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Val

Torniamo alla LIRA
I decessi nei bambini e nei giovani “Children & Young People” (Cyp)

a seguito dell’infezione da SARS-CoV-2 sono rari.



Quantificare il rischio di mortalità è difficile
a causa dell’elevata prevalenza relativa di manifestazioni di malattia asintomatiche e non specifiche.


Pertanto, è importante distinguere tra Cyp che sono morti di Covid-19

e coloro che sono morti per altre cause, ma per coincidenza sono risultati positivi.



Partendo da questa ipotesi, ricercatori inglesi hanno lavorato a uno studio nazionale
con l’obiettivo di definire tali tassi di mortalità per Covid-19 fra la popolazione under 18,
facendo una completa revisione clinica di tutti i decessi avvenuti in tale fascia d’età da marzo 2020 a febbraio 2021.

Durante la pandemia, il National Child Mortality Database (Ncmd)
è stato collegato ai dati dei test di Public Health England Phe
per identificare la popolazione Cyp (minori di 18 anni) che sono morti con un test SARS-CoV-2 positivo.

Quindi, utilizzando il collegamento ai dati di ricovero ospedaliero nazionali,
i dettagli demografici e di comorbidità dei Cyp deceduti per SARS-CoV-2,
è stato effettuato un confronto con tutti gli altri decessi.


Ecco i risultati:

  • 3.105 giovani (Cyp) sono deceduti complessivamente durante il primo anno di pandemia in Inghilterra.
  • 61 (di questi 3.105 decessi) sono risultati positivi su un totale di 469.982 positivi.
  • 25 Cyp sono morti per infezione da SARS-CoV-2, di cui 22 da infezione acuta e 3 da PIMS-TS (Paediatric multisystem inflammatory syndrome).

  • Immagine1.jpg

  • 25 Cyp deceduti di SARS-CoV-2 equivale a un tasso di mortalità di 2 su un milione (0,0002%)
  • rispetto a 255 su un milione (95% CI 24,7-26,5) per tutte le altre cause di morte,
  • su una popolazione di 12.023.568 Cyp che vivono in Inghilterra.

  • I deceduti Cyp maggiori di 10 anni erano di etnia asiatica e nera,
  • e con maggiori comorbilità rispetto ad altri bambini.
  • Il 64% (n=16) dei 25 Cyp deceduti per SARS-CoV-2 presentava almeno 2 comorbilità
  • (neurologica e respiratoria in primis) rispetto al 45% (n=1373) dei Cyp deceduti per tutte le altre cause.

  • Immagine2.jpg
  • Il tasso di mortalità stimato per Cyp deceduto per SARS-CoV-2
  • con una condizione limitante la vita era di 11,5 per 100.000 (95% CI 5,6-21,2)
  • rispetto a 1.124 per 100.000 (95% CI 1054-1197) per tutte le altre cause di morte.

  • Il 99,995% del Cyp con un test SARS-CoV-2 positivo è sopravvissuto.


Immagine3.jpg



Dunque, in conclusione:

25 Children & Young People (Cyp) sono morti di Covid-19 durante il primo anno di pandemia in Inghilterra,

ciò equivale a un tasso di letalità per infezione (infection fatality rate) di 5 per 100.000 e un tasso di mortalità di 2 per milione.


La maggior parte aveva una comorbilità sottostante, in particolare neurodisabilità e condizioni limitanti la vita.


I Cyp deceduti erano principalmente maggiori di 10 anni e di etnia asiatica e nera,

rispetto ad altre cause di morte, ma il loro rischio assoluto di morte era ancora estremamente basso.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Da delirio .....


- TRASPORTO FERROVIARIO:
nei grandi hub ferroviari (Milano Centrale, Roma Termini, Firenze Santa Maria Novella),
e dove possibile anche nelle altre stazioni, il controllo del Green pass deve essere effettuato preferibilmente prima della salita sul mezzo.

In caso contrario, il controllo può essere effettuato dal personale di bordo insieme alla verifica del biglietto.

In caso di passeggeri con sintomi riconducibili al Covid, le autorità sanitarie e la polizia ferroviaria possono decidere,
valutate le condizioni, di fermare il treno per procedere a interventi d’urgenza o di prevedere appositi spazi dedicati.

Il convoglio dovrà poi essere sanificato prima di tornare operativo.



- TRASPORTO PUBBLICO LOCALE:
nei bus e nei tram è previsto il riavvio graduale della vendita dei biglietti e delle attività di controllo a bordo
e c’è la possibilità per i passeggeri di usare anche la porta anteriore, sarà installato un separatore protettivo dell’area di guida.

I mezzi dovranno essere sanificati almeno una volta al giorno.


- TAXI E NCC:
i sedili posteriori non devono essere occupati da più di due passeggeri
se non sono componenti dello stesso nucleo familiare
ed all’interno del veicolo è possibile installare paratie divisorie tra conducente e passeggero.


- TRASPORTO MARITTIMO E PORTUALE:
è necessario evitare quanto più possibile i contatti tra il personale di terra e il personale di bordo
e comunque è raccomandata la distanza di almeno un metro.

Per il personale e i passeggeri è previsto l’obbligo della mascherina.


- TRASPORTO MERCI:
se sprovvisti di mascherine gli autisti devono rimanere a bordo,
mentre se scendono ed entrano in contatto con altri operatori dovranno indossare la mascherina.



Le attività di carico/scarico delle merci devono avvenire in condizioni di sicurezza,
con modalità che non prevedano contatti diretti tra operatori e autisti.

L’accesso agli uffici in aziende diverse dalla propria
è consentito secondo modalità previste dalla stessa che prevederà servizi igienici dedicati.


E’ raccomandato l’utilizzo di modalità di pagamento online o no contact.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il "lavarello" è l'ultimo pesce rimasto nel lago che trovi con facilità
e la trota "fario" pure e questi vengono a dirmi che non è "autoctono" ?

Invece i cormorani che mangiano tutto il pesce, lo sono ?????
Impreparati e dementi allo stato puro.



Anche i pescatori lecchesi, insieme ai colleghi comaschi,
hanno fatto sentire in modo vigoroso la loro voce ieri mattina a Milano
durante l’incontro promosso dall’assessorato regionale all’Agricoltura
(da cui dipendono Caccia e Pesca)
per ribadire il “no” al divieto di immissione di trote e coregoni,
meglio noti come lavarelli, uno dei pesci simbolo del nostro lago.


«Un appello forte, quello arrivato da Palazzo Lombardia
- ha sottolineato Luigi Guglielmetti, presidente dell’Aps Como Fipsas , fiancheggiato dal collega lecchese Stefano Simonetti - .

Siamo tutti compatti, ma purtroppo non sappiamo ancora cosa accadrà domani.

C’è però un quesito che va rimarcato, direttamente connesso a questo serissimo problema.


Se il “no” del ministero della Transizione Ecologica all’immissione di trote e coregoni proseguisse,
che fine sono destinati a fare gli incubatoi di Fiumelatte e Valmorea,
leader riconosciuti nella produzione rispettivamente di lavarelli e trote fario?
E' una domanda al momento purtroppo senza risposta».
 

Val

Torniamo alla LIRA
Un pesce che da 160 anni è presente nel nostro lago non è "autoctono" ?
Veramente, non c'è più limite alla demenza. Non più ormai.

L’adozione da parte del Ministero dell’Ambiente dei criteri del decreto 102/2019
«per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie animali autoctone»
ma anche «per l’immissione di specie e popolazioni animali non autoctone nel rispetto di salute e benessere delle specie»,
sta creando molto allarme tra i pescatori bresciani e italiani, e tra tutti i professionisti della filiera della pesca di laghi e fiumi.


Questo decreto stabilisce che la specie con cui da decenni si ripopolano maggiormente le acque dei laghi,
cioè il coregone lavarello, e quella con cui si fa il medesimo lavoro in fiumi e torrenti, cioè la trota fario,
non potranno più essere incubate e liberate nelle nostre acque dolci.

L’articolo 2, comma 1, lettera o-sexies del decreto del presidente della Repubblica 357 del 1997,
le definisce infatti «non autoctone», perchè «non facenti parte originariamente della fauna indigena italiana».


Il documento che il 24 maggio scorso il Ministero della transizione ecologica
ha inviato a tutti gli Uffici caccia e pesca, a Regioni e Province, all’Ispra,
ed ai Ministeri di Salute e Politiche agricole, alimentari e forestali, precisa che

«il limite temporale prima di cui una specie o una popolazione non autoctona (non originaria del territorio)

può dirsi assimilata per motivi storici a una specie o popolazione autoctona (originaria del territorio),

sia da collocare all’anno 1500».


Un arco di tempo troppo lontano anche per il coregone,
di cui secondo documenti ufficiali la prima produzione a cura dell’uomo risale al 1860,
nell’incubatoio Fiume-Latte, sul lago di Como.


Oggi il tempo per correre ai ripari non è molto.

Coregone e trota fario potrebbero essere presto vietati.

Le reazioni.

Quello che in Lombardia, ma non solo, è visto dagli addetti ai lavori come uno spauracchio, si sta facendo così concreto.

E ieri il rappresentante dei pescatori del lago d'Iseo, Raffaele Barbieri, ha detto di credere che
«la campagna ittiogenica per il coregone del Sebino e del Garda in programma tra dicembre 2021 e gennaio 2022 sia già da considerare persa».


Un danno non da poco per l’economia dei due laghi di casa nostra,
considerato che mediamente nel gigante gardesano vengono immessi ogni anno
tra i 40 e i 50 milioni di piccoli coregoni, e nell’Iseo tra i 4 e i 5 milioni.

Ma c’è molto di più.

Secondo l’assessore regionale ad Agricoltura e alimentazione Fabio Rolfi

«in Lombardia operano 150 imprese per la pesca professionale

e ci sono 70.000 pesca-sportivi che generano un movimento turistico

per almeno 14 milioni di euro l’anno a favore dei piccoli paesi.


La scelta del Ministero è frutto di una visione ideologica della realtà, controproducente e anacronistica».
 

Val

Torniamo alla LIRA
Senza parole........


È assurdo e inaccettabile quanto viene raccontato da questa famiglia.

Rabbia e indignazione verso le misure varate da questo folle governo.

La povera ragazza, di cui state per leggere la storia,
non solo viene privata della libertà di scelta,
del diritto allo studio (subordinato alla presentazione della carta verde),
ma viene esposta (follemente) a rischio.

Giudicate voi, di seguito riportiamo il testo della lettera inviata alla redazione
da un papà e una mamma preoccupati e arrabbiati, con la richiesta di divulgarlo.



“Spettabile ministero della sanità,

Con la presente si vuole portare alla Vostra cortese attenzione il caso di nostra figlia,
alla quale dal 15 ottobre è stato impedito di poter frequentare con regolarità le lezioni universitarie
in conseguenza dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà del Green Pass.


Nostra figlia, nel mese dicembre dell’anno 2003, veniva sottoposta alla vaccinazione “trivalente”
e 20 gg. dopo la somministrazione della vaccinazione in parola, subiva una severa reazione del sistema immunitario
che portava al suo ricovero d’urgenza (per gg. 6) presso l’Ospedale della nostra città.


Segnatamente detto episodio causava a nostra figlia la perdita parziale della vista, semi incoscienza, atonia e conseguenti crisi convulsive.

Inoltre, in Ospedale, le veniva diagnosticato anche un focolaio ai polmoni (si allega la documentazione medica rilasciata all’atto delle dimissioni).


I medici del nosocomio cittadino riferivano a noi familiari che tutte le reazioni/complicazioni di cui sopra
corrispondevano esattamente agli effetti collaterali “molto rari” che potevano verificarsi in seguito alla inoculazione del vaccino “trivalente”.


Una volta dimessa dall’Ospedale, è riuscita a recuperare tutte le funzionalità,
ma nel corso del tempo ha avuto altri episodi caratterizzati da crisi convulsive
che sono andati lentamente scemando e, ad oggi, gode di ottima salute pur dovendo continuare una terapia antiepilettica


In conseguenza della violentissima reazione di cui sopra, sia il pediatra che i medici dell’AUSL Romagna,
decisero di non somministrare a nostra figlia altri vaccini e così è stato,
tanto è vero che nostra figlia è stata esentata dal sottoporsi a tutte le vaccinazioni obbligatorie.


Allorquando è divenuto disponibile il vaccino anti Covid-19 si è posto il problema di come comportarsi :
può fare il vaccino in serenità, oppure è meglio che non lo faccia?
Invero, da quanto si apprende dai dati clinici forniti dalla Scienza, pare che la malattia da Sars Covid-19,
su un soggetto giovane e sano (nostra figlia ha 19 anni), sia nella stragrande maggioranza dei casi, superabile con una certa semplicità.


La reazione occorsa a nostra figlia non rientra tra le rigide ipotesi di esenzione dalla vaccinazione anti Covid-19,
pertanto, si è deciso di richiedere all’Ausl Romagna un incontro con un proprio funzionario
al fine di sottoporre all’Azienda Sanitaria il caso di M (nostra figlia).


Il primo incontro è stato sostanzialmente vano, il funzionario dell’AUSL,
pur capendo la problematica ed essendo concorde sul fatto che nel caso di nostra figlia sarebbe opportuno concederle l’esenzione dal vaccino,
riferiva che non era in suo potere una simile disposizione.


Pertanto, veniva inviata, direttamente al centro vaccini di Forlì,
la mail che si allega in copia a cui faceva seguito un ulteriore incontro con un funzionario dell’AUSL Romagna.


Detto incontro è avvenuto lo scorso giovedì 7 ottobre, tuttavia, anche questo incontro non ha sortito alcun positivo effetto,
invero, il funzionario (un medico) della AUSL ha ribadito che, sebbene condivida che nel caso di specie sarebbe opportuno concedere l’esenzione,
non è possibile riconoscere a nostra figlia il diritto all’esenzione dalla vaccinazione anti Covid-19
poiché, al tempo (ovvero nel 2003), non venne approfondito da parte dell’Ausl il rapporto causa effetto tra la vaccinazione “trivalente”
e le successive gravi complicazioni insorte, inoltre, i casi in cui può essere accordata l’esenzione
sono solo quelli dettati dalla norma ed i medici non hanno alcuna facoltà di discostarsi dagli stessi
(in sintesi, quindi, o si ha una delle patologie elencate oppure non si ha diritto all’esenzione dal vaccino,
come se non esistessero nel mondo reale dei casi particolari meritevoli di maggiori attenzioni e/o valutazioni).


Occorre evidenziare che il ridetto funzionario, vista la situazione particolare,
è stato molto sincero e si è esposto ad una duplice considerazione:

come medico, farebbe vaccinare nostra figlia, ma come padre no,
poiché non se la sentirebbe di correre questo rischio, tutt’altro che campato per aria visto il precedente.



Ovviamente quanto andiamo esponendo viene sempre e solo riferito “a voce”,
nessuno si vuole esporre e scrivere nero su bianco che , nonostante il precedente che ha avuto,
non ha diritto all’esenzione e deve comunque sottoporsi alla vaccinazione
(prova di ciò è che nessuno ha mai risposto alla nostra mail mettendo per iscritto che nostra figlia deve vaccinarsi).


Nostra figlia è una studentessa universitaria, e con l’entrata in vigore dell’obbligatorietà del Green Pass ,
rischia di non riuscire a frequentare con profitto le lezioni universitarie, difatti,
anche volendo sopperire alla assenza del green pass con i “tamponi”, capita
(soprattutto con i week end di mezzo ed i giorni festivi)
che non si riescano a calendarizzare i tamponi in maniera tale da consentirle di frequentare tutte le lezioni.


Siamo certi che la storia di nostra figlia non sia l’unica in questo Paese e ve ne siano altre simili o addirittura più gravi.


Dunque, è nostra intenzione batterci con tutte le nostre forze affinché si trovi una soluzione:
non è pensabile che i pareri dei medici (sia chiaro, non di medici no vax, ma di persone serie che svolgono con passione e competenza la propria professione)
non contino più nulla e che prevalga una disposizione normativa (ovvero un elenco di patologie) asettica,
incompleta e che non tiene conto delle peculiarità di ogni singolo individuo.


Lieti se vorrete prendere in esame ed approfondire la nostra questione , porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Alleghiamo documentazione chiedendo che non vengano divulgati i dati di nostra figlia.


Siamo disponibili per qualunque chiarimento.”
 

Val

Torniamo alla LIRA
Tra le follie che abbiamo letto e sentito in questi mesi di caccia alle streghe,

con i non vaccinati additati come pericolosi untori da emarginare, ce n’è una particolarmente assurda:


l’impennata improvvisa di contagi in Friuli Venezia Giulia sarebbe esclusivamente imputabile ai manifestati No Green Pass,

che aveva trasformato il porto di Trieste nel simbolo di un’Italia che dice no alle restrizioni imposte dal governo Draghi.


Accusa estesa successivamente anche ai no vax, in un’equa divisione di colpe.


Le cose, ovviamente, non stanno così, ma la bizzarra teoria viene ripetuta in maniera talmente ossessiva

che probabilmente qualcuno ha finito per crederci davvero.



Come rivelato da La Verità, infatti,

il fenomeno registrato nella Regione - ma di cui nessuno parla - è l’aumento di positivi tra medici e infermieri:

soltanto nelle ultime ore i casi accertati sono stati 379.



In ambienti dove tutti, per lavorare, sono costretti all’inoculazione.


Un dipendente dell’ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste ha confermato alla testata:

“Dal 20 ottobre al 10 novembre su dieci casi positivi, nove riguardavano vaccinati”.


La struttura ha così disposto tamponi “in forma obbligatoria” al personale,

indipendentemente dal fatto che abbia ricevuto o meno le somministrazioni di farmaci anti-Covid.


“Purtroppo – ha spiegato il dipendente dell’ospedale triestino a La Verità –

da inizio estate non si fanno più sierologici, a mio avviso perché il calo degli anticorpi era così vistoso

che le autorità avrebbero solo dovuto bloccare il Green pass, davanti a una forte perdita di immunità del personale”.


La risposta immunitaria, stando a quanto testimoniato dal medico,

“dopo 6 mesi si riduce a un quarto”, con il livello degli anticorpi che nel frattempo “diminuisce drammaticamente”.



La storia che a Trieste i contagi siano aumentati
soltanto per colpa di qualche manifestazione No Green Pass, insomma, non sembra tornare.

Anzi.

C’è anche chi sostiene che la situazione non sia affatto allarmanete come vorrebbero far credere,
così da giustificare restrizioni al diritto di scendere in piazza e protestare.


Alle pagine de Il Piccolo, il docente di informazione medica Vincenzo Della Mea ha spiegato:

“In Regione stiamo facendo tantissimi tamponi,
è evidente che vengono portati alla luce molti più casi di contagio, anche asintomatici”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Questo lo avevo già deciso in precedenza, da un paio di mesi.

Il 26 novembre - 6 mesi esatti dalla seconda dose -
vado a fare l'esame IGG - che avevo già fatto dopo 2 mesi -
così tocco con mano la questione anticorpi.
 

Val

Torniamo alla LIRA
ATP Finals, ecco il montepremi: quanto guadagna il vincitore

Il montepremi dell’edizione 2021 delle ATP Finals è pari a circa 6,28 milioni di euro.
Ma non va tutto a chi si aggiudica la finale.
Ecco come è suddiviso:


  • premio partecipazione: circa 150 mila euro;
  • premio riserva (è il caso di Sinner): circa 80 mila euro.

Si passa poi ai premi partita:


  • ogni vittoria nel round robin: circa 150 mila euro (e 200 punti per il ranking ATP);
  • finalista: circa 459 mila euro (400 punti);
  • vincitore: circa 947 mila euro (500 punti).

Nel caso in cui il campione si rivelasse imbattuto (nessuna sconfitta dall’inizio alla fine del torneo),
allora si porterebbe a casa circa 2 milioni di euro (oltre a 1.500 punti ATP).


Un anno fa Medvedev, campione delle ATP Finals 2020, ha chiuso il torneo da imbattuto:
ha guadagnato complessivamente 1,32 milioni di euro.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Antonio Martino torna in tv in una lunga intervista rilasciata a Quarta Repubblica
e spazia tra ricordi del passato, lezioni di liberalismo e uno sguardo al futuro.

“Tutti i grandi uomini sono stati liberali.

Il dogmatico fa danni, lo scettico non ha mai fatto danni.

Pol Pot, Stalin, Hitler, Mao: erano tutti dogmatici.

Gli scettici non hanno mai fatto male a nessuno.

Quando mi dicono che sono euroscettico, sono felice: perché il meglio del pensiero umano viene dagli scettici”.



Martino ne ha per tutti.

Silvio Berlusconi può fare il presidente della Repubblica? “Uno come lui in Italia non ce n’è”.

I comunisti? “Ce ne sono più adesso di allora, solo che non lo dicono”.

Il reddito di cittadinanza? “È una imposta fraudolenta. Nessuno si chiede da dove vengono quei soldi: dalle tasche di altri italiani”.


Ma è soprattutto sul green pass che il ragionamento dell’ex ministro, non certo un violento no vax, si fa lucido e preciso.


“Trovo assolutamente ingiustificata l’assurdità dell’obbligatorietà del green pass.

Sarebbe stato più semplice chiedere che venissimo marchiati a fuoco una volta che ci vaccinavano.

Si sarebbe visto subito”.



E ancora:

“Quando ci sono state le manifestazioni contro il green pass,

che cosa hanno pensato di dire i quaquaraquà che dicono di governarci?


Che erano degli squadristi fascisti.

Ora, è probabile ci fossero esponenti di Forza Nuova fra i manifestanti.

Ma saranno in totale due dozzine di nostalgici del fascismo:

e questi avrebbero la capacità di mobilitare migliaia di persone per protestare contro il green pass?”.



Poi, una lezione di storia:

“Dovrebbero tenere presente che Allende non è stato defenestrato da quel cattivone del generale Pinochet,

ma da quei santissimi camionisti cileni che per protestare contro le restrizioni hanno bloccato il Paese.

I camionisti sono in sciopero non perché glielo hanno chiesto quelli di Forza Nuova, ma perché il green pass fa loro danno”.



Insomma: la libertà è una cosa seria
.


E non può essere sacrificata neppure sull’altare del “diritto alla salute”.

“Il leader dei portuali di Trieste, Stefano Puzzer ha fatto una dichiarazione

che vorrei venisse considerata attentamente dal ministro Speranza:

‘Noi siamo per la libertà di scelta: ti vuoi vaccinare, ti vaccini; non ti vuoi vaccinare, non ti vaccini’.


Questa è l’essenza del liberalismo”.


Quella libertà che anche Dio ha concesso agli uomini, nonostante i dogmi:

“Esistono il vizio e la virtù perché siamo liberi di scegliere. Il Padreterno è il più grande liberale”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ma pensa te. Cosa riescono a fare.


In principio fu il 60% per cento della popolazione vaccinata.

Poi si passò “grosso modo” al 70% e avremmo ottenuto l’immunità di gregge contro Sars-CoV-2.

Sarebbero dovuti bastare 42 milioni di italiani con la puntura al braccio:
ne abbiamo raggiunti 45,5 milioni, con la terza dose già avviata, eppure la promessa “normalità” non si vede ancora all’orizzonte.


Dicono sia colpa della variante Delta, che prima ha “spostato” l’asticella all’80% di immunizzati
e poi, raggiunta quella soglia, ha fissato al 90% la “quota di sicurezza per evitare tornate di fiamma della pandemia”.

L’obiettivo non sarebbe così lontano, visto che il contatore segna l’86,8% di popolazione coperta col siero anti Covid,
e noi tutti speravamo di poter presto festeggiare la fine dell’epidemia grazie alla vaccinazione di massa.


E invece?

Invece no.

Ieri l’Iss ha reso noto ciò che forse conosceva da tempo.

Ovvero che la normalità la riconquisteremo “l’anno del mai e il mese del poi”.

Tradotto: non vi fate illusioni, non vi lasceremo liberi.


Se non è un modo per costringerci allo stato di emergenza infinito, poco ci manca.


Ieri è emerso uno studio realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità assieme alla Fondazione Bruno Kessler
secondo cui il “ritorno alla vita pre-pandemia” potrebbe essere raggiunto in sicurezza
solo con il superamento del 90% di vaccinati over 5.


E qui le sorprese, o meglio le fregature, sono due:

1. per la prima volta viene richiesto di oltrepassare, e non solo raggiungere, la soglia del 90% dei vaccinati.


2. il target scende dai 12 anni ai 5 anni, includendo così nel calderone quasi 4 milioni di bambini
da raggiungere con le siringhe del generale Figliuolo.


Sfida difficile: se vi sono incerti e indecisi tra gli adulti, figurarsi quando si parla di figli e minorenni.


In pratica, dunque, la normalità, o meglio “la vita pre-pandemia”
garantita da quel supposto 90% di immunizzati over 5 anni, non la raggiungeremo mai.

Iss e Fondazione Bruno Kessler assicurano che in ogni caso
“l’aumento della copertura vaccinale consentirà ulteriori margini di riapertura sociale anche in assenza di un vaccino pediatrico”.

Ma tra “margini di riapertura” e “normalità” la differenza non è poca.


A noi che sogniamo di lasciarci il Covid alle spalle,
magari cestinando lo stato di eccezione in vigore da troppo tempo,
non resta dunque che una consolazione:


ad aprile, in vista delle riaperture con “rischio calcolato” di Draghi,
la Fondazione Kessler presentò uno studio catastrofista al Cts prevedendo tra i 300 e 1.300 morti al giorno.


A metà luglio se ne contavano appena 23, ieri 74.


Magari hanno sbagliato i conti anche stavolta.
 

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