ma Deutsche Bank sta fallendo? (1 Viewer)

Derola

Nuovo forumer
se la BCE puo' intervenire per salvare le banche non c'e' limite per i salvataggi e i 50 miliardi che l'Italia ha versato con soldi provenienti dalle tasse devono essere restituiti sul debito pubblico almeno al doppio del valore!

l'austerity ha danneggiato pesantemente l'Italia, la Grecia e molti altri paesi europei e solo perche' la Germania non era interessata in tale periodo.

La Germania ha sempre tenuto tra le sue mani l'UE. Purtroppo si sono commessi errori fin dall'inizio di questo rapporto internazionale, in cui la Germania è partita con tre passi avanti a tutti nonostante le grandi guerre che l'hanno vista sconfitta e debitrice.
 

tontolina

Forumer storico
i tedeschi sono very prepotenti impuniti
BCE CONTRO DEUTSCHE BANK: ignorati i divieti ad operare su titoli propri



Secondo quanto rivelato dal quotidiano tedesco SZ la BCE avrebbe messo sotto accusa la Deutsche Bank per aver ignorato completamente l’ordine dell’Autorità Bancaria Europea che impedisce agli istituti di credito di acquistare obbligazioni proprie.
Viene messo sotto accusa il dirigente Alexander von zur Mühlen, responsabile di questo tipo di operazioni e delle ristrutturazioni all’interno dell’istituto.

L’accusa riguarda specificamente due tipi di obbligazioni molto sensibili per un istituto bancario, le AT1 ed AT2. Si tratta di due categorie dei cosiddetti CoCo bond, cioè obbligazioni subordinate ad alto rischio, praticamente assimilabili al capitale proprio, che infatti vengono conteggiate all’interno dei coefficienti di capitalizzazione CET1 e CET2.
In cambio dell’alta rischiosità questo tipo di obbligazioni riceve solitamente un rendimento più elevato, ma, in cambio, se salta la banca gli obbligazionisti non rivedono i propri soldi.
Questo spiega perchè sia i controllori sia le banche siano molto sensibili su questo tipo di titoli, e come Deutsche Bank abbia sempre operato su questo mercato sia per contenerne i costi, sia per mantenerlo sempre liquido.
Purtroppo dal 2015, cioè dall’introduzione del Bail-in, la BCE ha sottoposto le operazioni su questo mercato a specifica autorizzazione, come avviene per le azioni proprie, ma la DB ha preferito ignorare il divieto e proseguire le proprie manovre con la scusa di “Operare nell’interesse dei sottoscrittori” e per evitare degli sbalzi di valore. Nel 2017 la banca ha ottenuto l’autorizzazione, ma questa non si applica alle operazioni pregresse che quindi sono risultate illecite.

Dopo due mesi di indagini la BCE ha deciso di intervenire e valuterà se irrogare una sanzione pari al doppio dei risparmi conseguiti, in termini di interessi, operando in modo illecito sul mercato dei titoli proprio. Oltre al danno economico l’indagine pone in luce come vi sia anche un problema di operatività: infatti la banca è sempre in mano ad un nocciolo duro di dirigenti, apparentemente intoccabili, che si crede al di sopra delle leggi, creando un problema sia etico sia economico all’istituto di credito.
 

tontolina

Forumer storico
DEUTSCHE BANK FA RETROMARCIA E TORNA NEI DERIVATI


A giugno Deutsche Bank aveva annunciato una profonda ristrutturazione che avrebbe dovuto portarla nell’ambito dell “Banche normali” che basano la propria attività nell’intermediazione ordinaria creditizia, abbandonando le attività di trading ed i pericolosi prodotti derivati. Tutto questo doveva avvenire con la cessione del trading a Societé Generale, la creazione di una “Bad Bank” da 78 miliardi, e con la progressiva chiusura dei derivati. Insomma la banca doveva diventare una Banca Commerciale “Normale”, anche se poi la normalità era relativa anche perchè DB risultava coinvolta nello scandalo Danske con tanto di perquisizioni della polizia.

Però la “Banca Buona” sembra già finita.

Da notizie pubblicate da Bloomberg la DB ha deciso di rivitalizzare il settore dei derivati concentrandosi sui CDS, Credit Default Swap, contratti che fungono da “assicurazione” per titoli emessi da terze parti. Una decisione che viene spiegata con il fatto che oggi questi strumenti non sarebbero più così pericolosi perchè non più “OTC”, Over the counter, quindi regolati solo dai contratti fra le controparti, ma sottoposti ad una clearence, cioè ad una camera di compensazione, ufficiale e regolata negli USA dal CFCT ed in Europa dall’ESMA.
Insomma questo settore, essendo più regolato, sarebbe più “Normale” e meno rischioso.

Quindi, puntando su mercati più efficienti e trasparenti e meno costosi per questo tipo di prodotti, DB avrebbe deciso di ributtarcisi dentro ed avrebbe perfino assunto diversi esperti da altre istituzioni finanziarie per fare le cose per bene. Nello stesso tempo questa mossa avviene alla probabile vigilia di una probabile crisi economica europea, e proprio il giorno prima DB si mette ad assicurare prodotti finanziari, anche se solo per società Investment Grade, cioè teoricamente sicure. In questo modo la DB ritiene che la prossima crisi colpirà il settore reale e non quello finanziario, ma se si sbaglia questa volta andrà a fondo come un sasso.
 

tontolina

Forumer storico
Deutsche Bank affonda dopo secondo trimestre in rosso consecutivo
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Mercato azionario3 ore fa (30.10.2019 10:02)

© Reuters.
Investing.com – Le perdite subite da Deutsche Bank (DE:DBKGn) stanno attirando forti vendite sul titolo della banca tedesca che a Francoforte cede oltre il 5% e le azioni scambiate a 6,83 euro.
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ed è la miglior banca tedesca

vi immaginate le altre?
 

tontolina

Forumer storico
DEUTSCHE BANK: Il mistero dei derivati sempre “Costanti”
anche se la banca ha dichiarato di volerne uscire....

Un amico, ottimo analista finanziario, mi ha mandato alcuni dati interessanti circa i derivati di Deutsche Bank che ritengo siano utili per valutare se un certo andamento rientri nell’ambito della normalità o meno.

L’interesse di DB per il settore dei derivati ha una storia ormai lunga. Sono quindici anni che la banca tedesca è impegnata sotto questo punto di vista, con una ricaduta molto variabile nel tempo.
Iniziamo a presentare come si sono evoluti i derivati nel tempo:


Vi è stata un’esplosione di questo tipo di prodotti finanziari proprio a cavallo della Grande Crisi Finanziaria del 2007. Dopo un culmine nel 2011 vi è stata una progressiva stabilizzazione.

Negli anni dal 2007 ad oggi è successo, veramente, di tutto: la crisi finanziaria del 2007-2008, la crisi del debito europeo, la ripresa della globalizzazione, il QE della BCE, la fine del QE della FED, la crisi del debito dei paesi emergenti. Ci sono stati molti eventi e qusti avrebbero dovuto colpire la redditività dei contratti derivati. Come è andata la redditività di questo settore per la DB?



Come vediamo c’è stato un andamento negativo, o fortemente negativo sino al 2007. Poi la crisi ha portato un forte ritorno: evidentemente la Banca aveva scommesso sulla crisi e se ne è fortemente avvantaggiata, guadagnando 43 miliardi nel 2008. Dopo alcune oscillazioni dal 2011 invece c’è stata una stabilizzazione sui 20 miliardi di utile.

Questo è molto peculiare: un settore basato su quelle che sono delle scommesse finanziarie, o delle assicurazioni date a valori finanziari, nella migliore delle ipotesi, dovrebbe essere sensibile alle fluttuazioni del’economia mondiale, e ne abbiamo avute negli ultimi 10 anni. Invece abbiamo una notevole costanza. Questo può essere spiegato in due modi:
  • il desk, l’ufficio, è molto bravo e riesce ad equilibrare i diversi derivati in modo che si compensino l’un l’altro;
  • qualcuno è particolarmente bravo nella valutazione dei contratti in modo tale che, contabilmente, risultino annualmente utili adeguati.
Un motivo in più per prestare attenzione ai bilanci , soprattutto quando riguardano i contratti derivati….
 

tontolina

Forumer storico
Deutsche Bank sempre più giù
spaventa l’America.
E ora anche i giornali tedeschi la attaccano

Deutsche Bank sempre più giù spaventa l’America. E ora anche i giornali tedeschi la attaccano

Quando sono i tuoi nemici a mettere in circolazione voci maliziose sul tuo conto (e i tuoi conti), potrebbe trattarsi di un segnale paradossalmente positivo: forse, ti temono. E giocare sporco, per quanto sgradevole, è contemplato nelle regole del vivere quotidiano. Soprattutto in finanza.
Ma quando a chiedersi, di fatto, per quale ragione i tuoi grandi sostenitori e detentori azionari non ti abbandonino al tuo destino, stante le cifre e le prospettive, sono i presunti “alleati”, allora c’è da preoccuparsi. E il fatto che dopo la pubblicazione della trimestrale, lo scorso 30 ottobre, l’attacco più duro a Deutsche Bank e il suo management sia arrivato da Die Welt, pone qualche interrogativo. Certo, i soci forti stanno cercando di defenestrare anzitempo il presidente, avendo dato vita a un quantomeno irrituale – almeno per le teutoniche tradizioni – Cda parallelo fuori da Francoforte ma resta il fatto che il quotidiano tedesco abbia chiaramente detto – a fronte di conti simili e di un piano di ristrutturazione a dir poco monstre (non fosse altro per il controvalore della bad bank creata per ripulire il bilancio, 5 volte il market cap) – come appaia quantomeno inspiegabile la fiducia incrollabile dei grandi sponsor nell’ennesimo tentativo di raddrizzare la baracca.
Questi due grafici:

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Fonte: Bloomberg




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Fonte: Bloomberg
mettono in prospettiva la situazione. I numeri della trimestrale sono chiari: fra luglio e settembre, Deutsche Bank ha segnato una perdita netta di 942 milioni di euro, che si confronta con l’utile netto di 130 milioni dello stesso periodo del 2018 e il consensus degli analisti sondati da Bloomberg per un rosso “limitato” a -714 milioni di euro. Nel terzo trimestre, il gruppo ha registrato ricavi in calo del 15% a 5,3 miliardi: una flessione che si spiega anche con la recente decisione strategica di ritirarsi dal trading di equities ma che poco si intona con il -13% anche su quello relativo al reddito fisso, solitamente un punto di forza della banca tedesca. Dal canto suo, il ceo Christian Sewing ha posto l’accento sull’utile pre-tasse di 353 milioni, con le quattro attività principali della banca redditizie nel trimestre, nonché su “una crescita degli impieghi e del risparmio gestito”, sottolineando infine come l’indice patrimoniale Cet1 resti stabile al 13,4%.
Il problema è uno solo, rappresentato dal secondo grafico: la reazione del mercato ai conti nel giorno della presentazione.

Ma qui subentra il giallo nel giallo, il quale pone più di una questione.
Primo, subito dopo i conti JP Morgan ha tagliato il target price del titolo a 6 euro, citando il quasi certo protrarsi di revenues negative derivanti dalla cosiddetta CRU (Capital Restructuring Unit, la bad bank) anche nel quarto trimestre. Inoltre, questa schermata di Bloomberg mostra come 16 analisti raccomandino di vendere il titolo DB agli investitori, contro 12 posizioni ancora su hold e solo 2 che puntano su buy.

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Fonte: Bloomberg
Di più, stando a Die Welt, Bankhaus Lampe – la “Rolls Royce delle banche d’affari” – avrebbe terminato la propria copertura di analisi del titolo Deutsche Bank, motivando la decisione con una non meglio precisata “riallocazione di risorse”. Come dire, abbiamo cose (e titoli) più seri da far seguire agli analisti. Uno smacco di quelli che lasciano il segno, basti vedere la lista dei clienti della banca fondata nel 1852 a Minden. E il potere evocativo che Deutsche Bank ancora esercita nella madrepatria.
Eppure, venerdì 1 novembre il titolo è rimbalzato del 2% a Francoforte, dopo il tracollo di 24 ore prima. Senza che nulla cambiasse, a meno di voler attribuire poteri da affabulazione taumaturgica alle parole di rito di Christian Sewing.
Di più, attraverso un’intervista concessa alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, il vice-Ceo, Karl von Rohr, ha annunciato che l’istituto passerà a tassi negativi sui conti correnti corporate più grandi e su quelli di singoli correntisti più facoltosi, cercando di preservare la clientela retail. Pur affermando che “stiamo parlando con i nostri clienti che patiranno le conseguenze di questa decisione e si stanno dimostrando comprensivi rispetto alle ragioni della scelta”, questa mossa non pare certo uno stimolo ulteriore all’acquisto del titolo e, più in generale, a una scommessa di medio-lungo termine sul futuro dell’istituto. Almeno, in tempi di analisti che paiono mollare la presa.

Insomma, da più parti la domanda finale, ovviamente proferita sottovoce e in contesti non ufficiali, è una sola: chi sta sostenendo Deutsche Bank, forse anche fisicamente sui livelli di resistenza dell’azione? Volgarmente detto, comprando.
Qualcuno sta quindi acquistando per motivi che sono “altri” rispetto alla fiducia nel piano di ristrutturazione, al mero investimento?
Deutsche Bank, pur avendo dovuto abbandonare giocoforza Wall Street, era diventata too big to fail nel trading azionario come in quello degli swap valutari, a tal punto da creare un rischio di controparte permanente con cui nessuno può permettersi di scherzare?
E qui rientra in campo il dubbio che aleggia a mezz’aria sui mercati dallo scorso 17 settembre, quando la Fed tornò a operare direttamente attraverso aste repo e term per cercare di calmare le turbolenze sul mercato interbancario, di fatto prodromo del Qe vero e proprio appena partito. Sostanziato da questi due grafici:

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Fed/Zerohedge


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Fonte: Financial Times

dai quali si evince come in quell’occasione la Banca centrale Usa potrebbe dover essere rientrata in campo giocoforza per “sostenere” qualche istituto straniero particolarmente esposto e in grave difficoltà di finanziamento a breve. Ipotesi mai smentita, né confermata da alcuno alla Federal Reserve ma, stante le motivazioni addotte da Jerome Powell per far ripartire un Qe che lui stesso non vuole nemmeno venga definito tale, comunque in grado di lasciare qualche interrogativo aperto sul terreno.
Tanto più che, negli ambienti finanziari, si fa notare come Donald Trump, mai tenero con la Germania e pronto anche al braccio di ferro (ad esempio i dazi sulle auto Ue), si sia ben guardato dal colpire – persino attraverso i suoi proverbiali e alluvionali tweets – il fianco scoperto e dolorante, quasi il tallone d’Achille sistemico di Berlino. Forse, il valore sistemico di DB vale quasi tanto per Angela Merkel che per lui, non fosse altro per la questione delle sue dichiarazioni dei redditi e dei suoi conti correnti presso l’istituto tedesco che la Giustizia statunitense vorrebbe resi disponibili.

Finora, Francoforte ha resistito.
Qualcuno poi vorrebbe che un tacito soccorso, anche solo a livello di moral suasion verso gli analisti, sia giunto da Bnp Paribas, istituto francese che ha concluso l’acquisizione proprio del ramo trading sugli hedge funds del colosso tedesco, operazione vista da molti come rischiosa per una banca fino ad ora cauta come quella francese, soprattutto dopo il quarto trimestre di fila di calo del ramo equity e di servizio ai fondi speculativi (-15% il dato al settembre scorso). Certo, il deal è ormai concluso ma il passaggio dei circa 1.000 dipendenti da Deutsche Bank a Bnp Paribas richiederà fino al 2021 e un tracollo (o peggio) della casamadre non gioverebbe certo nemmeno al secondo contraente.
Di sicuro, c’è soltanto che anche in patria qualcuno comincia a chiedersi, fra le righe e con perifrasi sempre più claudicanti, chi stia sostenendo Deutsche Bank e cosa le garantisca un grado di fedeltà residuale dei suoi grandi detentori. La caduta degli Dei. E non appare un segnale confortante. A meno che l’istituto non rappresenti l’elefante nella stanza di uno scontro politico tutto interno.
 
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