ma Deutsche Bank sta fallendo? (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
I junk bonds della Deutsche Bank ci mettono tutti a rischio

Maurizio Blondet 4 febbraio 2016 2
“Dobbiamo spaventarci per Deutsche Bank?” si domandava il celebre sito Zero Hedge ieri, citando le botte che prende il titolo della mega-banca germanica, dopo che ha annunciato perdite e 7 miliardi di euro; il pericolo dipende dal fatto che la Deutsche, come s’è spesso ripetuto, ha emesso prodotti derivati per 75 migliaia di miliardi (75 trilioni) di dollari, ossia per 20 volte il prodotto interno lordo della Germania (3,9 trilioni), oltre 5 volte il Pil della zona euro, quattro e più volte il debito pubblico americano. L’insolvenza travolgerebbe le controparti di mezzo mondo, vaporizzando non solo i guadagni dei risparmiatori tedeschi, ma il sistema monetario occidentale. E’ la globalizzazione, bellezza.
I sinistri titoli CoCo

Giusto per dare un’idea di quanto sia malato il sistema, bisogna raccontare che la Deutsche, per raccogliere denaro, s’è messa ad emettere junk-bonds, titoli-spazzatura, assai peggiori delle obbligazioni subordinate di Banca Etruria, che hanno spennato i depositanti toscani. Ufficialmente si chiamano CoCo Bonds, Convertible Contingent Bonds. Secondo il gergo della finanza, “si tratta in pratica di obbligazioni ibride convertibili che, in determinate condizioni, si trasformano in azioni, quindi in capitale della banca che li ha emessi, alleggerendone sostanzialmente l’esposizione debitoria. Questi titoli vengono convertiti in azioni solo se il Tier 1 (un coefficiente che indica il livello di patrimonializzazione di un’azienda) della banca che li ha emessi scende sotto la soglia del 5%”.
Derivati DB e pil mondiale Sorvoliamo sul fatterello trascurabile che la patrimonializzazione della Deutsche è già sotto quel limite (3,5); che ha emesso questi CoCo – per 6,4 miliardi di euro un po’ in dollari e un po’ in sterline, oltre che euro – proprio per alzare il suo Tier 1, un’operazione che imita il modo con cui il Barone di Munchausen si salvò dalle sabbie mobili in cui stava affondando, tirandosi per i capelli. Il più strano è che la banca che li emette può anche richiamarli dopo una certa data, ma non ha l’obbligo di ricomprarli; il pagamento degli interessi annuali dipende dalla capacità della banca di restare al disopra di certi parametri di liquidità e di capitale dettati dalle leggi germaniche ed UE; e che chi ha investito in questi titoli, se la banca emettitrice non adempie al pagamento annuale del tagliando-interessi, non può reclamare il fallimento della banca.
Una persona di buon senso pensa: nessuno comprerà titoli di questo tipo, non garantiti da nulla, da una banca in dissesto palese, se non è un folle. Invece, i junk bonds della Deutsche sono letteralmente andati a ruba. Chi li ha comprati? Investitori istituzionali, fondi pensione e assicurazioni.
Perché? Perché questi hanno bisogno di ottenere sui loro capitali dei rendimenti regolari relativamente alti (diciamo il 4%) per pagare le pensioni a maturazione e i risarcimenti assicurativi; mentre nell’attuale clima di tassi zero e addirittura negativi creati dalle banche centrali, questi rendimenti sono un sogno impossibile.
E’ dunque perché sono disperatamente assetati di rendimenti che grossi investitori finanziari (essi stessi messi in condizione disperata dalle banche centrali) si sono buttati sui titoli-spazzatura della Deutsche: perché il decennale rende il 6%. O così promette Deutsche BAnk.
Rendetevi conto: grazie al Quantitative Easing (stampaggio) e ai tassi sottozero imposti dalla BCE, oggi anche lo stato italiano o spagnolo, ritenuti debitori assai poco sicuri, possono emettere titoli decennali a 1,5 e 1,6 per cento.

Se Deutsche Bank chiede denaro offrendo il 6%, che cosa vi dice della sua situazione? Che è disperata, peggio dello stato italico dall’enorme debito pubblico, peggio di qualunque Banca Etruria. E non meno disperata è la situazione degli investitori che hanno accettato di accollarsi un rischio dissennato, per avere un interesse decente.
Ma il fatto è che i CoCo della germanica bancona, che l’aprile dell’anno scorso si negoziavano a 102,11 (l’investitore pagava 102 per un titolo di valore facciale 100), adesso sono calati a 85: chiaro segno che l’investitore non si fida più; troppo rischiosi i titoli. Deutsche BAnk ha dovuto cacciare miliardi alla “giustizia” americana per frodi e tacitare i denunciatori;

ha perso i 6,8 miliardi di cui dicevo sopra;

ha annunciato ristrutturazioni con centinaia di licenziamenti;

e segno particolarmente sinistro- i membri del consiglio d’amministrazione quest’anno non si sono pagati i bonus.
Peggio di tutto però è stato l’annuncio del capo supremo della Deutsche, Marcus Schenk, che ha detto pressappoco: quest’anno siamo in grado di pagare il tagliando, ossia gli interessi, per il 2015. I titoli CoCo sono momentaneamente aumentati (ad 88);
poi però i “mercati” han cominciato a pensare: “Hanno detto che oggi pagano, potevano anche dire che avrebbero saltato il pagamento”, come ha commentato Mark Holman, capo del fondo “TwentyFour Asset Management” di Londra:

E il junk bond CoCo si è negoziato sotto 85, anzi il primo febbraio a 84,11.
L’autunno scorso Deutsche Bank aveva annunciato di voler emettere altri CoCo Bonds per 4 miliardi fino al 2020, ci si aspettava addirittura 7 miliardi con cui la banca doveva alzare la sua riserva di capitale senza chiedere agli azionisti (già depredati) di riempire di nuovo il cappello che manda in giro.
Emissioni improbabili, perché gli investitori istituzionali sono terrorizzati: “La Deutsche è troppo vicina ai cavi d’alta tensione ormai”, come si esprime il colorito e succitato Mark Holman.

Rifar fare un giro al cappello, tra gli azionisti? provocherà un altro crollo delle azioni, già crollate del 50%.

Anche perché, ricorda il sito Investment Watch, “dati i nuovi regolamenti europei, i salvataggi a carico dei contribuenti prima così convenienti, lo sono meno”: finiti bailout che accollavano le perdite agli Stati, ci sono i bail-in, e la speculazione ci perde.
Sarebbe interessante vedere i trucchi e i giochi (sporchi) con cui mani forti (banche centrali tutte, oltre il governo germanico, e quelli della UE) stanno tenendo in piedi la Deutsche Bank fino al 2018, la data – che ora sembra molto distante- in cui il caporione Schenk ha promesso che sarà “pulita e risanata”. Ma non è possibile: questi sono davvero “la mano invisibile del mercato” . Si può solo indovinare che tutti i mezzi che non sono stati usati per a Grecia, saranno adottati per il “buco nero con la banca attorno”.
Occidente ridotto a saccheggiare sé stesso

Indoviniamo anche che a pagare il conto stavolta son stati selezionati gli “Investitori istituzionali”; ossia i fondi-pensione e le assicurazioni – ossia quelli che pagano le pensioni e i risarcimenti. L’effetto-domino cadrà dunque, come al solito, in ultima istanza su cittadini. Ma dopo la distruzione degli enti finanziari che lo assicurano in vecchiaia …
E’ quel che dice l’ultimo articolo di Paul Craig Roberts, articolo magistrale di cui consigliamo la lettura: “L’Occidente è ridotto a saccheggiare se stesso”. Per 70 anni ha saccheggiato il cosiddetto Terzo Mondo convincendone i capi a indebitarsi per attuare “Piani di sviluppo”, produttori di rendimenti e redditi o “aumenti del Pil” che avrebbero consentito, con la tassazione, di pagare i debiti contratti col primo mondo e le sue banche. Quando poi questi paesi non riuscivano a coprire gli interessi, il Fondo Monetario interveniva: offrendo nuovi prestiti per pagare quelli vecchi. In cambio, il paese debitore doveva attuare misure di austerità, tagliare le “spese improduttive” indicate dal FMI: scuola e sanità soprattutto. Classico trucco che finiva con l’esproprio dei beni reali degli stati: miniere, terreni agricoli, materie prime.
Ormai, la finanza speculativa globale non ha più altro mezzo che usare il metodo di saccheggio contro i suoi stessi popoli. La Grecia e il Portogallo e l’Irlanda sono stati spogliati delle risorse di qualche valore, dall’acqua potabile alle poste, fino ai porti, aeroporti e parchi nazionali compresi per la Grecia;
lo stesso “sta avvenendo in Spagna ed Italia” per mano dell’Unione Europea, della Banca centrale e dei politici complici.

Austerità, tagli ai salari e alle spese sociali, svendite di aziende redditizie; e adesso, col bail-in, il sequestro dei risparmi privati – del resto già cominciato con la politica degli interessi negativi sui depositi.

Ma anche gli anglosassoni non stanno meglio.
“Milioni di cittadini americani hanno accettato l’assenza di qualunque interesse sui fondi di capitale da ormai oltre sette ani. Hanno accettato l’idea della propaganda, che la loro esistenza dipende dal successo di un pugno di mega-banche troppo grosse par fallire, e da un “mercato” di cui potrebbero fare a meno. Milioni di americani sono convinti che è meglio che le loro economia siano svalutate piuttosto che delle banche siano lasciate fallire”.
Attenti lettori, de te fabula narratur.
I CoCo bond, questi “titoli rischiosi su cui gli investitori istituzionali potrebbero subire notevoli perdite” (e a catena i cittadini) sono ampiamente emessi anche dalle grosse banche italiane.

I coco bond - Borsa Italiana
 

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BUZZ-Deutsche Bank pesante su timori mancato pagamento di un subordinato

lunedì 8 febbraio 2016 15:59

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8 febbraio (Reuters) -
** Deutsche Bank è in forte calo a Francoforte sui timori che si vanno diffondendo nel mercato del credito.
** Attorno alle 15,50, il titolo della banca tedesca perde il 6,02%, a 14,35 euro, dopo aver toccato un minimo di 14,3250 euro.
** I Cds di Deutsche e i rendimenti dei bond convertibili registrano forti rialzi.
** Ad affossare l'istituto tedesco sono le preoccupazioni sulla capacità di rimborsare le cedole dei bond subordinati, riferiscono gli analisti di CreditSights, aggiungendo che le paure sono più focalizzate sul 2017 che su quest'anno.
** CreditSights ritiene che i timori siano eccessivi e che il panico non sia giustificato dai fondamentali.
** Il paniere delle banche europee, che oggi arretra del 6,5%, quest'anno ha lasciato sul terreno un quinto del valore.
Sul sito Reuters.com altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia
 

tontolina

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Deutsche Bank: se arriva il danno, sarà una beffa | IntermarketAndMore


Siamo onesti, quanto qualcuno ti addita come inferiore, reagisci con rabbia e cerchi di giustificarti, illustrando la tua NON inferiorità. Se poi questo qualcuno si dimostra lui inferiore, allora parte quasi lo sfottò.
Quanto è avvenuto con i tedeschi negli ultimi mesi è abbastanza simile a quanto vi ho descritto.
Qualche esempio.
La vicenda Siemens prima,
Volkswagen
e poi Deutsche Bank
hanno dimostrato che la perfezione tedesca è ben lontana da essere impeccabile.
Quindi in questi giorni è stato fin troppo facile “sparare sulla Croce Rossa” o se preferite sul quadratino di DB. Addirittura in alcuni ambienti ho sentito frasi del tipo: “ fallissero loro e la loro banca del pettine”.

Ok, prendiamo queste affermazioni come frasi da stadio, ma vorrei ricordarvi, cari lettori, che Deutsche Bank è veramente too big to fail. E se caso mai diventasse insalvabile, allora signori, ci sarebbe ben poco da godere.



E’ certo che DB finirebbe all’inferno, si trascinerebbe tutto il sistema bancario tedesco, e a ruota quello francese ed italiano. Una catastrofe che diventerebbe la Caporetto della finanza, un qualcosa di inimmaginabile che non permetteranno mai. Pensiamo piuttosto cosa deve succedere per “mettere in sicurezza” la banca tedesca, ma non solo lei. Tutti guardano al colosso teutonico ma non c’è solo DB, non dimentichiamolo mai. Il grande rischio è che, per salvare le banche, bisognerà di nuovo arrivare al solito metodo.
Sarebbero i contribuenti a pagare.
Ma quali? Solo quelli tedeschi?
Temo proprio di no. DB come detto è “too big to fail” e quindi è sicuro che i rattoppi dovranno arrivare con il contributo di TUTTI i paesi membri.
Quindi non sarebbe solo il danno, ma anche la beffa che ne consegue. E allora permettetemi di fare il tifo per DB, ma non perché mi stanno particolarmente simpatici i tedeschi (anzi…) ma perché se saltano loro, saltiamo (e paghiamo) anche noi.


La replica di Deutsche Bank: SIAMO SOLIDI COME ROCCE!


PS: il fatto che la direzione della banca da lunedì abbia deciso di intensificare le comunicazioni ufficiali sulla salute di DB, non è un bel segno.
(…) Il timore è che qualsiasi recupero del titolo potrebbe essere preso come pretesto per chiedere un altro aumento di capitale. (…)
Il comunicato sostiene che il colosso ha risorse più che sufficienti per ripagare gli interessi sui prestiti di quest’anno (350 milioni di dollari) e del prossimo, aggiungendo che nel 2017 la liquidità disponibile dovrebbe essere 7,5 volte maggiore delle cedole da pagare, senza contare i guadagni previsti quest’anno e i proventi dalle vendite di asset previsti. Tutto ciò è importante da comunicare, ora che la banca ha bisogno di vendere ancora più bond. (Source)
Ma, se la situazione di questa banca non fosse un problema, queste affermazioni non sarebbero necessarie. Ecco quindi il motivo VERO della dichiarazione, non far calare la fiducia nei confronti dell’istituto di credito tedesco. Anche perchè se il sistema chiude i rubinetti a DB, a quel punto il rischio default diventa concreto. Ma lo avete capito, spero. è un evento che non conviene proprio a nessuno.
 

tontolina

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DEUTSCHE BANK…COUNTDOWN!

Scritto il 10 febbraio 2016 alle 10:16 da icebergfinanza

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Guardando all’orizzonte credo che il tempo della resa dei conti per Deutsche Bank e il sistema finanziario tedesco in genere non sia ancora dietro l’angolo, probabilmente arriverà più avanti.

Ieri si è scomodato persino nonno Schauble per rassicurare gli investitori sulla sua Deutsche Bank, si colui che per mesi ha fatto fuoco e fiamme per dimostrare al mondo che i nostri titoli di Stato sono pericolosi oggi si ritrova a fare il pompieri in casa propria.
Roma, 9 feb. (askanews) – Rassicurazioni (forse un po’ sbrigative) anche dal ministro delle Finanze della Germania su Deutsche Bank, la prima banca del Paese. “No, non ho preoccupazioni”, ha risposto Wolfgang Schaeuble, secondo quanto riporta Bloomberg, uscendo da un incontro a Parigi con il suo omologo francese. L’esponente tedesco non ha detto altro.
No non hai preoccupazioni, ma sarebbe meglio spiegare per quale motivo non sei preoccupato visto che le regole del bailin valgono anche per DeutscheBank e non potrai usare il surplus della Germania per salvare la tua banca.
Ve lo ricordate il nostro J.K.Galbraith e la sua legge fondamentale che in questi anni si è dimostrata infallibile…
Come sempre nella storia capacità finanziaria e perspicacia polita sono inversamente proporzionali. La salvezza a lunga scadenza non è mai stata apprezzata dagli uomini d’affari se essa comporta adesso una perturbazione nel normale andamento della vita e nel proprio utile. Cosi si auspicherà l’inazione al presente anche se essa significa gravi guai nel futuro. Questa è la minaccia per il capitalismo (…) E’ ciò che agli uomini che sanno che le cose vanno molto male fa dire che la situazione è fondamentalmente sana!
Ebbene ieri abbiamo scoperto che Deutsche Bank è una banca fondamentalmente solida, come la pietra, si la pietra che rotola…
«Ai clienti potete comunicare che Deutsche Bank resta assolutamente e fondamentalmente solida»
L’amministratore delegato della Deutsche Bank e il ministro delle Finanze tedesco si sono mobilitati ieri per rassicurare i mercati sullo stato di salute della principale banca tedesca, investita nelle ultime ore da una ridda di voci negative e dal crollo del titolo in Borsa. A giudicare dall’andamento delle azioni e del costo di assicurazione contro il default non tutti gli investitori si sono convinti.
John Cryan, da sette mesi alla guida di Deutsche Bank, ha inviato una lettera ai dipendenti, che è stata resa pubblica, in cui si afferma che «la banca è assolutamente solida come una roccia» ed ha una forte posizione di capitale e di rischio. Il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, ha dichiarato, a margine dell’incontro franco-tedesco di Parigi, di non avere preoccupazioni riguardo a Deutsche Bank.
Il fatto stesso che si siano dovuti spendere entrambi per calmare le acque è apparso ad alcuni investitori come un segnale di malessere. Deutsche Bank, lente sul capitale

Se la banca è fondamentalmente solida per quale motivo quindi…
L’istituto di Francoforte valuta il buyback di miliardi di euro di bond nel tentativo di fermare il calo del valore dei suoi titoli, nella bufera con la fuga degli investitori dal settore finanziario. Secondo le indiscrezioni riportate dal Financial Times, Deutsche Bank potrebbe concentrare il programma di riacquisto titoli sui senior bond, di cui ne ha 50 miliardi di euro in circolazione. Deutsche Bank cerca di rassicurare …
Deutsche Bank insists it is ‘rock solid’

Non dimenticatevi di quello che è accaduto a Lehman Brothers, se non basta quello che vi abbiamo raccontato in questi anni, sul blog di Danilo c’è un colpo d’occhio eccezionale sulla reale dimensione del problema

LA GRANDE NORMALIZZAZIONE DEL MERCATO
DEUTSCHE BANK?COUNTDOWN! | icebergfinanza


 

tontolina

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LA GRANDE NORMALIZZAZIONE DEL MERCATO

Scritto il 9 febbraio 2016 alle 10:00 da Danilo DT


I mercati crollano, si teme il default di Deutsche Bank, il sell off sembra non fermarsi. Tutti si domandano cosa sta succedendo e quando finirà la correzione. Ma forse le motivazioni sono legate ad un mercato che prova a tornare più normale con diminuzione della leva finanziaria (deleveraging) e minore esposizione sui derivati.

La domanda che tutti si fanno è : ma cosa sta succedendo? E poi, quando finirà tutto questo?
Domande che inquietano e a cui nessuno può rispondere con certezza…
Cercherò di sintetizzare il mio pensiero e poi, progressivamente, integrerò il post con grafici e documenti che vanno a supportare il mio pensiero.
Andiamo quindi a caccia del “colpevole”.
Si punta il dito sul petrolio. Che l’oro nero sia diventato l’elemento destabilizzante per il sistema finanziario globale? Sul petrolio ho già parlato molte volte e gli effetti sul tessuto economico globale sono tuttora evidenti anche se non ancora definitivamente scontati.
Quindi non possiamo dire che il colpevole è il petrolio.
E’ il rallentamento globale, cinese, americano?
Il mercato sta frenando ma, signori, stiamo scontando a questi prezzi, una recessione profonda a livello globale. No, non è colpa del rallentamento globale. C’è dell’altro.
Sta per fallire qualche banca?
Fermi tutti.
Avete letto ieri il mio post sullo spread BTP Bund.

Le banche potrebbero subire grossi problemi nel caso in cui dovessero accantonare capitali, nel caso in cui i titoli di stato non venissero più considerati “free risk”.
Ma questo non verrà di certo fatto in un contesto così volatile e già problematico per le banche… quindi non possiamo proprio additare le decisioni dei “grandi saggi” come la causa del crollo delle borse…

Secondo me c’è dell’altro…
In molti, come detto stanno guardando a DB, ovvero Deutsche Bank come la vera causa del crollo, accomunando la big bank tedesca alla ben nota Lehman Brothers.
A sostegno di questa tesi, preoccupa l’andamento del CDS sulla stessa Deutsche Banke che si è impennato. Per carità, la crisi di Deutsche Bank non ci coglie certo impreparati. Riprendetevi i VECCHI POST sull’argomento, ne sto parlando da tempo immemore.
Ma non solo quello di DB. Eccovi ad esempio in questa slide, il CDS di Db a confronto con quello di …. Unicredit.

Che dite? Se DB stesse per fallire, la quotazione del CDS sarebbe ben maggiore e le altre banche avrebbero subito una minor impennata del CDS.
Ma allora cosa sta capitando?
Il nodo bilanci e le nuove normative europee

Che le banche non stiano vivendo un momento particolarmente felice è noto. Ma è anche vero che le ultime trimestrali di certe banche sono state decisamente MOLTO pesanti.
Qui eccovi proprio Deutsche Bank. Ma chi mi segue non è sicuramente preso alla sprovvista. Cliccate QUI e riprendetevi quanto ho scritto in passato sulla nota banca tedesca.

Qui Deutsche Bank, Credit Suisse, RBS

Profondo rosso per Deutsche Bank che ha chiuso il 2015 con una perdita di 6,8 miliardi di euro, mentre il solo quarto trimestre dell’anno ha registrato una perdita di 2,1 miliardi. Colpa di svalutazioni, oneri processuali e costi di ristrutturazione. E così sono stati messi in cantiere tagli salariali dal 25 al 30 per cento. A ottobre la banca tedesca aveva annunciato una ristrutturazione della sua attività con spese una tantum per circa 1 miliardo di euro nel 2016, mentre le spese processuali pur rimanendo alte, saranno al di sotto dei 5,2 miliardi di euro spesi nel 2015. (Source)
Insomma, un bilancio in crisi. Ma non c’è solo DB, eccovi Credit Suisse:
Pesante ribasso alla Borsa di Zurigo per Credit Suisse. Il colosso bancario elvetico sta infatti perdendo oltre il 10% dopo aver riportato prima dell’avvio della seduta di scambi i conti per il 2015 che hanno visto una perdita netta di 2,94 miliardi di euro, il primo anno in rosso dal 2008. Il titolo viaggia sui livelli più bassi degli ultimi 24 anni. Il risultato è figlio soprattutto della svalutazione goodwill messa a bilancio per riflettere il crollo della valutazione di un asset comprato nel 2000 per 11,5 miliardi di dollari. (Source)
Ma tu guarda, e noi ci lamentiamo delle nostre banche. Ma non fermiamoci qui, eccovi RBS:
Vista così la sofferenza delle banche italiane è indiscutibile, ma davvero è il sistema bancario che più si è piegato ai morsi della crisi finanziaria globale? Sorprenderà molti, ma sarà utile sapere che quei 50 miliardi di perdite dell’intero universo del credito italiano li ha prodotti tutti insieme una sola banca inglese. La Royal Bank of Scotland ha cumulato un buco di bilancio dall’avvio della crisi di ben 48 miliardi di sterline. Sette anni consecutivi di perdite per il colosso inglese che ha avuto bisogno di essere nazionalizzato per sopravvivere. E nonostante la potente stampella pubblica, che per il sistema del credito britannico ha voluto dire un esborso netto dello Stato per 155 miliardi, Royal Bank of Scotland ha continuato a macinare perdite gigantesche. (Source)
Visto che spettacolo anche RBS? Ma ve la ricordate RBS? Erano proprio quelli che erano “preveggenti” e avevano annunciato una catastrofe sui mercati proprio a fine anno. Eccovi qui il mio post sull’argomento.
E allora che sta succedendo?
E’ stato veramente un preveggente oppure aveva già presente quello che SAREBBE avvenuto, essendo proprio LORO i fautori del crollo?
Ma non solo loro…
DERIVATI: la chiave di tutto?

Voi tutti sapete che da tempo parlo di un’eccessiva esposizione sui derivati da parte del sistema finanziario, un mondo di carta che vale, oggi, circa 10 volte il PIL mondiale.
Ve lo ricordate questo grafico?

 

tontolina

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La miopia degli stress test su Deutsche Bank. Così la Ue dei due pesi bastona l'Italia

di MAURIZIO RICCI
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eurobarometro, banche, bce, Deutsche Bank

ROMA - Ma gli stress test? Non avevamo passato un anno a sottoporre ad occhiuti e rigorosissimi controlli tutte le banche europee? Il sistema del credito italiano ne era uscito un po' malconcio, con qualche istituto che ha pagato oltre misura sui mercati il fatto di essere stato messo alla gogna. Per il resto - avevamo capito - bilanci blindati e banche europee a prova di bomba.

Com'è, allora, che una delle più importanti - la principale banca del principale paese di Eurolandia - la Deutsche Bank, si ritrova con quasi 7 miliardi di euro di rosso, neanche un anno dopo? Certo, un concatenarsi di sfortunate circostanze. Molto sfortunate, dal crollo del petrolio alla deflazione.
Ma non è a questo che servivano gli stress test?
In fondo, sui bilanci delle banche italiane si è fatto l'esercizio catastrofico di interessi sui titoli pubblici schizzati al 6 per cento, cioè il triplo di quanto sia avvenuto finora. Che esercizio si è fatto sui derivati in pancia alla Deutsche Bank e sul suo capitale?

A valore di libro, la Deutsche Bank ha un'esposizione lorda sui derivati pari a quasi 60 mila miliardi di euro, 15 volte l'intero Pil tedesco. Il valore netto, compreso cioè il dare e l'avere con le varie controparti, è assolutamente più basso e assolutamente gestibile, in condizioni normali e anche difficili.

Questo però presuppone che le controparti - o almeno la grande maggioranza - siano lì a fare il loro dovere e non siano fallite o scomparse.

Si è visto con l'implosione dell'Aig, negli Usa, nel 2008, che tipo di reazione a catena può innescare il venir meno delle controparti.



Ma l'Asset Quality Review della Bce è stata dieci volte più pesante - secondo i dati di Via Nazionale - sui prestiti in sofferenza, piuttosto che sui titoli poco liquidi.


E' un problema che ha un preciso riscontro nazionale. Le banche hanno, in media, il 21 per cento degli attivi in derivati, contro il 9 per cento delle italiane. Tirando le somme, si esce con l'impressione che, al di là dei problemi tecnici, ci sia un problema politico. Gli stress test sono stati congegnati avendo nel mirino banche molto esposte con lo Stato e la clientela e chiudendo un occhio con quelle molto esposte sul mercato finanziario. Nel concreto, le banche all'italiana nel primo caso, quelle alla tedesca e alla francese nel secondo.

Il problema politico, allora, diventa generale. Renzi ha ragione a strepitare contro una strategia economica della Ue, improntata all'austerità, che ascolta troppo Berlino e poco Roma. Ma i nodi stanno molto al di sotto delle strategie generali. Riguardano la gestione giorno per giorno delle scelte dell'Europa, in cui l'Italia viene compensata con qualche concessione ogni tanto, ma sistematicamente svantaggiata nella politica quotidiana.

Renzi dovrebbe preoccuparsi, soprattutto, dell'afasia italiana di ogni giorno, per cui, da anni, la politica agricola della Ue segue le indicazioni della grande industria alimentare, in materia di marchi e controllo qualità, contro gli interessi dell'agricoltura di pregio italiana , dal parmigiano, all'olio di oliva ai pomodori. Della capacità tedesca di imporre un gasdotto (North Stream 2) dopo che all'Italia è stato negato il South Stream. Della rivisitazione degli attivi bancari che fa figli e figliastri. Di rappresentanti italiani che non riescono a far sentire la loro voce quando si stabiliscono regole di salvataggio delle banche che non tengono conto di quanto, in Italia, ci siano piccoli risparmiatori coinvolti. Di altri rappresentanti che, a Bruxelles, subiscono una formulazione matematica del deficit strutturale standard, per cui in Italia sarebbe normale una disoccupazione al 9 per cento, la congiuntura incide poco, i tagli di bilancio devono essere conseguentemente più pesanti. O, per finire, di un problema migranti che diventa emergenza epocale e comunitaria quando impatta la Germania, ma non lo è quando, per anni, sfianca l'Italia. (13 febbraio 2016)
 

tontolina

Forumer storico
La miopia degli stress test su Deutsche Bank. Così la Ue dei due pesi bastona l'Italia

di MAURIZIO RICCI
Deutsche Bank: 20 volte il Pil tedesco, ma è carta straccia

Scritto il 08/2/16 • nella Categoria: segnalazioni

E’ arrivato il momento del panico per Deutsche Bank? Quello che sembrava un colosso finanziario, si rivela la banca speculativa più esposta al mondo, con un mostruoso giacimento di titoli tossici: qualcosa come 75.000 miliardi di dollari in derivati, cioè 20 volte il Pil della Germania. E ora la realtà sta venendo alla luce, facendo temere il minaccioso collasso del “gigante d’argilla” tedesco. Un evento che – da solo – potrebbe terremotare in modo irreparabile la finanza europea, mettendo in pericolo il sistema finanziario mondiale. Lo sostiene “Zero Hedge”, in un’analisi tradotta da “Voci dall’Estero” che riprende e rilancia un allarme datato almeno 2013 sul rischio sistemico rappresentato dall’istituto bancario di Francoforte. Già nell’aprile del 2013, infatti, “Zero Hedge” aveva mostrato per la prima volta qualcosa di cui pochi erano a conoscenza, vale a dire che «con 72.800 miliardi di dollari, la banca più esposta ai derivati del mondo» non era Jp Morgan come alcuni pensavano, ma il colosso bancario tedesco, Deutsche Bank. Alcuni hanno alzato le spalle, dicendo che non si dovrebbe mai guardare l’esposizione lorda ai derivati ma solo la netta. Risposta: «Il netto diventa immediatamente pari al lordo quando anche una sola controparte nella catena dei collaterali va a picco: si vedano ad esempio i fallimenti Lehman e Aig e il conseguente terremoto per salvare il mondo intero, costato migliaia di miliardi di fondi dei contribuenti».
L’anno seguente, nuovo allarme: Deutsche Bank diventa “l’elefante nella stanza”, con una devastante esposizione in derivati (75.000 miliardi di dollari, 20 volte superiore al Pil tedesco). Lo scorso giugno, una domanda ancora più diretta: «Deutsche Bank è la prossima Lehman?». A preoccupare, non era solo il gigantesco rischio sullo stato patrimoniale della banca, «ma il fatto che le sue attività deteriorate avevano finalmente iniziato a intaccare il conto economico, portando a una perdita dopo l’altra, una cambio al vertice dopo l’altro, un accordo giudiziale per aggiotaggio dopo l’altro». Tutto è culminato ora «con la perdita titanica, e da record per la banca, di 7 miliardi di euro, peggiore perfino delle difficoltà della banca anche nel pieno della crisi finanziaria globale», scrive “Zero Hedge”. Come se non bastasse, «anche le altre banche hanno iniziato a prestare attenzione allo stato patrimoniale di Db». Per Citigroup, il “rapporto di leva” (vincolo fondamentale per il capitale) nel caso di Deutsche è al 3,5%, cioè «ben al di sotto dei suoi concorrenti e dell’obiettivo del 4,5% dell’azienda». Ciò implica «un deficit di 15 miliardi di euro». Al netto di manovre possibili, resterebbe ancora una voragine da 7 miliardi che entro il 2017 «rischia di rendere necessario un aumento di capitale fino a 7 miliardi di euro».
E poi, aggiuge “Zero Hedge”, c’è l’enorme buco nero che è la Cina, verso la quale Deutsche Bank è super-esposta. Secondo “New Europe”, «le più grandi banche europee sono esposte in modo significativo verso la Cina e, se dovesse esserci una significativa riduzione della leva finanziaria, l’impatto sarebbe senza dubbio globale». Parliamo di tutto questo, spiega “Zero Hedge”, perché a preoccupare è l’andamento del prezzo delle azioni di Deutsche Bank, in calo vertiginoso dal primo “avvertimento” del 2013 circa i rischi potenziali, enormi, connessi all’azzardo finanziario della banca tedesca. «Ma il grafico a cui tutti dovrebbero prestare attenzione – conclude “Zero Hedge” – non è neppure quello del rischio d’impresa, che è da allarme rosso, bensì quello dei Cds, i “credit default swaps”, relativi al mercato e all’ammissione del rischio: finalmente i dati reali «sono saltati fuori e hanno urlato che c’è qualcosa di molto, molto sbagliato nella banca con la più grande esposizione di derivati nozionali lorda nel mondo. Quindi, ecco la nostra domanda di oggi: è già arrivato il momento del panico per Deutsche Bank?».


E’ arrivato il momento del panico per Deutsche Bank?
Quello che sembrava un colosso finanziario, si rivela la banca speculativa più esposta al mondo, con un mostruoso giacimento di titoli tossici: qualcosa come 75.000 miliardi di dollari in derivati, cioè 20 volte il Pil della Germania.

E ora la realtà sta venendo alla luce, facendo temere il minaccioso collasso del “gigante d’argilla” tedesco.

Un evento che – da solo – potrebbe terremotare in modo irreparabile la finanza europea, mettendo in pericolo il sistema finanziario mondiale.
Lo sostiene “Zero Hedge”, in un’analisi tradotta da “Voci dall’Estero” che riprende e rilancia un allarme datato almeno 2013 sul rischio sistemico rappresentato dall’istituto bancario di Francoforte.
Già nell’aprile del 2013, infatti, “Zero Hedge” aveva mostrato per la prima volta qualcosa di cui pochi erano a conoscenza, vale a dire che «con 72.800 miliardi di dollari, la banca più esposta ai derivati del mondo» non era Jp Morgan come alcuni pensavano, ma il colosso bancario tedesco, Deutsche Bank.
Alcuni hanno alzato le spalle, dicendo che non si dovrebbe mai guardare l’esposizione lorda ai derivati ma solo la netta.
Risposta: «Il netto diventa immediatamente pari al lordo quando anche una sola controparte nella catena dei collaterali va a picco: si vedano ad esempio i fallimenti Lehman e Aig e il conseguente terremoto per salvare il mondo intero, costato migliaia di miliardi di fondi dei contribuenti».

L’anno seguente, nuovo allarme: Deutsche Bank diventa “l’elefante nella stanza”, con una devastante esposizione in derivati (75.000 miliardi di dollari, 20 volte superiore al Pil tedesco).
Lo scorso giugno, una domanda ancora più diretta: «Deutsche Bank è la prossima Lehman?».

A preoccupare, non era solo il gigantesco rischio sullo stato patrimoniale della banca, «ma il fatto che le sue attività deteriorate avevano finalmente iniziato a intaccare il conto economico, portando a una perdita dopo l’altra, una cambio al vertice dopo l’altro, un accordo giudiziale per aggiotaggio dopo l’altro».

Tutto è culminato ora «con la perdita titanica, e da record per la banca, di 7 miliardi di euro, peggiore perfino delle difficoltà della banca anche nel pieno della crisi finanziaria globale», scrive “Zero Hedge”.

Come se non bastasse, «anche le altre banche hanno iniziato a prestare attenzione allo stato patrimoniale di Db».

Per Citigroup, il “rapporto di leva” (vincolo fondamentale per il capitale) nel caso di Deutsche è al 3,5%, cioè «ben al di sotto dei suoi concorrenti e dell’obiettivo del 4,5% dell’azienda».

Ciò implica «un deficit di 15 miliardi di euro». Al netto di manovre possibili, resterebbe ancora una voragine da 7 miliardi che entro il 2017 «rischia di rendere necessario un aumento di capitale fino a 7 miliardi di euro».


E poi, aggiuge “Zero Hedge”, c’è l’enorme buco nero che è la Cina, verso la quale Deutsche Bank è super-esposta.



Secondo “New Europe”, «le più grandi banche europee sono esposte in modo significativo verso la Cina e, se dovesse esserci una significativa riduzione della leva finanziaria, l’impatto sarebbe senza dubbio globale». Parliamo di tutto questo, spiega “Zero Hedge”, perché a preoccupare è l’andamento del prezzo delle azioni di Deutsche Bank, in calo vertiginoso dal primo “avvertimento” del 2013 circa i rischi potenziali, enormi, connessi all’azzardo finanziario della banca tedesca. «Ma il grafico a cui tutti dovrebbero prestare attenzione – conclude “Zero Hedge” – non è neppure quello del rischio d’impresa, che è da allarme rosso, bensì quello dei Cds, i “credit default swaps”, relativi al mercato e all’ammissione del rischio: finalmente i dati reali «sono saltati fuori e hanno urlato che c’è qualcosa di molto, molto sbagliato nella banca con la più grande esposizione di derivati nozionali lorda nel mondo. Quindi, ecco la nostra domanda di oggi: è già arrivato il momento del panico per Deutsche Bank?».
 

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