LE LENTICCHIE PORTANO SOLDI SOLO SE SEI CRACCO E LE VENDI A 1500 EURO (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Sulle risorse, sui soldi spesi da Sogin Spa - Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani
e della gestione dei rifiuti radioattivi per lo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari italiani
- si è scritto di tutto negli ultimi anni.

Ma nasce anche il dubbio di fronte all’attività di sicuro e imprescindibile interesse nazionale, perché gestita negli anni con modalità assai discutibili.

E forse è sparare letteralmente sulla Croce Rossa.

È da dire che anche gli amministratori delegati, via via nominati alla guida dell’azienda, alle volte ci mettono del proprio
per rendersi ridicoli con affermazioni piuttosto bizzarre, per non dire contradditorie.
Che non lasciano ben sperare, e poi riservano in chi le ascolta l’amaro sapore dell’inaffidabilità o del bidone che, in questo settore,
si traduce in elemento di insicurezza per la salute dei cittadini coinvolti, non trattando la stessa azienda, per così dire, noccioline e zucchero filato, ma scorie nucleari.

L’ultima chicca, in questa meravigliosa giostra, l’ha fornita l’attuale amministratore delegato, Emanuele Fontani
(toscano, dal 2007 in Sogin dove nell’ultimo triennio è stato Responsabile Disattivazione Impianti),
il 18 dicembre scorso, a ridosso delle vacanze di Natale – e questo ha senza dubbio aiutato a non notare la notizia –
a margine del completamento di un lavoro certamente importante, come la rimozione di un “monolite” di 130 tonnellate
di materiale attivato radioattivamente dal sito di Rotondella in Basilicata
, intervistato da una giornalista di Askanews,
ha dichiarato che il materiale in questione è “in attesa di essere trasferito nel futuro deposito nazionale per il quale l’Italia ha una deadline al 2025
e sul quale chiarisce che la Sogin è ancora in tempo , mentre “per i rifiuti ad alta attività potrebbe far parte di un Consorzio di più Paesi”,
su cui ha precisato inoltre che “le ipotesi sono varie, non solo un’ipotesi di Deposito geologico in Italia, ma molto probabilmente,
per un discorso economico, l’Italia si dovrà associare ad altri Paesi per realizzare un Deposito cosiddetto sovranazionale,
quindi un Consorzio di più Paesi che realizzeranno un Deposito”.

Ora, a parte la più che probabile velleità nell’affermare che la data del 2025 per il Deposito nazionale sia ancora percorribile,
ciò che salta agli occhi è il metodo utilizzato nel rilasciare affermazioni al vento, si vede che in quel giorno ne soffiava molto.

È la prima volta in assoluto che si afferma in modo ufficiale – perché tale è la funzione di un amministratore delegato di una Azienda di Stato
di accordi sovranazionali per la gestione o lo stoccaggio di rifiuti “ad alta radioattività” in un “Deposito sovranazionale”.

A questo punto la domanda che sorge spontanea è conoscere la destinazione, così tanto per la trasparenza, sempre se non è chiedere troppo!

Ricordiamo che lo scorso 11 luglio 2019, la Corte di giustizia Ue accoglieva il ricorso della Commissione europea contro l’Italia
per non aver comunicato, a quattro anni dal termine previsto dalle norme Ue, la versione finale del programma nazionale
per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi
.

Nelle more della costruzione del Deposito nazionale per i rifiuti nucleari, la Sogin ha in essere accordi a titolo oneroso
con Inghilterra e Francia per lo stoccaggio provvisorio di rifiuti nucleari e gli accordi già esistenti con altri Stati,
europei e non, da quanto risulta, soprattutto, al Parlamento italiano, in nessun caso prevedono la costituzione di siti e/o depositi sovranazionali o soluzioni simili.

Citiamo il Parlamento italiano perché eventuali accordi di tale portata sono materia di sua naturale competenza,
come previsto dall’articolo 80 della Costituzione, e del Presidente della Repubblica, come all’articolo 87, comma 8, per la loro ratifica,
ove non già iscritti in pregressi trattati internazionali, avendo tale materia risvolti di notevole rilevanza
ed a maggior ragione in periodi come questo in cui il materiale fissile e le stesse scorie nucleari assumono una valenza
che va ben oltre lo smantellamento e la bonifica di ex centrali Enel ed ex siti Enea.

Ed eventuali accordi, già stipulati o in itinere, se non, ripetiamo, inseriti nel quadro di pregressi accordi, ignoti ai più,
potrebbero avere un impatto forte e pesante nei rapporti fra Italia e altri Paesi – Francia ed Inghilterra in primis –
tradizionalmente e concretamente ritenuti alleati dal punto di vista tecnologico ed economico sulle materie connesse allo smantellamento del nucleare italiano.

Vi sono poi altri aspetti che riguardano i costi e le ricadute occupazionali correlate ai progetti di smantellamento nucleare
e alla gestione dei rifiuti connessi, con particolare riferimento a quelli ad alta attività: i criteri di calcolo di tali costi,
avendo essi impatto notevole anche sull’occupazione, sullo sviluppo e sulla tutela dei territori e sulla gestione delle commesse che ne deriverebbero,
sono talmente complessi da dover essere considerati nella loro complessità prima di decidere soluzioni certamente “spettacolari”,
ma che senza l’esplicitazione delle considerazioni citate appaiono con la stessa autorevolezza di una discussione fra amici al bar.

È legittimo a questo punto chiedersi anche se fosse opportuno affidare il compito di amministratore delegato ad un manager interno che,
da quanto risulta, non abbia rinunciato al proprio rapporto di lavoro dipendente come dirigente della stessa Sogin.

È lecito chiedersi quanto l’attuale amministratore delegato abbia le capacità decisionali occorrenti per poter compiere delle scelte
per un cambiamento reale nell’azienda Sogin, perseguendo l’interesse di questa o più banalmente assicurarsi solo un rientro morbido in essa, alla scadenza naturale del proprio mandato.

A questo punto in molti si incominciano a porre il quesito, cioè se riesca ad arrivare a fine mandato.

Dai rumors interni e da alcun fonti nei corridoi ministeriali incomincia a trapelare un certo imbarazzo
e in questa sorta di gioco del non decidere tale staticità assume sempre più la caratteristica di mancanza di coraggio in alcune decisioni cercando,
di fatto, la ridistribuzione di responsabilità all’intero cda aziendale.

In un simile scenario, tanto per far vedere, ogni tanto qualche dichiarazione “atomica” (tipo “balle spaziali”) qua e là ci sta bene,
non considerando l’imbarazzo che potrebbero suscitare tali esternazioni allo stesso azionista, cioè il Ministero dell’Economia.

La considerazione alla quale si giunge, che fa scorgere un amaro sorriso, è il pensare che si sia finiti in un fumetto,
come quello che è comparso (più volte diffuso all’interno della stessa azienda Sogin) in una sorta di divertente parodia ispirata ad Asterix
in cui viene riportata la figura di un dirigente toscano dalla statura non alta definito (riportiamo la definizione di seguito in una forma meno volgare dell’originale
e ce ne scusiamo anche con i toscani) come “mezzo toscano senza attributi”.

E il monolite? A questo punto viene da pensare che questo sia solo quello che portava sempre dietro la schiena il simpatico Obelix.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Secondo quanto riportato da SZ, Turchia e Germania starebbero raggiungendo un accordo che permetterebbe ad Ankara di aprire scuole turche in Germania.

L’accordo in dirittura d’arrivo permetterebbe al governo turco, in modo indiretto, cioè tramite associazioni culturali,
di operare nell’educazione tedesca attraverso degli istituti parificati.

Il programma teorico insegnato in queste scuole quindi sarebbe simile a quello delle scuole tedesche,
e gli esami sostenuti sarebbero riconosciuti come se si fossero tenuti nelle scuole statali di Berlino.

Queste trattative sono iniziate dopo che la Turchia ha chiuso una scuola tedesca sul proprio territorio affermando che questa non aveva nessuna base giuridica.

Naturalmente appare evidente anche ai più ciechi che l’apertura di scuole appoggiate da un governo
non Democratico come quello di Erdogan viene a presentare dei grossi rischi democratici.

Ricordiamo che il governo di Ankara è islamico vicino ai fratelli musulmani, e che l’opposizione a regime di Erdogan è mal tollerata se non brutalmente repressa.

La Germania permette di portare ai propri giovani i semi di questa ideologia antioccidentale ed antidemocratica.

Fino a questo momento solo la FDP si è espressa decisamente contro questo accordo,
comprendendo che può aprire le porte ad una più forte influenza turca all’interno della vita tedesca.

Invece come sempre, e come già visto nella crisi dei migranti e nella crisi Libica,
il governo tedesco appare prono hai volere di erdogan e non in grado di reagire.

Un gravissimo caso di sudditanza psicologica che mette in pericolo l’intera politica europea.
 

Val

Torniamo alla LIRA
La crisi iraniana e quella libica hanno riportato in primo il tema del petrolio e del suo prezzo,
dopo che le varie politiche verdi sembravano averlo riposto in soffitta.

Vediamo alcuni dati che ci permettano di comprenderlo nelle sue dinamiche nel 2020.

In questo anno la domanda energetica si prevede rimarrà BASSA,
non giustificando quindi aumenti che non siano temporanei e legati a fattori esterni di carattere tecnico o politico.

Prima di tutto analizziamo il suo andamento storico e la risposta ai tagli produttivi DEL’OPEC.



Questo grafico è corretto con l’inflazione e mostra come i prezzi siano di molto inferiori ai picchi dei primi anni novanta.

Analizziamo meglio il dettaglio dell’ultimo periodo



Il trend è ancora più chiaro e ci mostra come, anche in presenza di picchi dei prezzi, questi siano sempre Calanti a partire dal 2008.

Perfino il taglio della produzione dell’opec ha avuto un effetto molto limitato.

Questo è il risultato di una domanda energetica in calo, segno di una recessione imminente.

La produzione mondiale di beni, potenzialmente elevatissima, non incontra un’adeguata domanda.
Evidentemente i prezzi sono troppo alti perché la gente possa permettersi di comprare.

L’effetto del rallentamento economico è evidente, come si può vedere da questo grafico dove si mostra la produzione mondiale di petrolio e gas naturale



Interessante e anche la ridistribuzione a livello mondiale della produzione,
con un calo del peso dell’opec a vantaggio degli Stati Uniti, veri propri protagonisti nel mercato degli idrocarburi



Un fattore che ha ridotto i consumi di idrocarburi è senza dubbio il rallentamento del commercio internazionale,
anche legato alla cessazione dei trasporti di rifiuti da riciclo dai paesi occidentali verso Cina e India.

Dalla fine del 2018 rifiuti plastici cartacei non vengono più trasportati in questi paesi per essere stoccati ed utilizzati,
per cui, da un lato un calo del Commercio Marittimo, con relativo calo dell’uso di carburanti fossili,
dall’altro gli effetti sull’economia di questi paesi sono stati sensibili, riducendo la domanda.

In controtendenza con questo Trend vi è il calo probabile delle vendite di auto elettriche in Cina e negli Stati Uniti,
a causa della cessazione o dell’alleggerimento dei contributi verso la mobilità non fossile.

In questo settore solo l’Europa mostrerà un trend crescente, sempre per merito dei forti contributi dello Stato.

Quindi, in generale, possiamo terminare affermando che una previsione per il 2020 non è semplice,
anche perché influenzabile da eventi politici non prevedibili.

Nello stesso tempo ci si può aspettare che, a causa della crisi economica mondiale,
non si raggiungano dei prezzi superiori a quelli già visti nel corso del 2019.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ad individuare il corpo è stato il personale dell'elisoccorso, dall'alto.

E' stato rinvenuto privo di vita l'escursionista non rientrato nella giornata di ieri dopo un'uscita sulle pendici del Resegone.

Le ricerche erano scattate nel primo pomeriggio odierno con l'attivazione non solo del velivolo fatto levare in volo da Como
ma anche delle squadre da terra di soccorso alpino e vigili del fuoco.

Poco prima delle 16 ha raggiunto i Piani d'Erna anche l'elicottero dei 115: la tragica scoperta era però già stata fatta, attivando i tecnici del CNSAS per il recupero della salma.

Astigiano, l'uomo, 48 anni, era venuto apposta a Lecco per affrontare la ferrata Gamma 2 (da tempo chiusa).

Così aveva detto agli amici che, non avendo più sue notizie, hanno poi messo in moto la macchina dei soccorsi.

Non si sa come effettivamente sia arrivato in cresta, forse percorrendo la Gamma 1.

Certo è che - già a partire dalla scarpe - non era sufficientemente attrezzato per le attuali condizioni in quota.
E' stato trovato privo di vita 300 metri più a valle, sul versante di Morterone, all'inizio dell'area boschiva.
La salma si trova ora al Bione, per essere poi restituita alla famiglia.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Quando fu approvata la nosta Costituzione, l'Italia contava circa 40.000.000 di abitanti, ora ne ha 60.000.000, come da grafico ISTAT
( https://www.tuttitalia.it/statistiche/censimenti-popolazione/ ), quindi è assurdo diminuire il numero dei parlamentari,
persino "mister forcice" Cottarelli, sostiene che il risparmio sia risibile.

Prendiamo la riforma del numero di parlamentari.

Ennesimo scempio della Costituzione in un momento in cui le priorità sono ben altre.

Ma chissà come mai ogni governo che si insedia si mette in testa di storpiare la Costituzione, giammai in senso migliorativo,
semmai sempre nel senso voluto dai (loro) padroni: JP Morgan, Goldman Sachs ecc per i quali la nostra Costituzione è fin troppo democratica.

Avevamo avuto l’incubo Renzi, poi questi, più subdoli hanno ricominciato con una misura “populista”.

I rentier si fregano le mani: meno parlamentari ci sono, meglio è, migliore “governance” .

Il parlamento potrà diventare più facilmente quel passacarte di un governo anch’esso ulteriormente esautorato rispetto ai poteri UE ed extra UE.

Già il Parlamento italiano non conta più niente, ridotto com’è a ratificare decisioni prese a Bruxelles,
e questo nonostante si debba far valere la sussidiarietà anch’essa messa a male dalle ultime modifiche dei trattati UE,
trattati come più volte ripetuto, quelli recanti la parola “Unione” e “Stabiltà” a rigor di diritto tutti nulli, non validi, illegittimi.

Nessun politico che lo faccia notare, nessun partito che ne faccia una battaglia. E passi.

Ma l’anno scorso, in mezzo al marasma economico dovuto anche all’insussistenza di un parlamento esautorato
che come abbiamo visto si è dovuto sorbire anche le decisioni prese a Bruxelles sul MES, ex post,
prese da un comitato d’affari composto principalmente da Premier, Ministro delle Finanze e Direttore generale al Tesoro,
sempre con il beneplacito del Presidente della Repubblica, comitato paracadutato e o nominato dagli ambienti europeisti e d’affari,
anzi proveniente proprio da lì, e per nulla espressione dei governi uscenti dalle urne, caso Savona docet, ci siamo dovuti sorbire l’ennesima riforma della Costituzione.

Ma adesso, di fronte alla possibilità di indire un referendum per abrogare tale scellerata riforma,
poiché le firme di 71 senatori sono state depositate in Corte di Cassazione in tempo utile, il 10 gennaio (il termine era il 12 gennaio),
i “puri e duri”, i “sedicenti integri e coerenti” si sperticano nuovamente in lodi di sé stessi e si vantano con l’assunto che tanto “io me la cavo”.



Chi si loda s’imbroda.

E infatti la campagna sulla riduzione del numero dei parlamentari era stata fatta sulla base di una fandonia: che noi abbiamo il maggior numero di parlamentari.

Certo, come si evince dallo schema sciorinato da Alessio Villarosa, Sottosegretario delle Finanze, sul suo facebook, alla mia osservazione che è proprio il taglio dei parlamentari a essere sbagliato !

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In cifre assolute si. Ma siamo uno dei paesi più densamente abitati al mondo (donde la follia dell’immigrazione a manetta, ma è un altro discorso),
e se facciamo il rapporto tra numero di abitanti e numero di parlamentari scopriamo che siamo il secondo paese in Europa per sotto rappresentatività degli abitanti al Parlamento:

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Quindi per riassumere, abbiamo il minor numero di parlamentari per numero di abitanti
(1 parlamentare ogni 63000 ab. rispetto a 1 ogni 6000 a Malta e 1 ogni 10000 a Lussemburgo),
i penultimi dopo il Regno Unito, ma tutti questi politici accattoni hanno pensato bene l’anno scorso di accattivarci con l’ennesimo specchietto per le allodole.

Populismo per allocchi. (1)

Soprattutto se si pensa che gli stessi populisti accattoni nei confronti della finanza e dell’Europa,
hanno approvato una risoluzione per dare l’ok a Conte e continuare sulla strada della riforma del MES,
con tanto di ristrutturazione del debito pubblico per principio – che rimane nel testo – proseguimento nell’Unione bancaria,
con tanti bail in a venire e altri fondi da alimentare – a nostre spese – e del BICC,
con una bozza di bilancio europeo e di convergenza fiscale, cioè bye bye alla possibilità di fare la moneta fiscale.

La cui proposta di legge recante i CCF (moneta fiscale) sempre dagli stessi populisti per allodole (M5S)
è stata presentata il 2 dicembre scorso al Parlamento (con almeno 90 firme),

peccato che nessuno l’abbia notato,

peccato che non sia stato fatto un cominicato stampa,

peccato che il video non sia stato pubblicato da nessuna parte (“troppo pesante” mi è stato detto) nemmeno sul youtube del parlamentoM5S,

peccato infine che i numeri non li avranno mai soprattutto se decidono di far fuori Salvini per via giudiziaria
e che le defezioni si contano a decine mentre intanto attualmente la triade dei tre pacchi al posto di uno
sta andando avanti alla grande a Bruxelles perché in Italia non hanno trovato nessun ostacolo. Nessuno.

Perché mai un populista accattone infatti dovrebbe mettersi di traverso ai “poteri forti”?

Meglio giocare con gli specchietti per le allodole e intanto tirare a campare. Teniamo famiglia.

Olé !



Note

(1) “Per quanto riguarda il rapporto tra popolazione e numero di rappresentanti, Malta guida la classifica con un parlamentare ogni 6mila abitanti, seguita dal Lussemburgo (1 ogni 10mila) e dall’Estonia (1 ogni 13mila). L’Italia è al 23° posto, con un parlamentare ogni quasi 63mila abitanti. Fra i paesi più popolosi in UE, quindi, siamo quelli con il rapporto più elevato.” Tratto da Il parlamento nel mondo: tutti i numeri
 

Val

Torniamo alla LIRA
Andata male. Ahahahahahah il berlusca ? Intervenire ?????? ahahahahahah

Quattro senatori vicini alla nuova associazione messa in piedi da Mara Carfagna, hanno ritirato le loro firme
dalla proposta di sottoporre la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari a referendum popolare confermativo.

Stamattina le firme non erano dunque sufficienti per indire il referendum.

Ma in tarda mattinata tre senatori della Lega hanno firmato e, a seguito di un controllo formale della Corte di Cassazione che si terrà nelle prossime settimane,
il referendum di cui all’art. 138 della Costituzione si terrà entro il mese di giugno. Fin qui è cronaca.

Ma la cronaca nasconde un fatto politico sorprendente.

Mara Carfagna, consigliata da chissà chi, ha forse tentato di far saltare non solo il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari,
ma soprattutto il referendum abrogativo proposto dalla Lega che prevede l’abrogazione della parte proporzionale del Rosatellum.

Il quesito del referendum abrogativo è stato scritto da Roberto Calderoli e mira ad introdurre, attraverso l’abrogazione dei collegi plurinominali,
un sistema elettorale maggioritario coi collegi uninominali, all’inglese.


Il quesito referendario leghista presenta un solo problema, quello delle deleghe che il Parlamento attribuisce al governo per ridisegnare i collegi nel caso il referendum avesse esito abrogativo.

Delle tre deleghe esistenti oggi in altrettante leggi, solo una è al momento utilizzabile,
cioè quella prevista dalla cosiddetta leggina del 2019, e più precisamente dalla Legge 27 maggio 2019 n. 51
recante disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari.

Facciamo un passo alla volta.

La Corte costituzionale, in materia di leggi elettorali ha stabilito la regola che – in caso di referendum abrogativo –
la legge che resta dopo l’abrogazione deve essere immediatamente applicabile, senza la necessità di un nuovo intervento normativo da parte delle Camere.

Calderoli ha formulato il quesito referendario affinché il Parlamento, dopo l’eventuale abrogazione scaturente dal voto popolare,
non metta mano alla legge per il semplice fatto che il governo – utilizzando la delega esistente così come prevista dalla Legge 27 maggio 2019 n. 51
provveda a ridisegnare i collegi uninominali.

Il punto è giuridico
.

Senza il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, la delega Parlamento-Governo prevista dalla Legge n. 51/2019
sarebbe immediatamente applicabile e la Corte non potrebbe fare altro che dichiarare inammissibile il quesito referendario abrogativo di Calderoli,
che ne chiede invece l’utilizzo ex post, cioè dopo il referendum abrogativo.

Quindi la Consulta, che entro il 20 gennaio deciderà se ammettere o meno il quesito referendario di Calderoli,
alla presenza di un parallelo referendum confermativo si troverà nelle condizioni giuridiche di ammettere il referendum abrogativo.

Diversamente
, se saltasse il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, salterebbe anche il referendum abrogativo.

Andiamo per gradi.

Perché possa tenersi referendum confermativo è necessario che 1/5 dei componenti di una camera
o 5 Consigli regionali oppure 500 mila elettori chiedano di sottoporre la riforma costituzionale a referendum.
Nei giorni scorsi era stato raggiunto il numero di firme necessario in Senato.
Ma poi ieri i “carfagnani” hanno tolto le loro firme.

Ciò vuol dire che, se stamattina non avessero firmato tre senatori della Lega, non solo saltava il referendum confermativo, ma anche quello abrogativo per i motivi che si sono detti finora.

A questo punto sorge il dubbio, più che legittimo, che Mara Carfagna – ancora oggi parlamentare di Forza Italia –
giochi sporco contro il centrodestra per favorire i giallorossi.


E la tempistica non fa altro che confermare il dubbio.

Il termine per presentare presso la Corte di Cassazione le firme di 1/5 dei senatori scade domenica 12 gennaio, quindi lunedì 13.

I senatori vicini alla Carfagna hanno tolto le loro firme giovedì 9 gennaio, a ridosso della scadenza.

Per fortuna che stamattina, 10 gennaio, si trovavano a Roma tre senatori della Lega che hanno risolto il problema firmando la proposta referendaria.

La Carfagna ha tentato il colpo gobbo, smascherando clamorosamente le sue intenzioni di voler fregare Salvini.

All’ex soubrette sarebbe stato sufficiente far ritirare quelle firme nella giornata di domani e la frittata era fatta.
Forse non ci sarebbe stato il tempo sufficiente per supplire a quel ritiro, come invece avvenuto in extremis stamattina.

Insomma, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.

Tuttavia il dato politico resta: abbiamo il nemico in casa?

Se si, perché Berlusconi non interviene a tutela dell’unità del centrodestra, di cui lui stesso parla tanto?
 

Val

Torniamo alla LIRA
La maggioranza giallorossa pare abbia trovato una prima quadra sulla nuova legge elettorale.

Ormai nel nostro Paese le maggioranze parlamentari si scrivono da sole le regole del gioco per fregare l’avversario.
Fatto sta che, su iniziativa “istituzionale” del presidente della commissione affari costituzionali della Camera,
Giuseppe Brescia (M5S), è uscita una nuova proposta di legge elettorale.

Vediamo di cosa si tratta.

Rispetto all’attuale Rosatellum vengono eliminati i collegi uninominali e la possibilità di creare le coalizioni pre-elettorali tra liste.

Ciascuna lista correrà da sola salvo poi allearsi con altre liste in Parlamento alla ricerca di una maggioranza.

Siamo, in sostanza, di fronte ad un sistema elettorale proporzionale che ci riporta alla Prima Repubblica,
in assenza peraltro di quel sistema di partiti “solidi” che aveva caratterizzato la Prima Repubblica.


Il nodo cruciale, quello della soglia di sbarramento, sembra essere stato risolto fissando la soglia al 5% su base nazionale,
garantendo tuttavia il cosiddetto diritto di tribuna.

In pratica,

le liste che riusciranno ad ottenere il 5% quantomeno in tre circoscrizioni in due regioni per l’elezione della Camera
e in due circoscrizioni in una regione per l’elezione del Senato, si aggiudicheranno i seggi ottenuti in quelle regioni.

Un contentino a LeU. Renzi invece inizialmente si era detto contrario ad una soglia di sbarramento così alta,
ma alla fine ha accettato perché convinto (beato lui che ci crede) di arrivare al 5% a livello nazionale.

Le circoscrizioni saranno abbastanza ampie, quindi le liste minori se la giocheranno quantomeno nelle regioni in cui sono più forti.

Resta però il nodo delle preferenze, infatti i partiti di maggioranza hanno rinviato la questione ad un nuovo incontro.

Ma tutto lascia pensare che alla fine prevarrà la scelta dei soliti listini bloccati,
sottraendo ancora una volta al popolo la possibilità di eleggere direttamente i suoi rappresentati come prevede la Costituzione.

Ma il dato saliente è un altro.

La proposta di legge è stata scritta perché possa applicarsi sia nel caso diventasse operativa la riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari (600 membri),
sia se si tornasse a votare a Costituzione vigente (945 membri).

E’ la nuova normativa introdotta con la Legge 27 maggio 2019, n. 51.

Questo dato lascia intendere che non sono escluse le elezioni anticipate entro la primavera di quest’anno e prima del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari.

Soluzione che conviene a Renzi e agli altri partiti minori (LeU, piùEuropa etc.), ma anche al M5S, che limiterebbe gli effetti della sua più che probabile sconfitta elettorale.

Tuttavia, se anche il Conte bis cadesse, non è detto che si torni alle urne.

Quattro senatori vicini a Mara Carfagna hanno ritirato la loro firma dalla proposta di referendum confermativo sul taglio dei parlamentari.
Carfagna mira in realtà a sabotare il referendum abrogativo lanciato dalla Lega, ma il dato politico della mossa resta
.

Se il Conte bis saltasse, i parlamentari di FI che fanno riferimento a lei sono pronti a sostenere un nuovo governo con una maggioranza più ampia, evitando le elezioni anticipate.

Non è detto che l’ex soubrette abbia i numeri, ma un tentativo di salvare Legislatura e poltrona lo farà.

La situazione resta ingarbugliata e i nodi verranno al pettine solo dopo che la Corte costituzionale avrà deciso (entro il 20 gennaio)
sull’ammissibilità o meno del quesito referendario abrogativo proposto dalla Lega,
che intente ottenere un sistema maggioritario coi collegi uninominali all’inglese.

Nel caso la Corte ammettesse il quesito – e sarebbe un successo politico della Lega e personale di Calderoli –
la maggioranza di governo accelererà sull’approvazione della legge proporzionale allo scopo di far saltare il referendum leghista
per cassata materia del contendere (come nel caso del referendum abrogativo del 2017 sui voucher).

Ma si verrebbe a creare una palese contraddizione tra una Corte che legittima un referendum che mira ad introdurre un sistema elettorale maggioritario
(riconoscendo implicitamente che forse è questo l’ultimo tentativo per dare governi stabili all’Italia)
e i partiti di governo che – per mantenere le loro poltrone – vogliono invece un sistema proporzionale, che come conseguenza può sortire soltanto governi deboli.

Come che sia, invece di scrivere le regole del gioco nell’interesse del Paese,
i giallorossi stanno cercando il modo per fregare Salvini.

Ma puoi escogitare tutti i sistemi elettorali che vuoi, se non hai i voti perdi comunque.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Che la violenza femminile riparta da Rula.
Ah, che storia eccezionale questa di Rula Jebreal al Festival di Sanremo, troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.

Com’è andata ormai lo sappiamo tutti.
Amadeus
le aveva offerto un vallettaggio,
il web è insorto,
la Rai si è ritirata,
la stampa si è scatenata,
la Rai è tornata sui suoi passi e ora sembra che pagherà alla giornalista venticinque mila euro per dieci minuti di
pistolotto educativo sulla violenza sulle donne dal pulpito sanremese.

Rula è un patrimonio nazionale da tutelare ?
Come la torre di Pisa, come il bidet, come la nduja calabra.

Mi sono chiesta, a differenza di molti, non conoscendola se non per aver assistito ad alcune sue performance giornalistiche in trasmissioni televisive di dubbia riuscita,
chi fosse veramente costei oltre alla famosa “gnocca senza testa”.

Nata in Isralele da un custode di una Moschea di origini arabo-nigeriane-palestinesi,
la nostra eroina come tutte le eroine ha una storia triste e di riscatto sociale, come spesso accade nei migliori racconti.
La sua povera mamma si è suicidata, si legge sul web, a causa delle violenze subite in giovane età gettandosi in mare
e annegando tragicamente quando lei aveva solamente cinque anni.
Così, la nostra finisce in un collegio-orfanotrofio, grande rispetto per un inizio di vita così difficile.

In seguito, per meriti scolastici riceverà una borsa di studio dall’università di Bologna per un corso di laurea in fisioterapia
e verrà quindi in Italia dove sarà poi naturalizzata.
Essendo diplomata con una laurea breve in fisioterapia e parla l’arabo, lo sbocco naturale non poteva essere che quello di iniziare la carriera giornalistica al Resto del Carlino,
nota redazione affetta da sciatiche e flogosi, e da lì la sua carriera decolla: Il Giorno, La Nazione, Il Messaggero, La 7 Omnibus, Anno Zero,
vince anche dei premi, diventa sceneggiatrice e regista, affronta la trasvolata atlantica e approda nel jet set internazionale,
prima al fianco del regista Julian Schnabel, diventando quindi la fidanzata di uno che conta per poi sposare un miliardario,
ma non uno di quelli qualsiasi, l’erede di una generazione di banchieri, e le si aprono le porte della Cnn, le viene persino offerta una docenza all’Università di Miami.


Tutto merito del diploma triennale in fisioterapia?

No di certo.

Tornando a noi, sembrerebbe che a Sanremo gli italiani non la vogliano perché aveva dichiarato
che l’Italia e gli italiani sono razzisti e fascisti, non inclusivi, insomma fanno schifo.
Lei, cresciuta, istruita, naturalizzata e nutrita anche professionalmente dal nostro Paese lo avrebbe ripudiato malamente.

Pertanto, visto quanto suddetto, era sembrata alle folle di Internet un’ingrata, visto che l’Italia e gli italiani le hanno dato più o meno tutto.

Il problema vero, cari amici, è che c’era presumibilmente un precontratto, o quantomeno un qualche tipo di accordo
e relativa responsabilità precontrattuale, perché non è che il direttore artistico di un premio internazionale storico come lo è Sanremo,
che come sbaglia mezza mossa ti scattano le penali o ti rovini la carriera, ti propone di fare la valletta con una telefonata.

Ovvio.

Se era per me ci andavo anche gratis con un messaggino su Whatsapp anche vestita da mazzo di fiori a parlare di gattini,

ma ieri La Verità di Maurizio Belpietro ben spiega tra le righe che il ritorno di Rula è merito di un agente
e che, tu guarda la vita, è il più potente in circolazione: Lucio Presta, l’agente di Amadeus che era al tavolo della trattativa
di “riprotezione” dopo le polemiche e che indubbiamente ha voce in capitolo ed è molto legato a Matteo Renzi
.

Quel Renzi che è molto legato a Rula che ha partecipato in qualità di ospite ad alcuni dibattiti alla Leopolda.

Insomma, Rula forse ha ancora una volta gli amici giusti, anche se la foto scattata con Harvey Weinstein, quello del scandalo sessuale di Hollywood
che ha patteggiato 26 cause di stupro in cambio di ruoli cinematografici pur professandosi innocente,
il famigerato protagonista del Mee too, forse è un po’ un autogol a questo punto. O forse no.

Preferirei, invece della solita retorica sulla violenza di genere, che Rula Jebreal ci parlasse della forza di genere,

sapere come fare da un orfanotrofio periferico di Dar El Tifel a ottenere una borsa di studio
che non ottengono nemmeno i ragazzini orfani italiani,

entrare in un giornale con un diploma in fisioterapia
quando non ti assumono nemmeno dopo anni gavetta o di carriera,

come arrivare ad essere lanciata da Michele Santoro,

scrivere un libro che diventa un best seller
quando gli editori nemmeno ti rispondono

e trovare un fidanzato regista che me lo fa produrre al cinema,

dopodiché sposare un milionario e vivere una vita da jet set,

sarebbe molto più utile per una donna moderna.

Troppo moderno come contenuto per Sanremo, troppo moderno anche per molti italiani e italiane.

È chiaro ed evidente che Rula è bella e brava, forse non nel giornalismo, come le imputano i suoi detrattori.


.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il Copasir, Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica,
ha annunciato per la seconda metà di gennaio le audizioni dei vertici del Dipartimento per le Informazioni sulla Sicurezza (DIS)
e delle autorità di vigilanza e controllo del sistema bancario, finanziario ed assicurativo,
per avviare una rigorosa e prudenziale indagine sul paventato rischio di scalate ostili da parte di attori stranieri nel nostro paese,
con potenziali impatti sull’equilibrio e la stabilità del sistema “critico” e della sicurezza nazionale.

E’ noto ormai che le aziende operanti in tali settori, coerentemente con quanto previsto dall’Unione Europea con la Direttiva NIS 2016/1148,
approvata nel 2016 ( e recepita in Italia con il Decreto Legislativo 18 maggio 2018, n.65, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 del 9 giugno 2018, in vigore dal 24 giugno 2018),
sono considerate presidi strategici ed operatori di servizi essenziali per la società e l’economia.

A tal riguardo, non può non menzionarsi altresì il recente Decreto-Legge del 21 settembre 2019, n. 105 recante
“Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e di disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica”,
poi convertito con modificazioni dalla L. 18 novembre 2019, n. 133 (in G.U. 20/11/2019, n. 272).

Il superiore provvedimento all’art. 4-bis ha introdotto significative modifiche al Decreto-Legge del 15 marzo 2012, n. 21 recante
“Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale,
nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni,
poi convertito con modificazioni dalla L. 11 maggio 2012, n. 56.
Si tratta di norme poste a presidio della difesa e sicurezza delle cosiddette “attività strategiche chiave”, testualmente definite dalla DL 21/2012.

Non a caso il Copasir, per la prima volta, ha ritenuto di approfondire la situazione in atto, le potenziali minacce e, complessivamente,
gli scenari evolutivi degli strategici settori bancario e finanziario.

Lo farà preliminarmente con i vertici dell’Intelligence e con quelli delle Authorities, per poi coinvolgere anche la Guardia di Finanza ed i vertici del sistema bancario.

Sebbene si tratti di un approccio ai settori assolutamente innovativo per il Copasir, il presidente del Comitato, Raffaele Volpi,
aveva già nemmeno velatamente anticipato il dossier di approfondimento a margine della relazione alle Camere dell’organo di controllo,
evidenziando proprio di volere approfondire anche il rischio di scalate ostili provenienti attraverso attori esteri,
invero già emerso nella relazione del DIS del 2018, ma non coltivato.


E proprio dalle argomentazioni contenute nelle relazioni annuali del DIS degli anni 2018 e 2019
è chiaramente esplicitata la minaccia diffusa di azioni ostili contro le aziende strategiche dell’economia nazionale, attraverso
l’assunzione di cariche societarie di alta direzione nei consigli di amministrazione
o incarichi direttivi affidati a soggetti stranieri “piazzati” da stati esteri non amici o sedicenti amici.


Del resto, i “poteri speciali” del Presidente del Consiglio dei Ministri vanno nella direzione della piena tutela della sicurezza nazionale
che ben può essere seriamente minacciata da destabilizzazioni del sistema finanziario a scopo di sabotaggio ed anche per sovvertire sistemi democratici.

Per prevenire tali rischi soccorre la cosiddetta “intelligence economica” che in uno scenario caratterizzato
da scambi sempre più globali tra super potenze economiche, acquisisce informazioni per studiarne il “ciclo”
e rispondere a situazioni di rischio anche potenziale tra le quali, appunto, le escalation contro imprese strategiche del paese
e, in ogni caso, per comprendere i contesti di geopolitica economica che possono concretarsi in un più ampio “rischio paese”.

Anche in questo caso il Copasir fa un monito al Governo, un po’ come già fatto con la relazione conclusiva sul perimetro di sicurezza cibernetica nazionale.

In quel caso, il Copasir aveva chiaramente evidenziato di non potere non

“ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione,
configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G. Conseguentemente, oltre a ritenere necessario
un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere alla implementazione di tali infrastrutture,
rileva che si dovrebbe valutare anche l’ipotesi, ove necessario per tutelare la sicurezza nazionale,
di escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G”.

Specularmente a quello “statement”, il Copasir avverte oggi dell’importanza dell’intelligence economica
nei settori bancario e finanziario per la più ampia tutela dal rischio nemmeno potenziale di scalate ostili al nostro sistema economico nazionale.


L’auspicio è che il nostro Governo percepisca davvero il rischio evidenziato dall’Intelligence
e adesso sostenuto dal Copasir cogliendo, almeno questa volta, l’occasione persa con la fallimentare gestione dei dossier internazionali.
 

Val

Torniamo alla LIRA
I tassi negativi non hanno portato ad una crescita stabile nell’area euro.

Rimane qualche altro strumento a Christine Lagarde per giustificare l’esistenza della moneta unica
come strumento di incentivo alla crescita e, magari, una sua funzione all’interno di quel perverso programma comunitario chiamato Green New Deal?

Uno strumento utilizzabile, perchè usato in altre situazioni, da altre banche centrali, è quello del tassi duali,
cioè di una forte differenziazione fra i tassi passivi, sui finanziamenti concessi al sistema finanziario,
ed i tassi attivi, cioè quelli che la Banca Centrale viene a pagare sui depositi

Attualmente la via scelta dalla BCE è quella di far pagare tassi negativi sui depositi,
e chiedere un tasso zero sulle operazioni di rifinanziamento, quindi qualcuno può pensare
che già ci sia una politica di Dual Tax, ma nel nostro caso intendiamo qualcosa di diverso.





Attualmente i tassi cinesi sono positivi, ma sono 1,5% sul deposito e 4,25%,
quindi la differenza fra tassi attivi e tassi passivi applicati è ben del 2,75%.

Questo perchè i due tassi, come si vede dal grafico, sono stabiliti in modo autonomo.
Non c’è uno spread fisso, ma la differenza è fissata sulla base dello stimolo monetario o del controllo inflazionistico,
ma la differenza può essere completamente differente.

Ragionando come Dual Tax la BCE potrebbe azzerare anche il tasso positivo, rendendo quindi per lo meno non costosi
i depositi delle banche e quindi non aggravandole di costi, e, addirittura tassi negativi sui prestiti, spingendo la massa monetaria al massimo.

L’idea è interessante, ma non risolverebbe i problemi dell’euro.

L’Unione ha un problema di crescita semplicemente perchè la politica monetaria e fiscale e quella monetaria Unica,
imposta dalle regole di Maastricht e dalla BCE; non riesce a funzionare e risulta troppo lasca per alcuni, troppo stringente per altri.

La Lagarde potrà usare questo strumento differenziale per aiutare il Green New Deal, ma non farà differenza, anzi aumenterà le distorsioni sistemiche.

Anzi la scelta di utilizzarlo per finanziare la conversione Verde, che sarà diversa da stato a stato,
accentuerà le differenze perfino in modo arbitrario.

Non il modo migliore per risolvere i problemi dell’euro e dell’Unione.
 

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