Libri e guide per investire in arte (1 Viewer)

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Riprendo una discussione nata altrove.
Breve, per me non esiste una realtà di investimento in arte. Esiste certamente il guadagno in arte (anche le perdite). Ma un guadagno non deriva necessariamente da un investimento.
Guadagnare al gioco è possibile, ma nessuno dirà che è un normale - o anormale - investimento.
Cercare e trovare una cassa di monete d'oro porta a un guadagno, ma non deriva da un investimento.
Avere una moglie piena di amanti facoltosi porta guadagni in casa
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, ma non si tratta di un investimento (spero
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)
Trovare un quadro importante per due soldi al mercatino porta guadagno, ma non si tratta di investimento.

Comprare arte è un investimento in cultura, in benessere, in qualità della vita.
Però poiché, mediamente nel tempo c'è una perdita finanziaria sicura, non si tratta di investimento, ma eventualmente , in certi casi, di guadagno relativamente imprevedibile.
Io.non ho interesse al lato investimento, ma solo al lato cercatore d'oro. Lo dico perché, se non ci si rende conto che con l'arte non si investe come in finanza, ma nemmeno lontanamente, mentre invece si investe in modo più simile a quello del comprare libri dozzinali di forma ma dal contenuto pregiato (come sarebbe un'edizione economica di un capolavoro), cioè se non si comprende che nel campo dello spirito il denaro si brucia piuttosto che rigenerarsi, si vive in una trista illusione.
Com'è appunto tristo il mercato
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dell'arte in questi anni. Anni in cui, almeno nella maggioranza, si è perso il piacere di spendere per l'arte come per il ristorante, per dire, e si è invece cominciato a pretendere un guadagno. Che può anche venire: ma NON in conseguenza di un "investimento" finanziario.
Naturalmente ci può essere qualcuno che ha "le dritte". Ma nemmeno l'insider trading è investimento.
Ancora, non si dica che se non si parla di mercato e di investimento allora ogni prezzo sarebbe insensato. Quando si va al ristorante o al negozio di abbigliamento si è disponibili a pagare in rapporto alla qualità ottenuta anche senza che necessariamente vi partecipi il concetto di investimento.

Perciò l'investimento in arte esiste paradossalmente solo se si può annullare proprio la sua caratteristica più peculiare, cioè il tempo. Compro e vendo oggi, per capirsi. Tant'è vero che chi va a caccia nei mercatini NON ci va per investire, ma proprio per cercare/trovare l' "oro". Perché questa è la vera analogia, quella col cacciatore, con il pescatore, o con il cercatore d'oro (nel mio caso, anche di funghi
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). Lì il guadagno è forte ed immediato, nel senso che facilmente potresti subito rivendere a molto di più ... e infatti mi do come regola di pagare le mie scoperte non più di quanto me le pagherebbe un mercante a cui chiedessi di ricomprarmele (condizione ancora più svantaggiosa che quella in cui è il mercante a chiedere). Ma ho allora eliminato l'elemento tempo, non è un investimento ma un acquisto a prezzo stracciato. Se poi me lo tengo, ripeto, non è per investire, cioè attendendo che il tempo porti rivalutazione.

La radicalità del mio atteggiamento proviene dal vedere che in fondo si continua a paragonare l' "investire" in arte con l'investire (senza virgolette) in azioni, obbligazioni, finanza ... Certo, a un certo punto si dirà che l'arte segue la "logica del bene rifugio", scegliendo così come parametri di paragone l'oro, le materie prime, o l'immobiliare ecc. Ma anche qui l'investimento è possibile se esiste un vero mercato. Gli acquisti in oro sono penalizzati dal 3 al 10 % in caso di rivendita. Quindi possibile. Addirittura con i fondi le spese sono minori. Così dicasi per altre materie prime (però attenzione, per alcune si va a pagare un costo relativo al rinnovo dei future che non è così piccolo - il contango). Sulla casa sappiamo tutti come pesino molti costi, spese, tasse. Tuttavia un mercato ancora lo è, seppure azzoppato. Non è invece un mercato da investimento quello in cui le spese per la transazione si mangiano il guadagno, peraltro solo teorico e non certo, di 10-20 anni. Né è facile parlare di beni rifugio se si pensa che: sotto le bombe, o perduti nel deserto, il tuo oro avrà forse ancora un valore per qualcuno, ma quegli ti prenderà, metaforicamente o magari pure concretamente
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per il collo. Le case invecchiano e, se la popolazione scema, o si impoverisce, possono essere assai meno ricercate: non si tratta di beni rifugio, ma di beni a lento o nullo consumo materiale, è diverso. Tra l'altro e tra parentesi, il concetto di bene rifugio, es. i terreni, è socialmente parassita ed dannoso per l'economia (qui dovrei citare Steiner e gli economisti della scuola di Vienna ...
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lasciamo stare).

In ogni caso oggi ho consegnato delle opere ad una casa d'aste: al punto mi hanno comunicato che la loro percentuale dal venditore ora saliva dal 10 o 15 % al 15/18 %. L'acquirente, poi, paga il 23. Un oggetto battuto a cento passa a 82 contro 123, un costo del 50% esatto in più rispetto a quanto incassa il venditore. E senza rischi per la CdA, salvo le normali spese, ma non impegno economico sulle opere. Una rendita del 50% richiede oggi una decina d'anni di un investimento a medio rischio, anche 30 per un investimento tranquillo. Chiaramente l'oggetto artistico NON PUò essere considerato investimento, no? L'eventuale guadagno non deriva comunque dall'aver investito (cioè impegnato una somma perché nel tempo porti una somma maggiore o, rispetto al costo della vita, anche pari a quella iniziale). Deriva dall'aver giocato al rosso o nero: e proprio come al casinò, statisticamente c'è sempre una perdita, non un guadagno (tra l'altro con un mostruoso biglietto d'ingresso): che cavolo di investimento dunque sarebbe?
 

Cris70

... a prescindere
Riprendo una discussione nata altrove.
Breve, per me non esiste una realtà di investimento in arte. Esiste certamente il guadagno in arte (anche le perdite). Ma un guadagno non deriva necessariamente da un investimento.
Guadagnare al gioco è possibile, ma nessuno dirà che è un normale - o anormale - investimento.
Cercare e trovare una cassa di monete d'oro porta a un guadagno, ma non deriva da un investimento.
Avere una moglie piena di amanti facoltosi porta guadagni in casa
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, ma non si tratta di un investimento (spero
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)
Trovare un quadro importante per due soldi al mercatino porta guadagno, ma non si tratta di investimento.

Comprare arte è un investimento in cultura, in benessere, in qualità della vita.
Però poiché, mediamente nel tempo c'è una perdita finanziaria sicura, non si tratta di investimento, ma eventualmente , in certi casi, di guadagno relativamente imprevedibile.
Io.non ho interesse al lato investimento, ma solo al lato cercatore d'oro. Lo dico perché, se non ci si rende conto che con l'arte non si investe come in finanza, ma nemmeno lontanamente, mentre invece si investe in modo più simile a quello del comprare libri dozzinali di forma ma dal contenuto pregiato (come sarebbe un'edizione economica di un capolavoro), cioè se non si comprende che nel campo dello spirito il denaro si brucia piuttosto che rigenerarsi, si vive in una trista illusione.
Com'è appunto tristo il mercato
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dell'arte in questi anni. Anni in cui, almeno nella maggioranza, si è perso il piacere di spendere per l'arte come per il ristorante, per dire, e si è invece cominciato a pretendere un guadagno. Che può anche venire: ma NON in conseguenza di un "investimento" finanziario.
Naturalmente ci può essere qualcuno che ha "le dritte". Ma nemmeno l'insider trading è investimento.
Ancora, non si dica che se non si parla di mercato e di investimento allora ogni prezzo sarebbe insensato. Quando si va al ristorante o al negozio di abbigliamento si è disponibili a pagare in rapporto alla qualità ottenuta anche senza che necessariamente vi partecipi il concetto di investimento.

Perciò l'investimento in arte esiste paradossalmente solo se si può annullare proprio la sua caratteristica più peculiare, cioè il tempo. Compro e vendo oggi, per capirsi. Tant'è vero che chi va a caccia nei mercatini NON ci va per investire, ma proprio per cercare/trovare l' "oro". Perché questa è la vera analogia, quella col cacciatore, con il pescatore, o con il cercatore d'oro (nel mio caso, anche di funghi
biggrin.gif
). Lì il guadagno è forte ed immediato, nel senso che facilmente potresti subito rivendere a molto di più ... e infatti mi do come regola di pagare le mie scoperte non più di quanto me le pagherebbe un mercante a cui chiedessi di ricomprarmele (condizione ancora più svantaggiosa che quella in cui è il mercante a chiedere). Ma ho allora eliminato l'elemento tempo, non è un investimento ma un acquisto a prezzo stracciato. Se poi me lo tengo, ripeto, non è per investire, cioè attendendo che il tempo porti rivalutazione.

La radicalità del mio atteggiamento proviene dal vedere che in fondo si continua a paragonare l' "investire" in arte con l'investire (senza virgolette) in azioni, obbligazioni, finanza ... Certo, a un certo punto si dirà che l'arte segue la "logica del bene rifugio", scegliendo così come parametri di paragone l'oro, le materie prime, o l'immobiliare ecc. Ma anche qui l'investimento è possibile se esiste un vero mercato. Gli acquisti in oro sono penalizzati dal 3 al 10 % in caso di rivendita. Quindi possibile. Addirittura con i fondi le spese sono minori. Così dicasi per altre materie prime (però attenzione, per alcune si va a pagare un costo relativo al rinnovo dei future che non è così piccolo - il contango). Sulla casa sappiamo tutti come pesino molti costi, spese, tasse. Tuttavia un mercato ancora lo è, seppure azzoppato. Non è invece un mercato da investimento quello in cui le spese per la transazione si mangiano il guadagno, peraltro solo teorico e non certo, di 10-20 anni. Né è facile parlare di beni rifugio se si pensa che: sotto le bombe, o perduti nel deserto, il tuo oro avrà forse ancora un valore per qualcuno, ma quegli ti prenderà, metaforicamente o magari pure concretamente
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per il collo. Le case invecchiano e, se la popolazione scema, o si impoverisce, possono essere assai meno ricercate: non si tratta di beni rifugio, ma di beni a lento o nullo consumo materiale, è diverso. Tra l'altro e tra parentesi, il concetto di bene rifugio, es. i terreni, è socialmente parassita ed dannoso per l'economia (qui dovrei citare Steiner e gli economisti della scuola di Vienna ...
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lasciamo stare).

In ogni caso oggi ho consegnato delle opere ad una casa d'aste: al punto mi hanno comunicato che la loro percentuale dal venditore ora saliva dal 10 o 15 % al 15/18 %. L'acquirente, poi, paga il 23. Un oggetto battuto a cento passa a 82 contro 123, un costo del 50% esatto in più rispetto a quanto incassa il venditore. E senza rischi per la CdA, salvo le normali spese, ma non impegno economico sulle opere. Una rendita del 50% richiede oggi una decina d'anni di un investimento a medio rischio, anche 30 per un investimento tranquillo. Chiaramente l'oggetto artistico NON PUò essere considerato investimento, no? L'eventuale guadagno non deriva comunque dall'aver investito (cioè impegnato una somma perché nel tempo porti una somma maggiore o, rispetto al costo della vita, anche pari a quella iniziale). Deriva dall'aver giocato al rosso o nero: e proprio come al casinò, statisticamente c'è sempre una perdita, non un guadagno (tra l'altro con un mostruoso biglietto d'ingresso): che cavolo di investimento dunque sarebbe?

Senti un po',
e se (come sempre) non vai controcorrente
e scrivi anche tu un libro
ma dal titolo "L'illusione dell'investimento in Arte".

Le fatidiche mille copie sono assicurate
 

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