ma vale la pena rimanere nell' euro? (1 Viewer)

osinod

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per dirla in modo kantiano che a me tanto piace

la premessa di tutto quello che stiamo vivendo :


1) 20 anni che non cresciamo piu' (in pratica dall' adozione dell' euro)

2) suicidi quotidiani

3)mancanza totale di prospettive e speranza per il futuro

4) poverta' dilagante

5) la nascita di movimenti neonazisti in europa

6)recrudescenza di atti terroristici

7)corruzione e sfascio dei partiti classici della nazione lega compresa, inclusa la sfiducia ormai totale vs le istituzioni


io sono con beppe grillo quando dice europa si ma fuori dall' euro , per me è l' unica soluzione invece di uno straziante lento suicidio che stiamo vivendo


Grillo: «Fuori dall'euro» - POLITICA



p.s. intanto time dedica un articolo al boom di grillo
 

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@lr

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Roubini torna alla carica: svalutate l'euro per salvarvi! | Trend Online


Roubini torna alla carica: svalutate l'euro per salvarvi!


Nouriel Roubini davanti al pubblico della Conferenza mondiale del Milken Institute di Los Angeles fa una panoramica dei legami possibili tra la crisi petrolifera, quella del debito europeo e la politica economica Usa. Con considerazioni interessanti.


ROSSANA PREZIOSO 3 MAGGIO 18:00
In particolare, è il rischio di uno scontro tra Israele e Iran, o tra Stati Uniti e l'Iran, il punto focale, sebbene sia molto improbabile che il presidente Obama possa reagire in alcun modo, almeno fino a dopo le elezioni presidenziali di novembre.

In ambito euro, però, il celebre economista ha sottolineato quello che in Usa è l’argomento che regge il banco sulla questione finanziaria: la crisi del debito europeo. Con il rischio, sempre più concreto, di una recessione endemica, dovuta anche all’esasperazione dei prezzi degli energetici, intimamente legati a quelli petroliferi. Da qui la sua preoccupazione per l’Iran.

Infatti, lui stesso h fatto notare un particolare che in molti avevano già sottolineato: lo spostamento di tutto il mondo verso il gas naturale (proprio come hanno fatto in Italia le nostre aziende di settore), cosa che potrebbe essere un freno alla crisi, o almeno a uno dei suoi tanti fattori. Si, perchè la crisi del debito europeo, secondo le opinioni dell’economista “apocalittico” (soprannome che gli viene affibbiato dopo aver previsto l’effettiva contrazione a livello globale) ha varie cause ma un solo unico rimedio sicuro: la svalutazione dell’euro del 30%.

Anche perchè l’alternativa sarebbe una rottura del già fragile sistema, nato su basi forzate. E in caso di crack della zona euro,le conseguenze potrebbero provocare cataclismi globali. Le misure che i governi hanno preso per contrastare il pericolo, sono anche peggiori del rischio stesso.

Un piccolo parallelo con l rischio che si sta evidenziando, ma nella prospettiva ancora lontana, proprio negli Usa: aumentare le tasse e diminuire le sovvenzioni statali. Un meccanismo del genere potrebbe portare a meno reddito disponibile nelle tasche della gente e poi un rallentamento dei consumi, ha aggiunto, sottolineando la stagnazione dei salari.


Infatti l’austerity paralizza gli investimenti e la dinamicità che una riforma del mercato del lavoro richiederebbe al momento; non solo, ma essere coinvolto sarà l’intero sistema bancario con conseguenze incalcolabili visto che sono proprio le banche le più esposte ai bond infetti.

Non solo ma anche nella migliore delle ipotesi, e cioè che si organizzi una sorta di default controllato, non bisogna dimenticare che le economie euro-dipendenti hanno fortissimi interessi nelle cosiddette economie emergenti che non potrebbero sopperire a un tracollo del genere.
 

great gatsby

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IL COMMENTO ■ ALFONSO TUOR
Il dilemma dell'Europa unita

L'Europa è di fronte a un bivio: o la Germania accetta in qualche modo di farsi carico di parte dei debiti dei Paesi in difficoltà oppure l'unica so­luzione è la spaccatura dell'Unione moneta­ria europea.

La crisi dell'euro è infatti giunta ad un punto di non ritorno. I risultati delle ele­zioni francesi e soprattutto di quelle greche han­no dimostrato che le politiche di austerità non solo non stanno producendo gli effetti deside­rati, ma anche che stanno diventando politi­camente insostenibili. Inoltre non appare più ragionevole sperare in un miglioramento del­la congiuntura, come confermano le previsio­ni della Banca centrale europea che sono sta­te appena rese note, oppure in un qualche al­tro effetto miracoloso per rimettere in carreg­giata l'economia di Eurolandia. Le ipotesi che attualmente circolano non sono all'altezza del­la gravità della crisi. Esse sembrano unicamen­te tese a rabbonire il nuovo presidente france­se, François Hollande, che nella campagna elettorale si è impegnato a battersi per una svol­ta della politica europea a favore della cresci­ta.

Infatti il Patto per la crescita proposto dal presidente della BCE, Mario Draghi, basato su liberalizzazioni del mercato del lavoro e del mercato unico europeo, potrebbe produrre ri­sultati solo a medio e a lungo termine, ma non frenare la caduta in una recessione sempre più profonda di Italia e Spagna. Anche l'idea di un Piano Marshall di 200 miliardi di euro fat­to di investimenti infrastrutturali finanziati dalla Banca europea per gli investimenti è in­sufficiente, produrrebbe risultati tardivi e non muterebbe quindi la dinamica della crisi.

Pu­re l'idea di rinviare di un anno gli obiettivi di risanamento dei conti pubblici dei Paesi in dif­ficoltà sarebbe solo un riconoscimento della
realtà, ma non cambierebbe il quadro di crescenti sofferenze in cui si dibattono le economie dei Paesi europei deboli. La verità è che le politiche di austerità si stanno rivelando fallimentari.

È stato calcolato che ad un risanamento di un punto percentuale dei conti pubblici corrisponde una contrazione di 1,5 punti dell'economia. Insomma, il rigore sta producendo un rapido avvitamento delle economie in una recessione sempre più grave. A queste politiche di austerità non vi è però alternativa nell'ambito dell'euro.

nfatti se Italia e Spagna allentassero le loro politiche di risparmio, verrebbero immediatamente punite dai mercati finanziari che spingerebbero al rialzo i rendimenti dei loro titoli pubblici.

Quindi nelle condizioni attuali l'euro diventa una specie di giogo che non lascia spazi di manovra. Da questa constatazione partono le invocazioni alla Germania di farsi carico (ad esempio attraverso gli eurobond, ossia l'emissione di obbligazioni garan tite da tutti i Paesi della zona euro) dei debiti dei Paesi deboli. Il Governo di Angela Merkel si è finora giustamente opposto a questa soluzione, poiché teme di non avere la forza di sostenere un simile fardello. La Germania, che sta già facendo molto per salvare l'euro (è il principale finanziatore del Fondo salva-Stati), ha già un debito pubblico che si aggira attorno all'80% del PIL e quindi non ha la solidità necessaria ad assumersi questo compito. Inoltre dovrebbe superare l'opposizione di una gran parte della popolazione tedesca che ha pagato in termini salariali e di protezione sociale le riforme attuate dal precedente Governo rosso-verde.

La Germania non è egoista, come molti cercano di dipingerla, ma è un Paese consapevole di non avere la forza per assumersi un compito di queste dimensioni e il cui esito sarebbe in ogni caso molto incerto. Quindi, questa strada appare preclusa. L'Europa dunque si è infilata in un vicolo cieco.


Non si potrà ancora a lungo affrontare la crisi dell'euro con palliativi che permettono solo di guadagnar tempo. I cerotti saranno sempre più costosi e sempre meno utili. Perseverare in questa direzione presenta inoltre il rischio che si giunga ad un'esplosione incontrollata dell'Unione monetaria a causa del fallimento di un suo Paese (il primo candidato è ovviamente la Grecia) oppure di alcune banche europee. L'ultimo bollettino mensile della Banca centrale europea conferma che non si può sperare in una ripresa economica o in qualche altro miracolo.

L'Europa è di fronte ad un bivio: o sceglie di diventare una Transferunion (ma la Germania si oppone fermamente a questa prospettiva) oppure prepara la spaccatura dell'euro, che - se condotta in modo ordinato - non sarebbe affatto catastrofica. L'insofferenza crescente dei cittadini emersa nelle ultime elezioni non permette di indugiare ancora a lungo. Anzi, obbliga i Governi europei a scegliere.
 
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osinod

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be' credo tuor con il suo articolo abbia centrato il problema del resto a mia memoria ha sempre fatto degli interventi eccellenti

in ogni caso quindi manca poco al momento della verita' per l' euro

staremo a vedere come andra' a finire
 

f4f

翠鸟科
per dirla in modo kantiano che a me tanto piace

la premessa di tutto quello che stiamo vivendo :


1) 20 anni che non cresciamo piu' (in pratica dall' adozione dell' euro)

2) suicidi quotidiani

3)mancanza totale di prospettive e speranza per il futuro

4) poverta' dilagante

5) la nascita di movimenti neonazisti in europa

6)recrudescenza di atti terroristici

7)corruzione e sfascio dei partiti classici della nazione lega compresa, inclusa la sfiducia ormai totale vs le istituzioni


io sono con beppe grillo quando dice europa si ma fuori dall' euro , per me è l' unica soluzione invece di uno straziante lento suicidio che stiamo vivendo


Grillo: «Fuori dall'euro» - POLITICA



p.s. intanto time dedica un articolo al boom di grillo



gli effetti che tu elenchi hanno ben altre cause
l'euro al massimo è una concausa
 

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