L'austerità è Stata Raccomandata per un Errore di Excel (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
IO NO.
ci credo che siamo in mano a imbecilli
qualcuno lo è per davvero
ma altri che sanno .... magari pagano gli esperti per sbagliare
in questo modo ne traggono profitto
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e
VI SPIEGO I PIANI DI CHI VUOLE PIU' EUROPA - Fabrizio Tringali

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tontolina

Forumer storico
Il ragazzo che ha smentito Harvard e le teorie dell’austerità



Scoprendo errori banali, uno studente ha confutato le teorie su rigore e crescita degli economisti Reinhart e Rogoff Thomas Herndon ha demolito il dogma su cui Germania e Ue hanno basato le loro politiche. Diventando una star

dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI
NEW YORK. A 28 anni è una celebrità mondiale, la sua università ha dovuto creargli un ufficio stampa ad hoc per filtrare le troppe domande d’interviste. Il dottorando che ha “smascherato le teorie dell’austerity” ora passa le sue giornate a parlare con il New York Times, il Wall Street Journal e la Bbc.
È apparso come star nel popolare talkshow di satira politica The Colbert Report. Se l’è meritata davvero questa fama Thomas Herndon, che prepara la sua tesi di Ph. D. alla University of Massachussetts di Amherst.
Il premio Nobel dell’economia Paul Krugman gli dà atto di avere “confutato lo studio accademico più autorevole degli ultimi anni”. Scoprendovi degli errori banali, imbarazzanti per gli autori. Le vittime di Herndon sono due tra gli economisti più stimati del mondo: Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff.

Loro due insegnano in una super-università, Harvard, ben più prestigiosa di quella dove studia il 28enne dottorando che li ha messi al tappeto. Rogoff, che è stato economista anche al Fondo monetario internazionale e alla Federal Reserve, insieme con la sua collega Reinhart pubblicò “Growth in a Time of Debt”, una ricerca conclusa proprio quando stava scoppiando la crisi della Grecia.
In quel testo vi era la “prova scientifica”, secondo gli autori, che se il debito pubblico di una nazione raggiunge la soglia del 90% del Pil, diventa un ostacolo insuperabile alla crescita. Quella cifra “magica” venne adottata come un dogma, istantaneamente ripresa da organizzazioni internazionali e governi: da Angela Merkel alla Commissione europea, fino al partito repubblicano
negli Stati Uniti. Lo stesso Krugman ricorda che “ebbe un ruolo cruciale nella svolta delle politiche economiche, con l’abbandono delle manovre anti- recessive sostituite prontamente con politiche di austerity”.

La tesi di Krugman è che c’erano già poderose correnti ideologiche in azione per interrompere le manovre anti-recessive, e tuttavia quello studio divenne un regalo insperato, una pietra miliare, il fondamento teorico per l’austerity. Herndon, che si definisce “né conservatore né progressista”, non è stato mosso da un’agenda politica. “Non ero partito - racconta - con l’intenzione di demolire lo studio di Reinhart-Rogoff, davvero non ero a caccia di errori.
I miei professori di Amherst mi avevano assegnato un compito molto comune: prendi una ricerca fatta da altri economisti, e prova a dimostrare che sei capace di replicarne il risultato”. È così, esercitandosi a rifare lo stesso percorso di Reinhart-Rogoff, che il 28enne si è imbattuto nella sua scoperta. “Provavo e riprovavo a fare i loro stessi calcoli, ma i risultati non erano quelli. I conti non tornavano “. Per vederci chiaro lui si rivolse agli stessi autori. Che reagirono con grande fair-play e trasparenza.
Forse sottovalutando il pericolo? Di certo non snobbarono il giovane dottorando di una università meno prestigiosa. “Su mia richiesta - racconta lui - mi hanno messo a disposizione tutte le loro fonti originarie da cui avevano attinto i dati sulla crescita. Mi hanno dato accesso anche alle varie versioni dei loro calcoli”. Mal gliene incolse. Perché il preciso e scrupoloso Herndon scoprì l’errore. Anzi due categorie di errori, grossolani e dalle conseguenze disastrose.
La coppia di grandi economisti aveva banalmente commesso una svista di “allineamento” nelle colonne delle cifre da addizionare usando il software Excel della Microsoft. Sicché alcuni calcoli erano sbagliati. In più - questo forse è lo sbaglio più imperdonabile - Reinhart-Rogoff avevano omesso di includere tra le nazioni esaminate ben tre casi (Canada, Australia, Nuova Zelanda) in cui la crescita economica non è stata affatto penalizzata da un elevato debito pubblico.
La rivelazione di Herndon ha avuto un impatto enorme. I due imputati, Reinhart-Rogoff, hanno dovuto ammettere l’errore. Lo hanno fatto con una imbarazzata column sul New York Times, cercando al tempo stesso di prendere le distanze dalle politiche di austerity applicate usando la loro ricerca. E come rivela il Wall Street Journal, “all’ultima riunione del G20 è stato depennato dal comunicato finale ogni riferimento al rapporto debito/Pil, per effetto di questa scoperta”.
L’anchorman satirico Stephen Colbert conclude: “E ora chi glielo dice agli europei? Sono così contenti dell’austerity, che ogni tanto per festeggiarla scendono in piazza e accendono dei fuochi…”. La lezione di umiltà vale anche per gli avversari del rigore. I grandi nomi del pensiero neokeynesiano, da Krugman a Joseph Stiglitz, non avevano mai accettato il dogma di Reinhart-Rogoff. Ma le loro contestazioni volavano alto, troppo alto. Nessuno si era imbarcato nella fatica di fare il lavoro “operaio” del 28enne Herndon: prendersi tutti i numeri, uno per uno, e rifare le addizioni.
Fonte: repubblica.it

Pubblicato da Massimo Bernardi a 13:59
 

tontolina

Forumer storico
Il Fondo Monetario insiste: sull’austerità ci siamo sbagliati

Pubblicato da keynesblog il 8 gennaio 2013 in Economia, Europa, Global
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L’ultimo World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale aveva gettato i sostenitori dell’austerità nel panico: il rapporto, curato dal capo economista Olivier Blanchard, sottolineava gli effetti del rigore erano stati fortemente sottovalutati dalle previsioni dello stesso FMI e di altri organismi internazionali, Commissione Europea e OCSE in testa. [Qui un commento di Brad DeLong con le tabelle e i grafici che mostrano l'entità dell'errore]
Un nuovo working paper del fondo [link], firmato proprio da Blanchard e da Daniel Leigh, torna sul punto, rifacendo i calcoli. Secondo Blanchard e Leigh i moltiplicatori fiscali non sono stati modesti come previsto (0,5) ma significativamente più elevati (1,5). Questo significa che una contrazione fiscale di 1 euro ha creato una depressione di 1,5 euro invece che solo 0,5. Già nel 2009, tuttavia, il fondo aveva sottoposto al G20 una nota in cui si affermava che i moltiplicatori potevano essere compresi tra 0,3 e 1,8 per i tagli alla spesa e tra 0,3 e 0,5 per gli aumenti delle imposte (si noti che coerentemente con la teoria keynesiana, i moltiplicatori delle tasse misurati sono minori di quelli della spesa pubblica).

L’FMI spiega l’errore sostenendo che non si è tenuto conto delle particolari condizioni dell’economia, confidando che i bassi moltiplicatori calcolati nel periodo pre-crisi fossero validi anche durante la recessione. In particolare Blanchard e Leigh sottolineano la presenza di una “trappola della liquidità” (cioè l’attività economica sembra insensibile all’abbassamento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, ormai arrivati a zero o intorno allo zero).
Gli autori non disconoscono l’importanza – a loro dire – del rigore di bilancio, ma questo studio è in ogni caso un nuovo passo del FMI verso politiche meno restrittive.
Non è la prima volta che il FMI prende posizioni moderatamente contrarie all’austerità, basti ricordare la disamina critica della tesi dell’ “austerità espansiva” di Alberto Alesina [link]. In quello studio il FMI trovava, appunto, moltiplicatori bassi (intorno a 0,5) ma positivi, sulla base dei quali sono state formulate le previsioni troppo ottimistiche riguardo la contrazione fiscale durante la crisi post 2008. In altre parole, il FMI ha mostrato che Alesina aveva sbagliato sul passato, ma ciò non ha impedito che esso stesso si sbagliasse, largamente, sul futuro.
 

tontolina

Forumer storico
Sembrerebbe normale pensare che Ora finalmente abbasserano le tasse

e invece NO!

Taglio tasse? In arrivo una stangata fiscale da 15 miliardi



Il nuovo colpo di grazia nel triennio del 2015 per le famiglie e le imprese. Le attività più colpite. Tutti i dettagli del nuovo redditometro.


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Una manifestazione in Italia contro la pressione fiscale.


ROMA (WSI) - Nel triennio 2013-2015 i contribuenti italiani dovranno sopportare una stangata fiscale da 15 miliardi di euro. E’ quanto risulta da un’analisi del Centro studi Unimpresa su dati Banca d’Italia e ministero dell’Economia e delle Finanze. Ai 4,5 miliardi di maggiori entrate tributarie previste per quest’anno si aggiungono i 5,4 del 2014 e i 4,9 dell’anno successivo.

La voce maggiore di questo gettito aggiuntivo, secondo l’indagine di Unimpresa, è rappresentata dall’imposta di bollo sulle transazioni finanziarie, in totale 3,4 miliardi nel triennio, e dalle accise sui carburanti, che frutteranno 3,3 miliardi in più.

Vale 1,3 miliardi, poi, l’inasprimento sulle assicurazioni (acconti su riserve tecniche). Le riduzioni delle agevolazioni fiscali per le auto aziendali garantiranno un gettito aggiuntivo di 1,4 miliardi.

Ulteriori 1,4 miliardi sono assicurati dal mancato differimento di alcune imposte sostitutive. I restanti 3,8 miliardi sono derivanti da altri interventi su diversi balzelli e tributi. In totale, dunque, entro il 2015 le famiglie e le imprese devono fare i conti con un giro di vite sulle tasse da 14,957 miliardi di euro.

"Con questi dati vogliamo lanciare un appello al governo: basta agire sulla pressione fiscale, che va assolutamente abbassata a non può essere ulteriormente aumentata. La nostra analisi non tiene conto dell’imminente inasprimento dell’Iva che tra 30 giorni, salvo miracoli, salirà dal 21% al 22 per cento. Noi diciamo basta. Alle imprese e alle famiglie serve un segnale forte e questo segnale deve arrivare proprio dall’approvazione di un piano serio per la riduzione del carico tributario. Se ne parla tanto, ma per ora mancano i fatti", commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

Intanto, sempre sul fronte fiscale, è in dirittura d’arrivo il nuovo redditometro, dopo una revisione e una "semplificazione". Le semplificazioni riguarderanno in primo luogo l’utilizzo delle contestate medie Istat sulle voci di spesa non conosciute all’amministrazione finanziaria che serviranno solo in un secondo step di controlli, ovvero nella seconda fase del contraddittorio con il fisco.

Nella prima fase i contribuenti da sottoporre ai controlli saranno selezionati prendendo infatti in considerazione solo le voci di spesa già note al fisco come i mutui, l’acquisto di auto o di pacchetti vacanze.

Se l’amministrazione dovesse riscontrare uno scostamento tra reddito dichiarato e reddito ricostruito superiore al 20%, si passerà al contraddittorio con il contribuente che potrà in quella sede portare le sue giustificazioni (eredità, regalo dei genitori dimostrato da un bonifico, vincita al lotto o quant’altro).

Solo in un ulteriore approfondimento, se cioè la difesa non sarà ritenuta convincente, entreranno in gioco le medie Istat volte a misurare quelle ulteriori voci spesa, come gli alimentari o l’abbigliamento, che il Fisco non contempla.

Anche in questo caso il contribuente potrà presentare altre giustificazioni o prove, cercando così di evitare l’accertamento vero e proprio. Le argomentazioni potranno in questo caso essere anche non documentate.

Per esempio – hanno spiegato in passato le Entrate – se una persona non spende per alimentari perchè va a mangiare tutti i giorni dalla madre che abita nello stesso pianerottolo potrà portare questa motivazione. Da tempo, di fronte alle polemiche di categorie e associazioni dei consumatori, l’Agenzia aveva peraltro precisato che i valori Istat da soli non avrebbero mai determinato un accertamento.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Fatto Quotidiano - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
 

tontolina

Forumer storico
Crescita mondiale del PIL 2013/14: le stime OCSE per ogni nazione

2 giugno 2013 Di ScenariEconomici Feed



Nel suo twice-yearly Economic Outlook, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), stima una crescita mondiale del 3,1% nel 2013 e 4% nel 2014.
Su scala planetaria, come sempre, l’area Euro e’ quella a crescita inferiore, con calo generalizzato delle nazioni periferiche.
 

tontolina

Forumer storico
ecco cosa ci stanno facendo i chicago boys collusi con i bocconiani

e noto che le polizie russa-turka-italiana-europea
sono tutte uguali
tutte schierate contro la pololazione inerme che protesta per lo shock della fame, viene massacrata

Shock Economy, il capitalismo del disastro. [ITA] - YouTube


ora la "scuola economica di chicago" ha rivolto la sua attenzione all'europa

se fossimo una nazione unita non riuscirebbe nel suo intento
ma siamo solo singoli stati con una moneta unica
e quindi siamo molto deboli

l'europa esiste solo per imporre ai singoli stati la terapia shock raccomandata dai BOYS

e il popolo è diventato antieuropeista
 

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