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Val

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La relazione finale sul caso Gregoretti del presidente della giunta per le immunità del Senato, Maurizio Gasparri, ha dato ragione grossomodo all’ex ministro Matteo Salvini.

E forse non è un caso che, da parte della maggioranza, si paventi la richiesta di un rinvio del voto in giunta, previsto il 20 gennaio
e dunque a ridosso del delicato appuntamento elettorale previsto con le regionali in Emilia Romagna.

La preoccupazione, tra i giallorossi, è che il voto al Senato possa avere un effetto boomerang favorevole allo stesso Salvini.

In particolare, sul caso Gregoretti il senatore di Forza Italia sostiene la linea secondo cui sulle decisioni
che hanno interessato la sorte di 115 migranti nello scorso mese di luglio c’è anche il “timbro politico” del presidente del consiglio Giuseppe Conte.

“A prescindere dalla configurabilità o meno di un concorso nel reato del presidente Conte,
elemento sul quale la giunta non può anzi non deve esprimersi, sicuramente – si legge nella relazione –
è configurabile un coinvolgimento politico governativo di quest'ultimo comprovato innanzitutto
dall'assenza di qualsivoglia presa di posizione contraria sulla conduzione del caso Gregoretti
da parte del ministro Salvini e sulle scelte da lui operate”.

La maggioranza avrebbe richiesto il rinvio del voto presso la giunta del Senato, previsto il 20 gennaio.

Una richiesta, quella di M5S, Pd ed Iv, che sarebbe figlia della decisione della capigruppo del Senato
di sospendere le attività dell’aula dal 20 al 24 gennaio, vigilia delle elezioni regionali in Emilia.

Ma proprio su quest’ultimo passaggio, è da registrare la posizione di Matteo Salvini:
“Hanno paura di perdere la faccia, sono senza onore e senza dignità”,
 

Val

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Game over.

L’incapacità del Movimento 5 Stelle in politica estera non è certo una novità dell’ultim’ora.

Da quando gli esponenti grillini ricoprono cariche istituzionali rilevanti e occupano le poltrone del potere,
sono iniziate le figure barbine dell’Italia in campo internazionale.

Colpa di quella “purezza” tanto sventolata dai pentastellati;
la stessa che ha fatto emergere la più totale e completa inadeguatezza della truppa di Beppe Grillo
di fronte a situazioni che avrebbero richiesto maggiore competenza.

Ai tempi del governo gialloverde i grillini hanno teso la mano a Xi Jinping.
Il presidente cinese, senza farselo ripetere due volte, ne ha approfittato per portare Roma all’interno della Nuova Via della Seta,
rubando così un alleato chiave degli Stati Uniti nell’area mediterranea.
Ricordiamo che il nostro Paese ha firmato con Pechino un Memorandum d’intesa sulla Belt and Road.
Una mossa, questa, che non è affatto piaciuta a Donald Trump, il quale pensava invece di poter contare sul partner italico per opporsi all’avanzata del Dragone.
Il risultato dell’avvicinamento dell’Italia alla Cina ha invece provocato il conseguente allontanamento dagli Stati Uniti.
Insomma, metaforicamente parlando, i grillini hanno preferito nuotare in mare aperto – con tutti i possibili rischi – anziché continuare a spostarsi a bordo di un transatlantico.

Il flirt con la Cina non è piaciuto neppure all’Unione Europea.
Certo, non che gli altri Paesi del continente ragionino troppo in senso comunitario quando si tratta di fare affari con il Dragone,
visto e considerando che Parigi e Berlino non hanno mai guardato in faccia a nessuno
. Eppure, agli occhi di Bruxelles, la mossa di Roma è apparsa un vero e proprio azzardo geopolitico più che il primo passo di una strategia ben precisa.
Ed è proprio questo che ha fatto spaventare l’Ue: il fatto che l’Italia possa rappresentare il ventre molle dell’Europa
e possa offrire a Pechino una porta di accesso privilegiata al resto del continente.

Ma l’improvvisazione del Movimento 5 Stelle in politica estera non è certo finita qui.
Prendiamo il Venezuela. Nelle settimane in cui a Caracas il clima era caldissimo per l’azione improvvisa di Juan Guaidò,
desideroso di estromettere Nicolas Maduro, che cos’ha fatto l’Italia?
È stata uno dei pochi Paesi europei che ha espresso solidarietà al presidente in carica.
Cioè Maduro: lo stesso personaggio che sta contribuendo ad affondare uno Stato, quello venezuelano, ormai allo stremo.

Prendiamo, poi, la Francia: anche qui l’azione grillina si è contraddistinta per una discreta incapacità d’azione.
La premiata ditta formata da Di Maio e Di Battista è riuscita a creare una mezza crisi diplomatica tra Roma e Parigi quando, pochi mesi fa,
le due punte di diamante del Movimento hanno dichiarato ai quattro venti che “la Francia sfrutta l’Africa”
(e che per questo motivo l’Eliseo meriterebbe di essere “sanzionato” dall’Unione Europea.


L’ultima gaffe dei pentastellati riguarda la Libia.
Lasciando perdere il silenzio sull’Iran – molto probabilmente qualcuno ha avvisato i grillini:
meglio il silenzio che far arrabbiare ulteriormente gli americani dopo aver già concesso un mezzo endorsement a Teheran –
Luigi Di Maio si è dedicato alla risoluzione della crisi libica.
Facendo cosa? Volando in Turchia per stringere la mano al ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu.

Detto altrimenti, il titolare della Farnesina ha cercato la sponda del governo turco.
Se non è un’ammissione dei propri errori, davvero poco ci manca.
Anche in questo caso è emersa la mancanza di ogni essenza diplomatica nel modus operandi in politica estera
di un Movimento molto più bravo ad appiccare incendi che non a spegnerli
 

Val

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"Da novembre 2014 ho preso le distanze dal Pd a guida Renzi, non votando una serie di provvedimenti che non consideravo giusti.
Poi ho provato a seguire Bersani in LeU ma, a distanza di due anni da quell'esperimento mal riuscito,
ho capito che l'obiettivo era quello di rientrare nel Pd o comunque di governare con chi ha votato tutti quei provvedimenti
che hanno contribuito a peggiorare l'Italia. Oggi credo che la risposta a questa Ue inesistente
e a quello che sta avvenendo dentro e fuori dall'Italia siano il sovranismo e il populismo.
Speravo in un accordo duraturo di Lega e M5s per dare una spallata a questa situazione di stallo
ma oggi mi pare resti solo la Lega, avendo il M5S deciso di stare al governo a prescindere!".

Ha spiegato che il cambio di casacca è "frutto di una lunga riflessione" che sarebbe stata ispirata dalle idee e dalle tesi del filosofo Diego Fusaro:
"Lui ha teorizzato che le categorie destra e sinistra sono superate e che ormai la contrapposizione è tra partiti dell'establishment, in questo caso il Pd, e partiti populisti e sovranisti".

Ecco, sarebbero proprio i partiti cosiddetti sovranisti come la Lega "a essere più vicini alle istanze di chi è più in difficoltà".

Dunque, la neo esponente del Carroccio spiega che l'approdo al partito salviniano prelude ad un
"nuovo impegno in prima persona. Mi impegnerò a sostengo di un progetto politico coerente con le mie idee, anche solo volantinando e organizzando incontri".
 

Val

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Dal lato della filosofia politica , la capisco .
Il disagio interiore di tanti ex P.C.I. é palese. Vedere il P.D. abbandonare il proletariato e allearsi di fatto con i mercati finanziari,
i poteri forti,e una certa europa che di fatto ha impoverito gli italiani, presumo sia all" origine di questo cambio di schieramento,
per qualcuno é un tradimento, per me é la sinistra che ha tradito la classe operaia e il ceto medio.
La democrazia é fatta di opinioni e non di certezze e nell" esprimere il mio pensiero,nel rispetto delle idee altrui,
credo che chi di tradimento ferisce di tradimento perisce, a quando una sinistra meno spocchiosa e meno presuntuosa e arrogante?
Non lo so. inoltre sono convinto che all" origine del successo della lega é solo aver capito che se non stai dalla parte del popolo prima o poi il popolo ti punisce.
 

Val

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Per spiegare l'attuale situazione, basta ricordare che la FED stampa come non ci fosse un domani
e tutto questo passa in sordina perchè agli indici fanno fare nuovi massimi.
La finanza non esiste più, era nata come derivato della reale, adesso vive di vita propria
o meglio vive grazie alle banche centrali che, va ricordato, una volta finanziavano la reale !


La Federal Reserve di Philadelphia ha esaminato una serie di indicatori previsionali per il primo semestre 2020
e ne ha tratto delle indicazioni preoccupanti: nove stati dell’Unione andranno in recessione nel primo semestre 2020.


Gli stati sono Delaware, Vermont, Oklahoma, Montana, Iowa, Kentucky, Connecticut e West Virginia,
con quest’ultimo previsto in recessione grave, con un calo del PIL dell’ordine di 4,5 punti percentuali.

L’industria carbonifera non si è ripresa come promesso da Trump, anzi prosegue nella sua riduzione progressiva, portando in decrescita lo stato rurale.

Anche gli stati della Rust Belt e del Midwest registrano delle crescite veramente minime.

Comunque ci sono rallentamenti più che evidenti anche nel New England.

Tirano invece sempre Texas, California, Florida, Georgia e stati limitrofi. Comunque gli USA economici sono spaccati in due.

Si tratta del maggior numero di paesi in recessione dalla grande crisi del 2008, come nota Bloomberg





Questo mette in evidenza come le prospettive economiche degli USA siamo tutt’altro che positive,
proprio nell’anno in cui ci sono le elezioni presidenziali.

Per Trump diventa essenziale la riduzione della guerra commerciale con la Cina per una ripresa dell’export agricolo.
 

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Colpo di Scena a l’Aria che Tira (La 7).

Il capogruppo della Lega al Senato Romeo porta un’agenzia stampa dell’epoca
in cui il ministro della giustizia Bonafede conferma che la decisione di tenere al largo la Guardiacoste era nota al governo e perfino condivisa.

Questo rende le eventuali accuse a Salvini allargabili a tutto il governo, Conte e lo stesso Bonafede in testa, ma difficilmente Di Maio potrà tirarsi fuori

In quest’ottica si conferma l’ipotesi dietro il cambio di posizione di Italia Viva, che con il caso Geegoretti,
con la scusa di colpire Salvini, affonda Conte e Di Maio. Come potranno restare in carica e difendersi da simili accuse ?

 

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Apriamo con una notizia che, se confermata, farà il giro del mondo.

Il presidente del governo di Tripoli Al Sarraj sarebbe stato prelevato, all’atterraggio, da una milizia non meno identificata e portato via, sotto sequestro o arresto

#Iraq Forti esplosioni udite nella #GreenZone di #Baghdad che ospita edifici governativi e missioni straniere, tra le quali l'ambasciata #Usa#Iran #Soleimani pic.twitter.com/DtneXQx1nx

— ofcs.report (@ofcs_report) January 8, 2020

Sarraj tornava da Bruxelles dove ha incontrato le autorità europee ed il presidente del parlamento europeo Sassoli.
Nel viaggio di rotorno avrebbe dovuto incontrare Conte e Di Maio, che avevano anche come ospite Haftar.

Parè che, con grande superficialità, il nostro governo volesse un meeting a sorpresa fra le due parti,
idea confermata da Dagospia e sconsigliata dai nostri servizi. Un’idea così dilettantesca da far infuriare Claudio Borghi



Ma porco di quel porco di quel porco…
Allora è come temevo.
Ma come si fa

FLASH! – CONTE ERA STATO AVVISATO DAI SERVIZI DI NON VEDERE SERRAJ E HAFTAR LO STESSO GIORNO A ROMA
flash! - conte era stato avvisato dai servizi di non vedere serraj e haftar lo stesso giorno a roma

— Claudio Borghi A. (@borghi_claudio) January 8, 2020

Se la notizia di OFCS REPORT fosse confermata sarebbe il colpo di scena finale
che elimina dai giochi Erdogan e la tentennante, debole e dilettantesca politica estera italiana.
 

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Voci e smentite di un possibile rapimento ieri sera di Fajez Sarraj, il 59enne premier del governo di Tripoli
sostenuto soprattutto dall’Italia sin dalla sua nascita nel 2016, sono rimbalzate ieri sera sui social libici.

Sono lo specchio delle gravissime tensioni nel Paese.

La voce più insistente è sia stato fermato da un gruppo di uomini armati alle 21,45 uscendo dallo scalo di Meitiga, alle porte della capitale.

Era arrivato da Bruxelles con un volo privato ma gestito da Linee aree libiche.

Con lui era anche il ministro degli Esteri Taher Siala, che però non sarebbe stato toccato.

La notizia è rilanciata dai social media di Bengasi e Tripoli.

Al momento in cui scriviamo non si hanno altre informazioni certe.

Se non che l’ufficio del premier sta pubblicando una netta smentita. Ma la situazione resta estremamente confusa.
 

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Milano. Quattro piani per 1200 metri quadrati.
Portici, marmi, onici, un giardino d’inverno, un teatrino, touche screen, un salotto per il su misura, porte di platino e profili in madreperla.
Eppure quando lui arriva, in un secondo, vede la lucina che non va.

Giorgio Armani, l’instancabile, non soprassiede, mai.

Oggi inaugura la sua rinnovata boutique in Sant’Andrea e ieri era ancora lì, a controllare.

«In Montenapoleone c’erano troppi cunicoli. Qui tutto è più chiaro».

La chiarezza è il nuovo?
«Direi il nuovo modo di fare shopping. Meno stiff. Più accessibile e confidenziale. Con la volontà di aprirsi.
Un approccio meno ossequioso, senza perdere in eleganza. Ci sono le cose che amo, solo rinnovate e forse meno perfette.
Questa via, così intima, è oggi la più chic».

L’imperfezione non le è mai piaciuta, però.
«Ma ogni tanto bisogna rivedere le proprie posizioni».

Un passo indietro (o avanti, dipende dai punti di vista) che non riesce a fare sul controllo, vedi la luce cui sopra.
«Controllo abbastanza poco ora».

Non le crede nessuno.
«Ma rispetto a 20 anni fa tutto si è ingrandito. Non posso arrivare ovunque».

Non convince. Anche semplicemente l’idea di questa boutique.
E poi l’acquisizione degli spazi in galleria Vittorio Emanuele, i progetti su Armani Exchange. Famoso, ricco, riconosciuto: potrebbe anche rilassarsi.
«Dal momento che ci sono, sono e faccio. E poi anche Bernard Arnault ambisce a Milano
e se vuole lui acquisire la squadra del Milan, io posso ancora: è la mia città, qui lavoro e respiro».

Indomabile.
«Ho deciso di vivere e vivo. E questa è la mia vita, esclusivamente per il lavoro. Non esco la sera. Non mi interessa.
E mi dispiace perché perdo molte occasioni. Però preferisco che parlino le cose che faccio al posto mio».

Perché «perdere»?
«Milano è ora una città importante: puoi incontrare artisti, scrittori, uomini interessanti.
Vorrei sperimentarmi in settori diversi. Frequentare altri ambienti. Giudicare e farmi giudicare. Lo so, però, mi sono isolato».

Può essere la sua forza?
«Non sono un robot, dunque ho dei limiti. Ho una bella casa e non faccio fatica a restarci.
Ho sempre cercato di non farmi condizionare da quello che mi sta attorno. Una difesa forse, sì».

Sicurezza di essere, anche?
«Sicurezza è una buona parola. Sentirmi sicuro di quello che faccio, di come la gente mi vede, del mio lavoro, delle mie scelte: mi gratifica.
Poi c’è sempre quel punto interrogativo: farò bene o no?».

I dubbi di Armani?
«Non posso dire quali».

Uno?
«Di sparire senza danneggiare il mio lavoro e chi mi ha aiutato, il nome che ho costruito e chi lo ha creato con me. Ecco questo».

Rinnovandosi scioglie quel dubbio.
«Ma questo mi rende anche indifferente. Sordo a tante cose perché devo anche fare i conti con il tempo.
Pensare un progetto Armani a dieci anni mi è impossibile, perché forse non ci sarò più: e questo è pesante.
Non possono dirmi “lei vada in vacanza che il risultato lo portiamo”.
Risponderei: “Andate voi in vacanza, io non ho tempo, resto a lavorare».

Sente il limite del tempo?
«Sarei stupido se non lo sentissi».

Non è quello che percepisce la gente.
«Ci penso la sera quando mi addormento e la mattina quando mi sveglio.
Poi durante la giornata ho la fortuna di lavorare e di essere distratto. Qualche volta però esce fuori: “Ma tanto... e puntini e puntini”».

Per questo agisce?
«Mi difendo con il lavoro. E poi gestendo la mia persona e il rapporto con gli altri. Fa parte del gioco, ma a 85 anni non è facile.
Devo dire che ho preso da mia madre: a 90 anni sembrava una signora di 50».

Se è per questo, appunto, anche lei.
«Ma purtroppo non è così. E così mi difendo, anche fisicamente. Mi curo molto: non mangio, sto attento».

Cosa si aspetta da questi 1200 metri quadrati?
«Che sia chiaro che Giorgio Armani prima linea è la gioielleria del prét-à-porter. Con tante linee spesso è stata fraintesa.
Il mondo è cambiato e anche il senza tempo, che è la nuova sostenibilità, ha bisogno di essere insegnato,
specie alle nuove generazioni che sono lasciate allo sbando.
Dovrebbero ascoltare e noi farci ascoltare di più: non è bello solo quello che è nuovo.
La moda una volta era più protetta. Oggi è abusata.
Chiunque pensa di essere in grado di farla. E invece bisognerebbe setacciare un po’».

E se un cliente del «su misura» la volesse nel salottino?
«Perché no?».

E per fortuna che non controllava più «tutto».
 

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