L'ennesimo dato U.S.A. truccato..... (1 Viewer)

arseniolupin

Forumer storico
truccato o no è un dato talmente stupido che potrebbero fare a meno di pubblicarlo.


ma agli americani piace l'opinione del popolo e noi dobbiamo adattarci a tali castronerie.
 

abele

Nuovo forumer
arseniolupen dice:
ma agli americani piace l'opinione del popolo e noi dobbiamo adattarci a tali castronerie

..mio dio, l'opinione del popolo: che brutta parola :smile:

in democrazia poi non si capisce come certe castronerie possano saltare fuori: certe cose con le case regnanti non succedevano..
il popolo, e chi lo consultava ?? :-o
 

Fujiko80

Nuovo forumer
20:14 USA, FED MANTIENE TASSI INVARIATI, DICHIARA CHE MINACCIA MAGGIORE VIENE DA ECONOMIA DEBOLE

20:15 USA, FED DICE CHE ATTUALE POLITICA ACCOMODANTE E PRODUTTIVITA' DOVREBBERO MIGLIORARE CLIMA
 

Fleursdumal

फूल की बुराई
preso da usemlab


Il consumo che distrugge ricchezza

(24/09/02) Da diverso tempo la maggior parte delle speranze sulla ripresa economica vengono riposte in una categoria ben precisa di attori economici: i consumatori.

Oggi negli USA è stato rilasciato il dato sulla fiducia dei consumatori. Leggermente migliore delle aspettative (93.3 contro 92.1 atteso) ha immediatamente suscitato sui mercati, a parziale dimostrazione della tesi esposta sopra, una reazione decisamente positiva benché di breve durata.

Non sappiamo di quali sostanze facciano abuso i consumatori americani (a parte massicce dosi di credito a finanziamento zero), o coloro che redigono la statistica di cui sopra, tuttavia per rispetto formale all’ufficialità dei dati preferiamo non mettere in discussione la validità dei numeri presentati. Del resto, se gli esperti stessi non sono in grado di comprendere il quadro generale dell’economia americana, dubitiamo fortemente che l’opinione del consumatore medio in merito alle prospettive dell’economia possa essere dotata, in questa particolare congiuntura, di un ragionevole buon senso.

Piuttosto, nell’ottimismo sottinteso da quei numeri, ravvisiamo un pericolo ben preciso: la creazione di un abbaglio collettivo autoindotto che possa spingere i consumatori, come del resto accade da oltre 2 anni, ad assumere ancora più debito (e quindi più rischi) per finanziarie il livello già elevato e, probabilmente superfluo, dei propri consumi. Se forse ciò servirà a sostenere i mercati azionari intorno a questi livelli per altri 2-3 mesi, difficilmente servirà a fare ripartire la VERA ripresa economica.

Le statistiche relative all’indebitamento del consumatore americano sono sufficienti di per sé a chiarirci quale sarà la tendenza dei consumi nel medio periodo. Sulla base della attuale posizione finanziaria del consumatore americano, a livelli di stress mai sperimentati in precedenza negli USA, né in nessuna altra economia del mondo, possiamo ragionevolmente intuire che quel trend non potrà essere positivo.

Le statistiche sui fallimenti di pagamento delle carte di credito confermano già l’insostenibilità dei consumi attuali. Prima o poi il signor John Sixpack (come viene definito scherzosamente l’americano medio) dovrà mettere un freno alle proprie spese stimolate dal credito facile sia per cominciare a ripagare i debiti accumulati che per tornare a risparmiare come la maggior parte degli esseri umani del pianeta.

Molte persone fanno fatica a concepire il reale significato del credito. Il credito non è altro che la possibilità, di costo pari al tasso di interesse caricato, di spendere adesso il reddito futuro. L’americano medio ha un debito personale maggiore del proprio reddito annuo, ovvero ha già speso oggi tutto il reddito dei prossimi 12 mesi di lavoro (sempre che riesca a mantenere il proprio posto). In altre parole, oltre a lavorare 5-6 mesi all’anno per pagare le tasse allo Stato (una CRESCENTE percentuale delle quali a loro volta serve a pagare i CRESCENTI interessi sull’enorme debito pubblico americano) l’americano medio in futuro dovrà lavorare almeno 12 mesi per ripagare i consumi già sostenuti finora, e magari anche qualche altra settimana in più per pagare gli interessi sul debito in essere.

Il rischio di un pericoloso avvitamento dell’economia per una contrazione dei consumi tesa a sanare il debito accumulato in questi anni è del tutto evidente: più licenziamenti, meno reddito per ripagare i debiti, meno consumi, meno vendite, costi più elevati, ulteriori licenziamenti. Cercare di sostenere l’economia solo tramite i consumi è quindi estremamente pericoloso. Ed è quello che si è fatto negli ultimi due anni e che si sta continuando a sollecitare ancora adesso per cercare di far ripartire l’economia.

Le aziende, nonostante l’abbondanza di credito a disposizione, non hanno necessità di ricorrere a ulteriore debito per investire quanto piuttosto per finanziarie una situazione patrimoniale già disastrata. Le strutture esistono già (overcapacity) ma vengono utilizzate parzialmente per produrre una quantità eccessiva di beni (overproduction).

Non solo, fare leva principalmente sul consumatore per stimolare la ripresa getta le basi per ulteriori distorsioni nell’economia reale e pone quindi i presupposti per ulteriori problemi.

A tal proposito è estremamente interessante l’articolo di Frank Shostak “ Monetary policy, the pattern of consumption and boom-bust cycles”

Riassumendo ed estendendo i concetti dell’articolo, possiamo affermare che:

- i consumi alimentati dal credito tendono a distorcere i fattori produttivi e quindi la produzione stessa di beni reali e servizi;

- in una situazione di credito già estremamente favorevole, continuare ad abbassare i tassi per agevolare i consumi non fa che intensificare l’insostenibile modello di spesa dei consumatori con il risultato di rendere in futuro ancora più severa la contrazione economica (“another lowering of the federal funds rate target will further intensify the already unsustainable pattern of consumer consumption and thereby make the current economic slump much more severe”);

- il consumo non stimolato (nel lungo termine) dalla produzione ma solo dal credito si traduce in mero consumo e non in produzione di ricchezza (“note that while in an unhampered market economy demand for goods is exercised through the production of goods, now the central bank money out of thin air permits consumption without production”);

- la dinamica di cui sopra finisce con il minare le fondamenta del sistema produttivo, distruggendo e non creando ricchezza (“in this way, money "out of thin air" destroys savings and sets up the dynamics of the consequent shrinkage of the production flow”);

- coloro che usufruiscono dell’estensione del credito in maniera diretta e quindi più rapida sono anche quelli che riescono ad avvantaggiarsene realmente a scapito dei ritardatari o di coloro per i quali l’accesso al credito è più difficile (“the injection of new money to the economy benefits individuals that receive the newly created money first at the expense of those individuals who don’t receive the new money at all, or receive it late”).

Secondo questo ultimo concetto, non sviluppato completamente nell’articolo, si troverebbe anche la chiave del disequilibrio mondiale del benessere, a tutto vantaggio delle economie più industrializzate (che hanno fondato la propria recente espansione principalmente sul credito) e a evidente danno delle altre economie, di quelle satellite come brasile, argentina, uruguay etc etc e soprattutto di quelle sottosviluppate (“those who don’t receive the newly printed money at all, have less real funding at their disposal. This in turn undermines their demand for the various essential goods required to sustain their life and well being”).

In maniera molto provocatoria possiamo quindi dedurre che:

- seguendo i consigli dispensati da più parti, e proprio ieri anche dal primo ministro italiano, sarebbe meglio a questo punto spendere che risparmiare, soprattutto nel caso che la spesa venga sostenuta tramite l’utilizzo del credito. A pagarne le spese saranno comunque le economie più deboli o comunque coloro che continuano ad arrivare in ritardo nell’utilizzo del credito messo a disposizione dalla liquidità creata dalla banche centrali!

- in un caso di default generalizzato di sistema, i consumatori che sono stati in grado di approfittare massicciamente del credito per sostenere un tenore di vita al di sopra delle possibilità si ritroverebbero nella posizione relativamente privilegiata di non dover pagare i conti finali. Conti che verranno presentati invece in larga misura a tutti coloro che non hanno saputo o potuto approfittare di quel credito e che magari risparmiando hanno contribuito, con quel risparmio stesso, a finanziare indirettamente i consumi dei primi. L’America secondo i ratio di debito macroeconomici è la nazione più indebitata del mondo, o comunque, secondo i numeri delle partite correnti, il più grosso debitore netto mondiale. Nel caso remoto ma non impossibile di fallimento del sistema, chi ha già speso (tra le persone fisiche prevalentemente l’americano medio e tra quelle giuridiche gli Stati che presentano i più alti livelli di debito pubblico) ha comunque goduto del consumo di beni anticipati da qualcun altro, e il qualcun altro è inevitabilmente chi ha risparmiato. Quindi meglio spendere adesso che rischiare di non poterlo più fare dopo.

Sulla base di queste considerazioni altamente provocatorie lasciamo quindi al consumatore l’esercizio del proprio “diritto” di spendere con la massima prodigalità, pur ricordando che quel “diritto” è “legittimato” dal contesto economico nel quale vive (in questo contesto gli abitanti della Tanzania non avrebbero gli stessi “diritti” degli abitanti del Lussemburgo, vedi come proxy del credito la tabella di reddito pro capite mondiale.
Alle autorità monetarie, invece, il dovere di riflettere sui costi e benefici (non solo locali) di quelle spese stimolate principalmente dalla facilità di accesso al credito.

Lo staff
 

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