Libia – e’ ayesha gheddafi il nuovo leader della resistenza contro nato e isis (1 Viewer)

tontolina

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LIBIA – E’ AYESHA GHEDDAFI IL NUOVO LEADER DELLA RESISTENZA CONTRO NATO E ISIS

Maja Orlic (con traduzione di Mario Andrijasevic) su Southfront scrive: “Lei è tornata! La figlia di Muammar Gheddafi torna a guidare la resistenza contro la NATO e gli altri terroristi libici”.

Ayesha si sarebbe quindi messa alla guida della resistenza e sarebbe in procinto di creare un nuovo governo segreto.

In un momento cruciale per il Paese e alla vigilia del nuovo intervento della NATO che in Italia i nostri “alleati” hanno deciso oggi a Roma, Aisha Gheddafi ha garantito, prosegue Orlic, che nei prossimi mesi si formerà un “governo segreto” di “libici famosi”, fedeli al colonnello Gheddafi e che fungerà da mediatore nel paese e all’estero.
Analizzando la situazione attuale, Aisha ha criticato l’ex esercito per “un mix pazzesco di anarchici” che hanno deciso di fare la guerra sul principio di chi pagava di più. Li ha accusati di usare una bandiera verde di Jamahiriya e reclutare sostenitori, oltre a rafforzare i governi tribali, sotto la cui ombra si sono uniti gli islamisti dei Tuareg e Toubou, che cospirano contro il governo di Tobruk.
Aisha Gheddafi ha invitato poi i soldati delle forze armate libiche a dare il loro giuramento al Comandante Supremo, al fine di ripristinare lo stato. “Il mio nome mi dà un dovere e il diritto di essere in prima linea in questa battaglia.”, ha detto colei che durante la guerra ha perso il marito e due figli.
Oggi è pronta a diventare un “simbolo della nazione”, e accanto ad un ritratto di Gheddafi a diventare un “simbolo della missione per ripristinare l’unità nazionale”. E’ una lotta per i suoi figli, dichiara. “Siamo pronti per una battaglia mortale, in cui i terroristi si troveranno ad affrontare una nazione”.
Non è chiaro se per terroristi intendesse i fondamentalisti dell’Isis, chi oggi a Roma ha pianificato nuove bombe (NATO), o, semplicemente, entrambi.
Tratto da L’Antidiplomatico
 

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Forme d'Onda-15^ puntata

Forme d'Onda-15^ puntata-14-01-2016 | Forme d' Onda's tracks

ospite in questa prima puntata del 2016 Massimo Mazzucco, con cui affrontiamo diversi temi di attualità internazionale: dagli attentati di Parigi alla guerra all'Isis, fino ai fatti di capodanno a Colonia e alle recenti rivelazioni sull'eliminazione di Gheddafi, oltre in fine ad alcune riflessioni sulle missioni Apollo di cui il nostro ospite si sta occupando in un suo documentario di prossima pubblicazione.
 

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Forme d'Onda-15^ puntata

Forme d'Onda-15^ puntata-14-01-2016 | Forme d' Onda's tracks

ospite in questa prima puntata del 2016 Massimo Mazzucco, con cui affrontiamo diversi temi di attualità internazionale: dagli attentati di Parigi alla guerra all'Isis, fino ai fatti di capodanno a Colonia e alle recenti rivelazioni sull'eliminazione di Gheddafi, oltre in fine ad alcune riflessioni sulle missioni Apollo di cui il nostro ospite si sta occupando in un suo documentario di prossima pubblicazione.
che fine hanno fatto quelle 140 tonnellate di oro?


Gli Inglesi le hanno rubate al popolo libico? Non hanno ancora smesso di fare i pirati?
 

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Clamorosa intercettazione: la guerra di Sarkozy a Gheddafi e all’Italia

Scritto il gennaio 9, 2016 by lastella



Di scenarieconomici.it
Sono oramai note – ai più avveduti – le vere ragioni dell’attacco a Gheddafi del 2011 da parte di Sarkozy e Blair e della NATO, al fianco di una titubante ma obbediente Italia, attacco militare che portò alla morte del dittatore libico e all’attuale caos di tipo ‘irakeno’ alle porte di casa nostra. Ragioni che non vengono certo spiegate sui TG e sulla stampa mainstream, in questo vergognoso regime europeo che sacrifica le nostre libertà e i nostri interessi nazionali in nome dell’ideologia e degli interessi di un’élite transnazionale.
Elite che non esitano a scatenare guerre con centinaia di migliaia di morti, a fabbricare prove e creare pretesti per abbattere governi stranieri, a bombardare per lustri popolazioni civili in plaghe remote, a creare imperi del male per procura come Daesh e poi ritirarsi magari a vita privata senza rendere conto a nessun tribunale. Nuove potenze coloniali, ancora peggiori se possibile di quelle ottocentesche.
Le vere ragioni dell’ennesimo disastro geopolitico in terre di petrolio – in sintesi, un attacco all’Italia e ai nostri interessi per mano degli ‘alleati’ francesi e inglesi – sono però note oggi in maniera completa attraverso alcune delle 3.000 email di Hillary Clinton pubblicate dal Dipartimento di Stato il 31 dicembre scorso su ordine di un tribunale.
Email che delineano con chiarezza il quadro geopolitico ed economico che portò la Francia e il Regno Unito alla decisione di rovesciare un regime stabile e tutto sommato amico dell’Italia: due terzi delle concessioni petrolifere nel 2011 erano dell’ENI, che aveva investito somme considerevoli in infrastrutture e impianti di estrazione trattamento e stoccaggio. Ricordiamo che la Libia è il maggior paese produttore africano, e che l’Italia era la principale destinazione del gas e del petrolio libici.
Non troverete traccia di queste mail, come detto, nella stampa di regime eurocolonizzatrice né in quella eurosottomessa di casa nostra. E nemmeno delle telefonate di Blair, nelle quali Gheddafi aveva messo in guardia del rischio di un nuovo Iraq alle porte dell’Europa in caso di sua caduta. Profezia puntualmente avverata.
Scenari Economici ve ne dà notizia in anteprima italiana.
La email UNCLASSIFIED U.S. Department of State Case No. F-2014-20439 Doc No. C05779612 Date: 12/31/2015 inviata il 2 aprile 2011 dal funzionario Sidney Blumenthal (stretto collaboratore prima di Bill e poi di Hillary) alla allora segretaria di stato USA Hillary Clinton, dall’eloquente titolo “France’s client & Qaddafi’s gold”, racconta i retroscena dell’intervento franco-inglese.
Li sintetizziamo qui.
La Francia ha chiari interessi economici in gioco nell’attacco alla Libia.
Il governo francese ha organizzato le fazioni anti-Gheddafi alimentando inizialmente i capi golpisti con armi, denaro, addestratori delle milizie (anche sospette di legami con Al-Qaeda), intelligence e forze speciali al suolo.
Le motivazioni dell’azione di Sarkozy sono soprattutto economiche e geopolitiche, che il funzionario USA riassume in 5 punti:
1. Il desiderio di Sarkozy di ottenere una quota maggiore della produzione di petrolio della Libia (a danno dell’Italia, NdR),
2. Aumentare l’influenza della Francia in Nord Africa
3. Migliorare la posizione politica interna di Sarkozy
4. Dare ai militari francesi un’opportunità per riasserire la sua posizione di potenza mondiale
5. Rispondere alla preoccupazione dei suoi consiglieri circa i piani di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza dominante nell’Africa Francofona.
Ma la stessa mail illustra un altro pezzo dello scenario dietro all’attacco franco-inglese, se possibile ancora più stupefacente, anche se alcune notizie in merito circolarono già all’epoca.
La motivazione principale dell’attacco militare francese fu il progetto di Gheddafi di soppiantare il Franco francese africano (CFA) con una nuova valuta pan africana.
In sintesi Blumenthal dice:
Le grosse riserve d’oro e argento di Gheddafi, stimate in 143 tonnellate d’oro e una quantità simile di argento”, pongono una seria minaccia al Franco francese CFA, la principale valuta africana.
L’oro accumulato dalla Libia doveva essere usato per stabilire una valuta pan-africana basata sul dinaro d’oro libico
Questo piano doveva dare ai paesi dell’Africa Francofona un’alternativa al franco francese CFA
La preoccupazione principale da parte francese è che la Libia porti il Nord Africa all’indipendenza economica con la nuova valuta pan-africana.
L’intelligence francese scoprì un piano libico per competere col franco CFA subito dopo l’inizio della ribellione, spingendo Sarkozy a entrare in guerra direttamente e bloccare Gheddafi con l’azione militare.



La nobile dottrina del “Responsibility to Protect” (R2P) diffusa a beneficio del pubblico europeo fu quindi – secondo Blumenthal – solo uno schermo per coprire la vera motivazione dell’attacco a Gheddafi: l’oro delle sue riserve e gli interessi economici francesi in Africa. Si noti infatti che la “protezione di vite civili” è totalmente assente dai rapporti diplomatici. Altra mail rilevante qui soprattutto sugli aspetti militari.
Sarebbe interessante capire dove sono le riserve auree di Gheddafi, insieme a valuta e diamanti.
Per finire con un dettaglio minimo ma significativo notiamo l’accenno di Sid Blumenthal a “l’occasionale emissario di Sarkozy, intellettuale e auto-promotore Bernard Henri-Levy, considerato dagli esponenti della NLC (National Libyan Council, fazione libica anti-Gheddafi finanziata e addestrata dalla Francia, NdR) un personaggio a metà utile e a metà ridicolo”. La triste vicenda del fondatore della Nouvelle Philosophie, auto-proclamato difensore dei diritti umani, come parabola dell’estinzione dell’intellighenzia progressista europea sostituita dagli ideologi del mercato e dell’iperfinanza e degli interessi delle élite.
Pasolini, dove sei?
Di scenarieconomici.it
 

tontolina

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La primavera che è diventata inverno

diLorenzo Cremonesi

Libia, fallimento di uno Stato - Corriere.it




All’inizio sembrò tutto facile, semplice da comprendere e anche raccontare. Una rivoluzione in bianco e nero, senza troppe zone grigie. Addirittura, più che in Tunisia o Egitto, in Libia c’erano evidentemente i buoni e i cattivi. «Vogliamo libertà, eguaglianza, la fine della dittatura, la lotta alla corruzione nel circolo di potere attorno a Gheddafi, la scomparsa della polizia segreta che perseguita anche i nostri sogni. E vogliamo opportunità di lavoro, la possibilità di viaggiare quando e dove scegliamo noi. In poche parole, vogliamo essere, vivere come da voi in Europa», spiegava il 19 febbraio 2011 allegra, eccitata dall’idea di poter essere finalmente artefice di se stessa, Salwa Bughaighis, carismatica esponente del «comitato degli avvocati», che da due giorni cercava di dare un senso politico alle rivolte che infiammavano Bengasi.

Un personaggio affascinante e tragico Salwa. Lei e il marito, Essam al-Ghariani, erano infaticabili. Intellettuali coraggiosi e generosi al servizio di ciò che ritenevano giusto, ragionevole e dunque necessario. Compilavano le liste dei giovani spariti nei carceri, rapiti dalle squadracce di Gheddafi per le strade, si impegnavano a stilare una progetto di leggi provvisorie per gestire il vuoto di potere generato dal caos, cercavano rapporti e aiuti internazionali. Nel contempo ricevevano i giornalisti stranieri, li ospitavano in casa. «Costruiamo la nuova Libia», dicevano sorridenti nonostante le infinite, lunghissime giornate (e nottate) di attività. Il 25 giugno 2014 una cellula si estremisti islamici ha ucciso Salwa di fronte a casa con più colpi di pistola mirati alla testa. Non piacevano le sue convinzioni laiche, i contatti con l’estero, la lotta contro il velo imposto alle donne, l’impegno per il ritorno allo spirito primo della rivoluzione. Essam invece è stato rapito. A Bengasi sono tutti convinti sia stato torturato e a sua volta assassinato.
Vale la pena ricordarli Salwa e Essam. La loro parabola incarna più di altre la triste meteora della rivoluzione libica, che vede oggi tanti tra gli stessi ex attivisti dichiarare in modo contrito che «si stava meglio ai tempi di Gheddafi». Ma con una domanda: doveva per forza finire in questo modo? Le risposte possono essere molteplici, in una rosa che comprende il nuovo vento di scetticismo diffuso nei confronti dei valori democratici (così come esauriti nelle «primavere arabe») e la convinzione che in Medio Oriente siano necessari «uomini forti» per tenere a bada Isis, sino agli inguaribili ottimisti certi che «comunque nella storia ci sono sempre le controrivoluzioni e occorre tempo perché i cambiamenti si stabilizzino».
Ciò che possiamo dire, per aver seguito gli avvenimenti di allora «dal campo», è che ben presto, sin dalle prime settimane euforiche e confuse dopo la fuga delle autorità da Bengasi, i «buoni» e «cattivi» sul palcoscenico libico iniziarono a confondersi e annacquarsi a vicenda. Gli argomenti in merito sono tanti. Ne citiamo alcuni. Primi tra tutti la violenza diffusa e gratuita, la stupidità litigiosa, l’incapacità di darsi un’efficiente struttura militare da parte delle varie brigate insurrezionali. I ribelli semplicemente erano predoni: al meglio bande tribali, al peggio criminali in cerca di bottino, facilmente influenzabili da qualsiasi ispirazione radicale, incapaci persino di pensare che tutte quelle munizioni sprecate sparando inutilmente in aria per festeggiare, o soltanto fare rumore, poi sarebbero mancate al momento dello scontro con il nemico. Ragazzini viziati, pronti a chiedere aiuto alla Nato quando si trovavano in pericolo, ma altrettanto proni a minacciare e invocare la vendetta di Allah se l’aiuto era considerato inefficiente e Gheddafi stava riguadagnando terreno. Così minacciavano con i mitra spianati noi giornalisti occidentali verso la metà di marzo, quando Gheddafi aveva finalmente racimolato le sue truppe (tanti mercenari tribali pagati a suon di petrodollari), che da Sirte marciavano verso oriente. «Siete alleati del dittatore, vi uccidiamo tutti!», gridavano.
Il 19 marzo i jet francesi e britannici fermavano la colonna lealista alle porte di Bengasi causando decine e decine di morti. Se non ci fosse stata la Nato, la rivoluzione sarebbe finita quel giorno. I suoi dirigenti stavano già scappando verso l’Egitto. Fu però stupefacente il comportamento delle milizie ribelli. Invece di inseguire i nemici in rotta verso Ajdabia e i terminali petroliferi di Brega e Ras Lanuf (dove oggi si sta attestando Isis), si fermavano per lo sciacallaggio dei mezzi carbonizzati e i cadaveri riversi sull’asfalto. Fu poi necessario ancora l’intervento dei jet Nato per scacciare i resti delle colonne lealiste indietro verso occidente. Lo stesso avvenne durante l’assedio di Misurata e altri, compreso quello di Tripoli in agosto. E persino nei giorni finali dell’attacco su Sirte a metà ottobre. Il fronte lealista si era sfaldato. Ma i ribelli ancora non erano in grado di confrontarlo. A Sirte la grande maggioranza di loro era impegnata nel saccheggio delle abitazioni private. I pick up arrivavano carichi di munizioni e ripartivano portando via elettrodomestici, mobili, vestiti. Il linciaggio di Gheddafi non fu altro che la ripetizione particolarmente cruenta di quei comportamenti. E anche in quell’occasione, se i jet francesi non avessero tirato i missili destinati a fermare il convoglio del rais in fuga, probabilmente i ribelli se lo sarebbero lasciati scappare sotto il naso. Quello stesso giorno alcuni di loro fecero irruzione nel villaggio natale del rais, in segno di sfregio e offesa suprema estrassero i resti di sua madre e altri parenti seppelliti nel cimitero locale.
Dopo marzo fu anche evidente anche la caducità intrinseca agli argomenti fondamentali della propaganda rivoluzionaria.

Piacesse o meno, Gheddafi non era quella sorta di dittatore alieno, isolato e illegittimo che cercavano di presentare. Tutt’altro. In quattro decadi di governo aveva costruito un complicato sistema di equilibri tra tribù, gruppi di potere urbani e apparati amministrativi dello Stato in grado di elidersi a vicenda e garantiti unicamente dal loro rapporto di sottomissione diretta al rais. In buona sostanza, c’erano libici che ancora credevano in lui e temevano che la sua scomparsa potesse impoverirli. Così, quando le milizie ribelli cominciarono ad avvicinare Sirte, Tripoli, Bani Walid, e altre zone tribali lealiste tipo Tarhunah e le oasi del Fezzan come Kufrah e Sabha, la battaglia non fu più di liberazione nazionale, bensì vera e propria guerra civile. Ci furono fucilazioni, devastazioni, rapine, violenze di ogni tipo contro civili inermi. Emerse allora un’altra caratteristica della Libia moderna, così come definita dall’invasione italiana del 1911 sulle ceneri dell’antica amministrazione ottomana: le profonde differenze ancora ben vive tra Cirenaica arabo-islamica, Tripolitania mista tra élite laica urbana e identità berbera, oltre alle radici africane e addirittura sub-sahariane delle tribù Tuareg nel sud. I ribelli si sentivano protetti dalla superiorità bellica della Nato e non esitarono a prendere a calci quelle identità separate.

Dopo aver liberato Misurata, attaccarono i centri urbani abitati da africani, non esitarono ad applicare la pulizia etnica tra i circa 100 mila residenti di Tawargha, procedettero con omicidi mirati, incendiarono le loro case, li obbligarono a fuggire in massa verso il Sahara.


Continua a leggere: http://www.corriere.it/reportages/esteri/2016/libia-fallimento-di-uno-stato/?refresh_ce-cp


I francesi e gli Inglesi hanno permesso il saccheggio e la distruzione di una nazione .... dovrebbero essere processati per crimini contro l'umanità

Ben più fortunata la Siria che ha trovatp la Russia a difenderla perchè la sua fine era segnata ed identica alla libia
 
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tontolina

Forumer storico
bia, cronache di un disastro annunciato: tranquilli penserà a tutto l’italia.

Di Nuke The Whales , il 1 marzo 2016 82 Comment





Finalmente Renzi ha fatto al sua mossa, si è aggiustato il collare, pettinato il pelo, pulito gli occhietti ed il naso umido e si p recato scodinzolando dal suo padrone americano per fargli le feste.
Da bravo cagnolino, però, invece di “tirami la pallina” ha detto :” dai fammi fare il capo della coalizione in Libia”.
Ora, riassumiamo la situazione, in Libia i Francesi sono riusciti nell’opera di cacciare via in gran parte le compagnie italiane e di insediare le omologhe francesi, nel business del gas e del petrolio.
Malgrado sia evidente la necessità di proteggere il business Hollande ha inviato truppe quasi di nascosto, e con riluttanza, dato che il casino, da quelle parti , è proprio immane.
Arriviamo a bomba ovvero una bella mappa aggiornata della povera terra libica.
cerchiamo di capire cosa significano tutti quei colori.

Il rosa sta ad indicare l’alleanza riluttante tra Il governo di Tobruck a nord est e l’esercito nazionale libico a sud.
Gli occidentali hanno scelto quella strana alleanza come “governo legittimo del paese”, malgrado siano bloccati da giorni, dato che è difficile trovare la quadra nelle votazioni, in particolare i rappresentanti dell’esercito nazionale libico hanno paura di ritorsioni, ovvero di essere falciati da raffiche di mitragliatrice, se si oppongono con troppa durezza al governo di Tobruck, e vorrebbero spostare la capitale più a sud, vicino ai loro eserciti.

Il giallo indica le forze Tuareg riluttanti ad unirsi all’alleanza rosa e spinte alla neutralità dai fanatici con gli occhi a palla di Al Nusra che sono li in zona, vicino vicino agli insediamenti ENI che smistano il gas.

Il verde indica il “nuovo congresso generale nazionale” di Tripoli e le vari tribù alleate, tutte nemiche di Tobruk. Nemici atavici comunque.

Il grigio indica Lo stato islamico di Iraq e del Levante, giunto fresco fresco in trasferta in zona, dove stanno cercando di ritagliarsi il loro nuovo staterello, a furia di decapitazioni e robe simili. Solo altri fanatici con gli occhi a palla.
Per inquadrare meglio la situazione ricordiamo che le zone della costa sotto il controllo dei “rosa” sono contese dai “Mujhedin di Derna, Bengazi e Adjabya” , ennesimi fanatici con gli occhi a palla, mentre nella zona controllata dai “verdi” tante milizie indipendenti si danno da fare.
Sono le milizie tribali di Misurata, i pallini blu indicati nella mappa, segno inequivocabile che il governo di Tripoli controlla saldamente il territorio.
I nostri eroi italiani cosa dovranno fare, come prima cosa, con l’appoggio aerei degli Usa, ovvio.
Prima di tutto dovranno pacificare la parte est del paese, dato che hanno scelto quella parte come “governo”.
Ovvero toccherà prima di tutto ai “Mujhedin di Derna, Bengazi e Adjabya”, già una bella guerra in se.
Non sarebbe carino far capire che il “governo legittimo ” è impegolato in una bella guerra proprio nel suo territorio.
Poi bisognerà pensare ai fanatici dell’Isis di Sirte , e sarà una bel da combattere pure lì.
Messo in sicurezza, più o meno, l’est del paese si arriverà al bersaglio grosso, ovvero il governo di Tripoli.
Se tutto va bene il terzo scontro con la terza fazione e poi sarebbe quasi fatta.
Alla fine rimarrebbe de “ripulire il paese” dalle tante milizie indipendenti.
Sulla carta la missione è facile, il piano probabilmente è quello di scegliere una delle parti e lasciare che siano i “loro” miliziani a fare il grosso del lavoro, mentre le forze aeree bombardano indisturbate, data la totale assenza di antiaeree moderne.
I soldati italiani quindi sarebbero relegati a missioni di addestramento , di controllo e a rimanere asserragliati in fortezze quasi impenetrabili come si è già visto in Iraq.
Purtroppo i magazzini delle armi dell’esercito di Gheddafi sono stati saccheggiati e svuotati da tempo, e le armi stesse si sono distribuite in mille rivoli, tra le varie milizie.
Un colpo di mortaio qua, una una bomba che sbuca dal nulla da un’altra parte e là un cecchino avventuroso potrebbero fare dei grossi danni.
E il bello è che i soldati dovrebbero rimanere in zona per sempre, non appena se ne andassero il caos tornerebbe immediatamente a riformarsi, per via delle profonde differenze tra le varie etnie.
Rimangono i due nodi da gestire, come contenere l’afflusso dei profughi e come garantire quello del petrolio e del gas, reliquie barbariche, ma sempre utili.
Ora, l’unica soluzione è quella di dare alle varie milizie un sacco di soldi, e, in quello sicuramente l’Italia si è rivelata un maestro.
Deve essere per quello che Obomba ha scelto l’italia… pardon è stato Renzi ad offrirsi come capo per la neonata coalizione.
Conoscendo il tipico senso degli affari libico ci saranno continue richieste di denaro, con il rubinetto dei migranti che si apre e quello del petrolio che si chiude, fino al prossimo bonifico in Svizzera.
Ma che bella situazione, davvero.
Nel frattempo, zitte zitte le forze della coalizione, ovvero le forze speciali francesi ed americane si spostano in Tunisia, dove pare “non” ci siano problemi con gli integralisti islamici.
Solo qualche migliaio di soldati che va in vacanza nel nord della Tunisia, dove “non” si sta formando un nuovo stato islamico
Mentre da Algeria e Marocco non si sente niente.
Nessuna Nuova , Buona Nuova, giusto?
A proposito si sa niente del Sinai , territorio egiziano che pare sia parzialmente in mano all’ISIS?
Ne parla qualcuno?
L’operazione di “pacificazione” della Libia rischia di diventare il cerino che darà fuoco a tutto il nordafrica, facendo sembrare la guerra Siriana una scampagnata e dando il via non a milioni, ma a decine di milioni di profughi diretti vero L’UE, e in quel caso non ci sarà nessun modo di trattenerli o rallentarli.
Tranquilli ragazzi, penserà a tutto Renzi, sarà lui il capo della coalizione…
Aiuto.
 

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