MA LE LENTICCHIE CHE HO MANGIATO A CAPODANNO, ESATTAMENTE QUANDO INIZIANO A FARE EFFETTO? (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Il super “Commissario straordinario” sta facendo il Pinocchio proprio come Conte,
mentre gli italiani sono nuovamente costretti ad arrangiarsi.

Non dimentichiamo mai cosa rispose il presidente del Consiglio il 27 gennaio, ospite di Lilli Gruber,
a una domanda sui rischi che il coronavirus potesse colpire anche in Italia?

Rispose: «Siamo prontissimi. Tutti i protocolli di prevenzione sono stati attivati.
L’Italia in questo momento è il Paese che ha adottato misure cautelative all’avanguardia rispetto agli altri, misure incisive».


La verità è che, in realtà, non avevamo neanche fatto provviste di mascherine (anzi avevamo spedito le nostre scorte in Cina)
e, difatti, il coronavirus, per gli errori e i colpevoli ritardi del governo, ha potuto dilagare indisturbato con un tragico bilancio che ha superato i 30 mila morti.

Da quel lontano giorno di gennaio (e siamo a metà maggio) la questione della mancanza di mascherine
(ma anche di tute, guanti e respiratori durante l’emergenza) non si è mai risolta.


Eppure il governo ha persino nominato un “Commissario straordinario”, nella persona di Domenico Arcuri
(ex-dalemiano molto vicino al “leader minimo” Conte).

Tutto risolto?

Macché.

Pasticci su pasticci, prima con le Regioni e ora anche con i cittadini, come dimostra la vicenda delle mascherine che non ci sono.

Arcuri ha fatto come Conte, dimostrando concretamente di essere anche lui un “Pinocchio” che prende in giro gli italiani.

Per dimostrarlo basta sfogliare le sue dichiarazioni.

Conferenza Stampa del 21 aprile: «Ci sono 40,3 milioni di mascherine nei magazzini delle Regioni, aggiornato a ieri.
Serviranno per fronteggiare picchi di domanda o rigurgiti dell’emergenza.
Ormai questo argomento delle mascherine lo possiamo accantonare, ha lasciato il passo a ulteriori questioni…
Confido che in qualche giorno il problema del prezzo massimo delle mascherine non ci sarà più».

Il 25 aprile arriva la frase clou: «Siamo pronti a distribuire tutte le mascherine che serviranno per gestire la fase 2…
Arriveremo presto a produrre almeno 25 milioni di mascherine al giorno».

Viene, infatti, dato l’annuncio che è stato siglato un accordo

«con due grandi imprese italiane che stanno producendo 51 macchine utensili che serviranno a produrre mascherine nel nostro Paese.
Queste 51 macchine produrranno da 400mila a 800mila mascherine al giorno
. Noi compreremo queste macchine e utilizzeremo luoghi pubblici per produrre le mascherine».

Il 26 aprile, dopo l’annuncio del presidente del Consiglio, Conte, il commissario straordinario Arcuri
firma l’ordinanza che fissa il prezzo massimo di vendita di una mascherina chirurgica a 0,50 euro più Iva al 22%
per un totale di 61 centesimi di euro.

Il 27 aprile viene firmato un accordo da Arcuri con l’Ordine dei farmacisti, Federfarma e Assofarm
per garantire un rimborso alle farmacie che hanno acquistato le mascherine a un prezzo superiore ai 50 centesimi.
Viene anche diffusa una nota degli uffici del Commissario in cui si afferma che tutte le farmacie e le parafarmacie italiane
«saranno messe in condizione dal commissario Arcuri di vendere a tutti i cittadini le mascherine chirurgiche al prezzo massimo di 0,50 euro al netto dell’Iva».

Nel pomeriggio del 27 aprile Arcuri rende noto che 660 milioni di mascherine chirurgiche
saranno nelle prossime settimane sul mercato italiano ad un prezzo medio di 38 centesimi di euro al pezzo.
Viene anche fatto il nome delle cinque aziende italiane che le produrranno: la Fab, la Marobe, la Mediberg, la Parmon e la Veneta Distribuzione.

Dichiara Arcuri:

«Voglio ringraziare queste eccellenze italiane che hanno mostrato una straordinaria disponibilità e un forte senso di responsabilità».

Per Arcuri si tratta di un «primo importante passo»: si stanno infatti «contattando le altre 108 aziende italiane,
incentivate grazie al “CuraItalia”, e a tutte loro sta giungendo la rassicurazione dagli uffici del Commissario
che acquisteranno le loro mascherine via via che saranno collocate sul mercato…
Nessuno dovrà rimetterci, a partire dalle imprese produttrici, dalle farmacie e dalle parafarmacie…
Stiamo sconfiggendo i vergognosi episodi registrati negli ultimi mesi. Sulla salute non si specula».

La sera del 27, poi, Arcuri, al Tg1 delle 20, afferma:
«Le mascherine in Italia ci saranno per tutti e al prezzo giusto».
Inoltre, aggiunge: «Le polemiche in Italia ci sono sempre. Pensiamo che queste aziende siano solo le prime
e grazie alla loro sensibilità spegneremo anche questa volta le polemiche».

Conferenza stampa del 28 aprile: «Da lunedì (4 maggio, data inizio della fase 2, ndr.)
potremmo distribuire 12 milioni di mascherine al giorno, tre volte l’attuale fornitura.
Dal mese di giugno arriveremo a 18 milioni, dal mese di luglio 25 milioni e quando inizieranno le scuole a settembre
potremmo distribuire 30 milioni di mascherine al giorno, undici volte quel che distribuivamo all’inizio dell’emergenza».

Il 29 aprile in audizione video alle Commissioni Finanze e Attività Produttive della Camera afferma:
«Il commissario non distribuisce mascherine ai cittadini, deve metterli in condizione di comprarle a un prezzo più conveniente possibile,
di qui il prezzo calmierato a 0,50 centesimi. La gente dice che non ha mascherine? Io più che darle alle farmacie non posso fare».

Conferenza stampa del 2 maggio: «Da lunedì i cittadini che vorranno acquistare le mascherine,
le troveranno al prezzo massimo di 50 centesimi al netto dell’Iva in 50 mila punti vendita, uno ogni 1.200 abitanti.
Dalla metà di maggio i punti vendita diventeranno 100 mila, uno ogni 600 abitanti».

Arcuri che mostra anche i primi prototipi delle mascherine per bambini, annuncia di aver sottoscritto un accordo
con farmacie, parafarmacie, Confcommercio, Federdistribuzione e Coop, mentre è in corso trattativa con i tabaccai.

Questi i proclami di Arcuri rivelatesi ben lontani dalla realtà, visto che oggi, 12 maggio,
ancora non è in grado di distribuire mascherine sufficienti alle farmacie e agli altri punti vendita che continuano a esserne sprovvisti.


Tanto che, ormai, l’Istituto Superiore di Sanità è arrivato ad autorizzare mascherine confezionate artigianalmente purché siano multistrato

Intanto nella bozza del “decreto maggio” (ex decreto aprile che se va avanti così diventerà “decreto mai”)
viene ipotizzato (e poi smentito…) un prezzo massimo delle mascherine a 1,50 euro, ovvero tre volte quello indicato da Arcuri.

E Arcuri?

Lui continua a fare lo “scaricabarile” accusando i distributori (che millantano di avere nei depositi milioni di mascherine)
e le farmacie (che si rifiutano di vendere sottocosto).


Il commissario ha avuto anche la faccia tosta di dire: «Non sono io a dover rifornire i farmacisti».

Allora cosa ci sta a fare? E cosa promette nelle conferenze stampa e davanti al Parlamento?

Insomma, il pasticcio delle mascherine continua, mentre gli italiani, come al solito, devono arrangiarsi come possono.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Più chiaro di così........la realtà reale.

Intervistato a "La Zanzara", trasmissione radiofonica in onda su Radio 24,
il politologo statunitense Edward Luttwak commenta l'episodio della liberazione della collaborante milanese Silvia Romano.

Nel fare ciò, si ricollega anche a simili episodi del recente passato
avvenuti ad altri nostri connazionali e quindi allarga il discorso colpendo quanti,
con lo "scudo" della denominazione Ong, si arrischiano in territori non di certo esenti da pericoli.

"Anni fa", esordisce Luttwak, "una brava persona è morta per salvare una donna andata in Iraq per scrivere male dei soldati italiani in Iraq".

Il riferimento è a Nicola Calipari, funzionario e agente dei servizi segreti, ucciso poco dopo aver concluso con successo
l'operazione per liberare la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, sequestrata dall'organizzazione del Jihad islamico
mentre si trovava a Baghdad per girare un reportage.

"Queste persone italiane che si auto nominano Ong e che vanno a mettersi nei guai, non hanno diritto di esigere questi grandi sforzi",

aggiunge il politologo americano, come riportato da "Dagospia".

"Più dei soldi c’è il rischio per il personale, che non sono lì per fare le bambinaie di queste disgraziatissime persone
che vanno proprio lì dove c’è il pericolo. Vi assicuro che quello che questa signora faceva in Kenya non aveva nessun impatto su nessuno",


attacca Luttwak.

"Io vi do una lista di quartieri a Napoli dove c’è un enorme bisogno di lei.
Invece lei va a fare un’avventura personale e poi si fa salvare dallo Stato italiano.",


aggiunge ancora, prima di spostarsi sulla vicenda delle "due Simone", come le definisce lo stesso Luttwak.

Si riferisce in questo caso a Simona Pari e Simona Torretta, rapite negli uffici di una Ong a Baghdad nel 2004
e liberate 20 giorni dopo dietro il pagamento di un riscatto, anche questo,
come quello per salvare la giornalista Giuliana Sgrena, sempre negato dal governo.

"E poi, com'è successo quella volta con quelle due disgraziatissime Simone,
il padre diceva che se vogliono poi tornare in Iran, non è che le blocco. Hanno il diritto di farlo.
E così ogni volta lo Stato italiano va lì e paga milioni".

Sarebbe giusto impedir loro di tornare?

Luttwak ha le idee chiare.

"No, no, bisogna pubblicare una notizia oggi, in giro per il mondo, che se tu sei un cittadino italiano,
che ti chiami ong o non ti chiami ong, Ciro o Giro, tu devi contattare il consolato italiano più vicino,
e se il consolato ti avvisa che è pericoloso essere dove sei, se tu non ritorni a casa il consolato italiano non può più tutelarti",


spiega il politologo.

"Queste Ong sono ragazze e ragazzi che vanno in giro con Toyota Land Cruiser da 70mila dollari,
parlano a vanvera, non parlano la lingua, non sanno fare nulla. La parola ong vuol dire non governativa.
Vuol dire cioè che non è sorvegliata da nessuno",


attacca ancora Luttwak.

"Questi sono giovanotti e giovanotte che non hanno una collocazione nella loro società, e sotto il nome di ong vanno a vanvera nel mondo.
Ero in Bolivia e nell’Amazzonia boliviana, ho la mia fattoria di mucche.
E vedo questi sbandati delle ong che vanno in giro a fare programmi cretini e poi scompaiono.
Raccolgono soldi da qualche cretino e poi scompaiono. Sono una piaga",

accusa.

E sul fatto che anche Silvia Romano (Aisha dopo la conversione) voglia tornare ancora in Africa?

"Un po’ di rispetto, Aisha è la moglie di Mohammed. L’ha sposata quando Aisha aveva sei anni,
ma nella biografia ufficiale spiegano che non ha consumato fino all’età di nove anni. Quindi è un glorioso nome Aisha.
Un orrore? No, è una cosa bellissima. Adesso sento che questa vuole ritornare lì per farsi catturare di nuovo per essere liberata di nuovo",

replica ancora Luttwak.

"E magari c’è un genitore in giro, come ha fatto con le due disgraziatissime, che dice se mia figlia vuole ritornare io non è che la blocco",

dice con amarezza.

"Ma a me preoccupa solo un fatto, di aver collaborato coi puzzolenti turchi, i peggiori turchi del mondo, ci sono turchi belli e brutti.
I più brutti sono quelli del servizio turco",

affonda ancora il politologo statunitense.

"Gli operativi dell’Aise sono operativi sul serio e chiunque critichi queste cose, non deve criticare loro.
I loro colleghi di altri servizi sono molto operativi nei film, ma in pratica non sono operativi.
Il peggior aspetto di questo è la collaborazione con i servizi turchi, gli agenti di Erdogan e dell’islamismo.
Gli italiani avrebbero dovuto sputargli in faccia, a questi del servizio turco. Questa è una cosa terribile",

conclude.
 

Val

Torniamo alla LIRA
“Caro Commissario… noi Farmacisti c’eravamo quando le mascherine non c’erano
e le persone avevano paura e si ammalavano… c’eravamo a febbraio, a marzo, ad aprile;
c’eravamo quando mancava l’ossigeno; quando non si trovavano i saturimetri;
quando la situazione era molto più grave; ci siamo anche adesso – si legge in un nota di Federfarma Lecco firmata dai farmacisti lecchesi –.

Non ci siamo mai tirati indietro, anche senza protezioni. Abbiamo fatto tutto il possibile. Abbiamo anche lavorato da soli in farmacia…
con i Colleghi a casa per Covid… senza orari, senza sosta… e tu, ora, ci accusi di nascondere le mascherine?

Commissario Arcuri, dovresti solo ringraziarci, ogni giorno… perché anche grazie a noi il numero dei contagiati,
dei malati e dei decessi non è aumentato esponenzialmente.

Ringraziaci, scusati, e poi per favore dimettiti…”
 

Val

Torniamo alla LIRA
Governo e maggioranza parlamentare non hanno alcuna cognizione di cosa sia la vita reale.

Nessun contatto con la realtà.


Il 18 maggio dovrebbero riaprire gran parte delle attività commerciali e artigianali,
ma i protocolli di riapertura che girano in queste ore (elaborati da governo e task-force) hanno contenuti raccapriccianti.

Regole su regole, limitazioni su limitazioni: si pensi ai ristoranti, che dovranno rispettare il distanziamento di 4 metri da un cliente all’altro,
oppure agli stabilimenti balneari, che saranno costretti ad osservare una distanza di 4,5 metri tra ombrelloni,
con obbligo di mascherine in spiaggia.

Col caldo agostano far portare la mascherina sulla battigia è semplicemente da idioti.



Al di là del lato grottesco di tutta questa situazione
(si pensi al divieto di respirazione bocca a bocca per chi rischia di annegare),
ci sono aspetti economici drammatici.

Un ristorante che paga un canone di locazione pre-virus, nel dover rispettare la distanza dei 4 metri da un cliente all’altro
si vedrà ridimensionare il suo fatturato.

Se prima dell’epidemia faceva 100 coperti, da lunedì in avanti potrà farne al massimo 25-30.

Sempre che ci siano ancora clienti che abbiano il denaro per potersi permettere di mangiare al ristorante.

In ogni caso ci sarà un calo vertiginoso degli incassi a tassazione e spese invariate. In pratica, chiusura del ristorante e licenziamento dei dipendenti.

Di tutto questo al governo non interessa nulla.

Con la riapertura, Conte e compagni potranno di fatto non elargire più i 600 o gli 800 euro previsti fino a maggio,
e da settembre potrà pretendere il pagamento delle tasse.


Il governo Conte ha imposto la chiusura sin dai primi di marzo, ma consente ora la riapertura con protocolli scritti da dementi
che, di fatto, condurranno le attività commerciali e artigianali verso il fallimento
.

In questo modo Conte potrà dire che il massacro di queste imprese non è da ascrivere a lui,
che comunque ha consentito la riapertura, ma al virus e alla crisi economica che ne è scaturita.

Ma c’è anche un altro aspetto.

Questo perenne stato di emergenza garantisce, attraverso il terrore, la sopravvivenza politica del governo giallo-rosso
e la conduzione dello Stato da parte di tecno-scienziati che hanno trovato nel virus, attraverso la paura generata nel popolo,
l’imperdibile occasione di esercitare il potere godendo non solo di lauti compensi, ma anche delle luci della ribalta.


Il mantra é quello che ritorneremo alla libertà non prima di essere stati vaccinati, forse tra un anno.

Io sono sempre stato un convinto e deciso sostenitore dei vaccini, ma in questa situazione qualcosa non mi quadra.

Stando ad alcune rilevanze scientifiche, la soluzione del plasma – già sperimentata con risultati straordinari –
dovrebbe garantire una cura efficace nel caso vi fossero nuovi contagi.

Ma non solo.

A differenza dei mesi precedenti, oggi abbiamo quasi il triplo dei posti letto in terapia intensiva con relativi respiratori polmonari.

Continuare ad infondere terrore e a limitare le libertà fondamentali ed economiche non ha più alcun senso.

Ma con ogni probabilità ha ragione Enrico Montesano quando dice che la soluzione del plasma è osteggiata dalle task-force perché è efficace,
costa poco e non arricchisce nessuno.


Torniamo all’economia.

Nella stessa situazione dei ristoranti si troveranno anche bar e barbieri.

Se fino a tre mesi fa un bar poteva contare su 3-400 caffè al giorno, con relativa brioche, da lunedì in avanti
– dovendo far rispettare la distanza di 1 metro per i clienti al banco e 2 metri per quelli seduti – una riduzione del fatturato è garantito.

A spese e tassazione invariate.

Soluzione?


Chiusura o licenziamento dei dipendenti.

Per i barbieri stesso discorso.

La stragrande maggioranza di barber e parrucchieri hanno locali di piccole dimensioni,
quindi i clienti dovranno aspettare fuori o andare per appuntamento. Passo domani, forse…

Insomma, una pletora di tecno-scienziati in cerca di denaro, potere e visibilità,
unitamente ad un governo di pericolosi incapaci, stanno distruggendo un intero Paese.


Tra gli applausi dei coglioni.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Certo che a piangere in diretta quando non si è rinunciato a una lira di stipendio,
né si è proposto di farlo al parlamento, ai grandi manager, ai super burocrati,
alle istituzioni più pagate, ai fuori tetto di stato e via dicendo, ci vuole coraggio.


Lo stesso coraggio col quale si annuncia una amplificazione a dismisura dell’assistenzialismo,
dello statalismo elettorale con decine di migliaia di assunzioni, l’assenza di riforme strutturali,
tutto condito da scuse e dispiacere per ritardi ed omissioni da far salire rabbia e indignazioni.


Insomma chiedere scusa per gli intoppi come fossero dipesi dai marziani piuttosto che dagli enti di stato è insopportabile,
tanto più se per decreto non si è esitato a sospendere diritti costituzionali ma non si è obbligato l’apparato a dare subito il dovuto.

Perché sia chiaro non c’è scusa per quello che è successo, visto che se si fosse voluto si sarebbe potuto disporre
che gli enti pagassero immediatamente, ben sapendo che in Italia quando lo stato deve incassare
è capace di tutto mentre quando deve pagare dimentica il diritto.


Per farla breve le scuse possono valere di fronte all’imprevisto ma non a ciò che si è garantito a reti unificate,
anche perché lo Stato se deve prendere dai cittadini se ne buggera delle giustificazioni per ritardi od omissioni
e fa scattare multe, interessi e fior di sanzioni
.

Ecco il motivo per cui ci vuole una dose di spudoratezza a chiedere perdono dal comodo di poltrone
mentre si parla a milioni di persone in piena crisi da disperazione economica,
come ci vuole misura e sobrietà quando si annuncia una manovra che verrà, perché di questo si tratta.

Si tratta insomma dell’ennesimo decreto da vedere visto che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare,
per questo le autocelebrazioni, le magnificazioni di un intervento come fosse il frutto di una scoperta che cambierà la storia,
sono solo supponenza da verificare a futura memoria.


Tanto è vero che ancora una volta il dispositivo è contorto, condizionato e diviso in mille rivoli e opzioni,
subordinate e situazioni, basterebbe pensare alle 500 pagine e alle centinaia di articoli di cui è composto
per capire quanto sia l’opposto della semplicità.

Per non dire che nel presentarlo si è di nuovo cercato di suggestionare senza spiegare,
ad esempio il fondo perduto strombazzato di 40 mila euro non è stato accompagnato dal chiarimento
che per averlo bisognerà aver perso una cifra pari a quasi 900 mila euro
che tradotto vuol dire un ristoro massimo del 5 percento del danno subito, un pannicello caldo
.

Come un contentino sono gli altri 600 euro per gli autonomi, gli ecoincentivi per investimenti che non si sa con quali soldi si faranno
visto che le aziende non hanno nemmeno la liquidità per vivere, oppure il trasferimento a settembre di tutte le scadenze fiscali.

Pensate come si potrà pagare le tasse vecchie e nuove in un ratone settembrino dopo 6 mesi di mancati incassi e sofferenze,
insomma sul piano fiscale c’è troppo poco, perché l’abbuono dell’Irap che pure qualcosa vale è un ristoro di soli 4 miliardi sui 55 impegnati,
meno dell’otto percento, una minuzia rispetto al necessario.

Per non parlare del fatto che dei 55, più di 25 miliardi andranno in assistenza anziché sviluppo,
che sui prestiti bancari siamo punto e a capo, nessun obbligo alle 24 ore, nessun automatismo,
nessuno scudo per evitare che gli istituti di credito non eroghino i soldi.

Ecco perché parliamo di manovra miope e ingannevole, perché si rischia di bruciare un fracco di miliardi,
come si è fatto troppe volte in passato, si pensi ai bonus di Renzi che avrebbero dovuto stimolare i consumi
e che invece hanno stimolato solo la spesa pubblica per oltre 10 miliardi di euro l’anno,
oppure l’idiozia del reddito grillino che non ha creato un posto nuovo di lavoro.

Con l’assistenza da socialismo reale non solo non si cresce ma ci si affonda,
si ingigantisce il male nostrano di una spesa pubblica fuori controllo parte della quale
è inutile e dannosa proprio perché improduttiva, clientelare, elettorale e assistenziale.

Per questo l’occasione di crisi eccezionale, doveva essere utilizzata per le riforme, per una revisione strutturale della spesa pubblica,
per uno shock fiscale senza precedenti, per un taglio draconiano alla burocrazia che eliminasse vincoli e impedimenti,
per creare al sud un’area di assoluto vantaggio all’intrapresa e all’occupazione produttiva, altroché sanatoria.

Qui non si tratta di regolarizzare un mondo oscuro per via di un condono, si tratta di farlo creando le condizioni
affinché venga alla luce con vantaggi e sconti, stimoli e facilitazioni, premi fiscali e d’investimenti,
altrimenti passati 3 mesi saremo punto a capo con l’aggravante di dover assistere
centinaia di migliaia di persone in più, bisogna passare dalla cultura comunista del soccorso di stato
a quella democratica dello sviluppo e della crescita d’impresa, dello stimolo all’iniziativa libera.

Con questo decretone giallorosso, si corre il rischio di gettare via 55 miliardi,
accettare il Mes sperando che vada bene, essere nel mirino della Ue,
e di ritrovarci in autunno, senza un euro, senza ripresa, con una montagna di chiusure e, fallimenti,
con l’ipotesi plausibile di una esplosione sociale senza precedenti,
alla faccia dello studio approfondito, prolungato e adeguato.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Capiamoci bene. Non costa nulla. Capite ?

Sebbene all’ospedale di Mantova, il Dott. De Donno abbia concluso lo studio pilota per plasmaferesi in modo sistematico per primo,
la sperimentazione di questa terapia è stata assegnata dall’Aifa a Pisa,
addirittura il Presidente della Regione Rossi ha minacciato De Donno di querela.


Ed è stata assegnata a un Dottore che assieme al nostro Bubu nazionale è andato a esprimere dei dubbi sulla terapia di trasfusione di plasma in TV.

Questa terapia da fastidio perché è gratuita, e se ne vuole fare una banca del plasma,
contravvenendo quindi ai piani mondiali di vaccinarci tutti, e A PAGAMENTO, non gratuitamente.

Il Prof De Donno si lamenta in questa audizione al Senato che lui è sempre passato in TV in orari notturni, mentre gli altri sempre in orario di punta.



Tra le altre cose dice:

“Nessun farmaco imposto per questa pandemia non è mai stato sperimentato,
quindi perché tanto accanimento per una procedura di donazione di plasma, che per di più non è onerosa?


Per ogni dose di plasma riusciamo a trattare due pazienti.


Possiamo creare delle banche del plasma, e avviare la guarigione grazie alla generosità dei donatori di plasma di chi è guarito.


Abbiamo lavorato in condizioni estreme, da guerra, ed è normale che non ci fossero test sperimentali.

E’ un virus che ci prende alle spalle. Non è vero che ha perso virulenza. Il virus sta circolando. Dobbiamo potenziare le misure di prevenzione.

Concordo che il paese debba progressivamente aprirsi.

Io mi sarei aspettato che AIFA e ISS mi contattassero, o il mio ospedale, e invece niente.

Ci hanno contattato enti internazionali ben più importanti. E’ avvilente.

Tutti i pazienti che avevano i requisiti per il protocollo, sono stati tutti salvati.”


Trasmissione Petrolio passata molto tardi:

https://www.raiplay.it/video/2020/04/Petrolio—La-speranza-per-guarire-dal-Covid-19-viene-dal-plasma-a8e1bdba-2b52-48f0-bcf8-4dbdd24beabd.html
 
Ultima modifica:

Val

Torniamo alla LIRA
Da che parte del crinale si rischia di cadere?

Se lo sono chiesti parlando di diritti limitati o violati, nell’emergenza Covid-19,
i professori Ginevra Cerrina Feroni e Alessandro Torre.

I costituzionalisti delle università di Firenze e Bari sono stati infatti ospiti di un nuovo webinar Ibl,
che ha descritto la lotta alla pandemia come un faticoso cammino “sul crinale della costituzionalità”.

Moderato da Serena Sileoni, il seminario è partito dal dibattito esploso tra i giuristi, ma
“che ha interessato tutti da subito, perché non serve essere cultori del diritto per capire che si tratta del tema dei temi”.

Questo secondo la vicedirettrice dell’Ibl, nell’apertura di un confronto vivace tra punti di vista assolutamente eterogenei, messi sul tavolo dai due relatori.

Se per Cerrina Feroni l’intervento della politica si è mostrato, in alcuni frangenti, parecchio scomposto,
per Torre i diritti sono stati più limitati che violati.

Per la prima è probabile che quello alla salute si sia configurato come “un diritto tiranno”, così definito dai giuristi quando fagocita altre libertà “inviolabili”.

E ciò senza una chiara scelta politica, ma attraverso le indicazioni di virologi e task force.

Il secondo si è chiesto invece se le istituzioni italiane non abbiano agito nel solco scavato dalla stessa Carta costituzionale,
per evitare che il Paese potesse finire schiacciato nel gap drammatico tra i tempi necessari al Parlamento per decidere e quelli con cui la pandemia corre.

Nell’analisi dei tre giuristi tanti altri temi sono stati toccati, ad esempio si è parlato dell’uso degli ormai celebri Dpcm,
in un webinar che ci prepara alle prossime fasi con occhi vigili sullo statuto profondo di quelle garanzie costituzionali che sono ora alla prova del coronavirus.
 

Val

Torniamo alla LIRA
“Vendendo l’Inghilterra alla libbra” (Selling England by the pound),
così i Genesis battezzavano uno degli album iconici del progressive degli anni ‘70 (il 1973 per la precisione);
quel capolavoro della musica moderna non meriterebbe di essere associato alle fosche vicende di un paese sull’orlo della catastrofe economica,
sennonché il titolo (mutatis mutandis) fotografa con impietoso dettaglio l’evolversi della sciagurata parabola dell’Italia
la cui traiettoria autodistruttiva, iniziata con la perdita della sovranità monetaria e l’adesione (a condizioni irrazionali) alla moneta unica,
sembra, complici l’infausta deflagrazione dell’epidemia “cinese” e l’insipienza di un esecutivo pericolosamente inadeguato,
destinata a concludersi (in tutti i sensi) nel harakiri economico dell’accesso al prestito del Meccanismo europeo di stabilità (il famigerato Mes).


A dispetto delle disonestamente edulcorate e cloroformizzanti narrazioni costruite dal sistema informativo mainstream riguardo alla vicenda
(confermanti la giustezza dell’aforisma di Karl Kraus che definiva il giornalismo una forma di prostituzione della penna e della parola)
è bene dire subito che si tratterebbe di un pessimo affare – sia in termini economici che politici – per molti e fondati motivi.

Innanzitutto appare di dubbia razionalità “prendere a prestito” denaro in gran parte proprio
(dei favoleggiati 36 miliardi ben 15 sono già stati versati dall’Italia al Mes)
;

se proprio c’è bisogno di liquidità forse sarebbe più logico liquidare il fondo, recuperare quanto versato e amici come prima;

l’importo del finanziamento è palesemente sproporzionato;

non è tecnicamente possibile spendere un ammontare di tale portata – nel programmato termine biennale –
limitatamente alle sole spese sanitarie legate all’emergenza Covid-19 (che lo stesso Carlo Cottarelli ha quantificato in soli 4 miliardi),
specialmente in un paese che “storicamente” si è dimostrato inefficiente nell’impiego dei fondi comunitari ;

il ricorso al Mes lancia al mercato il pericoloso segnale di una difficoltà ad accedere alle ordinarie fonti di finanziamento
(emissione titoli del debito pubblico) e potrebbe plausibilmente esporre l’Italia a speculazioni al rialzo sui tassi di interesse;

il finanziamento non è (come vorrebbero farci credere) “senza condizioni” (mi rifiuto categoricamente di far ricorso a quell’obbrobrio linguistico di “condizionalità”),
esso resta sottoposto alle regole del trattato istitutivo del Mes (che, precisiamo, è un organismo “privato” al di fuori del perimetro delle istituzioni Ue)
le quali possono essere modificate solo rinegoziando il trattato (il che non è avvenuto né potrebbe avvenire in tempi brevi)
non con un semplice scambio di lettere o dichiarazioni di intenti prive di qualsivoglia effetto giuridico;

ne consegue che resta in piedi il meccanismo della sorveglianza rafforzata (il cosiddetto Early warning system)
sicché, qualora dovessero essere rilevati “rischi” in ordine al puntuale rimborso del prestito,
l’Italia dovrebbe mettere in atto “manovre correttive” i cui effetti (specie in un momento di tragico calo del Pil come quello attuale)
aprirebbero foschi scenari “greci”; ma soprattutto il credito del Mes è un credito privilegiato;

accedere ai fondi Mes comporta ipso facto la “juniorizzazione” dei titoli del debito pubblico
(in parole povere l’eurocreditore deve essere rimborsato prima degli altri i quali si mettono in coda)
rendendone inevitabilmente più costose le future emissioni.


Ammesso e non concesso che il prestito del Mes fosse “conveniente”, come gli scaltri piazzisti della disinformazione filogovernativa
vanno ripetendo come un mantra, detta asserita “convenienza” sarebbe polverizzata dall’inevitabile aumento dello spread
sui titoli del debito pubblico (per non parlare dei rischi di collasso del sistema bancario che detiene una consistente quantità di titoli di Stato).


Da ultimo non si può che osservare che l’importo del prestito (36 miliardi) è quasi pari
all’ammontare dei tagli operati dai governi italiani ai bilanci della sanità negli ultimi dieci anni (39 miliardi)
in ossequio ai “parametri” dell’eurozona il che aggiunge alla vicenda un tocco perverso di grottesca insensatezza.

Sotto il profilo politico vi sono solidissimi motivi per ritenere che si tratti di una cinica operazione finalizzata
ad avvelenare i pozzi della democrazia attraverso la creazione di un vincolo esterno particolarmente stringente in grado di condizionare,
limitare o impedire tout court la libertà di azione di un futuro governo “non gradito” alle oligarchie europee
già traumatizzate dalla vicenda Brexit ed in crollo verticale di credibilità per la “scoordinata” (eufemismo) gestione della crisi pandemica.


È lecito infatti temere che un qualsiasi esecutivo ritenuto inaffidabile (da un consesso di funzionari appartenenti ad un organismo “privato”)
possa far scattare la richiesta di rimborso anticipato delle somme e la “messa in quarantena”
(per usare un termine tristemente in voga) dell’economia italiana con applicazione di misure di austerity,
svendita di asset industriali e, magari, l’imposizione di una sanguinosa patrimoniale sul risparmio privato
(vero obbiettivo dei circoli finanziari sovranazionali).


In questi rispetti il Mes, lungi dall’essere “un’opportunità” è una pistola puntata alla tempia dell’Italia,
una trappola usuraia al servizio degli opachi giochi di potere di forze politiche elettoralmente minoritarie,
screditate da un’alleanza innaturale ed incapaci di tutelare l’interesse nazionale delle quali il paese rischia di restare perennemente ostaggio.


C’è di che essere preoccupati.
 

Users who are viewing this thread

Alto