La Neue Sachlichkeit e il Realismo Magico (1 Viewer)

baleng

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Sono due correnti nate negli anni 20 in Germania e in Italia. Ho attraversato il loro terreno trattando recentemente di Donghi.
Nuova oggettività - Wikipedia
Realismo magico - Wikipedia
Dice Wikipedia sulla prima che
volevano osservare le cose concrete con amara acutezza e con una lucidità descrittiva quasi glaciale, usando l'arte come un'arma, come un freddo specchio teso alla società malata e corrotta
In Italia, invece
Questo movimento rifiutò i risultati delle avanguardie storiche per rifarsi alla tradizione nazionale, prendendo particolare spunto dalla tradizione figurativa della classicità rinascimentale italiana del Trecento e del Quattrocento. I tratti di questa corrente, soprattutto nei suoi esiti in Italia, sono di una resa della realtà precisa, curata nei particolari e ben definiti nello spazio; lo scenario è immobile, incantato, immerso in una magica sospensione; i personaggi vivono una situazione di classicità assorta e spesso dall'effetto inquietante
.

Ho osservato un certo qual parallelismo tra l'atteggiamento di questi artisti e quello dei naïf . In sostanza si tratta del lavorare sui soggetti con una certa minuzia analitica che si veste di realismo, ma porta ad un sostanziale irrealismo.
Ciò avviene perché "nella vita l'occhio riconosce il soggetto non stando fermo come una macchina fotografica, ma compiendo continui movimenti. Pertanto l'immagine unitaria viene ricomposta secondo strutture gerarchiche, cioè a seconda di come si sia soffermata l'attenzione.
In tal modo, ognuno vede la stessa cosa in modo differente, e l'unicità di visione della fotografia è non tanto un falso, ma una illusione, in quanto a sua volta la fotografia verrà letta in modo diverso da ogni occhio di spettatore, fatta salva la perdita della terza dimensione.
Infatti, gli autori di caricature, o di fumetti, sanno come sintetizzare un volto o una figura perché conoscono, ovvero si figurano, quali percorsi facciano in generale gli occhi degli spettatori. E li guidano anche utilizzando la propria personalità."

Anche con i naïf abbiamo un trattamento analitico dei soggetti.
Per analizzare, anatomizzare, si deve isolare e dividere.
Questo propone allo spettatore non un percorso guidato, una strada, ma una specie di paesaggio lunare, una landa in cui è difficile orientarsi. E dove paradossalmente il solo modo di orientarsi, cioè di creare una gerarchia dei moti attenzionali, sta proprio nel riconoscimento del soggetto.
Riconoscimento che allora non è più un risultato coincidente con l'osservare, ma una premessa indispensabile per cominciare a leggere artisticamente.

Voglio dire:guardo il David di Michelangelo ed egli si inserisce nello spazio come figura armoniosa, anche se ... fosse un cane.:rolleyes: Ma con le figure in qualche modo deformate, irrigidite, il riconoscimento previo del soggetto ("si tratta di un cavallo, si tratta di Mussolini") è indispensabile per capire il "tono emotivo" del quadro.

Al di là di questa tecnica comune, sta poi la capacità del singolo artista di lanciare altri segnali, di cui forse potremo parlare insieme nei prossimi giorni settimane mesi ... Infatti il mio interesse nell'aprire il 3d non è di natura storica (c'è ben altro per questo) ma tende alla comprensione degli strumenti in mano agli artisti delle due correnti.
 
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baleng

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Potremmo forse tirare in ballo anche i famosi 2 cervelli, destro e sinistro, l'uno legato all'arte, e alla musica, l'altro legato alla scrittura, sia in senso fisico che concettuale.
Sempre utilizzando come cavia la pittura naïf , si nota costantemente una interferenza del cervello sinistro in quella che è la disposizione nello spazio.
P1020874.jpg

da Chantal Maurer peintre naïf

Questa interferenza va intesa così: il cervello destro vede uno spazio con dei corpi e prima ancora di riconoscerli percepisce che queste presenze mutano lo spazio, come una colata di fango o cemento modifica lo spazio di una stanza.
Il cervello sinistro, invece, enumera gli elementi che trova, riconoscendoli uno ad uno, e dice: qui c'è un cavallo, che cos'è un cavallo? bestia con criniera 4 zampe collo lungo ecc., cioè deve sapere che cos'è quello che vede. Perciò nel quadro qui sopra non abbiamo tanto un prato "visto" ma un prato "ricostruito" in base alla conoscenza che è verde (ecchiloqqquà) e pieno di fiori (aspetta che ne metto un certo numero).

Nelle case e nel campanile ciò significa che il modello in testa al pittore viene stiracchiato sino a rappresentare una casa e un campanile ancora assai come concetti più che come visioni (si veda appunto il campanile nel quadro della Maurer qui sopra).
Il concetto viene storicamente appreso prima, addirittura è innato, o quasi, comunque non necessita di verifica sul reale da parte del bambino, e parte dalla testa (che nel bambino è la parte più fisicamente sviluppata), mentre la visione [naturalmente semplifico anche troppo] si evolve negli anni e inizia ad essere matura dopo i 14 anni, apparendo dunque in relazione con lo sviluppo del corpo dal collo in giù.

Pertanto non è che il bambino non sappia riprodurre la realtà: è che in certo senso non se ne cura proprio.Immerso com'è (quando deve agire) nel suo mondo di archetipi (mentre passivamente sa distinguere tutto benissimo, e questo è importante) non è che non veda il reale. E' che, quando passa a raccontarlo in figure con la sua mano, quando muove la sua volontà, sono gli archetipi, i concetti quelli che si attivano, non la memoria visiva. Perciò egli, pur vedendo il reale, riproduce piuttosto quel che pensa e non quel che vedono gli occhi).

Non che il naïf sia un bambino, ma anche se si tratta di un muscoloso barbuto egli mette in atto le suddette categorie di conoscenza piuttosto che quelle della visione spaziale.

Infine, un meccanismo simile lo troviamo nel Realismo Magico.
A differenza di De Chirico, il metafisico, (che gioca sulle strutture dello spazio e poi in esse fa riconoscere oggetti inattesi creando uno straniamento sia spaziale che concettuale), Edita Broglio, in queste "bottiglie", che fa?

Edita-Broglio-Bottiglie-1927.jpg
Permette appunto l'interferenza tra i due cervelli.
In questo quadro, se cerchiamo uno spazio non ci ritroviamo bene, però riconosciamo i singoli elementi, non sono fuori posto, sono analizzati uno ad uno, spiegati uno ad uno: tuttavia lo spazio globale che ne risulterebbe è conflittuale. Il pittore (-trice) non ci conduce per mano ad una visione, ma ad una pluralità di conoscenze. Gli archetipi e le conoscenze del reale interferiscono con la visione globalizzante del cervello destro.

Questo però è un esempio estremo, perché qui la parte dominata dal cervello destro rimane comunque assai ampia. Si tratta di una composizione dove l'armonia è maggiore che nella maggior parte delle opere di questa corrente.

Già nelle donne per le scale di Donghi troviamo due lavori paralleli da parte dei due cervelli. Si provi a contare qualsiasi cosa teste, righe, scalini ... sempre avremo un numero netto, preciso, due, tre, due, quattro ... rispondendo alle necessità di organizzazione numerica del cervello sinistro (che è quello che guida la mano destra). Ogni singolo elemento è descritto e analizzato per sé, questo distacco tra le figure è ovvio ed evidenziato. Però contemporaneamente

Donghi donnexlescale.jpg
l'artista fa rivivere un mondo classico amato e studiato, questo mondo si esprime proprio come spazio (e come colore) unitario, roba da cervello destro, temperando cioè la tensione delle singole analisi. Pertanto non siamo nel naïf pur utilizzandone alcuni elementi.

PS ultimamente si propone di parlare di cervello superiore, che sta sopra, e cervello inferiore, invece che di destro e sinistro..
Ma a noi qui interessa il modo di operare, non l'anatomia soggiacente. Lo spezzettamento della visione in singole analisi, poco in accordo con la realtà normale della visione, costringe l'occhio a soffermarsi in modo inusitato, diverso dal normale. L'occhio si sofferma più spesso, si incanta, rimane incantato ... ed ecco appunto l'incantesimo, il magico che saltano fuori.
Ed ecco pure perché il rievocare la classicità, v. Donghi, può temperare questo effetto: infatti la classicità porta alla sintesi, e così contrasta il procedimento analitico.

Alla fine, comunque, tra analisi e sintesi non vi è armonia, ma conflitto; di qui spaesamento e persino disagio per lo spettatore.
 
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baleng

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Usualmente per la critica a fine 800 si distinguono due direzioni per la pittura.
La direzione verso la pittura della realtà, oggettiva, che è quella dell'Impressionismo, che va dagli occhi al cuore.
E quella dell'Espressionismo, dal cuore alla tela, dove viene espresso quanto sta "dentro", con poco riguardo al rispetto delle forme che stanno là fuori. Dove si porrà allora la Neue Sachlichkteit tra questi due filoni?

L'estrema attenzione ai particolari presente nella maggioranza di questi pittori e sentita come qualificante dello stile N.S. porterebbe incredibilmente sulla sponda dell'Impressionismo, e questo pare assurdo. In realtà, infatti, vediamo tutti come i tipi e i caratteri distintivi dei soggetti vengano, soprattutto in questo filone tedesco, sottoposti a tensioni e deformazioni tipicamente espressionistiche.

Uno potrebbe cavarsela parlando di compromesso, dicendo che N S si mette "a mezza strada" ecc. Ma io aggiungerei che, oltre che allo scegliere tra il riflettere la realtà esteriore (A) o riportare quella interiore (B), esistono altre possibilità (C).

Per esempio il rifiuto stesso dell'atteggiamento artistico come "elevazione", sublimazione di una realtà. Si può fare il contrario :prr:, si fa vedere una realtà descritta minuziosamente senza accettarne il senso, rifiutandola, e nel criticarla, abbassandola, lasciando dunque un po' indietro l'esigenza artistica per favorire quella discorsiva..
La necessità di una critica sociale (roba da cervello sinistro) prevale su altre più estetico-artistiche (cervello destro) e la narrazione diviene di conseguenza momento fondamentale. Ancora una volta il riconoscimento del soggetto favorisce un rapporto di contenuti (ctitica, rifiuto ...) piuttosto che quello neutro e formale delle masse e delle superfici.

La realtà viene semplicemente ... rifiutata (nel senso di criticata/respinta/aggredita). Non resa oggettivamente, né resa soggettivamente, ma aggredita, con un movimento "da dentro a fuori", proprio come nell'Espressionismo, ma stavolta con un oggetto esterno cui rivolgersi
Tuttavia, non essendo l'aggressione realmente possibile, com'è ovvio, essa si scarica nel ghigno amaro e deformante della caricatura.

In Italia tale scelta non è mai totale, anzi, appare episodicamente, in quanto la tradizione classica dell'opera seria e soltanto bella mal sopporta gli inciampi del quotidiano e della lotta sociale non "vista" dall'arte, ma "fatta" dall'arte.

In Germania e limitrofi, invece, non si cerca tanto l'ispirarsi al bello esteriore, quello può "venire dopo", ciò che conta è comunicare un giudizio. Non che il tormento dei demoni interiori porti automaticamente a riferirsi all'Espressionismo: esso appare, per esempio, anche nell'ambito del Simbolismo.

Nel caso dell'Italia la parola "Classicità" evoca invece la monumentalità piuttosto che la narrazione, o, faccio notare, il significato collettivo al posto dell'individuale. Sono aspetti che correggono la durezza dell'ispirazione mitteleuropea e tendono a portare ciò che là era cronaca a livello di Storia, mettendo l'aspetto della critica in secondo piano. Peraltro nemmeno nascondendolo, ma solo smussandolo assai.

Se poi nel monumentale si vede un'altra polarità ancora, quella dell'agire collettivo, ecco segnata una terza via: la strumentalizzazione dell'arte verso fini eterodossi. Ma questo, nel secolo della pubblicità, non può scandalizzare, né bastare per crearsi uno stile. Oltre ad accettare nello sguardo (Impressionismo) o (vs) esprimere con lo sguardo (espressionismo) vi è dunque ora il rifiutare attraverso lo sguardo, caratteristica di questo NUOVO REALISMO, sia Neue Sachlichkeit che Realismo Magico.
Inoltre è sempre esistito il momento celebrativo, che si può sovrapporre (meglio o peggio) ai differenti stili. Significa in sostanza esporre il soggetto al suo meglio e senza dubbi. Certi paesaggi parigini di Monet riescono monumentali pur se creati con uno stile che al monumentale poco si presta.
Poiché questo aspetto (monumento) stride al massimo con lo stile iperanalitico (distruttivo) di, per esempio, un Donghi, ecco perché il suo Mussolini a cavallo non sia, per dirla così. né carne né pesce, e solo qualche preciso richiamo a Paolo Uccello tenda a spostare l'equilibrio a favore della monumentalità.

Nall'Impressionismo la dialettica si pone tra bello e brutto. Nell'Espressionismo tra buono e cattivo. Nei due movimenti qui seguiti (NS e RM) tra vero e falso. L'artista rifiuta la menzogna (per es. rispetto la presunta felicità della borghesia donghiana) e la sua critica si esprime attraverso l'analisi.

Se poi vogliamo persino l'opposto di questo, si può pensare alla monumentalità di regime, che glorifica il potere (fine eterodosso) semplificando e usando la classicità come espediente comunicativo (come nell'arte ufficiale del Ventennio).

Qui la polarità non vive più in campo estetico, morale o filosofico. Qui semplicemente il fine eterodosso è l'annullamento del dubbio, entra cioè nel campo della Religione, ora metamorfosatosi in quello dello Stato visto come oggetto di adorazione. In Italia la monumentalità sintetica con echi classici fu dunque un freno per la critica analitica e dubbiosa quale poteva essere quella della Neue Sachlichkeit.

Un tipico compromesso tra i due poli appare allora, come anticipato poco fa, il ritratto di Mussolini a cavallo del Donghi, dove l'analisi fredda e respingente del soggetto non si fonde certo completamente con l'intenzione celebrativa della classicità, che viene rievocata ma non risolta.




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Heimat

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Grazie Baleng.
Queste sono lezioni d'arte e ti sono grato se tu potessi continuare in queste tue profonde disamine. A me personalmente mancano, per carenza culturale, le argomentazioni, per dibattere a queste tue notazioni. Trovo però degli spunti per riflettere e trovare delle connessioni con le mie conoscenze in merito.
Grazie.
 

baleng

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Grazie Baleng.
Queste sono lezioni d'arte e ti sono grato se tu potessi continuare in queste tue profonde disamine. A me personalmente mancano, per carenza culturale, le argomentazioni, per dibattere a queste tue notazioni. Trovo però degli spunti per riflettere e trovare delle connessioni con le mie conoscenze in merito.
Grazie.
Ciao, non sono lezioni, ma, sinceramente, ricerche personali. Tanto che voglio postare anche un riassunto semplificato dei risultati sennò, come giustamente noti, il dialogo si raggela e diventa un monologo.
 

baleng

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Allora, una sintesi (sì, mi scuso per aver complicato le cose, ora vorrei semplificare).

Di fronte alle opere di queste 2 correnti si prova anche un certo disagio.
Esso è dovuto ad un particolare modo di operare di questi pittori.
In pratica,invece di guidare con una sintesi personale l'occhio dello spettatore verso una lettura dell'opera, essi in parte destabilizzano lo spettatore portando l'attenzione sui particolari e sovvertendo così le normali relazioni della visione legate alle leggi dell'attenzione. Ne deriva quella sensazione di squilibrio, di disagio. Normalmente noi prestiamo più attenzione a certi aspetti di quanto vediamo, mentre scorriamo via più velocemente su quanto consideriamo meno importante. Perciò ci sentiamo contraddetti dal modo di operare di costoro.
Per ottenere tale risultato essi danno maggiore peso all'operare del cervello sinistro, un po' come fanno i naïf, e almeno in parte dipingono basandosi su ciò che sanno e non su quanto vedono.
Così facendo analizzano e spezzettano l'opera: questo modo di fare non è simpatetico, cioè non esprime amore, ma "antipatetico", esprime critica, distanza dal soggetto.
Nelle opere degli italiani (Cagnaccio, Donghi, Casorati) questa "antipatia" viene mitigata dal richiamo alla cultura classica, assolutamente più in relazione con l'uso del cervello destro, anche se non in esclusiva (basti pensare alle scoperte della prospettiva, del numero aureo ecc.). L'analisi critica spezzetta lo spazio, la classicità lo unisce. Resta dunque un conflitto soggiacente. Se però la cultura classica viene strumentalizzata a scopi celebrativi (monumentalità) entra in (stavolta) aperto conflitto con l'aspetto "antipatico" della critica detto prima.

Mi fermo subito prima di complicare ancora. Chiedo di nuovo scusa, ho solo l'attenuante che non sarei stato capace di scrivere queste poche righe chiarificatrici (spero) se non fossi prima passato per quella piccola ma incasinata ricerca, fatta, come si suol dire, direttamente sul campo, a cuore aperto :melo: o, detta meglio, "in corpore vili". :-D
 
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microalfa

Nuovo forumer
Argomento interessantissimo, Baleng, che in parte mi spiega - a posteriori - un giudizio parecchio tranchant che ho dato sulla pittura di Donghi; a mia discolpa onestamente sentito senza pregiudizi..
Volevo chiederti se questa base antipatetica del Realismo Magico è razionalmente voluta dai differenti autori oppure è semplicemente un riflesso dell'epoca e della cultura elitaria nella ricerca di nuove forme - così è stato ad esempio per il Futurismo - che si è prodotta dalla fine della belle époque al secondo conflitto mondiale.

Spesso mi accorgo di fare degli esercizi di maggior notazione, o attenzione, dei secondi piani, dei soggetti secondari, forse istintivamente per godere di un quadro più esteso o più completo. Dici che è grave?
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baleng

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Argomento interessantissimo, Baleng, che in parte mi spiega - a posteriori - un giudizio parecchio tranchant che ho dato sulla pittura di Donghi; a mia discolpa onestamente sentito senza pregiudizi..
Volevo chiederti se questa base antipatetica del Realismo Magico è razionalmente voluta dai differenti autori oppure è semplicemente un riflesso dell'epoca e della cultura elitaria nella ricerca di nuove forme - così è stato ad esempio per il Futurismo - che si è prodotta dalla fine della belle époque al secondo conflitto mondiale..
Vattelapesca decidere delle quote senza una bella ricerca storica di tre mesi. Come vedi, sono piuttosto per la critica operativa che per l'analisi storica.

Comunque, vedo una differenza tra Mitteleuropa e Italia. Però, prima cosa, io credo che sia molto importante lo spirito del tempo.
La guerra aveva mostrato molte bruttezze e distrutto molte illusioni.
Certo, qualcuno anticipò la fine della Belle Epoque, ma negli ambienti artistici già vi era diffuso anche uno stato d'angoscia, non solo festa e bellezza. Per dire, non solo Mucha ma anche Spilliaert (vabbè, così andrai a conoscere quest'ultimo :pollicione: ). Il simbolismo espresse anche angosce!

Perciò la base antipatetica trova sì origine nel lascito della lunga gigantesca Prima Guerra Mondiale, ma poi i destini di Italia e Germania furono inizialmente diversi.
La Germania dovette passare per l'iperinflazione e lotte sociali ed in campo industriale assai dure, l'Italietta era ancora soprattutto contadina. Mentre la Germania distruggeva la moneta l'Italia costruiva il Fascismo.

Perciò la N.S., per restare alla domanda, aggredisce consciamente le immagini (pensa a Grosz) usando volutamente un linguaggio duro e antipatetico; il giudicare, qui, è già un condannare. Nota che anche prima artisti condannavano e giudicavano, ma ancora con un linguaggio legato al bello: Steinlen, Kollwitz, Willette ...Ora quindi la deformazione viene invece eseguita coscientemente ... di riflesso all'epoca (guerra e conflitti).

In Italia l'artista non partecipa ai conflitti sociali, l'idea di arte e bello resta lontana da quella di aggressione. Vero che c'è il futurismo e c'è, ancora dopo la guerra, D'Annunzio, che talora riescono a strumentalizzare l'arte dandole un fine concreto, ma il Realismo Magico resta estraneo a ciò.
Perciò mi pare che gli elementi antipatetici trasudino "caratterialmente", quasi, dall'essere individuale stesso degli artisti, che così esprimono più che altro la loro estraneità alle negatività della vita quale la osservano fuori del loro atelier.

Donghi mi pare ostico alla vita sociale adulta dell'epoca.
Casorati reagisce chiudendosi in malinconie fredde dopo l'iniziale periodo tra simbolismi e liberty, o meglio Sezession.
Cagnaccio guarda alla Milleleuropa ma non rinuncia al comporre l'opera con una calma ancora classica.
Tutti e tre (Casorati un po' meno) propongono il conflitto tra visione analitica (antipatetica) e bellezza (simpatetica) o classicità, ma non ne fanno aperto uso socio-politico quanto i nordici.

Spesso mi accorgo di fare degli esercizi di maggior notazione, o attenzione, dei secondi piani, dei soggetti secondari, forse istintivamente per godere di un quadro più esteso o più completo. Dici che è grave?
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Dipende da come giudichi i guardoni :eplus:
 
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microalfa

Nuovo forumer
Ti ringrazio veramente per l'esaustiva risposta.
Certo, l'arte, così come qualsivoglia espressione umana, deve sempre essere attualizzata, però, a mio modesto parere, fino a un certo punto, con attenzione.
Leggo spesso troppa generalizzazione nel definire l'arte di un certo periodo o addirittura la creazione artificiale di "scuole", di scuderie di artisti, e nel mio umanesimo individualista mi lasciano molto perplesso: ogni artista, che sia definibile come tale, è certamente formato dal suo tempo e latitudine, dalle sue frequentazioni e conoscenze -proprio in questi giorni viene riletta la folgorazione di Dada Maino transitando in tram al Cordusio per un quadro di Fontana - però la sua risposta è sempre autentica e personale.
Sembra quasi che l'informale sia una risposta omogenea di tutta una generazione alla guerra appena conclusa.
D'accordo, ma con linguaggi differenti, quindi sensibilità di risposta, quante sono le teste.
Avrai capito che la massificazione, anche solo un profumo di, mi uccide. Come mi hai ucciso con il freddo glaciale di Spilliaert.

Riguardo ai guardoni, se esprimono curiosità intellettuale molto bene, altrimenti molto male.:)
 

pacorez

Forumer attivo
Che bello Gino ... a quest'ora ammetto che non riesco a leggere compiutamente ma soprattutto a comprendere e analizzare le tue riflessioni!
Grandissima la nuova oggettività -- non è un caso che come immagine profilo avessi scelto la famosa giornalista di Otto dix... ma un terribile mostruoso ritratto rimane anche nella mia mente ...
Self-Portrait, 1927 - Christian Schad
questo.. ripugnante ma attraente e .. orrido e indagatore..
Volevo linkare anche un George Grosz del 1920 ... simil metafisico .. ma sul web non lo trovo!!
 

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