metodo TROIKA: Grecia-Portogallo ...e ... Italia? (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Oggi al Portogallo, domani all'Italia




Guardare quanto sta succedendo in Portogallo è molto istruttivo, in pratica si sta ripetendo quanto già successo in Grecia e quanto potrebbe succedere a breve anche in Italia.

Gli Stati europei si indebitano (come tutti gli altri Stati al mondo), ma non potendo emettere moneta (a differenza del Giappone, degli USA, dell'Inghilterra e della Svizzera) chiedono aiuto alla Troika (Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea) la quale ben volentieri concede prestiti, ovviamente chiedendo qualcosa in cambio. E indietro non vuole solo i soldi che ha prestato più gli interessi da strozzino, ma impone anche un insieme di "misure" per snellire lo Stato Sociale.
Lo Stato in debito (così come fanno i cittadini che indebitati e disperati chiedono "aiuto" agli strozzini) è costretto ad accettare queste draconiane misure, anche se queste comportano (così come succede alle persone ricattate dagli usurai) un peggioramento della loro situazione iniziale.


Gli Stati, un tempo sovrani, sono così costretti a vendere i gioielli di famiglia (come fanno gli strozzati dagli usurai), licenziare dipendenti pubblici, ridurre la sanità pubblica, tagliare i finanziamenti alla scuola e alla ricerca, ridurre le pensioni, eccetera. Insomma la politica economica degli Stati è ordinata e imposta da oscuri burocrati e banchieri che vivono in un mondo dorato senza nessun contatto con quello che un tempo si sarebbe definito il "popolo". A noi rimane l'illusione che, votando, possiamo scegliere da chi essere governati.
Ora, dopo aver schiacciato la Grecia, è il turno del Portogallo. La Troika, in cambio del generoso piano di "salvataggio", ha imposto al conservatore Passos Coelho di tagliare gli stipendi pubblici.
Dal 2014 tutti i dipendenti pubblici portoghesi che guadagnano più di 600 euro si vedranno tagliare lo stipendo da un minimo del 2,5% ad un massimo del 12%.
Ma non basta.

La Troika ha imposto il licenziamento del 3% dei dipendenti pubblici, in un paese in cui la disoccupazione ha già superato quota 17,4%.
Non solo.

La Troika ha anche ordinato (la proposta ora è al vaglio della Corte Costituzionale di Lisbona) di aumentare l'orario settimanale dei lavoratori pubblici da 35 a 40 ore. Misure che lo Stato, senza possibilità di scelta, deve necessariamente applicare.
La Troika chiede anche che vengano privatizzate le aziende in attivo, come la Rete Energetica Nazionale. Privatizzare significa vendere a prezzi di saldo, agli amici della Troika ovviamente, le aziende che producono. I soldi che si ricaveranno dalla vendita (un po' come i nostri soldi dell'IMU che sono serviti a salvare il Monte Paschi di Siena) serviranno per salvare dal fallimento il quinto gruppo finanziario del paese, la Banif.
Sì, direte voi, ma se lo Stato è in debito qualcuno dovrà pur pagare. O no? Guardo i dati del Giappone, che a differenza dei paesi della zona Euro può emettere moneta, e vedo che ha il 250% del debito/Pil (in Italia è circa il 120%) e un deficit/Pil al 10% (in Italia è circa il 3%). Roba che in Europa ci sogniamo.
Eppure, nonostante questo debito elevatissimo, il Giappone agli inizi dell'anno non solo non ha tagliato la spesa pubblica (come fatto dalla Grecia che ha dovuto chiudere ospedali, Università e licenziare in massa) ma ha lanciato un ulteriore piano di espansione della spesa pubblica con un primo intervento da 85 miliardi di euro, con l'obiettivo di creare 600 mila nuovi posti di lavoro.
Mentre in Grecia si registra un drastico aumento della povertà, casi di malnutrizione minorile, aumento dei reati legati alla "sopravvivenza", sistema educativo e sanitario ridotto all'osso, in Giappone il tasso di disoccupazione è del 4.5%.
Mentre ora il Portogallo è costretto a licenziare i dipendenti pubblici, tagliare loro lo stipendio, ridurre la spesa pubblica elargendo meno servizi pubblici ai cittadini e a tagliare la spesa pubblica, il Giappone viaggia spedito e aumenta la spesa pubblica.
Il Giappone, a differenza dei paesi dell'eurozona, grazie alla Bank of Japan può emettere moneta, così come possono fare la Federal Reserve statunitense, la Bank of England e la Banca centrale svizzera.
Il rischio è l'aumento dell'inflazione, ma il vantaggio è che non si è costretti a chiedere prestiti da usuraio alla Troika e farsi dettare la politica economica e sociale da oscuri banchieri. Infine, a differenza di una Paese dell'area euro, il debito pubblico è detenuto quasi totalmente al suo interno rendendolo inattaccabile dalla speculazione di investitori stranieri.
Eccolo qui il giochino piuttosto semplice: il Giappone, l'Inghilterra e gli USA possono finanziarie il loro debito direttamente, emettendo moneta. Noi no. E per poter pagare il debito siamo perciò costretti a chiedere i soldi alla BCE e aprirci alla speculazione internazionale.
Ora a pagar dazio, licenziando, tagliando i servizi offerti ai cittadini, tagliando gli stipendi pubblici e svendendo le aziende dello Stato, tocca al Portogallo. Domani toccherà all'Italia. Anzi, in sordina, abbiamo iniziato anche noi.
Fonte: megachip.it
 

tontolina

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STUPIDO: è chi pur di danneggiare l'altro danneggia se stesso!



CON L’ACQUA ALLA GOLA: L’OLANDA PREDA DELLA CRISI ECONOMICA

By Massimo Rivolo
SPIEGEL ON LINE – di Christoph Schult e Anne Seith. Tradotto da Franco
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L’Olanda, ovvero la più importante alleata di Berlino, nella richiesta di una maggiore disciplina di bilancio, è caduta essa stessa in una grave crisi economica. L’economia, una volta esemplare, sta soffrendo per gli enormi debiti e per lo scoppio della bolla immobiliare, che hanno bloccato la crescita e messo a rischio l’occupazione.
A Michel Scheepens il rischio è familiare. Il manager 41enne sovrintende il mercato dell’energia per conto della banca olandese ING. Il suo lavoro consiste nel determinare se quest’ultima debba o meno finanziare progetti come un parco eolico a Cipro, ad esempio, oppure una centrale elettrica a gas, in Turchia.
Fino ad ora, ad essere coinvolto è sempre stato il denaro degli altri. Da qualche tempo, però, Scheepens sta sperimentando che cosa significa, a livello personale, un cattivo investimento. Sei anni fa acquistò la metà di una villetta duplex per la sua famiglia (è padre di tre figli), nella città di Nieuw-Vennep, vicino alla costa del Mare del Nord.
L’edificio di mattoni rossi costava 430.000 Euro, ma la banca gli aveva generosamente offerto un finanziamento di 500.000 Euro, in modo che ci fossero abbastanza soldi per i lavori di ristrutturazione, per le spese notarili e per le tasse locali.
Scheepens aveva intenzione di rivendere la casa dopo pochi anni, fatto comune in Olanda. Ma poi i prezzi sono crollati, conseguenza del fallimento della Lehman. Se oggi la famiglia dovesse vendere la casa, ci rimetterebbe 60.000 Euro. La sua casa è “sott’acqua”, come dice Scheepens.
“Sott’acqua” è un termine che descrive bene la crisi di un paese dove gran parte del territorio è sotto il livello del mare. Ironia della sorte l’Olanda, generalmente considerata esemplare, per la sua economia, si trova a fronteggiare una crisi immobiliare la cui gravità trovava riscontro, fino ad ora, solo negli Stati Uniti e nella Spagna.

Le banche olandesi hanno pompato, dal 1990, miliardi e miliardi di Euro nel mercato immobiliare, sia privato che commerciale, senza chiedersi se i mutuatari avessero o meno delle garanzie sufficienti.
I privati che acquistavano case, ad esempio, potevano facilmente trovare delle banche disposte a finanziare oltre il 100 % del prezzo di un immobile. “Si sarebbe potuto ottenere con facilità un prestito pari a cinque volte lo stipendio annuale – spiega Scheepens – e tutto ciò senza avere un centesimo di patrimonio”.
Tutto questo era possibile perché i proprietari potevano dedurre tutti gli interessi ipotecari dalle loro imposte. Invece di ripagare i prestiti, i mutuatari mettevano un po’ di quei soldi, mese dopo mese, in un fondo d’investimento, sperando di ricavarne un profitto. Il denaro sarebbe stato utilizzato, infine, per ripagare il prestito, almeno in parte.
Ben presto, però, diventò consueta l’attesa per un sensibile aumento di valore per un determinato bene. Molti risparmiatori olandesi prevedevano che la vendita delle loro case avrebbe generato abbastanza soldi sia per ripagare i prestiti, che per ottenere un sano profitto.
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UN’ECONOMIA SUL BORDO DEL BARATRO
Più di un decennio fa la Banca Centrale Olandese aveva chiaramente riconosciuto i pericoli di quest’euforia, ma i suoi avvertimenti non furono ascoltati. Solo lo scorso anno il nuovo Governo, guidato dal Primo Ministro liberal-conservatore Mark Rutte, ha modificato le generose scappatoie fiscali. Ma era troppo tardi.
Nessun paese dell’Eurozona è così profondamente indebitato come l’Olanda, se pensiamo che in questa nazione le banche hanno a carico circa 650 miliardi di Euro di mutui ipotecari. Il debito dei consumatori ammonta a circa il 250% del reddito disponibile. A titolo di confronto nel 2011, in Spagna, questo rapporto raggiunse il 125%.
L’Olanda è ancora uno dei paesi più competitivi dell’Unione Europea, ma lo scoppio della bolla immobiliare minaccia di abbattere l’intera economia. La disoccupazione è in aumento, i consumi sono molto bassi, e la crescita è giunta ad un punto morto.
Nonostante le severe misure di austerità, quest’anno il governo dell’Aja violerà il criterio europeo sul deficit di bilancio, che vieta ai paesi membri di indebitarsi oltre il 3% del PIL. E’ un fardello pesante, soprattutto per il Ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem, il nuovo leader dell’Eurogruppo, che si ritrova ora ad occupare sia il ruolo di cane da guardia dell’Unione Monetaria, sia quello di Ministro di un paese in crisi.
Neanche misure di austerità arrivate a 46 miliardi di Euro sono state sufficienti per rimanere entro i limiti posti dall’UE. Dijsselbloem ha comunque annunciato ulteriori tagli per 4,3 miliardi di Euro, sia nei servizi pubblici che nella sanità (queste misure entreranno in vigore solo nel 2014).
Infilzare il coltello ancor più profondamente nel corpo del paese sarebbe molto, molto irragionevole“, così ha dichiarato il socialdemocratico Dijsselbloem al quotidiano tedesco FAZ (Frankfurter Allgemeine Zeitung), nel tentativo di giustificare il ritardo. Questo è il tipo di retorica che abbiamo normalmente ascoltato dai paesi sud-europei colpiti dalla crisi.
Gli effetti negativi del vivere al di là dei propri mezzi sono diventati evidenti dopo l’inizio della crisi finanziaria. Molti dei prospetti finanziari non funzionano più, e difficilmente i cittadini possono pagare di più per i loro debiti.
I prezzi degli immobili privati e commerciali, una volta assurdamente alti, stanno affondando drammaticamente. Quella che era un’economia in fase di boom, ora è in una situazione di stallo.
LA DISOCCUPAZIONE IN AUMENTO
“Queste situazioni comportano lo sviluppo di un circolo vizioso” – spiega Jörg Rocholl, Presidente della “European School of Management and Technology” di Berlino, e membro del “Consiglio dei Consulenti Accademici” al Ministero delle Finanze Tedesco – “I clienti hanno troppi debiti e non possono restituire i prestiti. Tutto ciò causa dei gravi problemi alle banche, che non riforniscono più l’economia reale di soldi a sufficienza. Questa cosa porta alla recessione economica e ad una notevole disoccupazione, che rendono ancora più difficile il rimborso dei prestiti”.
Il tasso ufficiale della disoccupazione è già salito al 7,7%. In realtà è probabilmente molto più alto, ma è stato mascherato fino ad ora da un gruppo demografico chiamato ZZP.
Il “Zelfstandigen Zonder Personeel” (Lavoratore Autonomo senza Dipendenti) è remotamente correlato al cosiddetto modello tedesco “Ich-AG” (me stesso srl, ndt). In Olanda stanno attualmente lavorando circa 800.000 ZZP.
Uno di essi è Rob Huisman. Un 47enne che vive con moglie e figlio a Santpoort, nei pressi di Haarlem. Nel 2006 Huisman, uno specialista di Information Technology, ha lasciato il suo posto di lavoro presso una grande società di consulenza, per avviare un’attività in proprio.
Nei primi tempi le cose andavano bene, con Huisman che guadagnava 100 Euro l’ora. Ma con il tempo molti clienti, sia governativi che privati, hanno cominciato a tagliare i compensi, ed a volte i lavori venivano semplicemente cancellati.
Alle aziende conviene lasciare che i loro dipendenti a tempo indeterminato se ne vadano, per poi assumere personale con contratti di lavoro a termine – continua l’esperto di IT – In questo modo risparmiano i costi della sicurezza sociale”.
C’è una concorrenza spietata tra i lavoratori autonomi, ridotti a svendere il loro lavoro per assicurarsi un posto di lavoro occasionale. “Se non si accetta quel posto di lavoro, lo farà qualcun altro al nostro posto” – sostiene Huisman. In aggiunta, egli non è in grado di pagare, al momento, i contributi al suo fondo pensione. “Viviamo in gran parte dei nostri risparmi” – egli conclude.
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NON S’INTRAVVEDE LA FINE DELLA CRISI
Gli olandesi sono stati a lungo fra i più diligenti risparmiatori d’Europa, ed in questa crisi molti di loro stanno risparmiando ancora di più … la qual cosa è tossica, però, per l’economia.
Uno dei problemi principali è il calo dei consumi” – afferma Johannes Hers del CPB (the Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis), che ha sede a L’Aia, presso il Ministero dell’Economia.
Il suo ufficio si aspetta un calo della crescita dello 0,5%, nel 2013. Ben 755 aziende hanno dichiarato fallimento, nel mese di Febbraio, il numero più alto da quando questo ufficio ha cominciato la sua attività, nel 1981. Anche il settore bancario sta licenziando migliaia di dipendenti, in questo momento.
A causa dei troppi mutui ipotecari che sono stati concessi, il settore finanziario si è molto gonfiato, al punto che gli assets totali di tutte le banche olandesi sommano 4,5 volte la dimensione della produzione economica del paese (PIL, ndt).
A Febbraio, il Governo ha dovuto nazionalizzare la SNS Bank, la quarta banca del paese, perché aveva in sofferenza un ampio portafoglio di crediti concessi per l’acquisto di immobili commerciali.
Le altre banche, invece, vogliono cartolarizzare una parte del loro gigantesco portafoglio-prestiti e rivendere i titoli (attraverso una speciale banca-ipotecaria) soprattutto ai fondi-pensione, dove gli olandesi hanno versato somme ingenti per le loro pensioni.
Giovani famiglie come gli Scheepens, che hanno acquistato una casa in questi ultimi anni, sperano almeno di poter mantenere i posti di lavoro. Anche se i loro duplex hanno perso valore, possono ancora effettuare i pagamenti mensili.
Ma i tagli dei posti di lavoro sono sempre più vicini. Un loro vicino di casa ha recentemente perso il lavoro, e le persone con un importante titolo di studio non possono più trovare lavoro. “Non c’è in vista la fine della crisi” – conclude Scheepens.
———————————————————————————————————————————–
Nota del traduttore: Il mercato immobiliare-finanziario della Danimarca si trova in una situazione del tutto comparabile a quella olandese.
 

tontolina

Forumer storico
il furto con destrezza ai danni della popolazione

è come perdere una guerra d'invasione


Grecia in vendita: ceduti ministeri e sede polizia per “pochi spiccioli”

Ultimo aggiornamento 22 ottobre 2013 , ore 10:45
Crisi senza fine ad Atene, dove la sede centrale della polizia è stata venduta, così come alcuni edifici ministeriali. Nonostante questo, il governo è lontanissimo sia dal risanare i conti che dal raggiungere i target concordati con Bruxelles sulle privatizzazioni




Grecia in vendita: ceduti ministeri e sede polizia per ?pochi spiccioli? - Economia - Investireoggi.it
 

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CON L’ACQUA ALLA GOLA: L’OLANDA PREDA DELLA CRISI ECONOMICA

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SPIEGEL ON LINE – di Christoph Schult e Anne Seith. Tradotto da Franco
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L’Olanda, ovvero la più importante alleata di Berlino, nella richiesta di una maggiore disciplina di bilancio, è caduta essa stessa in una grave crisi economica. L’economia, una volta esemplare, sta soffrendo per gli enormi debiti e per lo scoppio della bolla immobiliare, che hanno bloccato la crescita e messo a rischio l’occupazione.
A Michel Scheepens il rischio è familiare. Il manager 41enne sovrintende il mercato dell’energia per conto della banca olandese ING. Il suo lavoro consiste nel determinare se quest’ultima debba o meno finanziare progetti come un parco eolico a Cipro, ad esempio, oppure una centrale elettrica a gas, in Turchia.
Fino ad ora, ad essere coinvolto è sempre stato il denaro degli altri. Da qualche tempo, però, Scheepens sta sperimentando che cosa significa, a livello personale, un cattivo investimento. Sei anni fa acquistò la metà di una villetta duplex per la sua famiglia (è padre di tre figli), nella città di Nieuw-Vennep, vicino alla costa del Mare del Nord.
L’edificio di mattoni rossi costava 430.000 Euro, ma la banca gli aveva generosamente offerto un finanziamento di 500.000 Euro, in modo che ci fossero abbastanza soldi per i lavori di ristrutturazione, per le spese notarili e per le tasse locali.
Scheepens aveva intenzione di rivendere la casa dopo pochi anni, fatto comune in Olanda. Ma poi i prezzi sono crollati, conseguenza del fallimento della Lehman. Se oggi la famiglia dovesse vendere la casa, ci rimetterebbe 60.000 Euro. La sua casa è “sott’acqua”, come dice Scheepens.
“Sott’acqua” è un termine che descrive bene la crisi di un paese dove gran parte del territorio è sotto il livello del mare. Ironia della sorte l’Olanda, generalmente considerata esemplare, per la sua economia, si trova a fronteggiare una crisi immobiliare la cui gravità trovava riscontro, fino ad ora, solo negli Stati Uniti e nella Spagna.

Le banche olandesi hanno pompato, dal 1990, miliardi e miliardi di Euro nel mercato immobiliare, sia privato che commerciale, senza chiedersi se i mutuatari avessero o meno delle garanzie sufficienti.
I privati che acquistavano case, ad esempio, potevano facilmente trovare delle banche disposte a finanziare oltre il 100 % del prezzo di un immobile. “Si sarebbe potuto ottenere con facilità un prestito pari a cinque volte lo stipendio annuale – spiega Scheepens – e tutto ciò senza avere un centesimo di patrimonio”.
Tutto questo era possibile perché i proprietari potevano dedurre tutti gli interessi ipotecari dalle loro imposte. Invece di ripagare i prestiti, i mutuatari mettevano un po’ di quei soldi, mese dopo mese, in un fondo d’investimento, sperando di ricavarne un profitto. Il denaro sarebbe stato utilizzato, infine, per ripagare il prestito, almeno in parte.
Ben presto, però, diventò consueta l’attesa per un sensibile aumento di valore per un determinato bene. Molti risparmiatori olandesi prevedevano che la vendita delle loro case avrebbe generato abbastanza soldi sia per ripagare i prestiti, che per ottenere un sano profitto.
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UN’ECONOMIA SUL BORDO DEL BARATRO
Più di un decennio fa la Banca Centrale Olandese aveva chiaramente riconosciuto i pericoli di quest’euforia, ma i suoi avvertimenti non furono ascoltati. Solo lo scorso anno il nuovo Governo, guidato dal Primo Ministro liberal-conservatore Mark Rutte, ha modificato le generose scappatoie fiscali. Ma era troppo tardi.
Nessun paese dell’Eurozona è così profondamente indebitato come l’Olanda, se pensiamo che in questa nazione le banche hanno a carico circa 650 miliardi di Euro di mutui ipotecari. Il debito dei consumatori ammonta a circa il 250% del reddito disponibile. A titolo di confronto nel 2011, in Spagna, questo rapporto raggiunse il 125%.
L’Olanda è ancora uno dei paesi più competitivi dell’Unione Europea, ma lo scoppio della bolla immobiliare minaccia di abbattere l’intera economia. La disoccupazione è in aumento, i consumi sono molto bassi, e la crescita è giunta ad un punto morto.
Nonostante le severe misure di austerità, quest’anno il governo dell’Aja violerà il criterio europeo sul deficit di bilancio, che vieta ai paesi membri di indebitarsi oltre il 3% del PIL. E’ un fardello pesante, soprattutto per il Ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem, il nuovo leader dell’Eurogruppo, che si ritrova ora ad occupare sia il ruolo di cane da guardia dell’Unione Monetaria, sia quello di Ministro di un paese in crisi.
Neanche misure di austerità arrivate a 46 miliardi di Euro sono state sufficienti per rimanere entro i limiti posti dall’UE. Dijsselbloem ha comunque annunciato ulteriori tagli per 4,3 miliardi di Euro, sia nei servizi pubblici che nella sanità (queste misure entreranno in vigore solo nel 2014).
Infilzare il coltello ancor più profondamente nel corpo del paese sarebbe molto, molto irragionevole“, così ha dichiarato il socialdemocratico Dijsselbloem al quotidiano tedesco FAZ (Frankfurter Allgemeine Zeitung), nel tentativo di giustificare il ritardo. Questo è il tipo di retorica che abbiamo normalmente ascoltato dai paesi sud-europei colpiti dalla crisi.
Gli effetti negativi del vivere al di là dei propri mezzi sono diventati evidenti dopo l’inizio della crisi finanziaria. Molti dei prospetti finanziari non funzionano più, e difficilmente i cittadini possono pagare di più per i loro debiti.
I prezzi degli immobili privati e commerciali, una volta assurdamente alti, stanno affondando drammaticamente. Quella che era un’economia in fase di boom, ora è in una situazione di stallo.
LA DISOCCUPAZIONE IN AUMENTO
“Queste situazioni comportano lo sviluppo di un circolo vizioso” – spiega Jörg Rocholl, Presidente della “European School of Management and Technology” di Berlino, e membro del “Consiglio dei Consulenti Accademici” al Ministero delle Finanze Tedesco – “I clienti hanno troppi debiti e non possono restituire i prestiti. Tutto ciò causa dei gravi problemi alle banche, che non riforniscono più l’economia reale di soldi a sufficienza. Questa cosa porta alla recessione economica e ad una notevole disoccupazione, che rendono ancora più difficile il rimborso dei prestiti”.
Il tasso ufficiale della disoccupazione è già salito al 7,7%. In realtà è probabilmente molto più alto, ma è stato mascherato fino ad ora da un gruppo demografico chiamato ZZP.
Il “Zelfstandigen Zonder Personeel” (Lavoratore Autonomo senza Dipendenti) è remotamente correlato al cosiddetto modello tedesco “Ich-AG” (me stesso srl, ndt). In Olanda stanno attualmente lavorando circa 800.000 ZZP.
Uno di essi è Rob Huisman. Un 47enne che vive con moglie e figlio a Santpoort, nei pressi di Haarlem. Nel 2006 Huisman, uno specialista di Information Technology, ha lasciato il suo posto di lavoro presso una grande società di consulenza, per avviare un’attività in proprio.
Nei primi tempi le cose andavano bene, con Huisman che guadagnava 100 Euro l’ora. Ma con il tempo molti clienti, sia governativi che privati, hanno cominciato a tagliare i compensi, ed a volte i lavori venivano semplicemente cancellati.
Alle aziende conviene lasciare che i loro dipendenti a tempo indeterminato se ne vadano, per poi assumere personale con contratti di lavoro a termine – continua l’esperto di IT – In questo modo risparmiano i costi della sicurezza sociale”.
C’è una concorrenza spietata tra i lavoratori autonomi, ridotti a svendere il loro lavoro per assicurarsi un posto di lavoro occasionale. “Se non si accetta quel posto di lavoro, lo farà qualcun altro al nostro posto” – sostiene Huisman. In aggiunta, egli non è in grado di pagare, al momento, i contributi al suo fondo pensione. “Viviamo in gran parte dei nostri risparmi” – egli conclude.
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NON S’INTRAVVEDE LA FINE DELLA CRISI
Gli olandesi sono stati a lungo fra i più diligenti risparmiatori d’Europa, ed in questa crisi molti di loro stanno risparmiando ancora di più … la qual cosa è tossica, però, per l’economia.
Uno dei problemi principali è il calo dei consumi” – afferma Johannes Hers del CPB (the Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis), che ha sede a L’Aia, presso il Ministero dell’Economia.
Il suo ufficio si aspetta un calo della crescita dello 0,5%, nel 2013. Ben 755 aziende hanno dichiarato fallimento, nel mese di Febbraio, il numero più alto da quando questo ufficio ha cominciato la sua attività, nel 1981. Anche il settore bancario sta licenziando migliaia di dipendenti, in questo momento.
A causa dei troppi mutui ipotecari che sono stati concessi, il settore finanziario si è molto gonfiato, al punto che gli assets totali di tutte le banche olandesi sommano 4,5 volte la dimensione della produzione economica del paese (PIL, ndt).
A Febbraio, il Governo ha dovuto nazionalizzare la SNS Bank, la quarta banca del paese, perché aveva in sofferenza un ampio portafoglio di crediti concessi per l’acquisto di immobili commerciali.
Le altre banche, invece, vogliono cartolarizzare una parte del loro gigantesco portafoglio-prestiti e rivendere i titoli (attraverso una speciale banca-ipotecaria) soprattutto ai fondi-pensione, dove gli olandesi hanno versato somme ingenti per le loro pensioni.
Giovani famiglie come gli Scheepens, che hanno acquistato una casa in questi ultimi anni, sperano almeno di poter mantenere i posti di lavoro. Anche se i loro duplex hanno perso valore, possono ancora effettuare i pagamenti mensili.
Ma i tagli dei posti di lavoro sono sempre più vicini. Un loro vicino di casa ha recentemente perso il lavoro, e le persone con un importante titolo di studio non possono più trovare lavoro. “Non c’è in vista la fine della crisi” – conclude Scheepens.
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Nota del traduttore: Il mercato immobiliare-finanziario della Danimarca si trova in una situazione del tutto comparabile a quella olandese.
Ma che aspettiamo ad uscire da questa Europa INFAME, forza MARINA, siamo tutti con te !
 

tontolina

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In Grecia è ormai generazione 300 euro

In Grecia è ormai generazione 300 euro - World Affairs - L'Antidiplomatico
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Un lavoratore su tre nel settore privato greco guadagna un salario da 300 euro al mese (440 euro lordi). Queste rilevazioni shock provengono da un’inchiesta condotta dall’Istituto del Lavoro (INE) del principale sindacato greco GSEE. Lo riporta il blog KTG.

Questa inchiesta rileva che i salari in Greci sono crollati significativamente attraverso il cosiddetto “contratti di lavoro flessibile” imposti dalla Troika nel suo Memorandum d’intesa per l’erogazione degli “aiuti”. “I lavori di contratti flessibile” sono considerati i contratti part-time, la riduzione degli orari di lavoro e I cosiddetti lavori in rotazione. Savvas Robolis, il direttore scientifico di INE-GSEE, ha commentato lo studio in questo modo: “l’alto tasso di disoccupazione sta forzando sempre più lavoratori del settore privato ad accettare i lavori di contratto flessibili. La situazione riguarda approssimativamente 500 mila persone. Questo ha creato una nuova generazione di lavoratori e impiegati, la generazione 300 euro”. Naturalmente, questo non riguarda solo giovani e lavoratori inesperti, ma anche tutti i gruppi di età che cercano disperatamente un lavoro e un reddito per la sussistenza personale e familiare.

P.s: Quando in televisione o sui giornali vi parlano degli effetti miracolosi del Job act di Renzi in termini di competitività e ripresa, pensate sempre che esiste un paese, la Grecia, topo da laboratorio della Troika, dove da anni esiste già tutto questo e gli effetti sono là tutti da vedere.
 

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