LA MONTAGNA PIU' ALTA RIMANE SEMPRE DENTRO DI NOI (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Dopo l’annuncio sullo SPiegel anche Bloomberg, con un certo ritardo, rilancia la notizia che il ministro delle finanze Scholz
avrebbe predisposto un grande piano di spesa in deficit per controbilanciare la crisi economica in arrivo.

Olaf Scholz ha affermato che “Abbiamo tutta la forza fiscale per fare una politica contro la crisi”ed ha parlato di 55 miliardi di maggiore spesa.
Effettivamente la capacità fiscale ci sarebbe, dato che la Germania potrebbe spenderne bel oltre i 60 miliardi senza superare il 3% del rapporto deficit PIL.

Nonostante questo annuncio i mercati hanno si ripreso un po’ di vita sul bund tedesco,
mandando leggermente in alto gli interessi, ma mantenendoli ben la di sotto dello -0,6%.



Perchè un aumento del debito del 2% quasi del PIL viene a portare un effetto così misero sui rendimenti?

vediamo le cause:

  1. gli operatori danno per scontato che sia un po’ una spacconata che poi la spesa sarà molto inferiore;

  2. i tempi di realizzazione si annunciano lunghi, molto oltre il taglio dei tassi e la ripartenza del QE annunciato dalla BCE per il prossimo autunno,
  3. per cui l’effetto del (poco) maggior debito sarebbe controbilanciato dalla politica monetaria espansiva;

  4. i media conservatori, come la Welt, hanno iniziato a parlare subito del “pericolo del debito”, postando articoli come questo,
  5. e grafici dove mettono in evidenza il debito implicito dello stato, cioè inclusivo del debito della banche statali
  6. A questo poi anno aggiunto il debito previdenziale futuro, senza considerare che se i tassi rimangono negativi
  7. il debito pubblico previdenziale sarà il problema minore, se messo a confronto con la distruzione delle pensioni private dei cittadini tedesche,
  8. investite in titoli di stato a rendimento bassissimo o negativo. Come faceva notare Vickrey nei primi anni novanta
  9. sono le spese e gli investimenti a debito ATTUALI che pagheranno le pensioni future, non il fatto di cumulare risparmio “Per se”.
Aggiungiamo che nessuno pensa di abolire la norma costituzionale del “Freno del debito” che vieta
un indebitamento superiore allo 0,35% del PIL se non in recessione, e rende poco credibile la possibilità di una politica espansiva di lungo termine.

Quindi difficilmente la Grosse Koalitione farà una vera politica espansiva, per capirci come Abe in Giappone o Trump negli USA.

Al massimo un aggiustamento di facciata, magari con qualche spesa sui temi più caldi come l’ambiente.

Quello che fa sperare è che la Grosse Koalitione non sarà eterna: se le elezioni in Sassonia vanno come previsto,
con una massiccia sconfitta della SPD, è probabile che ad ottobre, con il nuovo segretario,
i socialdemocratici facciano saltare tutto per per andare alle elezioni che potrebbero dare una coalizione di governo completamente diversa,
cioè Verdi, SPD e Linke, come quella che governa a Berlino.

Se i Verdi tedeschi non hanno votato la Von Der Leyen un motivo ci sarà….
 

Val

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o tontinelli tontinelli ......

Le parole del vicepremier spagnolo si fanno più chiare:

"La Open Arms non ha voluto andare a Malta - ha affermato la numero due del governo di Madrid -
La Spagna stava lavorando a questo, in colloqui con Malta, però hanno deciso di andare in Italia",

dopo la sentenza del Tar che ha permesso l'ingresso nelle acque italiane, ma non "chiariva se" i migranti potevano "essere sbarcati".

Insomma Madrid tra le righe sottolinea una sorta di piano politico da parte di Open Arms con uno scontro frontale con il governo italiano.

E da Madrid, dopo la proposta di far sbarcare i migfranti a Minorca, arriva un attacco (nemmeno tanto velato) all'ong:

"Abbiamo offerto ogni tipo di aiuto: medico, viveri. Non capiamo la posizione della Open Arms.
Abbiamo offerto il porto più vicino, non possiamo portare i nostri porti in Italia.
Ci rendiamo conto della criticità della situazione per l'incertezza e la disperazione ma una volta che c'è un porto sicuro
e i migranti sanno dove sbarcheranno chiunque capisce che non ci sono problemi".

Parole fin troppo chiare che però vengono ignorate da Open Arms.
L'ong ha prima rifiutato il porto di Algecerias perché lontano sette giorni di navigazione e subito dopo, questa mattina,
ha sostanzialmente rifiutato anche l'ipotesi Minorca che dista tre giorni di navigazione da Lampedusa.

L'unica soluzione su cui, a quanto pare, è disponibile a trattare Open Arms è il trasbordo dei migranti su un'altra nave.
Solo dopo i migranti potranno raggiungere le coste iberiche.
 

Val

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Sta montando una polemica che definisco "ignobile" su questa ricerca di persona scomparsa.
Valutate voi quanto accaduto. Non si può partire per un posto così impervio senza avvisare nessuno.
Non si può.

Dalle 8.57 di venerdì 9 agosto alle 19.30 di domenica 18 agosto. Nove giorni e mezzo per capire, intuire, dedurre, cercare. E sperare. Simon era in fondo a un burrone a mezza costa, sulle alture di San Giovanni a Piro (Salerno). Quanto è sopravvissuto dopo la chiamata d'allarme? Perché è passato così tanto tempo da quella chiamata al ritrovamento del corpo? Su questi interrogativi (compreso quello sulla tempestività dei soccorsi) la procura di Vallo della Lucania ha ora aperto un’inchiesta Proviamo a ricostruire i tempi della macchina dei soccorsi.

Giovedì 8 agosto. Simon, che arrivava da Roma (dove vive) approda a Scario, una frazione di San Giovanni a Piro. È solo, zaino in spalla. Si ferma a comprare qualcosa da mangiare e si incammina verso la spiaggetta della Molara, poco più in là del borgo. Tutto questo, identità compresa, si saprà però soltanto dopo, con le indagini. Per adesso lui è un fantasma fra bagnanti e paesani. Uno dei tanti ragazzi di passaggio bardati da trekking. Ha in mente una lunga camminata per i sentieri alle spalle della frazione ma non lascia detto a nessuno né quale percorso voglia fare né a che ora e da dove partirà il giorno dopo. Una sua amica a Roma sa vagamente che sarà nel Cilento. Nient'altro. E anche questi sono dettagli del dopo. Simon, quindi, va verso La Molara.

Notte fra giovedì e venerdì. Simon ha con sé una tenda. Si accampa alla Molara e passa lì la notte. Le indagini diranno poi che prima di dormire spegne il telefonino per riaccenderlo al mattino dopo. E, sempre con il senno del poi, alcuni testimoni racconteranno di averlo visto in spiaggia, con la sua tenda, il suo zaino in spalla e i suoi capelli legati in un codino.

6.30 di venerdì. Il telefonino si riaccende, forse lui ha programmato la sveglia. In ogni caso: il cellulare si riattiva e rimane acceso, segno che da quel momento in poi lui si è organizzato per affrontare la giornata.

8.57 di venerdì. I carabinieri di Lagonegro, nel Potentino, ricevono la sua prima chiamata di soccorso. Negli istanti precedenti Simon aveva chiamato un'amica ma lei non aveva risposto. Così eccolo al telefono con il 112. Dice di essere francese, che è caduto, che ha le gambe fratturate e che ha bisogno di aiuto. Ma non sa dire niente di utile per essere individuato, non sa dove si trova, anche perché ha perduto il sentiero. Sa soltanto che da lì vede il mare. L'operatore della centrale radio passa la chiamata al 118 della Basilicata perché valuti le condizioni fisiche del ragazzo e avvia nel frattempo le procedure standard per la ricerca del disperso. Si parte da zero.

8.57 di venerdì. L'operatrice del 118 insiste per avere da lui più dettagli possibili. Lui è spaventato, sofferente, a tratti confuso. «La mia mente non funziona, scusa», dice a un certo punto. Alla fine la donna al telefono riesce a ottenere informazioni preziose: a parte il suo nome e cognome il ragazzo dice di essere partito da Policastro, che però sta in Campania, non in Basilicata. E aggiunge che la sua intenzione era andare verso Napoli. Due luoghi che non sono esattamente vicino al punto in cui poi lo hanno trovato ma che certo non c'entrano con la Basilicata. Che fare? Anche l'operatrice avvia le procedure di ricerca usate normalmente dal 118. Tanto per incominciare avvisa il Soccorso Alpino. Non richiama però i carabinieri dai quali aveva avuto la chiamata per informarli delle informazioni ottenute. Anche perché la telefonata è arrivata prima a loro, è logico pensare che lui abbia detto le stesse cose anche al 112.

Pochi minuti dopo la chiamata. Mentre i carabinieri di Lagonegro cercano di localizzare le celle telefoniche, con la sua chiamata al 118 l’operatrice mette in moto la macchina della ricerca del Soccorso Alpino. Primo passaggio: attivare l’Sms locator che non è la stessa cosa della geolocalizzazione via celle telefoniche. L’Sms locator utilizza la rete satellitare, non quella telefonica, e arriva anche dove c’è poco campo. Il messaggio contiene una domanda-link che in sostanza chiede se vuoi essere localizzato. Se si clicca ok si attiva un software che consente al cellulare di copiare le coordinate e mandarle al 118. Ma presuppone una cosa fondamentale: chi lo riceve deve essere cosciente e cliccare su quell’ok. E Simon non apre il messaggio, né risponde a nessuna delle chiamate del 118 o dei carabinieri. Probabilmente ha perso i sensi o, come si saprà solo a corpo ritrovato, non ha più vicino a sé il cellulare che è scivolato più in basso.

Mattinata di venerdì. I carabinieri provano a localizzare Simon tracciando le celle telefoniche e chiedono alla procura di Lagonegro di poter fare indagini più specifiche per cercarlo. Da ovunque sia partita la chiamata, il cellulare di quel ragazzo aggancia più di una cella su territori di più province: Matera, Salerno, Potenza e perfino Cosenza.

Sono 143 chilometri quadrati, qualunque elicottero si alzasse in volo non saprebbe dove cercarlo. Allora si parte con indagini non tecniche: rintracciare amici, genitori, provare a capire cosa volesse fare partendo da Roma. Solo fra la fine della mattina e l’inizio del pomeriggio nel giro di chiamate per scambiarsi informazioni sui soccorsi i carabinieri vengono a sapere dal 118 quei due dettagli preziosi: le indicazioni su Policastro e Napoli dette da Simon nella chiamata all’operatrice ma non in quella precedente al 112.


Venerdì pomeriggio/sera. Con le indicazioni su Policastro si comincia a cercare anche da quel lato della costa mentre dall’altra parte si insiste sui monti attorno a Maratea. Si scopre che le celle telefoniche nella zona sopra Policastro e San Giovanni a Piro agganciano la costa di fronte, la Basilicata. E siccome Simon nella sua chiamata al 118 ha detto confusamente di aver campeggiato, comincia la ricerca nei campeggi. Nessuna traccia ma in ogni caso si comincia a delineare una zona meno vasta dei 143 chilometri iniziali. E nel frattempo il cellulare di Simon si spegne ed è già sera.

Notte fra venerdì e sabato. I carabinieri organizzano battute sui sentieri impervi davanti al golfo di Policastro, con l’aiuto dei pastori e dei cacciatori locali. Ci provano anche gli uomini del Soccorso Alpino e volontari vari. Niente. Simon non si trova.

Mattina di sabato 10 agosto. Di buon’ora parte la richiesta di un elicottero di perlustrazione ai Vigili del fuoco che si attivano immediatamente. Si cerca sulle alture del golfo in una zona molto ampia e piena di burroni, fenditure, sentieri che si perdono su strapiombi. Tutto inutile.

Fra sabato 10 e mercoledì 14 agosto. I genitori di Simon in Francia vengono avvisati del figlio disperso lunedì 12, cioè quasi tre giorni dopo la sparizione. «Perché nessuno ce lo ha detto prima», si chiede adesso Olivier, il compagno della mamma del ragazzo. Emanuele, amico di Simon dice: «Noi invece abbiamo saputo che Simon era disperso soltanto martedì, non prima». Quando dice noi intende il gruppo degli amici e dei coinquilini di Simon, fra i quali la fidanzata di Emanuele. È Emanuele che mercoledì parte per andare nel Cilento a consegnare il computer di Simon ai Carabinieri. Arriva da loro mercoledì pomeriggio. I Carabinieri lo ispezionano e definiscono sempre più la zona delle ricerche, anche grazie agli accessi cronologici ai siti e a Google fatti da Simon. Purtroppo serve tempo e tutti sanno che Simon, ammesso che sia ancora vivo, di tempo non ne ha. Le ricerche nei campeggi si chiudono con un nulla di fatto, nessuna testimonianza diretta. Si alzano cinque droni per perlustrare la costa per molti tratti a strapiombo sul mare, si cercano indizi, si ipotizzano deviazioni. Nessun risultato.

Fra 14 e 17 agosto. Il caso di Simon conquista le prime pagine dei giornali e il tam tam mediatico aiuta le ricerche perché gli uomini del Soccorso Alpino scovano testimoni importanti. Sono persone che lo hanno visto sulla spiaggia della Molara. Lo descrivono, sono attendibili. La sera dell’8 agosto Simon si è accampato e ha dormito lì. Quindi la domanda diventa una sola: quanta strada può aver fatto da quando ha riacceso il telefonino - alle 6,30 - a quando ha chiesto aiuto (alle 8.57)? Si traccia un ipotetico raggio di ricerca. Ci si divide le aree. Intanto i carabinieri visionano i filmati delle telecamere fra Policastro e dintorni: si imbattono nell’immagine di Simon che esce da un negozio dove ha comprato dei viveri. Adesso hanno la certezza: giovedì 8 era in zona.

19,30 di domenica 18 agosto. Il binocolo di uno dei ragazzi del Soccorso Alpino inquadra qualcosa di nero. Sembra un oggetto che non ha nulla a che vedere con la vegetazione della macchia mediterranea. Si manda giù un drone per capire di più e il drone restituisce l'immagine di uno zaino nero. Quello di Simon. Il tempo di calarsi in fondo a quel burrone e arriva la conferma. È lo zaino di Simon, e c'è anche lui.
 

Val

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Val

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Prima o poi, passo dopo passo, la verìtà uscirà.....

Un lavoro di ricerca certosina tra documenti d’archivio e testimonianze dirette, alcuni episodi tristemente noti,
altri persi nel tempo o occultati con dolo da decenni di storiografia parziale e retorica resistenziale.

In tale ottica, la ricerca di una verità che si sostanzia nei dati, senza forzature ideologiche,
è stata riportata da Gabriele Parodi e Paola Coraini in
Chiedi al torrente. Le stragi partigiane in un quartiere della «Grande Genova», Valpolcevera 1943-1945
(Italia Storica, 2019, 190 pagine, 18 euro).

Un saggio scevro da intenti revisionistici – la maggior parte delle prove sono negli archivi della Resistenza,
addirittura nelle dichiarazioni e nei memoriali dei partigiani stessi, proprio per evitare strumentalizzazioni – ma senza edulcorazioni.

In Valpocevera e a Bolzaneto, furono circa 1.900 le vittime di coloro che per decenni sono stati definiti “liberatori”,
quei partigiani dipinti come eroi, che non risparmiarono donne e civili, esseri umani senza colpa,
probabilmente inconsapevoli di una guerra di odio e rivalsa.

Per tanto, troppo tempo ci siamo dimenticati del sangue non solo dei vinti
ma anche di quello di coloro che non avrebbero voluto né vincere né perdere, semplicemente non c’entravano nulla.
 

Val

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Stanotte, da noi, hanno staccato questa lapide.

La targa in ricordo dei 16 repubblichini trucidati il 28 aprile 1945
nei pressi dello stadio di Lecco è “sparita” un'altra volta.
Non c'è davvero pace per il controverso “cartellone commemorativo”, anche nella sua versione più recente.
La tavola originale era stata infatti misteriosamente asportata nel gennaio del 2013
per poi essere ritrovata, in città dalla Digos nei giorni successivi.
In ogni caso, dando seguito a una mozione approvata dall'Aula, era già stata prevista dall'amministrazione comunale la sua sostituzione,
effettivamente avvenuta nell'aprile dello stesso anno, qualche giorno prima della ricorrenza e dunque dell'omaggio annualmente riservato al drappello di combattenti,
appartenenti alla colonna partita da Bergamo e diretta verso Como, intercettato a Pescarenico da una formazione partigiana e fucilato poi a ridosso dell'allora Cantarelli, oggi stadio Rigamonti-Ceppi.
 

Val

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Eccolo qui. Mancava lui a completare l'inciucio. La paura di perdere il posto fa novanta.

«Se Forza Italia vuol tornare a vincere deve abbracciare il Ppe credendoci veramente e non facendone solo l’abito per le cerimonie».

Lo ha detto Gianfranco Rotondi, vicepresidente dei deputati di Fi, in un’intervista al Foglio.
«Merkel si è accordata coi socialdemocratici, mai con la destra. I gollisti hanno votato Macron contro Le Pen.
C’è un confine a destra invalicabile, solo noi lo spostiamo a seconda di quanti collegi ci offre Salvini».

«Berlusconi è un leader del Ppe non possiamo ridurlo a fare il numero 3 di Salvini dopo la Meloni per sistemare trenta persone.
Berlusconi dà il nome a 25 anni di storia di questo Paese. In un paese normale Silvio sarebbe da tempo senatore a vita, e onestamente lo sarebbe anche Romano Prodi».

Quindi serve un governo con il Pd? «Con il Pd e anche con i Cinquestelle», risponde Rotondi.

«È inutile che ci giriamo intorno, i Cinquestelle sono l’esatta antitesi di idea di stato, di politica,
di istituzioni che abbiamo noi ma in questo parlamento hanno la maggioranza relativa.
Significa che hanno vinto le elezioni un anno fa, non un secolo fa.
E il consenso di Salvini è quello delle elezioni europee, che sono di medio termine.
In America, Trump non si dimette ogni volta che perde un’elezione di medio termine».

Ma in Forza Italia quanti sarebbero disponibili a votare per un governo del genere?

«Chi vuole suicidarsi affondando nel salvinismo non ha che da invocare elezioni subito».
 

Val

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I cinque punti sono una pregiudiziale sulla quale il Pd non è disposto a trattare.

Zero possibilità che si faccia il Conte bis.

Su Di Maio nessun veto, ma nel governo giallorosso è indispensabile marcare la discontinuità da quello gialloverde.

Concetti che il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, sottolinea in un’intervista a Il Messaggero
il giorno dopo aver incassato l’unanimità dei consensi in direzione sui cinque punti proposti per la soluzione della crisi di governo.

«Il M5s – chiarisce – accetta questi punti o fa saltare il banco e se ne prende la responsabilità.
Ma almeno così è chiaro che da parte nostra, come Pd, non c’è alcun tipo di subalternità».


La figura adatta a fare il premier potrebbe essere quella di un civil servant?

«Sta dicendo un uomo di Stato, un alto servitore delle istituzioni? Questa può essere una soluzione, una di quelle sul tavolo.
Ma bisogna fare un passo per volta e ascoltare, soprattutto, il Capo dello Stato».

Lui, assicura, continuerà a fare il presidente della Regione Lazio e il segretario Pd.
«Credo siano già due impegni molto gravosi e intendo continuare a fare questo».

Non pensa a un contratto di governo stle gialloverde («non funziona») ma non pone ostacoli su Di Maio.

«Non ho alcun veto su Di Maio nel governo», dice Zingaretti. «Ma non si potrà far scendere in campo la stessa squadra che ha perso già una partita.
Comunque è veramente molto presto per parlare di nomi. Per il resto mi fermo qui. In questa fase, in cui tutto è ancora precario, occorre fare un passo per volta».

Zingaretti invoca l’unità ma non si sente di escludere al 100% una scissione nel Pd.
«La scissione di Renzi è un’eventualità che nemmeno il diretto interessato nasconde, vedremo», afferma.
 

Val

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Poi c'è la sinistra "sinistra".

Un «secondo matrimonio» con il «primo Matteo», cioè l’ex premier Renzi, «non è perdono. È solo bramosia di potere e poltrone».

Luigi de Magistris si scaglia contro Pd e M5S.

«Ci siamo momentaneamente liberati di “Matteo secondo», dice.
«Ci prepariamo, ora, alla propaganda degli scrittori del Vangelo apocrifo che ci diranno che è cosa buona e giusta
fare un’alleanza, un secondo matrimonio, con il primo Matteo. Ma come ?
Proprio con quello che è stato autore di tutte le più orribili nefandezze urlate ovunque dai Cinque Stelle? Sì, proprio lui.Matteo Renzi».

«Certo», incalza de Magistris, «è il perdono politico. Ma qui mi permetto di chiosare,
senza voler rompere l’idillio dell’innamoramento ferragostano, che non è perdono, ma solo bramosia di potere e poltrone»-

«Il premier, dimesso da Salvini, prende le distanze dallo stesso Salvini e dalle sue opere», incalza il sindaco di Napoli.
«Opere da lui avallate fino a qualche giorno fa da presidente del Consiglio che ha tollerato che Salvini apparisse come il vero capo politico del Governo».

«Conte era talmente fiero di azioni e opere che parlava del 2019 come anno bellissimo per il Governo e per il Paese. Ha fatto passare di tutto Conte».

Secondo De Magistris «quelli che hanno portato Salvini sulla soglia del 40%, e che si apprestano a resuscitare il primo Matteo,
hanno anche accusato il loro alleato, con cui hanno stipulato un contratto e con il quale non convivono più non per loro volontà
ma per volontà di Salvini, di colludere di fatto con la ‘ndrangheta».
 

Val

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....e ci sono pure questi ....poverini, sanno che la poltrona non esisterà più.

L’accordo con i Cinquestelle sta galvanizzando tutte le anime perse, quelle che si sentivano ormai escluse.

Rivedono un futuro Renzi e i renziani. Rivedono poltrone e incarichi-ombra. Soprattutto lei, Maria Elena Boschi, la più contestata.

È ottimista. Anzi, di più. L’alleanza Pd-M5S ci sarà e durerà a lungo.

«Se devo fare una previsione dico che si va alla scadenza naturale», afferma in un’intervista a Repubblica.
«Sicuramente all’elezione del presidente della Repubblica, ma secondo me fino al marzo 2023».

E lei? Si nasconde un po’: «Ho già chiarito che posso dare una mano sui contenuti se può essere utile.
Voterò la fiducia anche se con fatica, se nascerà il governo. Ma fare il ministro con i 5Stelle, no grazie».

In verità, la sua assenza dagli incarichi di governo è tattica, perché i grillini non possono dare l’impressione di aver sottoscritto l’intesa con i renziani.

Per la Boschi essere uno dei bersagli delle critiche e degli attacchi di Matteo Salvini é un «punto di merito».
«Sicuramente non ha gradito la mia proposta di presentare una mozione di sfiducia nei suoi confronti per lo scandalo dei rubli russi.
Più Salvini attacca me, Renzi e in generale il nostro gruppo, più certifica che stiamo facendo la cosa giusta: siamo stati capaci di rovinargli i piani».
 

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