorse e protegge un numero limitato di soggetti mentre non induce le persone, le imprese e le istituzioni a trovare un nuovo lavoro per i cassaintegrati che in realtà sono dei disoccupati. Essa va sostituita con un sistema di indennità disoccupazione generalizzata con una copertura decrescente nel tempo, accompagnata da una vera formazione volta ad avviare le persone disoccupate a nuove attività lavorative.
Poiché non si possono abbandonare improvvisamente le persone in Cassa Integrazione Guadagni, sono necessarie nuove risorse finanziarie. Queste vanno trovate, a mio avviso in un aumento dell***8217;IVA da effettuare abolendo l***8217;aliquota super ridotta (4%) relativa ai beni di consumo. Una simile abolizione può produrre 3/4 miliardi di euro di gettito in più che potrebbero finanziare l***8217;indennità di disoccupazione per i giovani che hanno perso il lavoro e qualche riduzione fiscale limitata ai redditi molto bassi per compensare l***8217;aumento del prezzo dei beni di prima necessità.
Qualcuno obietterà che così si aumentano le tasse e la spesa pubblica e che questo potrebbe aggravare la recessione. Ma questa è una favola. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha detto, in uno studio recente (vedere IMF Working Paper WP/12/190 di Badini, Callegari e Melina, luglio 2012), quello che tutti sappiamo (o dovremmo sapere): la riduzione della spesa pubblica è molto più recessiva dell***8217;aumento delle tasse, con buona pace di quanti hanno cercato di convincere gli italiani che la nostra recessione derivi dalle troppe tasse e che basterebbe abbassare tasse e spesa pubblica per riprendere a crescere.
Nel confronto tra le parti sociali guidato dal Ministro Passera e volto ad aumentare la produttività, io credo che si farebbe bene a vedere anche e soprattutto come riformare la Cassa Integrazione Guadagni per fare posto rapidamente a una vera indennità di disoccupazione che riduca la povertà dei giovani e ridia fiducia alle famiglie. Questo potrebbe essere un vero contributo alla crescita.
 

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Mario Monti dichiara illegale l’agricoltura a “chilometro zero”.

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FINE della libertà

L’Ue assalta la sovranità alimentare e Mario Monti dichiara illegale l’agricoltura a “chilometro zero”.



di Italo Romano
Chi controlla il petrolio controlla le nazioni, chi controlla il cibo controlla il popolo, è questo il pensiero di Henry Kissinger, ex Segretario di Stato dell’era Nixon e Ford e membro portante del gruppo Bilderberg.


Forse la possente azione dell’Unione europea, imbastita per dare l’assalto alla sovranità alimentare dei singoli stati, ha avuto origine da questo spassionato consiglio del famoso politico statunitense.


Fin dal 1998 è in vigore una direttiva comunitaria che riserva la commercializzazione e lo scambio di sementi alle ditte sementiere (Monsanto e altre multinazionali) vietandolo agli agricoltori. Ciò che i contadini hanno fatto per millenni è diventato un reato. Per far fronte a questa imposizione sono nate varie associazioni di volontari impegnati nel recupero delle varietà antiche e tradizionali, con lo scopo di preservare e distribuire a chi le richiede, sementi fuori dal catalogo uffìciale affidato alle mani delle multinazionali.
Con sentenza del 12 luglio, la Corte di Giustizia della UE ha confermato il divieto di commercializzare le sementi delle varietà tradizionali e diversificate che non sono iscritte nel catalogo ufficiale europeo.
Con questa sentenza sono messe fuorilegge anche le suddette associazioni di volontari. Essi sono criminali delle sementi, sporchi tradizionalisti che mirano alla condivisione incontrollata del bene comune.
Ma non è finita qui.

Il nostro premier golpista Mario Monti ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro l’agricoltura a “chilometro zero”.
In pratica il governo vuole bloccare alcuni atti normativi della Regione Calabria, rea di aver legiferato oltre la sue competenze stabilite in materia.
Secondo il governo oligarchico la legge regionale contiene delle disposizioni che, nel favorire la commercializzazione dei prodotti regionali, ostacolerebbero la libera circolazione delle merci in contrasto con i principi comunitari. In sostanza, la normativa regionale viene considerata alla stregua di un provvemento di natura quasi autarchica tale che i prodotti regionali avrebbero un vantaggio considerato contrario al principio di libera circolazione delle merci rispetto ai prodotti extraregionali.
(Qui troverete il Comunicato ufficiale del governo tecnocrate contro l’agricoltura a “Km zero”)
E’ chiaro che il ricorso mira a liberare il campo alle multinazionali da qualsiasi tipo di concorrenza.
Distruggono le aziende locali, devastano il tessuto sociale e rendono il popolo completamente dipendente da strutture extraterritoriali e multinazionali senza scrupoli. Annientano la tradizione, distruggono l’identità e le coscienze per imporre il loro progetto di governo mondiale.
Il controllo delle sementi, quindi dell’agricolura, e di conseguenza degli alimenti è il chiaro segno che si aprono il varco per l’introduzione delle colture Ogm.
Attentano alla basi della coesione sociale. L’agricoltura, ricordiamolo, è un bene comune nato 10.000 anni fa. Da quando l’uomo ha fatta propria questa arte, sono nati i primi centri urbani, le prime aggregazioni civili, è stata la base dello sviluppo della società che oggi andiamo demolendo.
Il culto dell’ugualianza e dell’omologazione sta per convertire le diversità agro-alimentari.
Quando tutto il cibo apparterrà alle multinazionali come faremo? E’ questa l’anticamera della nuova schiavitù?

link correlati:
L’Ue e il governo Monti proscrivono anche la sovranità alimentare
Nove Semi (Navdania) – La Biodiversità di Vandana Shiva
L’Europa cancella le sementi tradizionali
Unione europea: dittatura delle sementi
Le Multinazionali della morte: L’uomo della Mon(santo) ha detto si!
Il codex alimentarius, la paura alimentare del nuovo millennio
Dove portano gli Ogm
L’Ue e la dittatura delle sementi
Il mondo secondo Monsanto
fonte: Oltre la Coltre » L’Ue assalta la sovranità alimentare e Mario Monti dichiara illegale l’agricoltura a “chilometro zero”.





Tratto da: L’Ue assalta la sovranità alimentare e Mario Monti dichiara illegale l’agricoltura a “chilometro zero”. | Informare per Resistere L
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!
 

tontolina

Forumer storico
C’è una differenza sostanziale fra l’informazione e l’informazione di qualità. La seconda legge le fonti e poi sulla base di quelle commenta. La prima riporta veline di governo e comunicati stampa. Rischio Calcolato da sempre cerca di andare alle fonti (ove siano disponibili) le legge e si fa una sua propria opinionei. Quasi sempre il giudizio è diametralmente opposto a quello che traspare dai comunicati stampa (il comunicato stampa del Governo di ieri e la conferenza stampa di Monti sul DEF. rappresentano una nuova pietra angolare in quanto a mistificazione, roba che neanche Berlusconi si sarebbe mai sognato).

Oggi vi vorremmo parlare di un documento mensile molto interessante, ovvero l’ Abi montly Outlook, un paper mensile in cui vengono snocciolati e messi in fila dati macroeconomici e alcune cifre chiave che riguardano lo stato di salute del sistema bancario italiano.
La pagina chiave dell’Abi Montly Outlook è la n.24, ovvero quella con la tabella delle sofferenze, ecco qui come si presenta in una rielaborazione di Rischio Calcolato:

Per leggere correttamente quanto sopra:
Sofferenze Nette: Sono i crediti dubbi e incagliati (cioè che non stanno pagando) al netto delle svalutazioni già effettuate dalle banche. Come sapete, trimestre per trimestre le banche svalutano i crediti in sofferenza portando la cifra svalutata come perdita in conto economico.
Sofferenze Lorde: Sono il totale assoluto dei crediti dubbi e incagliati nel bilancio delle banche.
Sofferenze Nette su Impieghi: è il rapporto fra le sofferenze nette e il totale dei crediti (soldi prestati dalle banche)
Sofferenze Nette su Capitale e Risreve: è il rapporto fra le sofferenze nette e il capitale e ler riserve delle banche, ovvero quanto incidono le sofferenze sul patrimonio delle banche.
Bene signore e signori, fino ad oggi si è parlato del problema legato ai titoli di stato in pancia alle banche, ma si tace allegramente riguardo all’elefante nella stanza, ovvero la quantità di prestiti inesigibili in pancia al sistema bancario italiano.
Vogliamo darvi un paio di visualizzazioni della situazione:

l’area in blu è l’andamento delle sofferenze nette (cioè quelle su cui è GIA’ stato accantonato del danaro,….forse non abbastanza, che dite?) del sistema bancario, le barre rosse sono le variazioni mese per mese. Si noti come a Gennaio, Febbraio le soffernze netta tendano a scendere, infatti è a fine anno che le banche (non tutte) fanno una qualche pulizia seria del bilancio.
Nonostante i continui accantonamenti il livello dei crediti “problematici” (campa cavallo) continua a salire a livelli vertiginosi, a questo si aggiunga la massa di immobili pignorati e che lentamente stanno rimanendo nella pancia degli istituti bancari.
Passiamo al secondo grafico:

Sicuro che le nostre banche siano “sicure”.. guardate bene la barra rossa, essa rappresenta quanto incidono i crediti “problematici” delle banche sul patrimonio. Siamo in media al 17,47% il che significa che la fuori c’è qualche fantasico istituto di credito, con livelli oltre il 25% di sofferenze sul patrimonio. Io non starei molto tranquillo e se possibile una letturina al bilancio la darei prima di depositare i miei soldi.
Non è vero che tutte le banche sono uguali, basta che ne salti una abbastanza grande.
 

tontolina

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di SATIRA VENETA ON FACEBOOK
Monti vaneggia: il Pil è peggio delle previsioni, quindi tutto va bene!

21 settembre 2012 Di L'indipendenza

di ARTURO DOILO
La disquisizione è in punta di dottrina economica, Mario Monti introduce il concetto economico di “effetto trascinamento”. Usa la “neolingua” insomma, pur di nascondere la verità. Tutto per dire che, sì, le stime per il 2013 sono peggiorate, la crescita sarà ancora negativa per lo 0,2%, ma tuttavia “l’andamento è in ripresa”, e dunque è ancora valida la convinzione più volte espressa: “La luce si vede” in fondo al tunnel della crisi. Non demorde insomma, forse perchè comunque, segnalano dal suo staff, “nel 2013 ci sarà già un’inversione del ciclo economico”.

Se la crescita è ancora un auspicio, la certezza è invece il rigore. Volete la traduzione? Tasse! Presentando la nota d’aggiornamento al Def, con tutte le stime riviste al ribasso, Monti ci tiene a confermare però il “cardine” della politica del governo, ovvero il pareggio di bilancio nel 2013. Obiettivo possibile, nonostante il peggioramento del quadro macroeconomico, senza ricorrere a stangate dice: “Stiamo lavorando per fare l’opposto”, ovvero evitare “sine die” l’aumento di due punti dell’Iva, grazie al lavoro di spending review e dunque non agendo sul lato delle entrate ma su quello della spesa. Mica c’è solo l’Iva, del resto, e la patrimoniale la chiedono tutti i suoi amichetti ABC.


In ogni caso, quella del consolidamento economico è per Monti una scelta irreversibile: “Certo è che se l’Italia non dovesse continuare in maniera risoluta sulla strada intrapresa, non solo i mercati darebbero segnali negativi ma troveremmo più difficile esercitare quell’influenza che finora abbiamo esercitato sulla politica europea”. Anche per questo la ricetta per la crescita su cui il Professore insiste è quella delle riforme strutturali: “E’ un approccio alle politiche per la crescita che mira a non ripetere errori compiuti in passato”, e cioè “l’alimentazione artificiosa della ripresa per via finanziaria”. Fuffa verbale, vien da dire. Al contrario Monti, spiegano dal suo staff, confida nel dispiegarsi degli effetti delle riforme fatte finora e di quelle ancora in cantiere: in conferenza stampa il premier ha riconosciuto che “ancora non si vedono” i risultati concreti del risanamento e delle riforme, ma la convinzione a palazzo Chigi che in futuro queste scelte non potranno non avere effetto. Probabilmente, nel suo staff, non considerano “risultati” l’aumento della disoccupazione, l’aumento della pressione fiscale, la diminuzione del potere d’acquisto, tutte conseguenze delle improbabili ricette montiane.


La stessa linea (non l’iniezione di risorse ma il miglioramento del contesto strutturale) la si rintraccia nell’approccio di Monti alla questione Fiat. Tanto che alla domanda su quali argomenti spenderà sabato con Marchionne, il premier si è limitato a citare il tavolo sulla produttività e il costo del lavoro avviato la scorsa settimana con le parti sociali. Restano intanto i numeri negativi del Def (Documento Economico Finanziario) aggiornato: -2,4% nel 2012, -0,2% nel 2013. Carramba!


Ma per Monti la stima del prossimo anno è dovuta appunto a “quello che noi economisti chiamiamo, se non ricordo male, l’effetto di trascinamento”. Affermazioni che lasciano a dir poco perplessi. Perchè comunque, insiste il premier “l’anno prossimo sarà un anno in ripresa, l’andamento dell’attività economica nel 2013 sarà un andamento crescente”. Grazie appunto alle riforme e al risanamento dell’Italia, ma anche alla nuova governance della Ue, frutto però proprio della “influenza” che Roma ha potuto e saputo esercitare grazie alla credibilità guadagnata con i propri sforzi. Ora, è vero che i tassi di interesse “sono rimasti elevati”, ma anche dalle scelte del Consiglio Europeo e della Bce, Monti si aspetta una mano, così come dall’auspicato miglioramento del quadro internazionale. La convinzione però, ribadiscono da palazzo Chigi, è che gli effetti degli sforzi si iniziano a vedere: “La ripresa non può essere sprint a causa appunto dell’effetto trascinamento, ma nel 2013 si invertirà il ciclo economico”.
Dategli un paio di pacchette sulle guance… svegliatelo!
da L’indipendenza
 

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