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ETF Superstar: dati e motivi di un successo
di Marco Ciatto
Degli ultimi 15 mesi compiuti di Borsa, solo 3 hanno chiuso in positivo, 4 se invece del MSCI World prendiamo a riferimento lo S&P 500 o il DJ Euro STOXX 50.
La discesa dei mercati si è accentuata nel settembre scorso con
il fallimento della Lehman Brothers, che ha trascinato in un baratro la fiducia degli investitori e innalzato la volatilità a livelli che non si vedevano da decenni. Solo in dicembre si è avuto un timido tentativo di ripresa, una breve correzione che se da una parte ha visto lievemente, e brevemente, risalire i corsi azionari, dall’altra ha registrato pure i nuovi record storici degli indici iTRAXX europei sui derivati creditizi.
Il 2008 si è così chiuso per molte Borse mondiali con ribassi del 40-50%, con una gran fuga dei capitali verso il mercato degli
strumenti monetari e di liquidità, e con una crescente attenzione degli investitori a prodotti trasparenti, flessibili e garantiti, senza un rischio di controparte, oltre che economici.
I fondi comuni d’investimento hanno solo due di queste caratteristiche: la trasparenza e la garanzia del patrimonio segregato da quello della società di gestione, ma sono cari, mediamente 4 volte rispetto agli Exchange-Traded Fund (ETF), e la stragrande maggioranza di questi non ha saputo far meglio del mercato.
La delusione più grande è probabilmente venuta dai
fondi flessibili e dai così detti absolute return o total return, ma anche gli
hedge fund hanno in maggioranza tradito le aspettative di ritorni decorrelati dal mercato, e l’intera categoria è stata duramente punita.
Nel 2008, infatti, i fondi comuni italiani ed esteri hanno accusato
deflussi per 140 miliardi di euro – dati Assogestioni - e gennaio è iniziato con un rosso di €4,9 miliardi, non proprio sotto i migliori auspici.
Un’altra classe di prodotti d’investimento che è stata - è proprio il caso di dirlo – travolta dall’innalzato livello di percezione del rischio di credito è quella dei
certificati.
Questi strumenti, infatti, espongono totalmente l’investitore al rischio di controparte, l
a banca emittente, che potrebbe non essere in grado di onorare i propri obblighi relativamente al rimborso del capitale a scadenza.
In un periodo, come quello attuale, in cui le banche hanno subito ingenti perdite, anche dai mutui subprime, e necessitano di ricapitalizzarsi per rassicurare il mercato della loro solidità e stabilità finanziaria,
esporre il 100% del proprio capitale alle sorti di una singola banca non appare molto saggio.
Soprattutto quando vi sono strumenti come gli
ETF, OICR quotati che al pari dei fondi comuni d’investimento
hanno un patrimonio segregato da quello dell’emittente, e
come le ETC (Exchange-Traded Commodities), titoli legati all’andamento di una o più commodity, che per la quasi totalità sono interamente garantite, ovvero
collateralizzate da obbligazioni governative e non di rating minimo “AA”, oppure dalla materia prima fisica, come nel caso dei preziosi (lingotti d’oro, argento, platino, palladio).
Le statistiche di Borsa Italiana sui contratti e volumi dei certificati e degli ETF/ETC registrati nel 2007 e 2008 sono il riflesso di quanto appena detto.
L’intera classe dei certificati, classici, a leva, con protezione, ha registrato nel 2008 un aumento del 47,9% per numero di prodotti, ma un
crollo del 52,9% in termini di contratti e di ben il 78,1% in termini di controvalore, rispetto al 2007.
Il mercato ETFplus degli
ETF/ETC ha registrato invece una crescita del 56,7% per numero di prodotti, del 5,9% per numero di contratti e di ben il 51,2% in termini di controvalore.
I volumi di ETFplus, che a fine 2008 contava 326 strumenti, sono stati così pari a 48,1 miliardi di euro, rispetto ai €12,6 miliardi generati dai 1.415 certificates.
L’investitore italiano (e non solo) guarda così sempre di più agli ETF e alle ETC per realizzare i propri investimenti, e il più recente lancio di
ETF short (inversamente correlati al mercato) a leva 1 e 2, ha avvicinato a questa categoria di prodotti i trader più attivi e molti piccoli-medi gestori che per politiche interne non possono vendere titoli allo scoperto o utilizzare derivati. Da alcuni mesi a questa parte, gli short/Bear (o XBear) ETF sono in cima alle classifiche dei fondi più trattati, sia per contratti che per volumi, a dimostrazione del fatto che un sempre maggior numero di operatori professionali fa uso di questi strumenti, specie quando la volatilità è ancora così elevata. Oltre che per assumere semplicemente una posizione ribassista su un indice o un settore industriale, infatti, questi ETF sono utilizzati come
copertura di posizioni preesistenti e per tecniche di arbitraggio o strategie long-short.
Un enorme successo, poi, lo hanno avuto gli ETF di liquidità, indicizzati al tasso EONIA, che in tutta Europa hanno raccolto lo scorso anno qualcosa come 10 miliardi di euro.
La vera sorpresa di questi ultimi due mesi, però, sono le
ETC, in particolare quelle legate all’andamento
del petrolio e dell’oro. Il 26 gennaio scorso il segmento ETC ha registrato il nuovo record storico in una sola seduta: 1.869 contratti per 48,5 milioni di euro di controvalore, oltre la metà del quale sull’ETFS Crude Oil, e più di 1/3 sull’ETFS Physical Gold. Nel mese di gennaio, inoltre, per la prima volta dal loro lancio dell’aprile 2007, una ETC, l’ETFS Crude Oil, si è inserita tra i primi 10 strumenti più trattati in termini di contratti e volumi del mercato ETFplus. Nella Borsa di Londra, del resto, le ETC sono già da diversi mesi tra i prodotti più scambiati, e l’investimento in materie prime non è mai stato così semplice e diversificato, prima d’ora.
Si ricorda che le ETC, a differenza degli ETF, possono investire in contratti future anche di una singola commodity, ma non sono OICR.
Il fatto, però, di aver posto a garanzia delle ETC (tutte quelle non Physical, già garantite dalla materia fisica, o legate al Brent e WTI)
un collaterale costituito da contanti, titoli obbligazionari governativi e altri titoli di debito con un rating non inferiore alla AA, che copre non meno del 100% del valore giornaliero mark-to-market di tutte le quote di ETFS Commodity Securities in emissione ha sicuramente fatto la differenza, e attirato anche gli investitori più prudenti.
Il trend per gli ETF e le ETC sembra proprio destinato a non fermarsi. Nel 2008 è stata l’unica industria che anche a livello europeo ha registrato una forte crescita di asset, malgrado i cali di Borsa. I flussi netti, nei primi 11 mesi dello scorso anno, sono stati pari a 67,05 miliardi di dollari per gli ETF europei, laddove l’industria dei fondi ha accusato deflussi per $493,2 miliardi in tutta Europa, e le stime per gli hedge fund sono di oltre -$100 mld.
Da inizio anno in Borsa Italiana sono già stati lanciati
25 nuovi ETF e molti altri ne arriveranno. Presumibilmente, aumenterà anche il numero di ETC quotate, e rimarrà allora il solo imbarazzo della scelta. Azioni, obbligazioni, materie prime, settori economici, innovativi, tematici, tutto è a portata di mano, anzi, di ETF/ETC, perché questi sono gli strumenti del presente e del futuro, ed il cammino per loro è già felicemente tracciato.
Ora sta all’investitore coglierne e sfruttarne l’essenza.