Libia – e’ ayesha gheddafi il nuovo leader della resistenza contro nato e isis (1 Viewer)

tontolina

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Il testamento di Gheddafi che io non avevo mai letto.
Il testamento di Gheddafi che io non avevo mai letto. –


Ho trovato grazie ad un amico una cosa che non avevo letto su nessun giornale. IL testamento di Muhammar Gheddafi . L’ eredità che ha lasciato a noi italiani è stata la immigrazione incontrollata e la perdita della nostra supremazia sul petrolio libico a vantaggio di altre (Total in primis). Il suo popolo sta male, contrariamente a prima quando la Libia era terra dove molti andavano a lavorare da altri paesi. Il suo progetto del Dinaro d’ Oro è ovviamente naufragato e come moneta per gli scambi si usano ancora dollaro (per il Petrolio) o Franco Africano Franco CFA - Wikipedia che da grandi svantaggi ai paesi africani dovuti al cambio fisso e da vantaggi alla Francia. … Sappiamo tutti a chi è convenuto uccidere Gheddafi (Fra-USA -UK in ordine non casuale. ) e a chi non è convenuto. NOI . (ITA)

Tripoli 5 Aprile 2011, testamento di Muhammar Gheddafi:

<Per 40 anni, o forse di più, ho fatto tutto quello che ho potuto per dare al popolo case, ospedali, scuole.
E quando avevano fame, gli ho dato cibo. Ho trasformato Bengasi da un deserto in terra fertile, ho resistito agli attacchi del cowboy Reagan quando, tentando di uccidermi, ha ucciso un’orfana, mia figlia adottiva, una povera bambina innocente.
Ho aiutato i miei fratelli e le mie sorelle africani con denaro per l’Unione Africana. Ho fatto di tutto per aiutare il popolo a comprendere il concetto di vera democrazia, nella quale i comitati popolari governano il nostro paese.
Per alcuni tutto questo non bastava mai, gente che aveva case di 10 stanze, abbigliamento e mobilio ricchi. Egoisti come sono, chiedevano sèmpre di più a spese degli altri, erano sempre insoddisfatti e dicevano agli Statunitensi e ad altri visitatori che volevano “democrazia” e “libertà”.
Non si volevano rendere conto che si tratta di un sistèma di tagliagole, dove il cane più grosso divora tutto. Si facevano incantare da queste parole, non rendendosi conto che negli Usa non c’erano medicine libere, ospedali liberi, case libere, istruzione libera, cibo garantito. Per costoro non bastava nulla che facessi, ma per gli altri ero il figlio di Gamal Abdel Nasser, l’unico vero leader arabo e musulmano che avessimo avuto dai tempi di Saladino, un uomo che restituì il Canale di Suez al suo popolo come io ho rivendicato la Libia per il mio popolo. Sono state le sue orme che ho cercato di seguire, per mantenere il mio popolo libero dal dominio coloniale, dai predoni che ci vorrebbero derubare.
Ora sono sotto attacco della più grande forza militare della storia. Il mio piccolo figlio africano, Obama, vuole uccidermi, togliere la libertà al nostro paese, le nostre libere abitazioni, la nostra libera medicina, la nostra libera istruzione, il nostro cibo sicuro, e sostituirlo con il ladrocinio stile Usa chiamato “capitalismo”. Ma noi tutti, nel Terzo Mondo, sappiamo cosa ciò significhi. Significa che le imprese governano i paesi, il mondo, e che i popoli soffrono.
Così per me non c’è alternativa, devo resistere e, se Allah vorrà, morirò seguendone la via, la via che ha arricchito il nostro paese di campi fertili, viveri, salute e ci ha perfino consentito di aiutare i nostri fratelli africani e arabi a lavorare qui con noi, nella Giamahiria libica.
Non desidero morire, ma se dovessi arrivarci, per salvare questa terra, il mio popolo, le migliaia di miei figli, che allora sia.
Lasciate che questo testamento sia la mia voce al mondo.
Dica che mi sono opposto agli attacchi dei crociati Nato, alla crudeltà, al tradimento, all’Occidente e alle sue ambizioni colonialiste.
Che ho resistito insieme ai miei fratelli africani, ai miei veri fratelli arabi e musulmani.
Ho cercato di fare luce.
Quando altrove si costruivano palazzi, ho vissuto in una casa modesta e in una tenda.
Non ho mai dimenticato la mia gioventù a Sirte, non ho sprecato le nostre ricchezze nazionali e, come Saladino, il nostro grande condottiero musulmano che salvò Gerusalemme per l’Islàm, ho preso poco per me…
In Occidente qualcuno mi ha definito “pazzo” e “demente”. Conoscono la verità, ma continuano a mentire. Sanno che la nostra terra è indipendente e libera, non soggetta al colonialismo. Sanno che la mia visione e il mio cammino sono sempre stati onesti e nell’interesse del mio popolo. Sanno che lotterò fino all’ultimo respiro per mantenerci liberi. Che Dio ci aiuti>
 

tontolina

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Il più grande errore dell’Europa ? Decidere di uccidere Gheddafi
Il più grande errore dell’Europa ? Decidere di uccidere Gheddafi –

“Allah è grande, Gheddafi è il suo profeta”. Nel punk violento e sincopato dei CCCP, guidati dall’eclettico reggiano Giovanni Lindo Ferretti, il gruppo invoca, mentre si perdeva ad Istanbul, il nome del Mu’ammar. Per l’esattezza: Mu’ammar Muhammad Abu Minyar ‘Abd al-Salam al-Qadhdhafi. Era il 1985 allora Bettino Craxi e i carabinieri italiani misero in scacco Ronald Regan e i militari della Delta Force, maledetta sovranità che non tornerà. Un’epoca ormai lontana, eravamo crocevia del Mediterraneo, Mare Nostrum come ai tempi della spada dell’Islam conferita nel 1938 a Benito Mussolini, portaerei privilegiata per storia e prestigio nel dominio di quel valico che collega Europa ed Africa. Italia e Medio Oriente. Un valore ancestrale, innato ed immutabile, che solo il lassismo della politica nostrana ha permesso potesse crollare. Dobbiamo ringraziare la Francia di Bernard-Henri Lévy che nel 2011 ci impose la linea da seguire. In pratica prendere uno dei nostri partner commerciale prediletto ed infierire su di esso. Abbiamo avuto gioco facile, nella Libia divisa in tribù dove i soldi dell’Occidente sono merce di scambio gradita.
Nel 2009 Gheddafi tenne all’Assemblea delle Nazioni Unite il 23 settembre 2009 un discorso, per certi versi profetico, che ha anticipato la realtà dei fatti. Leggiamone un estratto: “Se un Paese, la Libia per esempio, decidesse di aggredire la Francia, allora l’intera Organizzazione risponderebbe perché la Francia è uno Stato sovrano membro delle Nazioni Unite e noi tutti condividiamo la responsabilità collettiva di proteggere la sovranità di tutte le nazioni. Tuttavia 65 guerre di aggressione hanno avuto luogo senza che le Nazioni Unite facessero nulla per prevenirle. Altre otto enormi e feroci guerre, le cui vittime ammontano a circa 2 milioni, sono state intraprese dagli Stati membri che godono di poteri di veto”. Avevano bisogno di rendere la Libia una polveriera come i Balcani negli anni ’90. “Sfondo bianco e pulito”, per tornare alle parole di Ferretti, una coscienza, quella putrida dell’economia europea, da bagnare con il sangue di Paesi sovrani. Sovvertire ogni legge, ogni legge della natura e degli uomini, perché il sultano danaro chiama all’appello e pretende sacrifici umani su sacrifici umani.
“C’era una volta la Libia di Gheddafi: certo non un modello di diritti civili, certo uno Stato con le sue complessità, ma comunque pacificato e in ordine con i suoi equilibri tribali. Poi ai libici abbiamo portato la democrazia: da allora, l’area è diventata non solo un crocevia per terroristi, predoni, briganti e trafficanti, ma ha subito anche una regressione tribale che mette spavento. Lo testimonia la recente, assurda ‘guerra della scimmia’. Accade nella zona di Sebha, una importante città del sud della Libia, a circa 700 chilometri da Tripoli nel deserto verso Niger e Ciad”. Questo scriveva Il Primato Nazionale lo scorso 22 novembre. Una nazione nell’oblio, il senso della storia che si perde, si ferma fino a svanire. Mentre noi dobbiamo raccogliere le briciole e ringraziare la voce del padrone. Massimo Fini, all’indomani dell’uccisione de Il Colonello, commentò così la vicenda: “Ma credo che ci siano due ragioni, una era la ferocia belluina di questi pseudorivoluzionari libici, l’altra è che comunque l’Occidente non poteva permettersi un processo a Gheddafi perché sarebbero venute fuori tutta una serie di corresponsabilità, soprattutto negli ultimi dieci anni”.
Il Giornale, alcuni giorni fa, sulle sue colonne rifletteva dello squilibrio che ha colpito il mondo negli ultimi sei anni. “Ora che la strage di Manchester ha messo in luce un filo rosso che la collega a Tripoli e che mette in relazione il kamikaze Abedi con il network jihadista di Al Qaeda, il dubbio che qualche errore (almeno di miopia) sia stato commesso riaffiora. Anche il ministro dell’Interno, Marco Minniti, è stato esplicito: ‘Emerge per la prima volta un link diretto con la Libia’. Nel marzo 2015 l’allora ministro degli Esteri sentenziava: ‘La Libia è il focolaio del terrorismo’. Adesso, tutti a dire che bisogna intervenire lì, non solo contro la piaga del terrorismo, ma anche contro l’invasione di migranti”. Abbiamo sbagliato, per codardia, per pavidità, per incapacità politica ed ora paghiamo il prezzo più alto. Siamo pedine al centro del bersaglio, i colpi arrivano da ogni parte e siamo incapaci di rispondere come un pugile suonate adagiato sulle corde. I pugni si frantumano sul nostro costato, sul nostro volto e aprono ferite curate con ulteriori colpi. Un gioco al massacro che ci vede chiedere più accoglienza davanti alla carneficina. Ed allora ci vengono in aiuto le parole dell’arcivescovo emerito della diocesi di Ferrara-Comacchio, Luigi Negri: “Io spero che almeno qualcuno di questi guru – culturali, politici e religiosi – in questa situazione trattenga le parole e non ci investa con i soliti discorsi per dire che ‘non è una guerra di religione’, che ‘la religione per sua natura è aperta al dialogo e alla comprensione’. Ecco, io mi auguro che ci sia un momento silenzioso di rispetto. Innanzitutto per le vostre vite falciate dall’odio del demonio, ma anche per la verità. Perché gli adulti dovrebbero innanzitutto avere rispetto per la verità. Possono non servirla ma devono averne rispetto”. Bisogna guardare in faccia la realtà questa è una guerra religiosa.
“Se non aiutate la Libia, voi avrete Al Qaeda a 50 km dai confini dell’Europa”. Le sillabe di Gheddafi riecheggiano a Manchester, Parigi, Nizza, Berlino, Londra e in tutte quelle cattedrali nel deserto della società multirazziale. Cancri di un modo divenuto materialismo stratificato sul nulla. Bisogna riconoscere, allora, la lungimiranza che ebbe Silvio Berlusconi capace di tessere rapporti ed amicizie, figlie del colonialismo di inizio novecento. Un’era di sbarchi nulli e di mare calmo, mentre oggi le onde sono burrascose e 200.000 immigrati, negli ultimi 12 mesi, varcano la porta di Lampedusa per depredare l’Europa. Cellule terroristiche, cellule cancerose che si annidano sottopelle, mentre i politicanti da strapazzo, pronipoti di Baumann e della società liquida, corrono verso il proprio carnefice in cerca di una benedizione che non arriverà. Oswald Spengler scrisse: “Essi oggi discutono – riferito ai popoli europei, ndr – mentre ieri comandavano, e domani dovranno pregare per poter discutere”. Tremenda fine, in preda alle convulsioni economiche delle cooperative e all’informazione distorta che ci chiede di accettare la nostra fine. Ed allora ridateci Gheddafi. www.ilgiornale.it www.andrapasini.it
 

tontolina

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L'ex amministratore delegato dell'Eni: 'Napolitano sbaglia: Berlusconi non voleva la guerra in Libia'
 

tontolina

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Vedi l'allegato 440792

L'ex amministratore delegato dell'Eni: 'Napolitano sbaglia: Berlusconi non voleva la guerra in Libia'


“Quando la Francia – ha spiegato Scaroni alla Verità – decise di intervenire in Libia il supporto immediato della Gran Bretagna ha contribuito a rendere l’operazione un dato di fatto. Berlusconi era titubante. Non era favorevole a un intervento contro Gheddafi”.

nessun governo avrebbe potuto opporsi alla Nato soprattutto per difendere un regime come quello di Gheddafi.
 

tontolina

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L'ex amministratore delegato dell'Eni: 'Napolitano sbaglia: Berlusconi non voleva la guerra in Libia'


“Quando la Francia – ha spiegato Scaroni alla Verità – decise di intervenire in Libia il supporto immediato della Gran Bretagna ha contribuito a rendere l’operazione un dato di fatto. Berlusconi era titubante. Non era favorevole a un intervento contro Gheddafi”.

nessun governo avrebbe potuto opporsi alla Nato soprattutto per difendere un regime come quello di Gheddafi.


a quanto pare la decisione fu presa proprio da Napolitano che oggi accusa Berlusca....

ma che schifo...
BECCHI INCHIODA RE GIORGIO: "BASTA BALLE, LA GUERRA IN LIBIA...". MASSACRATO
 

tontolina

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Mondo
14 agosto 2017
Il rebus libico e gli errori italiani
Piccole Note - Il rebus libico e gli errori italiani - piccole note



«Il maresciallo Khalīfa Haftar, che controlla gran parte della Libia orientale, è a Mosca da ieri. La Libia rappresenta sempre più un obiettivo per le crescenti ambizioni russe in Medio Oriente e Nord Africa. Ma il presidente Vladimir Putin non ha ancora deciso cosa fare e quale sia il suo obiettivo».

«La Russia è naturalmente incline a sostenere il generale Haftar. La sua intransigenza anti-islamista lo rende un soggetto affidabile alla lotta al terrorismo. L’appoggio al generale rafforza inoltre le relazioni tra la Russia e il suo principale sostenitore, l’Egitto».

«Allo stesso tempo, dopo aver dimostrato a tutti la sua potenza militare in Siria, giocare il ruolo dell’uomo di pace in Libia è importante per Putin, soprattutto per le elezioni presidenziali 2018, ma anche per apparire come “colui che aggiusta quello che l’Occidente rompe, come dice la sua propaganda”».

Riportiamo questi brani dell’articolo di Mattia Toaldo pubblicato sulla Repubblica del 13 agosto perché spiega cose. L’accenno più importante è quello riguardante Haftar, ovvero che è l’unico che porta un serio contrasto alle forze terroriste. Ragione per la quale è sostenuto strenuamente dall’Egitto, che teme il dilagare del terrore ai suoi confini occidentali.

Tale determinazione dovrebbe essere il fondamento delle iniziative poste in essere dai Paesi occidentali in Libia. Invece l’Italia si è mossa in base a interessi diversi, ovvero la paura di restare esclusa dal petrolio libico.
Una paura pure legittima e fondata, dal momento che la Francia sembra intenzionata anche a fregarsi il petrolio libico, oltre che a stabilizzare l’area per proteggere i suoi interessi in Africa occidentale (sulla quale esercita certa influenza).
Ma opporsi in maniera stolida, come fa l’Italia, alle manovre avvolgenti che stanno rafforzando sempre più Haftar, è più che controproducente.
L’Italia aveva puntato tutto sul nuovo governo di Tripoli, quello “costruito” dall’Onu e riconosciuto a livello internazionale con a capo al Serraij. Oggi sembra abbarbicata a questo progetto, che prevedeva che l’Italia rimanesse principale punto di riferimento della Libia.

Ma il quadro è cambiato. Non solo perché Trump, a differenza di Obama, non ha il minimo interesse a sostenere la nostra azione in Libia. Ma perché la Francia ha un presidente che ha ripensato la politica estera transalpina, non più centrata, come per il predecessore, sulla Siria (dove peraltro ha perso essendo sfumato il cambio di regime a Damasco).

A meno di immaginare che l’Italia muova guerra alla Russia e alla Francia (abbiamo preso Mentone e Nizza!), occorre ricercare il dialogo con i nuovi attori della scena libica.
Non solo con tali potenze, ma anche con Haftar, che con “lungimiranza” abbiamo trattato finora come un nemico da eliminare dalla scena politica; e con l’Egitto, che con altrettanta “lungimiranza” abbiamo randellato per mesi per l’oscura vicemda Regeni (si era voluto tirar dentro anche il presidente al Sisi: come si vede, tutto è sfumato, tante le falsità propalate su quell’omicidio).
La diplomazia della prima repubblica avrebbe evitato gli errori del passato e sarebbe stata capace di intessere un dialogo con Mosca, Parigi e il Cairo (oltre che con Haftar). Ma la nostra diplomazia è morta con la fine della prima repubblica. I dilettanti allo sbaraglio che ne hanno preso il posto non sono all’altezza. Resta solo da sperare in un colpo di fortuna. Capitano anche nella geopolitica, che a volte conosce pieghe impreviste.

Putin punta convocare a un nuovo vertice tra Fayez al-Sarraj e Khalifa Haftar, stavolta a Mosca. Proverà a sbrogliare il bandolo della matassa. Ed è più che probabile che terrà presente anche l’Italia, dal momento che, nonostante molti dei nostri media siano consegnati alla narrativa anti-russa, ha conservato buoni rapporti con il nostro Paese. Potrebbe riuscire a trovare la quadra laddove i nostri diplomatici e politici non hanno neanche tentato. Le pieghe impreviste della geopolitica, appunto.

http://piccolenote.ilgiornale.it/33182/rebus-libico-gli-errori-italiani
 

tontolina

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Libia, aste di schiavi e genocidio africano: Hillary sapeva tutto


sulla base di evidenze documentali, come gli abusi e le persecuzioni su base razziale degli africani di colore in Libia siano iniziati proprio con l’apparizione in scena delle milizie ribelli anti-Gheddafi, create, addestrate e finanziate dagli Stati Uniti.
 

tontolina

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Sarkozy in stato di fermo, l'ex presidente sotto interrogatorio

Le Monde: Sarkò è 'en garde a vue' per l'indagine sui presunti finanziamenti illeciti alla campagna elettorale del 2007. "Gheddafi gli fece avere 5 milioni in contanti"
Sarkozy in stato di fermo, l'ex presidente sotto interrogatorio - QuotidianoNet


I misteri di Ghanem, morto in circostanze sospette - di A.FARRUGGIA
Sarkozy e i soldi di Gheddafi, le tappe e l'inchiesta
Pubblicato il 20 marzo 2018

Sarkozy in stato di fermo a Nanterre

LE TAPPE / Sarkò e i soldi di Gheddafi

Sarkozy in stato di fermo a Nanterre
Francia: Sarkozy in stato di fermo per denaro da Libia

Parigi, 20 marzo 2018 - Nicolas Sarkozy è stato messo in stato di fermo oggi nell'ambito delle indagini sui presunti finanziamenti illeciti da parte della Libia di Gheddafi legati alla campagna elettorale del 2007, anno in cui l'ex presidente francese salì all'Eliseo: lo riporta il quotidiano Le Monde sul suo sito Internet. Attualmente sarebbe 'en garde a vue' (un arresto a tempo, simile al fermo italiano) a Nanterre, dove la polizia lo sta interrogando. Interrogato anche l'ex ministro e fedelissimo di Sarkozy, Brice Hortefeux, ma la sua è una 'libera audizione': non è cioè in stato di arresto.

E' la prima volta che Sarkozy, che ha sempre negato con forza l'intera vicenda, viene sentito su questo tema da quando è stata aperta l'inchiesta nell'aprile 2013. Il fermo, cioè la 'garde a vue', può durare fino a un massimo di 48 ore, al termine dei quali l'ex presidente della Repubblica potrebbe essere costretto a presentarsi davanti ai magistrati per essere incriminato.

L'indagine - spiega Le Monde - è partita dopo "la pubblicazione nel maggio 2012 sul sito Mediapart di un documento libico che cita un finanziamento da parte di Gheddafi a Sarkozy". Secondo le fonti di Le Monde, diversi ex dignitari libici dell'era Gheddafi ultimamente avrebbero cominciato a collaborare all'inchiesta in maniera più attiva, portando nuove prove sui fondi sospetti. Sarebbe questa la ragione di una svolta nel lavoro degli inquirenti che ha portato alla decisione di fermare l'ex capo dell'Eliseo.

"5 MILIONI IN CONTANTI" - "Nel novembre del 2016, in piene primarie del partito repubblicano - scrive il quotidiano - l'intermediario Ziad Takieddine aveva affermato di aver trasportato 5 milioni di euro in contanti a Tripoli a Parigi tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007 prima di consegnarli a Claude Gueant (ex segretario generale dell'Eliseo ndr) e Nicolas Sarkozy, allora ministro dell'interno". Parole che hanno "confermato quelle tenute il 20 settembre 2012 da Abdallah Senoussi, ex direttore dell'intelligence militare del paese libico, davanti al procuratore generale del Consiglio nazionale libico di transizione".
 

tontolina

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Sono spariti 5 miliardi di dollari dai canti congelati in Belgio di Gheddafy

bei ladri questi europei del nord

e se lo hanno fatto a lui... vogliono farlo anche ai nostri conti

vi ricordo che Binck è una banca belga... statevene accorti

 

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