LA PRIGIONE PIU' DIFFICILE DA CUI EVADERE E' LA PROPRIO MENTE (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Il governo Conte sopravvive ormai sul filo del rasoio e con numeri estremamente risicati.

Dopo le ultime defezioni basta un raffreddore, non la Covid-19, per mettere in rischio una fiducia,
l’unico strumento parlamentare che sembra in grado di utilizzare.

In questa situazione diventa sempre più essenziale l’appoggio del SudTiroler Volkspartei, il partito autonomista sudtirolese, che conta ben tre senatori.
Naturalmente gli Alto atesini non fanno nulla e il partito ha condizionato il proprio appoggio a tre condizioni:


a) la possibilità di derogare alle normative per le aperture festive dei negozi, che vorrebbero limitare per permettere la sopravvivenza delle aziende famigliari.
Norma di buon senso che dovrebbe essere applicata anche altrove. Ma che il PD, amico dei Padroni, non apprezzerà;


b) lo sblocco, cioè la conferma, della concessione dell’Autostrada A22 all’attuale gestione che vede coinvolte le province autonome di Trento e di Bolzano,
che in questo modo manterrebbero il proprio tesoretto;



c) la libertà di emettere norme autonome per l’abbattimento di Orsi e Lupi.


Da tempo la Provincia Autonoma richiede la possibilità di poter aprire al caccia a questi animali, in modo da rendere più sicuro l’allevamento allo stato brado.
Una scelta che sinora è stata ostacolata dai divieti statali nel settore, che proteggono queste due specie selvatiche.


Non vogliamo entrare nel merito della decisione, ma siamo sicuri che Conte isserà bandiera bianca sulla materia
ed agli altoatesini sarà permesso sparare a lupi ed orsi, anche se fosse l’orso Yoghi.

Cosa volete che sia la vita di qualche plantigrado o canide di fronte ai vantaggi della permanenza al governo di stati quali Bonafede, Azzolina o Bellanova.

Anzi il buon Giuseppi potrà vantare di aver venduto la pelle dell’orso e di averlo pure ammazzato.

Del resto chi non riesce a proteggere i gatti (vedi arrosto fatto da migrante irregolare in Toscana) come può tutelare gli animali selvatici?
 

Val

Torniamo alla LIRA
Tutte le strade del denaro Wirecard portano a Manila.

Le autorità filippine stanno indagando sulle attività locali della società tedesca andata in bancarotta
dopo che è stato verificato un ammanco per 4 miliardi di euro, di cui 2 cash.

L’indagine coinvolge le autorità di Singapore, Germania e Bruxelles che stanno cercando di svelare le irregolarità contabili dell’azienda.

Secondo il FT, il National Philippine National Bureau of Investigation and Anti-Laundering Council esaminerà cinque imprese ritenute coinvolte,
fra cui Centurion Online Payment International, PayEasy Solutions e ConePay International, tutte società che risultavano collegate a Wirecard fin dal 2019.

Da quanto risulta Wirecard avrebbe pagato elevate commissioni a queste società che sono apparse senza una infrastruttura fisica adeguata
e quindi più simili a cartiere che a società operative.

Quello che è certo è che la società aveva aperto, tramite il proprio fiduciario, l’avvocato Mark Tolentino, estraneo però ai successivi fatti penali.

Al giallo del denaro si affianca un secondo mistero:

secondo il ministro della giustizia Guevarra, i registri del servizio immigrazione filippino hanno segnalato il 23 giugno scorso
il transito in entrata di Jan Marsalek, ex direttore operativo di Wirecard, che sarebbe poi partito da Cebu per la Cina il giorno dopo.
Però il ministro ha affermato che le riprese di telecamere a circuito chiuso di sicurezza (CCTV) non hanno mostrato Marsalek in arrivo nel paese
e che non ci sono registrazioni di voli per la Cina programmati la mattina del 24 giugno da Cebu a causa del COVID-19.

Quindi non è ben chiaro se e come Marsalek sarebbe entrato o uscito dalle Filippine o se qualcuno si sia spacciato per lui.

Secondo il nostro parere e la nostra esperienza, le alternative sono due:

  • i soldi sono stati straferiti nei sei conti delle Filippine veramente, utilizzando le documentazioni create dalle cartiere locali
  • ed a fine giugno Marsalek o chi per lui ha chiuso i conti e trasferito in tesoretto in qualche trust di shadow banking cinese, per cui non sarà facile recuperarli;

  • i soldi non sono mai arrivati, se non in misura minima, e la cartiera serviva a nascondere una serie di costi occultati per falsare la redditività aziendale.

  • In questo caso , a parte piccole somme per far vivere bene chi ha organizzato la truffa, non c’è nulla di sostanzioso da recuperare.

Speriamo di sapere presto la verità…
 

Val

Torniamo alla LIRA
Oggi si parla di MES Light per le spese sanitaria.

Invece che chiedere dei prestiti a dei fondi che poi ci comanderanno a bacchetta, perchè non vediamo chi ha tagliato la spesa sanitaria.

Pensiamo veramente che questa gente poi userà i soldi per i cittadini , dopo averglieli tolti?



Pochi giorni fa era comparso un articolo dell’Huffington Post dal titolo “Sanità italiana impreparata al Covid per decenni di austerity Ue”.

Ben svegliati, ci voleva una pandemia mondiale per capirlo?

In realtà a chi sa cercare i dati era una cosa risaputa.






Andiamo a vedere, tramite l’OCSE, la voce “government spending” e dal menù selezionziamo “Health”.


Prendiamo l’arco temporale che va dal 1995 al 2018, i valori sono misurati in rapporto al PIL.


Per l’Italia, dal 1995 fino alla recessione globale, il trend è di crescita: nel 2009 la spesa sanitaria italiana era il 7,42% del PIL.






Proprio all’indomani della crisi cominciano i tagli!

Il primo avviene nel 2011, la spesa scende al 7,1% valore che resterà pressoché identico fino al 2014.


Dal 2015 crolla nuovamente fino ad arrivare al 6,85% del 2018.

LA SITUAZIONE NEGLI ALTRI PAESI DELL’UE




Negli altri Paesi grandi europei, Francia e Germania hanno valori più alti di spesa rispetto al 2009, il Regno Unito più bassi


Mentre negli altri Paesi “PIIGS” la situazione è ben peggiore di quella italiana





La Spagna nel 2017-18 spendeva poco meno del 6% del PIL, i valori più bassi dal 2008.


Il Portogallo nel 2018 ha speso il 6,29% del PIL, per trovare valori così bassi occorre vedere prima del 2002


La Grecia nel 2010 il 6,86% del PIL dopo soli quattro anni crolla al 4,70% il valore più basso dal 1995!
Nel 2018 è leggermente salito al 4,99% ma rimane lontanissimo dai valori precedenti alla crisi.


L’Irlanda nel 2018 spendeva il 5,02% una nicchia più alta del valore della Grecia, ma agli stessi livelli di fine anni 90
(il record negativo è del 2000), notevole anche il crollo dal 2014 al 2015.


E tutto questo disastro per far felici quattro usurai a Bruxelles…
 

Val

Torniamo alla LIRA
Oggi qui vogliamo da un lato dirvi, chiaramente, perché la Germania vuole imporre l’applicazione del MES
e quindi mostravi come un giornale sia disposto a raccontare una marea di palle pur di portare acqua al mulino dei propri padroni.


PERCHÉ C’È LA CORSA A VOLER IMPORRE IL MES ALL’ITALIA
: il motivo è banale.

Il MES, anche quello Light, permetterà di porre l’Italia sotto una tutela di bilancio da parte della UE e quindi,
quando ci sarà la possibilità di accedere al Recovery Fund, non sarà possibile per l’Italia sfruttarlo nella misura in cui ne avrebbe bisogno.


Il combinato disposto del MES “Light” e del Recovery Fund farà si che , sotto la stretta disciplina di bilancio del MES, anche Light,
l’Italia sarà costretta a “Riforme ed austerità”, termini che già state sentendo ora,
e quindi non potrà accedere a parità di condizioni al Recovery Fund, lasciandolo a Francia e Germania.

Questo a conferma che il Recovery Fund è un costrutto quasi esclusivamente a vantaggio di Germania e Francia, al limite per la Polonia,
che necessitano di una profonda riconversione industriale, ma l’Italia ne verrà quasi esclusa.

Nello stesso tempo però noi pagheremo il recovery fund, sia tramite le nuove “Tasse europee”, sia tramite i contributi diretti dello stato.


Il MES Light è Non condizionale e non richiede controlli? BALLE.

Lo abbiamo già scritto tempo fa riprendendo direttamente la lettera di Dombrovskis sul MES Light.

La lettera infatti cita esplicitamente l’applicazione dell’art 14 del regolamento europeo 472/2003, che specificamente afferma :


Uno Stato membro può essere soggetto a sorveglianza post-programma finché non avrà rimborsato almeno il 75 % dell’assistenza finanziaria
che ha ricevuto da uno o più altri Stati membri, dal MESF, dal MES o dal FESF. Qualora esista un rischio perdurante per la stabilità finanziaria
o per la sostenibilità di bilancio dello Stato membro interessato, il Consiglio, su proposta della Commissione, può prorogare la durata della sorveglianza post-programma.
La proposta della Commissione si considera adottata dal Consiglio a meno che il Consiglio stesso decida, deliberando a maggioranza qualificata,
di respingerla entro dieci giorni dall’adozione della stessa da parte della Commission
e.


La sorveglianza c’è, scritta nero su bianco, poche balle.

Questo strumento di sorveglianza servirà a due scopi:



  • evitare che possiamo fare concorrenza a Francia e Germania sui fondi del Recovery Fund
  • perché ci sarà impedito l’accesso a qualsiasi fonte di finanziamento sotto il controllo finanziario;

  • porre il prossimo governo eletto sotto stretta tutela del MES e quindi annullare la democrazia in Italia sostituendola con una tecnocrazia europea.

Le vie d’uscita sono tre:



  • immediatamente NON utilizzare il MES, ma emettere BTP se necessari per le spese sanitarie.

  • Il fatto che il risparmio dell’uno per cento sia fatto passare come essenziale per questo tipo di decisione
  • mostra come il MES sia solo uno strumentale cavallo di Tria per schiacciare il popolo italiano;

  • la soluzione definitiva e radicale sarebbe l’uscita dall’Unione europea o per lo meno dall’area Euro
  • con la ripresa di una politica monetaria e fiscale indirizzata al benessere interno;

  • la soluzione più mediata e di transizione sarebbe un governo NON zerbino di Bruxelles e Berlino
  • e che non abbia remore nel porre veti, anche molto duri, oqni qual volta venissero poste queste simili questioni che ledono l’interesse nazionale.

Il problema è che quando il principale quotidiano nazionale permette ad un laureato in lettere di dire dell BALLE sul MES in prima pagina,
tanto per compiacere il segretario di un partito servetto di Berlino, allora perdete la speranza e sperate o nell’asteroide o nella rivoluzione…
 

Val

Torniamo alla LIRA
Nell’intervista a Libero del 29 giugno rilasciata dal social-liberista Ignazio Visco, l’ex ministro del Tesoro del Pd
(che precisa di non aver rinnovato la sua tessera a quel partito!) muove precise e circostanziate accuse al sistema politico italiano.

In primis, quella di aver perso il treno “quando il tessuto produttivo italiano non è riuscito ad adeguarsi alla globalizzazione,
alle nuove tecnologie digitali e ai mutamenti strutturali dell’economia mondiale”,
con la conseguenza di aver perduto le grandi imprese migrate all’estero (vedi Fca) o acquistate da capitali stranieri,
e di non aver steso una rete di protezione adeguata per le piccole imprese.

Il secondo rilievo riguarda i rischi di rendere “perenne” l’assistenzialismo di Stato che ha consentito oggi di attenuare la crisi economica da Covid-19.

E sarebbe un errore gravissimo, secondo Visco, dato che 10 euro spesi per sostenere i redditi ne danno solo 5 di ritorno,
mentre al contrario se la stessa cifra viene impiegata in investimenti genera un moltiplicatore che va da 0,5 a 2,
per cui si arriva fino a raddoppiare la somma investita.

Per una resa immediata, sostiene Visco, vanno finanziati i Comuni per far ripartire l’economia delle opere pubbliche
e occorre poi cambiare il peso fiscale sui settori dell’economia.

Questo perché oggi i redditi da lavoro costituiscono il 47 per cento del Pil mentre invece i meccanismi attuali del welfare
si basano su logiche contributive passate quando quel peso era pari al 70 per cento!

Chiaro il rimedio?
 

Val

Torniamo alla LIRA
Partiamo dalle cose semplici: ogni forma di discriminazione è, prima di tutto, un’idiozia.

In sé, differenziare il trattamento riservato a cose o persone, non è sempre e necessariamente sbagliato.

Anzi: pensandoci meglio, tutta la nostra vita si basa su scelte che finiscono con l’agevolare una soluzione rispetto ad un’altra.

Dove sta, allora, il vizio da rimuovere a tutti i costi, addirittura imponendo divieti corroborati da temibili sanzioni penali?

Sta nel fatto che noi riteniamo ingiuste soltanto le discriminazioni che ci paiono – ho detto:
ci paiono, non “sono”, perché, vedremo, essere obiettivi è impossibile – irragionevoli o immorali.

Qui, cominciano i guai.


Sulla ragionevolezza, infatti, possiamo discutere. Sulla moralità, no.


Irragionevole, ad esempio, è assegnare una cattedra universitaria ad un analfabeta, perché, in questo
, non è vero che “uno vale uno”. Una base oggettiva, sotto questo profilo, è individuabile.


Il giudizio fondato su valutazioni etiche, invece, è pericoloso.
Forse, è perfino peggiore della discriminazione che tanto ci fa inorridire.


La spiegazione? Eccola qui.


Fa inorridire perché si fonda su categorie che nascono da giudizi opinabili, tutt’affatto oggettivi e suscettibili di molte interpretazioni.

Fa inorridire perché, trasformando in illecito penale dei semplici giudizi di disvalore, selezionati da chi scrive la legge,
apre le porte ai Tribunali etici, quelli in cui i fatti sono misurati sulla scorta dei giudizi etici.

E si traduce in una forma di discriminazione ancora più insidiosa.

Senza rendercene conto, stiamo scivolando nell’oscurantismo più cupo;
stiamo diventando come coloro che vorremmo contrastare.

Ma, soprattutto, stiamo diventando irragionevoli.


La mia battaglia contro i reati di opinione, a questo punto, è persa.


Hanno vinto i cretini.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Prima o poi doveva capitare e, in verità, non siamo nemmeno particolarmente sorpresi.


Tuttavia, fa un certo effetto ascoltare le parole del giudice Amedeo Franco,
relatore nel processo in Cassazione in cui è stato coinvolto l’allora senatore – e capo dell’opposizione – Silvio Berlusconi,
dichiarare che la condanna per frode fiscale nei confronti dell’ex presidente del Consiglio

«…Sia stata guidata dall’alto alla Procura Generale e al primo presidente…Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone, questa è la realtà».


Fa un certo effetto, altresì, ascoltare il “rumoroso” silenzio degli avversari politici (anche se nel caso di Berlusconi sarebbe più corretto definirli nemici),
colpiti al basso ventre dall’audio di Franco che ha smascherato (ce ne fosse stato bisogno) la logica postribolare e corporativa alla base del mercimonio
in grado di fondere gli interessi esistenti tra politica e magistratura, al fine di destabilizzare le fondamenta democratiche del Paese.


Perché ormai pare abbastanza chiaro: dove manca il consenso elettorale giungono in soccorso le toghe politicizzate,
autorità (con la a minuscola) capaci di eliminare, da posizione privilegiata, il leader dell’opposizione in Parlamento.


E, in generale, dovrebbe far ancor più effetto, a noi banali cittadini-elettori, constatare che, alla manovra di “palazzo”,
pare abbiano partecipato pure alcune cariche importanti del Paese, quelle, per intenderci,
che la democrazia dovrebbero tutelare e difendere e non scavalcare per interessi di bottega.


Se l’affaire Palamara, impostato in modo tale da essere aggiustato carsicamente, a fari spenti,
ha svelato invece l’avvilente spettacolo offerto da una compagnia di avanspettacolo, incardinato sul favoritismo spicciolo e sulla spartizione delle nomine,
l’audio del relatore nel processo in Cassazione contro Berlusconi, mina alla base la credibilità di una magistratura,
apparentemente più imbrogliona che super partes, ormai nuda di fronte all’onore perduto.

Non fa effetto, invece, osservare come i complici di allora, mi riferisco a certa stampa che sull’antiberlusconismo ha costruito un discreto successo,
si presentino nuovamente, allineati e coperti, spinti solo dall’urgenza di derubricare a bagattella le “rivelazioni” del giudice Franco.

Anzi, non potendo contestare l’autencità delle parole, si son prodigati al solo scopo di screditare la figura di Franco, finito,
insieme con l’editore Antonio Angelucci, in un’indagine del Nas dei Carabinieri, di cui vi risparmio il retroscena pecoreccio.



Spetterà ad altri verificare se, come sostiene uno dei legali di Berlusconi, Niccolò Ghedini, l’audio di Franco «È la prova che i magistrati erano prevenuti».


Tuttavia, appare evidente il motivo dell’incontenibile soddisfazione di chi ha guidato il “plotone d’esecuzione” contro Berlusconi,
militanti in servizio permanente effettivo, prestigiatori del magheggio, ora in forte imbarazzo.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il razzismo non c’entra assolutamente nulla, perché episodi come quello che ha portato alla morte di George Floyd
ne sono capitati anche durante la presidenza Obama ma, guarda caso, con reazioni mediatiche opposte rispetto a quelle riservate a Trump.


Poi non fa nulla se la questione razziale è stato uno dei più clamorosi fallimenti della presidenza Obama
e se per gli afroamericani Trump ha fatto più di chiunque altro (prima del Covid l’indice di disoccupazione degli afroamericani era ai minimi storici) in termini concreti, non a parole.


Il principio è quello del pregiudizio, il marchio a fuoco che viene impresso nelle carni vive di chiunque osi non standardizzarsi.

Anche perché chi siamo e ciò che siamo lo dimostriamo ogni giorno attraverso i nostri comportamenti nei confronti del prossimo
e della comunità in cui viviamo, non certo a chi s’illude di poter dispensare patenti di legittimità alle opinioni altrui.


Se non ti inginocchi sei razzista. Punto.

La sentenza, definitiva e inappellabile, è del Ministero della Verità di cui fanno parte ampi strati di establishment e media mainstream che,
dopo i disastri collezionati nell’ultimo ventennio, fanno oggettivamente fatica a difendere l’indifendibile,
visto che hanno praticamente annientato la classe media riducendone al lumicino potere d’acquisto e qualità della vita.


Quindi, cos’hanno pensato?

Di mettere fuorilegge le idee di chi la pensa diversamente da loro, censurando qualsiasi forma d’espressione
che osi non omologarsi ai dettami lessicali e comportamentali imposti dal pensiero unico al quale ci vorrebbero tutti assoggettati.

Insomma, applicano alla lettera i peggiori atteggiamenti dittatoriali presentandoli sotto le mentite spoglie di democrazia e verità.


Vivaddio, però, che il mondo è popolato da una maggioranza perlopiù silenziosa,
ma non per questo disinteressata o non capace di dissentire quand’è il momento giusto per farlo.
 

Val

Torniamo alla LIRA
La battaglia sul MES, se non si fosse capito, ha una valenza puramente simbolica: 30-40 miliardi sono briciole a fronte delle necessità di finanziamento dell’Italia,
e comunque parliamo di una cifra che un paese come il nostro, in regime di sovranità monetaria, non avrebbe alcun problema a reperire sui mercati
o direttamente dalla propria banca centrale a tasso zero.


Anzi, anche oggi, con l’euro, l’Italia potrebbe tranquillamente reperire quella stessa cifra sui mercati
(per quanto al tasso più penalizzante fissato dalla BCE, ma questo fa ovviamente parte del disegno):

basti ricordare che a una recente asta dei BTP quinquennali, il tesoro ne ha emessi 14 miliardi a fronte di una richiesta di più di 100 miliardi.

Ci sarebbe bastato soddisfare la richiesta che c’era per avere da subito più liquidità di quella offerta dal MES.




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E allora perché il governo non l’ha fatto?

Perché altrimenti tutta la narrazione sul MES sarebbe crollata.

Il messaggio che si vuol far passare – “il futuro della sanità pubblica italiana dipende dalla linea di credito del MES” –
è quello secondo cui l’Italia sarebbe spacciata senza l’aiuto finanziario dell’Europa.


Come abbiamo visto, non è affatto vero.

Anche col cappio dell’euro, l’Italia potrebbe tranquillamente reperire quei soldi – proprio perché sono relativamente pochi –
con le normali aste collocamento dei titoli di Stato; e a maggior ragione potrebbe farlo
– a tassi di interesse molto più convenienti e senza subire il ricatto della BCE – nel momento in cui recuperasse la propria sovranità monetaria.



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Ma questo il popolo non deve capirlo.

Oggi, nel momento in cui il consenso nella popolazione italiana per l’euro e la UE è ai minimi storici,
è fondamentale per le oligarchie economico-finanziarie nostrane – di cui il PD è il braccio armato politico –
rinsaldare l’ideologia del vincolo esterno, secondo cui l’Italia sarebbe spacciata senza l’Europa,
quando ormai dovrebbe essere chiaro che è vero l’esatto opposto.



Il dibattito sul MES – orchestrato ad arte, come detto, attraverso un’asfissia finanziaria auto-indotta dal governo – serve solo a questo.

Non ha nulla a che vedere con i soldi in sé, e men che meno, ovviamente, con la salvaguardia del sistema sanitario nazionale,
picconato proprio dal PD, su richiesta dell’Europa, nell’ultimo decennio.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi circa le reali intenzioni dell’Unione Europea rispetto al destino dell’Italia,
lo studio del cosiddetto Mes pandemico o Mes light dovrebbe fugarli tutti.

La reale intenzione è infatti quella di commissariare l’Italia.

Germania, Olanda e tutti i paesi del nord vedono nell’Italia un fattore di rischio strutturale per la stabilità finanziaria del loro Euro,
e commissariarla è l’unico modo per entrare nel Tesoro italiano e costringerci ad una ristrutturazione.




Ma l’Italia è un grande paese, nonostante gli attacchi politici e culturali dell’establishment collaborazionista,
l’Italia ha ancora una spina dorsale da grande nazione.

E una grande nazione non si fa commissariare tanto facilmente, e anzi dinanzi alle invasioni antidemocratiche dell’Unione Europea prima o poi reagisce,
e il voto del 4 marzo 2018 non è che la reazione chiara, forte e compatta del popolo italiano contro il decennio di austerità
e di tagli salariali che la struttura economica dell’Eurozona ha imposto alla nostra nazione.


E quindi cosa fare?

Si chiedono continuamente gli alti burocrati europei.

Cosa fare per far accettare all’orgoglioso popolo italiano un commissariamento?

La risposta proviene da ciò di cui si sta parlando nei media di regime: il cosiddetto Mes light, o Mes pandemico,
vale a dire la nuova linea di credito creata dal Meccanismo Europeo di Stabilità per aiutare i paesi in difficoltà a causa della pandemia.



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Studiare questa nuova linea di credito ti fa comprendere molto più dell’antidemocraticità dell’Unione Europea che mille libri sul tema.

Questa nuova linea di credito è infatti strutturata su un’opacità giuridica disarmante,
su un’ambiguità di riferimenti normativi e su una sovrapposizione di fonti diverse e confliggenti.

Insomma, è fatta in modo per cui non solo il normale cittadino ma anche un governo sovrano non potrebbe affermare con certezza
di aver compreso il suo reale funzionamento e le conseguenze sulla sostanzialità della sovranità democratica.

E si sa che quando non si capisce un contratto, anche tra privati, è meglio non firmarlo.


Ma come capiremo quest’ambiguità non è affatto un errore, ma è una strategia per ingannare il popolo italiano
e convincerlo a fare richiesta di accesso al Mes pandemico; è cioè il modo antidemocratico, paternalista, truffaldino e oligarchico
per far confluire la vita politica italiana in un gorgo di commissariamento e ricatto decennale.


Le “fonti” su cui è possibile studiare il Mes pandemico, o in termini tecnici il “Pandemic Crisis Support” sono principalmente tre:

la dichiarazione a margine dell’Eurogruppo dell’8 maggio 2020,

la proposta di linea di credito pubblicata il 15 maggio dal direttore del Mes, il tedesco Klaus Regling,

e la lettera inviata dai commissari Gentiloni e Dombrovskis all’Eurogruppo.



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La prima cosa che forse si può subito notare è che nessuna di queste fonti ha il rango giuridico del trattato istitutivo del MES
né del regolamento 472/2013 che disciplina la sorveglianza rafforzata della troika.


Cosa significa questo?

Che queste fonti normative vengono lasciate esattamente come sono, e nessuno le modifica.

La parte sulla condizionalità, sull’austerità, sul commissariamento, sul programma di aggiustamento macroeconomico,
sul potere del Consiglio di poter modificare il programma quando vuole, e tutte le altre belle cose che abbiamo imparato a conoscere
del Mes guardando gli orrori della Grecia, non vengono modificate di una virgola.


Già questo dovrebbe farci allarmare:

ci viene insomma detto che il Mes pandemico è tutta un’altra cosa rispetto al Mes tradizionale,
ma le fonti normative su cui è regolato il funzionamento non vengono toccate, come chiarisce anche il punto 3 della dichiarazione a margine dell’Eurogruppo
(“Le disposizioni del trattato MES saranno rispettate”).


Ma ammettiamo anche che la letterina inviata dai due simpatici commissari abbia valenza giuridica,
ammettiamo cioè che il tentativo dell’UE non sia proprio una truffa legalizzata (tentativo che a livello strettamente giuridico non è così gratuito fare),
e leggiamo cosa ci dice il nostro “amico” Gentiloni.

In quella lettera, la Commissione “dichiara” che sotto le circostanze della pandemia non attiverà dei controlli
che grazie al trattato MES e al regolamento 472 del 2013 poteva esercitare.
Senza entrare nel merito, la Commissione rinuncia ad alcuni poteri di commissariamento che aveva nei confronti dei paesi in difficoltà.

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Ma qui ci sono almeno due obiezioni da compiere, una di metodo e una di merito.

Va detto intanto che la Commissione non rinuncia a tutte le sue prerogative.

In realtà, la sorveglianza rafforzata esiste e viene applicata agli stati membri.

Certo, diranno gli euristi convinti, questa sorveglianza riguarderà solo l’uso di questi fondi,
ma in realtà la stessa Commissione non sospende il comma 1 e 2 dell’articolo 3 del regolamento 472
che disciplina proprio i poteri della Commissione sul paese membro in cui si parla di
“misure atte a eliminare le cause, o le cause potenziali di difficoltà”.



Come la Commissione eserciterà questo potere non è dato sapere; ciò che è certo è che nella letterina i due commissari non rinunciano a questo potere.

Inoltre, tra i tanti punti che la Commissione si “dimentica” di disattivare c’è l’articolo 14 del regolamento che parla esplicitamente della sorveglianza post-programma.

Ora gli euristi ci diranno che in realtà la Commissione ha sospeso l’attivazione dei commi 2 e 4.


Ma se a matematica andavo bene, tra il 2 e 4 esiste il comma 3, e prima del 2 c’è il comma 1, che chissà come mai la Commissione non disattiva.

Qui si dice, in sostanza, che la Commissione ha il potere di commissariare il paese fino a che non avrà rimborsato il 75% dell’assistenza finanziaria,
periodo che può essere prorogato dal Consiglio Europeo sotto proposta della Commissione.

Questo significa che per almeno 7-8 anni, la Commissione avrà il potere di ficcare il naso nei bilanci italiani.



Inoltre, la disattivazione del potere della Commissione di imporre misure correttive, vale a dire il comma 4 dell’articolo 14 e il comma 7 dell’articolo 3,
vengono disattivati solo “under the circumstances of the COVID-19 crisis”.

Questo significa che quando la crisi pandemica sarà esaurita, la Commissione potrà riutilizzare tutti gli strumenti a pieno di commissariamento e austerità che conosciamo.

Perché nessuno dei nostri giornaloni solleva mai questo punto, almeno come domanda?


Ma ammettiamo anche che questa lettera abbia valenza giuridica, e ammettiamo anche che i nostri dubbi siano perplessità di un sovranista impenitente,
andiamoci a studiare come sarebbe questa meravigliosa nuova linea di credito.

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I punti su cui direzionare la nostra attenzione sono almeno due.

Inizialmente, i fantomatici 36 miliardi possono essere spesi solo per le spese sanitarie dirette e indirette.

I nostri fan euristi insistono molto su quelle indirette, sperando che possano rientrare praticamente tutte le spese che vorrebbe fare.

In realtà, come già in parte spiegato dal documento pubblicato il 15 maggio sul sito del MES,
sembra che l’aggettivo indiretto sia comunque limitato a ciò che concerne la spesa sanitaria.

Va soprattutto ricordato che questi fondi non sono strutturali ma sono una tantum, e quindi non potranno essere usati per assumere personale,
pagare i ricercatori, aumentare gli stipendi agli infermieri, etc, o per rilanciare strutturalmente la sanità.


Considerando che, almeno per ora, l’emergenza sanitaria vera e propria sembra fortunatamente essere conclusa,
non si capisce come questi fondi potrebbero essere spesi.

L’emergenza oggi è economica e sociale, e i fantomatici fantamilioni del MES non potranno in alcun modo esserci utili.


Se questo non bastasse, c’è un altro punto, forse il più dirimente, e che per questo non viene mai toccato,
che riguarda il potere che ha il Meccanismo Europeo di Stabilità di imporre lui stesso misure correttive al paese beneficiario.

Parliamo dell’early warning system, che né la letterina di Gentiloni e Dombrovskis né la dichiarazione a margine dell’Eurogruppo sospendono,
ma che anzi la seconda addirittura conferma (punto 5 della dichiarazione).

Come spiega molto chiaramente il trattato del MES, l’istituto ha il potere di verificare la sussistenza di rischi per il ripagamento del credito, e nel caso di imporre azioni correttive.


Nel caso cioè in cui il MES vedesse il rischio di non vedersi restituito il credito può cioè commissariare egli stesso il paese, imponendogli misure di austerità.

Ovviamente, l’Italia con un debito/PIL che si appresta a sforare soglia 160%, può in ogni momento essere vista come potenzialmente non solubile.

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Stiamo cioè dando ad un ente non democratico e intergovernativo, fuori dai confini dell’Unione Europea, il potere di commissariarci da un momento all’altro.

Certo, ci diranno gli euristi, serve l’unanimità, ma come abbiamo visto nel caso della Grecia,
un paese con la pistola puntata alla tempia può votare anche contro il proprio interesse.

La letterina della Commissione è quindi l’esca per far credere al popolo italiano che non esistano più condizionalità.

Questa letterina è in realtà piena di trappole e contraddizioni, che non vengono mai del tutto chiarite.

Ammettendo poi che questa lettera sia valida giuridicamente nella modifica di un trattato intergovernativo,
tutti i documenti confermano il potere del MES di attivare l’early warning system e di imporci misure di austerità.


Tutto questo senza considerare che i crediti MES sono privilegiati e sono concessi in una giurisdizione straniera, e quindi non sono soggetti alla Lex Monetae.

È chiaro quindi che l’accesso al MES tanto caldeggiato dall’establishment politico, economico e culturale
non è nulla che un mezzo per assicurarsi il governo pilotato dell’Italia, che come sempre richiederà anche dei funzionari di partito che eseguano i diktat europei.

Stiamo cioè dando un’arma in mano ai burocrati europei e ai leader stranieri di attivare questa morsa quando loro lo riterranno più opportuno,
e se magari al governo andrà un esecutivo non troppo europeista,
la Commissione potrà sempre minacciare di riutilizzare tutti i poteri che, sotto le circostanze del Covid-19, ha sospeso.
 

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