Lotta contro il Contante (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
La guerra al denaro contante peggiora
Di Francesco Simoncelli , il 9 febbraio 2017 3 Comment
di James Rockards

La guerra al denaro contante è un tema che ho riproposto molte volte.

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Questa guerra è in pieno svolgimento in Europa e negli Stati Uniti. Gli stati prevedono di utilizzare i tassi d’interesse negativi, le tasse e altre tecniche per derubare i risparmiatori della loro ricchezza. Per farlo, devono far finire i risparmi in conti digitali presso le grandi banche controllate dallo stato.

Fino a quando i risparmiatori detengono contanti, possono evitare molte di queste tecniche di confisca. Pertanto gli stati sono determinati ad eliminare i contanti.

L’ultimo campo di battaglia in questa guerra è l’India. In un annuncio shock dell’otto novembre, l’India ha dichiarato che le banconote da 500 e 1,000 rupie non sono più a corso legale. Immaginate — il denaro nel vostro portafoglio diventa immediatamente inutile per decreto governativo. Questo è quello che è successo.
Ci sono state eccezioni per ospedali e stazioni di servizio. Naturalmente sono spuntate ovunque lunghe file e alcune persone si sono precipitate presso gli ospedali per pagare in anticipo prestazioni mediche future con banconote ormai senza valore. L’alternativa è depositare le banconote in banca.
Lì gli indiani avrebbero ricevuto “credito digitale”. Naturalmente gli esattori delle tasse erano in attesa presso le banche per chiedere dove la gente avesse preso i soldi. Coloro che non avevano una risposta accettabile, sono finiti nei guai. Questa non è la fine della guerra ai contanti, è solo l’inizio.
La decisione dell’India sta avendo effetti a catena devastanti per l’economia indiana e il mercato dell’oro. Le conseguenze della decisione sono sia spaventose che incoraggianti — spaventose perché mostrano la capacità degli stati di distruggere ricchezza, e incoraggianti perché mostrano l’ingegnosità degli individui che vivono sotto il tacco di uno stato oppressivo.
Una conseguenza immediata è che la cartamoneta ha iniziato ad essere trattata a sconto rispetto al valore nominale. In parole povere, si potevano vendere illegalmente le banconote da 1,000 rupie ad un intermediario per 750 rupie in tagli più piccoli.

L’undici novembre l’intero sistema bancario in India ha cominciato a rimanere a corto di denaro contante e di forme alternative di pagamento, mentre emergevano scambi in oro e col baratto
.
Non pensate a queste cose come a qualcosa che accade solo nei paesi poveri.
Scene simili accadranno anche negli Stati Uniti e in Europa, man mano che le élite diventeranno più disperate.

Le élite globali stanno utilizzando i tassi d’interesse negativi per mimare gli effetti dell’inflazione — far sparire il vostro denaro. Un modo per evitare i tassi d’interesse negativi è quello di possedere denaro contante. Al fine di evitare questa opzione, le élite hanno lanciato una guerra al contante.

La guerra al contante ha due spinte principali.
La prima è quella di rendere difficile l’accesso al denaro contante. Le banche statunitensi, utilizzando il Modulo SAR (comunicazione di sospetto), riferiranno di chiunque ritiri più di $3,000 in contanti, poiché potenzialmente coinvolto in “attività sospette”.
La seconda è quella di eliminare le banconote di grosso taglio. Gli Stati Uniti si sono sbarazzati della banconota da $500 nel 1969 e la banconota da $100 ha perso l’85% del suo potere d’acquisto sin da allora. Con un po’ più d’inflazione, la banconota da $100 sarà ridotta ad un comune resto.

La guerra al contante è una notizia vecchia, ma ci sono nuovi sviluppi. Lo scorso maggio la Banca Centrale Europea ha annunciato che avrebbe interrotto la produzione di nuove banconote da €500. Le banconote da €500 ancora circolanti saranno ancora a corso legale, ma non ne saranno prodotte di nuove.
Ciò significa che nel corso del tempo, le banconote saranno scarse e gli individui che avranno bisogno di tagli grandi dovranno pagare un prezzo superiore al valore nominale, ad esempio, €502 in tagli più piccoli per una banconota da €500. Il premio di €2 in questo esempio è praticamente un tasso d’interesse negativo sulla liquidità.

L’idea dietro la guerra al contante è quella di convogliare forzatamente i risparmiatori nei conti bancari digitali, in modo che il loro denaro possa essere sottratto sotto forma di tassi d’interesse negativi.
Una soluzione semplice sarebbe quella di accumulare contanti.
Se i contanti diventano scarsi (o quasi inutili a causa dell’inflazione), i risparmiatori possono pagare un lieve sovrapprezzo per le banconote di grosso taglio. Il premio scompare perché la banconota non paga alcun interesse. Le élite hanno effettivamente trovato un modo per avere tassi d’interesse negativi al di fuori dei conti digitali.

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Un’altra soluzione ai tassi d’interesse negativi è quella di comprare oro fisico. Ma se lo stato ha dichiarato guerra al contante, la guerra all’oro può essere tanto lontana? Probabilmente no.
Ma gli stati usano sempre il riciclaggio di denaro, il traffico di droga e il terrorismo come scusa per tenere sotto controllo i cittadini onesti e privarli della possibilità di utilizzare alternative al denaro contante, come cartamoneta fisica e oro. Quando si inizierà a vedere articoli di giornale su criminali che utilizzano l’oro al posto del contante, questo significa una spinta alla regolamentazione statale dell’oro.

Indovinate un po’? Un articolo simile è apparso proprio questa primavera su Bloomberg. Questo è un motivo in più per comprare oro fisico ora, mentre è ancora possibile.

Come se inflazione, confisca e tassi negativi non siano già sufficienti, le élite globali stanno coordinando un nuovo piano per una tassazione globale. Come al solito, c’è un nome tecnico affinché i profani non capiscano il piano. Si chiama base erosion and profit shifting, o “BEPS”.

Il progetto BEPS viene gestito dall’OCSE e dal G-20, con il Fondo Monetario Internazionale che contribuisce come supporto tecnico. Se siete interessati al BEPS, c’è un intero sito web dedicato ai piani di tassazione globale e ai vari passi per implementarlo.

Val la pena dare un’occhiata al sito web. Per parafrasare quella famosa frase attribuita a Trotsky: “Potreste non essere interessati al BEPS, ma il BEPS è interessato a voi.”

Il piano delle élite globali non si ferma qui. C’è anche il cambiamento climatico monitorato dalle Nazioni Unite. Questo programma si chiama United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC). La storia del cambiamento climatico è un argomento controverso, ma non c’è bisogno di parlarne in maniera approfondita per i nostri scopi. È sufficiente sapere che il cambiamento climatico è una piattaforma conveniente per una moneta unica mondiale e una tassazione mondiale.
Questo perché il cambiamento climatico non rispetta i confini nazionali. Se si ha un problema globale, allora si possono giustificare soluzioni globali. Un piano per una tassa globale affinché si finanzino infrastrutture legate al cambiamento climatico con una moneta unica mondiale, è la fine dei giochi.
Il cambiamento climatico è correlato al sistema monetario internazionale. Christine Lagarde non dà quasi mai un discorso sulla finanza senza menzionare il cambiamento climatico. Lo stesso vale per le altre élite monetarie. Sanno che il cambiamento climatico è il loro percorso per il controllo finanziario globale.

Questo è il piano delle élite globali. Una moneta unica mondiale, un’inflazione mondiale e una tassazione mondiale, con il FMI come banca centrale del mondo e il G-20 come Consiglio di Amministrazione. Niente di tutto questo è un segreto. È tutto in bella vista.

Questo ci riserba il futuro.

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Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: Francesco Simoncelli's Freedonia
 

tontolina

Forumer storico
Verso la fine del contante dopo l’addio al segreto bancario? Parla Paolo Cardenà
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In quale direzione si muoverà la lotta all’evasione fiscale dopo la fine del segreto bancario? Nello scenario spicca anche l’addio al denaro contante: il punto del consulente finanziario Paolo Cardenà.
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È la fine di un’era: l’addio al segreto bancario segna un nuovo passo verso una lotta concreta all’evasione fiscale internazionale.
Noti paradisi fiscali si sono redenti con l’adozione del CRS e molti altri Paesi ancora si stanno muovendo verso lo standard dello scambio automatico di informazioni.

Abbiamo chiesto a Paolo Cardenà, consulente finanziario e private banker dei maggiori gruppi bancari italiani ben noto tra gli appassionati di finanza anche grazie al suo famoso blog Vincitori e Vinti, in che modo e in quale misura la fine del segreto bancario sancisca la fine dell’evasione fiscale internazionale, passando dall’effettiva capacità dei sistemi di supportare tali informazioni alla necessità di una normativa chiara e condivisa che non lasci i contribuenti e le imprese nella gabbia del Fisco.

E lo scenario tra 10 anni? Paolo Cardenà non esclude la possibilità di un addio al denaro contante...

Tra poche settimane cadrà il muro del segreto bancario per effetto dell’introduzione del sistema CRS. La fine del segreto bancario è davvero la fine delle “occasioni” offerte dai paradisi fiscali?

È abbastanza evidente che la lotta all’evasione internazionale, con l’avvio dello scambio automatico di informazioni, subirà un importante salto di qualità che tenderà ad essere sempre più stringente nei confronti di fenomeni evasivi e sempre meno tollerante nei confronti dei pochi paradisi fiscali rimasti. Se si pensa che oltre 100 Paesi hanno già firmato l’accordo per lo scambio automatico di informazioni, appare evidente come la lotta all’evasione transnazionale abbia ormai assunto una dimensione globale che amplifica anche la portata e l’efficacia dell’impegno dei governi nel contrasto di fenomeni evasivi.
Nel 2010, l’approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti del “Foreign Account Tax Compliace Act” (comunemente noto come FACTA) ha offerto un impulso importante all’adozione di uno standard globale, automatico e reciproco, che consentisse, appunto, lo scambio di informazioni. Ne è nato il Common Reporting Standard (CRS), che ha già mietuto numerose vittime illustri. Mi riferisco, soprattutto, a quei Paesi, storicamente considerati nella “black list”, che proprio sulla scia del CRS hanno riformato il loro status di “paradisi fiscali” e l’opacità dei rispettivi sistemi bancari conformandosi agli standard previsti dal CRS. Credo che questa tendenza proseguirà in futuro, fino a coinvolgere anche gli altri paesi oggi fuori dall’accordo. Magari ci vorrà del tempo, ma è lì che si arriverà.


2) Le banche e gli intermediari finanziari sono obbligati a riferire dati e informazioni sui conti dei clienti residenti all’estero alla propria autorità fiscale, che provvederà ad informare il Fisco del Paese di residenza di ogni cliente. Sembra ci siano tutti gli ingredienti per una valanga di confusione.
Crede davvero che il Fisco sia in grado di gestire l’enorme afflusso di dati finanziari provenienti da questa globalizzazione finanziaria?


Per rispondere a questa domanda, è utile conoscere cosa prevede il Common Reporting Standard. Dato che il CRS prevede modelli di accordi intergovernativi su base bilaterale o multilaterale, un set comune di regole e procedure relative all’adeguata verifica fiscale dei conti finanziari, un Commentario contenente i chiarimenti interpretativi e un set di regole tecniche che disciplinano la trasmissione delle informazioni, la standardizzazione del quadro normativo e procedurale entro il quale avverrà lo scambio automatico di informazioni, oltre a contenere i costi e gli oneri amministrativi per gli intermediari finanziari tenuti alla comunicazione dei dati, faciliterà molto il compito delle amministrazioni finanziarie dei paesi aderenti. Nel caso italiano, va detto che, grazie anche all’informatizzazione e alla digitalizzazione fiscale intervenuta negli ultimi 10/15 anni, il fisco ha a disposizione potenti strumenti di controllo e accertamento. Si pensi ad esempio a SERPICO, il “grande fratello” dell’Agenzia delle Entrate, dove vengono gestiti e controllati milioni e milioni di dati (anche finanziari) dei contribuenti italiani.
In questo ambito, i flussi dei dati derivanti dallo scambio automatico di informazioni andrà ad assortire e ad arricchire i dati già a disposizione del fisco. Questo avrà un duplice riflesso: da una parte, è ovvio che, incrociando i dati (come quelli contenuti nella dichiarazione dei redditi, ad esempio i dati all’interno del quadro RW), il fisco potrà verificare più agevolmente la veridicità e l’esattezza dei dati contenuti nelle dichiarazioni e, di conseguenza, affinare l’attività investigativa finalizzata a far emergere redditi non dichiarati; dall’altra parte, l’attività di accertamento verrà ulteriormente concentrata verso i soggetti maggiormente esposti a rischio di evasione transazionale che, immagino anche per le dimensioni del fenomeno, sia più “interessante” di quella domestica, almeno dal punto di vista dell’imponibile che potenzialmente potrebbe emergere.
È chiaro che, come in tutti i casi in cui sono state introdotte delle innovazioni, saranno necessari degli interventi migliorativi per rendere l’operatività più efficiente. Ma credo che l’evoluzione, volta a rendere più efficiente e incisiva l’azione di contrasto dei fenomeni evasivi, non tarderà ad arrivare.


3) Il saldo, i dati anagrafici e una serie di altre informazioni sui conti degli Italiani all’estero saranno presto in mano all’Agenzia delle Entrate. È innegabile che la fine del segreto bancario, sulla carta, sia un grande passo nella lotta all’evasione, ma potrebbe non bastare. Qual è la chiave principale, secondo lei, per portare avanti una battaglia di successo contro l’evasione?

Rispondere a questa domanda presuppone che vengano toccati diversi aspetti tipici del fenomeno evasivo: da quelli culturali e sociologici fino ad arrivare ad aspetti propriamente tecnici della questione. Mi limiterò a svolgere qualche considerazione su questi ultimi, soprattutto in riferimento all’ambiente fiscale italiano che, com’è facile intuire, produce a valle dei riflessi anche su questioni culturali e sociologiche. Nell’ambiente italiano, connotato da una normativa fiscale in perpetuo mutamento, tutti i governi fin qui succeduti ci hanno abituati all’impossibilità di prevedere una corretta pianificazione fiscale nell’impresa che, a parer mio, resta ugualmente importante ed imprescindibile per fare una buona attività di impresa.
La mancanza di una normativa chiara, univoca e organica a livello fiscale, unita alla necessità delle finanze pubbliche di poter contare sempre su un maggior gettito fiscale, e la ricerca spasmodica di nuove risorse idonee a coprire i buchi di bilancio, hanno stimolato la miopia dei governanti che hanno quasi sempre adottato soluzioni dettate dallo stato di bisogno, e comunque non conformi a logiche di certezza normativa e stabilità (nel tempo) della disciplina fiscale, venendo meno, talvolta, a veri e propri patti con i contribuenti. Insomma, si ha come la sensazione (che poi tanto sensazione non è) che si sia andati avanti arraffando un po’ qua e un po’ là dove si è potuto, senza guardare troppo al futuro e senza occuparsi di quali sarebbero stati gli effetti prodotti da tali pratiche.
Questo modus operandi, oltre a favorire l’infedeltà fiscale del contribuente, ha reso ancor più complesso orientare i consulenti fiscali e tributaristi nell’interpretazione di norme fiscali in perpetuo mutamento e, talvolta, contraddittorie rispetto all’intero apparato normativo.
Non è un caso, infatti, che dinanzi le commissioni tributarie pendano ormai centinaia di migliaia di contenziosi che, stando ai dati forniti dalla stessa Agenzia, il più delle volte vedono soccombere l’amministrazione finanziaria con un notevole aggravio di costi per lo Stato. Senza considerare poi i costi sostenuti dagli imprenditori che, oltre ad anticipare o sostenere - talvolta - le spese di giudizio, patiscono anche un notevole aggravio di tempo nella soluzione della controversia. Tempo prezioso sottratto alla propria attività e allo sviluppo della propria impresa. La mancanza di una visione di lungo periodo nella legiferazione su tematiche fiscali, unita ai livelli di imposizione fiscale ai limiti della sostenibilità e della schizofrenia, hanno contribuito, non poco, a favorire fenomeni evasivi ed elusivi.
La costruzione di un impianto normativo privo di logiche aderenti a principi di certezza normativa e di universalità di interpretazione della norma si sostanzia, di fatto, nella coesistenza di una moltitudine di norme non organiche, talvolta contraddittorie, che lasciano spazio a diversi profili di interpretazione, che talvolta sono alla base di contestazioni e giudizi nelle varie corti tributarie. Queste non costituiscono un incentivo a fare impresa, al contrario, rappresentano un ostacolo alla corretta e normale gestione imprenditoriale, alla pianificazione fiscale, e favorisce fenomeni evasivi e tanto più elusivi.
È evidente che un’architettura normativa uniforme ed organica contribuirebbe anche ad una minore spesa in capo agli enti preposti ad accertare e contrastare fenomeni di evasione fiscale. È chiaro che la reiterazione nel tempo (nei decenni) di una simile e censurabile condotta da parte dei governi abbia viziato, anche in termini culturali e sociologici, la percezione della gravità dei fenomeni evasivi, che forse sono diventati intimamente più tollerati da parte dei contribuenti.


4) Quando l’OCSE ha iniziato la sua battaglia contro paradisi fiscali ed evasione nel lontano 1998 in pochi avrebbero puntato sul fatto che, nel 2017, finalmente si sarebbe detto addio al segreto bancario. A che punto pensa sarà la lotta all’evasione fiscale in Italia e all’estero tra altri 10 anni?

Non so dirle a che punto sarà la lotta all’evasione fiscale transnazionale tra 10 anni. Ma, con ragionevole certezza, posso dirle che la strada intrapresa verrà percorsa sempre più speditamente e con maggior decisione da parte dei governi che, presto o tardi, in nome della lotta all’evasione, metteranno in campo altri strumenti e altre pratiche destinate a modificare radicalmente le nostre abitudini e le nostre vite.
Mi viene in mente, in particolar modo, la lotta all’utilizzo del denaro contante come strumento di compensazione di pratiche commerciali. Siamo ancora agli albori di questa nuova frontiera, ma alcune esperienze in giro per il mondo (ad esempio in India) e anche domestiche dovrebbero indurci a riflettere su quanto potrebbe considerarsi concreto un futuro senza contanti o con l’utilizzo del cartamoneta fortemente ridotto.
Sotto questo aspetto, quanto avvenuto in Italia nel corso degli ultimi anni (dove è stato più volte modificato il limite all’utilizzo del contante), costituisce prova evidente di questa tendenza.
Come ho scritto diverse volte nel blog, se si arrivasse a tanto, ciò implicherebbe il fatto che chi ha uno stipendio, ad esempio, dovrebbe riceverlo obbligatoriamente in banca. Così come ogni sostanza contante di cui si dispone, dovrebbe essere depositata in banca, e da lì spesa attraverso la moneta elettronica.
Magari gradualmente, ma non è affatto remota la possibilità che si possa arrivare a un mondo senza contante, o con l’utilizzo del contante fortemente ridotto. Contate che, tra le altre cose, costituisce anche l’unica forma di dissenso a sua disposizione nei confronti del sistema bancario.
Per contro, le banche verrebbero graziate in quello che per loro costituisce il vero e proprio incubo: la corsa agli sportelli. A quel punto, essendo il denaro smaterializzato e sostituito con un algoritmo astratto e intangibile, dato che non esisterebbe contante da scambiare e da prelevare, verrebbe meno anche il pericolo che la popolazione possa chiedere la restituzione di ciò che non esiste.
Il pericolo è proprio quello di essere obbligati, tramite un provvedimento di legge, a privarsi dell’utilizzo del contante, per rendere la macchina coercitiva del fisco ancora più efficiente, funzionale, perfetta e micidiale. Tanto più se si arrivasse a una soluzione del genere su scala globale.


Già da qualche tempo, le banche italiane sono tenute a trasmettere all’anagrafe tributaria tutte le movimentazioni dei nostri conti correnti e tutti i nostri rapporti finanziari. Lo stato, con un semplice click, conosce in tempo la ricchezza dei contribuenti italiani, la sua collocazione e la dimensione complessiva. Peraltro, di recente sono stati potenziati anche i poteri attribuiti all’Agente della riscossione che oggi è in grado di pignorare il saldo del conto corrente dei contributi morosi senza l’autorizzazione del giudice.

Ora immagini un ambiente senza denaro contante o con l’utilizzo fortemente ridotto: tutte le disponibilità dei contribuenti sarebbero detenute dal sistema bancario che diverrebbe una gigantesca camera di compensazione idonea a garantire il buon esito della pretesa tributaria da parte dello Stato, senza la possibilità, per i contribuenti, di sfuggire all’azione del fisco. Arriveremo a un modo senza contante? Non lo so, ma la possibilità non sembra affatto remota, anche se occorrerà del tempo.

Grazie a Paolo Cardernà, alla sua disponibilità e al suo continuo impegno nel diffondere un’informazione nel campo dell’economia e della finanza puntuale e indipendente.

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tontolina

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BAGNAI: USO DEL CONTANTE, LA VERA LOTTA CONTRO L’EVASIONE.
Conte Giallo-Verde era un “GOverno del Cambiamento guidato da un Piddino”



Una lunga ed interessante intervista ad Agroà Rai del Prof. Alberto Bagnai. Nell’intervento si parla un po’ di tutto, dalla vera lotta all’evasione,
che non è quella della lotta al contante,
ma quella della lotta ai grandi gruppi,
al primo governo Conte che non è mai stato un leale collaboratore del governo, tanto che i dati sul MES non sono mai stati portati in pubblico,
a Draghi, ormai è santo subito, ma che agisce solo per salvare la Germania.

Una lunga ed aggressiva intervista, per la quale ringraziamo Inriverente.
 

tontolina

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Lotta al contante. Un semplice click e l’individuo muore (intervista telefonica a Giuseppe Palma, con un articolo – AbruzzoWeb)
Riporto qui di seguito l’intervista telefonica che ho rilasciato ad AbruzzoWeb, oltre ad un mio articolo apparso sempre sullo stesso quotidiano online. Tema: la lotta al denaro contante mette in serio pericolo la Libertà.

Buon ascolto e buona lettura:

Lotta al contante. Un semplice click e l’individuo muore (intervista telefonica a Giuseppe Palma, con un articolo – AbruzzoWeb)
 

tontolina

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IL CONTANTE E GLI EVASORI: UN PO’ DI VERITA’


Il fatto che lottando contro il contante, con sanzioni pecuniarie, si lotti contro l’evasione , quella vera, è un balla che solo i compromessi con il potere possono credere. In realtà questa mossa ha un duplice effetto:
  • porre la vita di ciascun cittadino sotto il diretto controllo di un potere non si sa fino a che punto democratico. Senza contante si dipende dalle Banche che possono chiudere la vostra vita in un click, letteralmente. Basti vedere adesso il caos che sta nascendo per la volontà, assurda, della BCE di cambiare le modalità di verifica dei conti online. Un autentico caos.
  • far ingrassare nuovamente le banche che, a causa dei problemi con l’ammortamento rapido degli NPL e del taglio degli interessi della BCE sono in grave difficoltà. In questo modo si fa ricadere la loro redditività sulle piccole aziende e sui privati.
Il tutto condito dalla solita comunicazione di parte, ed fondamentalmente falsa. Perchè l’evasione NON è quella del piccolo artigiano che si arrangia, ma quella delle grandi multinazionali che giocano con i costi fra le diverse filiali internazionali. Già è noto il caso della multinazionale Kering-Gucci, che ha chiuso le proprie pendenze con il fisco per 1,25 miliardi di euro. Poi ci sono casi simili, come quello riportato da Hotelnerds che coinvolge i colossi mondiali dell’ospitalità Booking.com e AirBNB. Vi proponiamo un estratto:

Come gli altri portali dedicati all’intermediazione immobiliare, Booking e Airbnb devono versare le tasse al posto dei proprietari degli immobili che sono oggetto delle transazioni. Questo fatto era stato confermato a giugno 2017 da parte dell’Agenzia delle Entrate, a fronte della richiesta dei due operatori di non applicare la normativa fiscale in questione. Questa soluzione sostituisce tutte le altre imposte sulla locazione e prevede l’istituto della cedolare secca.

Il versamento dell’importo consiste nell’applicazione dell’aliquota del 21% all’ammontare della transazione e avviene attraverso l’impiego di apposito codice tributo emanato dall’Agenzia delle Entrate all’interno del modello F24. Il pagamento deve svolgersi entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui si verifica la transazione. Ciò è possibile perché le operazioni svolte attraverso Airbnb e Booking.com vengono definite come contratti di locazione breve.

Di conseguenza i portali di intermediazione immobiliare devono versare le relative ritenute al fisco, facendo le veci di veri e propri sostituti di imposta. Anche se l’Agenzia delle Entrate ha emanato un provvedimento attuativo per portali di intermediazione soltanto successivamente, l’obbligo è entrato in vigore il primo giugno 2017. Inoltre è stato richiesto per legge ai due operatori di inviare la certificazione annuale alla stessa Agenzia delle Entrate con gli importi pagati. In secondo luogo tutti i portali di intermediazione digitale (non solo Booking.com e Airbnb, ma anche Expedia) devono versare l’IVA, cioè l’imposta sul valore aggiunto da applicare sugli importi che sono oggetto delle operazioni.

Questo aspetto è stato per lungo tempo discusso, tuttavia recentemente l’Agenzia delle Entrate ha chiarito definitivamente tutti i dubbi e al tempo stesso ha aperto un’indagine per verificare la liceità del comportamento tenuto finora dagli operatori in questione.

Praticamente le grandi piattaforme avrebbero evaso,come sostituti d’imposta, centinaia di milioni di IVA, Tutti pagati ESCLUSIVAMENTE CON DENARO ELETTRONICO. Però il problema è il contante, è lo scontrino, non le centinaia di milioni di euro portai via dai gruppi internazionali. .

Questo è il ragionamento del governo Rosso Rosso Giallo.
 

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