Mario Ceroli (1 Viewer)

Negli anni 80/90 fu realizzata su suo disegno una scenografia presso il centro di produzione di Milano, tutto a misura studio mi chiesi da dipendente della scenografia se era il caso di conservare qualcosa, ma le dimensioni erano "ingombranti" tutto venne "macinato" in gergo televisivo. Non rammento la TX vedo se trovo qualcosa. Le scenografie subivano e subiscono sempre la stessa fine indipendentemente dallo Scenografo, ai tempi si poteva appropriarsene di qualche elemento,ora che ti porti a casa un pezzo di plexiglas? Per la cronaca i reparti scenografici sono chiusi, tutto in esterno.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Appena recuperato su Instagram e meritevole di essere preservato.

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Un testo vecchio di 52 anni, ma certi difetti erano di allora come ora. Non ho più voglia di stare a sottolineare la fumosità di grandissima parte della critica: nel migliore dei casi viene fatta letteratura, rarissime le spiegazioni che davvero spieghino e non descrivano.
che in sostanza la forma geometrica si esprima nell'artificio manuale della "fabbrica" con una immediatezza che ne rende impossibile la deduzione da un modello ideale, archetipo o progetto: ciò non contraddice, anzi conferma, il carattere fabrile di questo umanesimo anticontemplativo e pratico.
Il De Mauro riporta fabrile=v. fabbrile, proprio o caratteristico del fabbro, tanto per la precisione. Parola non certo di uso comune pur se discretamente comprensibile. E fin qui siamo solo nello snobismo alla marchese del Grillo. Io però mi chiedo se questo apparire grezzo e non ideale dovesse mai contraddire il carattere fabrile, cioè praticamente il fatto che l'opera sia eseguita artigianalmente. No, e infatti conferma un umanesimo pratico, attivo. E allora [non contraddice, anzi] sono parole in libertà, inutili e fumose, buone per un tema delle superiori, per non farlo sembrare "troppo corto". Retorica, in una parola. Toglile e tutto è più semplice (per quanto ...)

che in sostanza la forma geometrica si esprima nell'artificio manuale della "fabbrica" (dell'opera artigianale) con una immediatezza che ne rende impossibile la deduzione da un modello ideale, archetipo o progetto: ciò conferma (meglio: indica, mostra; conferma solo se lo avesse già detto prima - e magari lo ha pure detto, va'), il carattere fabrile :B di questo umanesimo anticontemplativo e pratico.

Ma se avesse detto che il carattere di grezza manualità delle opere non fa a tutta prima comprendere che esse derivano da modelli ideali, e in quanto tali perfetti, ah, giammai, nessuno lo avrebbe preso sul serio. In Italia. Anche se, per una volta, avrebbe espresso un concetto non banale (infatti l'osservazione ha senso ed è pure specifica per Ceroli: quello che appare discutibile è il linguaggio usato).

Chiedo scusa a Cris e a Ceroli se li ho messi in mezzo: loro non c'entravano.
Anzi no: nell'esternare una siffatta operazione critica dalla connotazione non pacifica sarà doveroso, pur se da nessuno coram populo richiesto, esprimere le dovute distanze da un eventuale coinvolgimento dell'allora artefice, come dell'odierno citante, in tale poco commendevole escavazione paraletteraria dagli esiti non precisamente e definitivamente controllati e/o controllabili. :melo::prr::pig:
 
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Un testo vecchio di 52 anni, ma certi difetti erano di allora come ora. Non ho più voglia di stare a sottolineare la fumosità di grandissima parte della critica: nel migliore dei casi viene fatta letteratura, rarissime le spiegazioni che davvero spieghino e non descrivano.
Obblighi di trasferimento in altra casa mi impediscono di avere con me un libro di G. M. Accame che avevo comprato tempo fa con lo scopo di approfondire, altrimenti avrei preso una pagina a caso e avrei riportato una qualsiasi frase, ancora presa a caso, e sarebbe risultata scritta immancabilmente con lo stesso stile.
Riporto però un suo testo tratto dalla rete (il primo che ho trovato!) quale esempio di critico che riempie migliaia di pagine alla fine di ciascuna delle quali mi pongo la seguente domanda: è tutta fuffa o sono io che non ho capito una mazza? (credo di conoscere la risposta :D)

La pittura accade. La pittura diviene presenza che fisicamente è di fronte a noi e ci costringe a un confronto. Il periodo più recente del lavoro di XYZ pone proprio il problema dell'individualità di ogni singolo episodio pittorico. Anche nel comporsi e sovrapporsi il gesto della pittura conserva e indica la propria origine distinta. Qui, in un ambiente contrassegnato dalla memoria e dal silenzio dei cartoni incisi e disegnati, predisposti sulle pareti perimetrali ad arginare ogni invadenza esterna, XYZ ha creato uno spazio scenico. Luogo dove la pittura si presenta e si rappresenta nella volontà di mostrare la sua condizione attuale. Attorno a questo teatro nel quale assurdo e trascendenza sembrano confrontarsi, ecco apparire l'esplosione liberatoria delle "scintille". Il respiro ampio e visionario di un universo costellato da schegge di colore, frammenti di senso e d'emozione. Figure di pura pittura che affermano il movimento del pensiero, che superano la rappresentazione, che ovunque e in ogni istante sorgono simultaneamente là dove l'esperienza diviene effettiva conoscenza.

Analisi del testo:
La pittura accade --> cioè?
La pittura diviene presenza che fisicamente è di fronte a noi e ci costringe a un confronto. --> Falso. La persona insensibile all'arte passa davanti al capolavoro e nemmeno se ne accorge
Problema dell'individualità di ogni singolo episodio pittorico --> Cioe?????????? Forse si intende dire che ogni opera è a sè??????? Banale, no? Ma comunque ... allora perchè solo "il lavoro più recente dell'artista" pone questo problema?
(e si potrebbe continuare)

Il grassetto è l'unico accenno al lavoro dell'artista, il cui nome ho volutamente oscurato per far notare come potremmo inserire chiunque, o quasi. Che ne so, una mostra di Vedova, o di Hans Hartung.
 

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