La galleria degli entusiasmi (1 Viewer)

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Ti piace un autore anche se gli altri ne parlano malissimo?
Sei convinto che il tale pittore sia ingiustamente bistrattato dalla critica?
Hai comunque una forte preferenza verso un artista e credi anche di conoscerne le cause?
Vuoi farlo sapere a tutti?
Ecco il tuo spazio
libero
dove potrai sostenere che Ciofecon de' Ciofeconi è un grande
nonché motivare questo tuo giudizio.
E chi non sarà d'accordo (capita :babbo:)
invece che accanirtisi contro intingendo la penna (la tastiera :rolleyes: ) nel fiele
basterà che scriva contro il tuo prediletto
un post nella Galleria delle stroncature :-D.

Il segreto della felicità ... (il segreto della felicità risiede nell’equilibrio)
:grinangel:
 
Vorrei,ma non posto. :noo: :consolare:

Nel mio caso significa riaprire vecchie ferite. Ormai,con l'occhio stanco,butto lo sguardo verso opere che mia moglie vorrebbe probabilmente distruggere,ma io,ostinatamente,continuo ad illuderla/mi sulla bontà degli acquisti e la rassicuro,santa donna,sui piacevoli cromatismi e sulle improbabili,rivalutazioni.

Peròòò...

Mi piacerebbe sapere,pur non godendone,chi ha avuto la lungimiranza di riuscire nell'impresa di scoprire il nuovo fenomeno,o meglio i nuovi talenti.Vi garantisco che non lo dico con sarcasmo od ironia.Sarei solo curioso di capire dove ho sbagliato.

E,se non chiedo troppo,il nome degli Artisti che hanno dato loro così grandi soddisfazioni.

P.S.:eek:nestamente mi salvo con gli storicizzati.

Forse. :rolleyes: :car:
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Per me Alinari è originale e significativo, ha espresso gli anni 80 come pochi e tuttora costa una pipa. Ho un paio di grafiche, ma sto aspettando di comprarne uno e, sinceramente, se adesso qualche snob mi lancerà addosso escrementi, rimpiango di non potergli dare appuntamento tra 50 anni
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per vedere se aveva più senso Alinari o Uncini, Adami e compagnia Pistolettante.
Secondo me c'è del pregiudizio, e confesso che all'inizio proprio non piaceva nemmeno a me. Poi, visti i vari Calzolari, Agnetti, anninovanta ecc., beh, almeno lui qualcosa sa fare.
In certo senso A. parte proprio dalla cameretta dei bambini (come Rousseau, no?). L'uso dei colori saturi chiaramente rievoca un sentire in gran parte elementare. Alinari li fonde pur lasciandoli brillare. Come soggetto ovviamente resta sul sempice per permettere la leggibilità del tutto. Ma quando tratta i personaggi, io sento la dolorosa conoscenza delle prime degenerazioni anni 80, tipo droghe e materialismo. Il cui riflesso, come fuga dalla realtà, lo leggi anche proprio nel sommarsi mostruoso di tutti quei colori "dolci".
Lui si è creato un suo mondo sognante e lo porta avanti, mi pare anche sia molto personale e riconoscibile. Ho avuto per un anno appesa in studio una sua acquaforte a colori poveri, con personaggi, decisamente drammatica
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, e non mi ha disturbato, anzi, mi ha fatto riflettere sulle ambiguità presenti in ogni sogno. Che può sempre scoprirsi parente stretto dell'incubo.

Alinari vuole rientrare a modo suo nella tradizione dei Bosch, dei Bruegel, dei Bresdin, e di Brauer stesso. Solo che lo fa fingendo che di mistero non ce ne sia. Tutto alla luce del sole. Tutto infantilmente gaio. Ma questa non è una soluzione alla Faccincani, del tipo "il mondo mi piace, è bello, vorrei che piacesse a tutti e, uau!, ve lo mostro
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", bensì una via per fuggire il mondo, "il mondo non è bello, però il bello vi si può trovare con occhi infantili; il brutto lo nascondo, ma so bene che c'è".
Tant'è vero che in Faccincani il colore rimane un caos inespressivo di intenzioni goderecce, mentre in Alinari mantiene una sua coerenza addirittura composta, in relazione alle scelte fatte.
Quanto a Wesselman, più che a lui posso immaginare che A. abbia guardato ad aspetti di arte "psichedelica", dai fumetti, tipo Crumb, sino a pittori che penso di aver anche visto, ma che non conosco e di cui non mi ricordo.

Capisco che un'arte praticamente fuori dal tempo come la sua irrida al secolo che omaggia Calzolari, o anche Rauschenberg e Tapiès. Ma in nessun pittore va cercato quello che lui non ci ha voluto mettere. La dimensione di un mondo in cui con una certa sapienza si ripropone, rigenerata, la prospettiva emozionale (soprattutto) di un bambino, ovviamente non propone un percorso temporale. Eventualmente si tratta di opere che intendono proprio agire sull'osservatore sfidandolo ad accettare cose che un pregiudizio sociale vorrebbe riservate ai piccoli, e tutto ciò senza la solita furba strizzata d'occhio, del tipo "vedi che so che sembra ..., però ...". Infatti mi pare che l'artista si immerga in pieno con la sua presenza nelle opere. Ma forse qualcuno lo vorrebbe più distaccato, cioè "più moderno".
Convinto come sono che se un artista oggi non rischia ad ogni passo la volgarità significa che in lui non vi è ricerca, vedo in questo operare border-line un fatto di coraggio, e non di rinuncia. In questo caso, la mancanza di ironia (ammesso che mancanza sia) appare più un pregio che un difetto.
L'opera di Alinari si presenta come una specie di Decò psichedelico-oniroco-infantile ...). Il Decò stilizzava e lisciava, celebrando una borghesia tutta nuova, dedita anche al culto del corpo, agli sport ecc. In fin dei conti Alinari crea un Decò moderno, è una specie di Depero esploso come un fiore. Non ritengo Depero un grandissimo, ma neanche artista di terza fila. Così per Alinari.
Inventarsi un Decò-psichedelico è probabilmente il suo tratto più originale, anche per gli aspetti tecnici relativi al colore. Questa è già una scoperta. Altro tratto nuovo è il trasporre un mondo tipo Bosch/Brauer in una dimensione non più tragico-sarcastica, ma sollevandolo nel sogno "innocente". Lo si confronti con le ricerche sulla luce di Salvo, con cui ha in comune la predilezione per soggetti viventi o meno, ma che lievitano come viventi, invece di essere scavati come minerali. Si vedrà allora che i temperamenti sono opposti, Salvo meditativo e Alinari agitato sanguinico, Salvo classicista del Sud, Alinari gotico-nordico, ecc. E quello che in Salvo è un (anche) "infantile" richiamo alla semplicità della sintesi, un partire da una specie di tabula rasa, in Alinari diventa un insistito multiplo stimolo dell'occhio per "raggiungere" l'infantile, anche nei suoi aspetti di illogicità. Cioè non parte da un sentire infantile, lo raggiunge invece rispettando i percorsi da lui inventati - o scoperti. Proprio come un Depero (mentre Salvo sarebbe il ... Sironi della situazione).
Infine si può dire che in Salvo la luce crea i vari colori che cangiano di continuo, invece in Alinari sono i colori a creare quella particolare luce che non parla tanto ai nostri occhi, quanto al nostro cervello ...
 
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Loryred

Forumer storico
Mi domando se in questa sezione si possa intervenire anche in contrasto o se debba essere dedicata solo agi elogi. Premetto che A. non mi piace, pur riconoscendogli meriti e qualità soprattutto come disegnatore ed illustratore considerato oltretutto che è autodidatta e di avere "sdoganato" anche in anticipo paesaggi ed immagini ora ampiamente utilizzati nei videogiochi, nei fumetti ed in un certo tipo di immaginario infantile.
In questo senso lo trovo "troppo"... troppo "candy", zuccheroso e ricco di dettagli da farlo diventare stucchevole anche se condivido molte delle valutazioni fatte sulla sua collocazione artistica e penso anch'io che avrà un suo spazio nel rappresentare la ns. epoca nella sua visione priva di prospettiva.

L'intenzione è consapevole “Un quadro è un'ascia per spaccare il gelo che è dentro di noi” e la scelta di un linguaggio comunque ricco di riferimenti culturali, ai paesaggi toscani ed alle figure rinascimentali ed a motivi e suggestioni dell'arte nordica, evidenziano comunque un approccio non banale, diversamente da quanto si potrebbe percepire al primo impatto.
 

baleng

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Osvaldo Licini.
Dove la linea si sperde un po' e si fa semiforma
Dove la forma si sperde un po' e si fa semisimbolo
Dove il simbolo si sperde un po' e diventa sogno.
Un sogno razionale.

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mantegna

Forumer attivo
Osvaldo Licini.
Dove la linea si sperde un po' e si fa semiforma
Dove la forma si sperde un po' e si fa semisimbolo
Dove il simbolo si sperde un po' e diventa sogno.
Un sogno razionale.

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Perchè sogno razionale?

Forse vuoi dire che traspare un controllo razionale sull'opera da parte dell'artista.

Comunque concordo veramente un grande.

Unica critica: è tutto in ciò che si vede, manca un volo concettuale che riempia anche lo spazio fuori dalla tela, soprattutto il nostro cervello.

Stessa critica che farei anche ad Alinari, solo che lui ha vissuto in epoche più recenti dove questo si poteva e doveva fare, un po' fuori dallo spirito del tempo.
 

baleng

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Perchè sogno razionale?

Forse vuoi dire che traspare un controllo razionale sull'opera da parte dell'artista.

Comunque concordo veramente un grande.

Unica critica: è tutto in ciò che si vede, manca un volo concettuale che riempia anche lo spazio fuori dalla tela, soprattutto il nostro cervello.

Stessa critica che farei anche ad Alinari, solo che lui ha vissuto in epoche più recenti dove questo si poteva e doveva fare, un po' fuori dallo spirito del tempo.
Non solo un controllo razionale.
Se si guardano le opere postate si possono riconoscere elementi quali le lettere (in altre opere i numeri), richiami picassiani, assolutamente metabolizzati, peraltro, forme geometriche, tutti aspetti del razionale con cui Licini protegge, equilibra, compensa il suo slancio tanto sentimentale quanto disperatamente privo di certezze stabili e ripetibili (per fortuna). E così la sua pittura nasce da un impeto, ma procede per lente sovrapposizioni da parte del pennello, come chi cerca nel quasi buio.
E' una pittura che guarda sempre all'infinito, questo è lo "spazio fuori dalla tela". E l'infinito è sogno (che altro è?). E nei sogni torna il richiamo della realtà, o della ragione. Numeri, lettere, forme spezzate e ricombinate seguendo percorsi assolutamente segreti (a differenza, per esempio, di un Adami, dove la combinazione dei pezzi non tenta di creare, ma solo di destrutturare, mobilizzando, il punto di vista, ed è anche ampiamente riconoscibile nel suo divenire).

Se poi mi cerchi il volo concettuale in Alinari (dove pure qualcosa non manca), allora io esigo di parlare della pennellata in Cattelan :noo: :B
 

baleng

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Arshile Gorky
Quanti in Italia ne conoscono il nome? Quanti l'opera?

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Arshile Gorky , nome d'arte di Vosdanig Manoug Adoian ( Khorkom, 15 aprile1904Sherman, 21 luglio1948) è stato un pittore armeno naturalizzato statunitense, esponente dell'espressionismo astratto.
Assunse lo pseudonimo di "Arshile Gorky" in omaggio allo scrittore russo Maksim Gor'kij, ("gor'kij" in russo significa "amaro"), che come lui ebbe una vita errante e dolorosa.
Lavorò negli Stati Uniti con gli amici Jackson Pollock, Willem de Kooning e soprattutto con Roberto Matta, che lo influenzò con le sue teorie esistenziali-psicologiche.
André Breton gli dedicò una poesia, L'adieu à Arshile Gorky, così come Alain Jouffroy, Arshile Gorky et les secrets de la nuit, (Cahiers du Musée De Poche, Paris).

Morì suicida all'età di 44 anni. Di tale gesto venne accusato Roberto Matta a causa di una sua relazione con la moglie dell'artista armeno. Harold Rosenberg scrive «Matta diventò "l'altro" di Gorky, nel senso più fatale del termine... come punto focale della sua violenta gelosia.»
Nei primi dipinti si misurava ancora con i maestri del primo Novecento come Picasso nel periodo rosa e nella svolta cubista. Ma già si intravedeva nel suo stile una morfologia morbida ed elastica, senza angoli né spigoli e con colori caldi e soffici.
I suoi lavori si trovano, tra gli altri, alla National Gallery of Art di Washington, al Museum of Modern Art, Metropolitan Museum of Art e Whitney Museum of American Art di New York, all'Art Institute of Chicago, e alla Tate Gallery di Londra.
(da Wikipedia)

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Nella realtà storica non lo so, ma ipotizzo che Novelli abbia avuto qualcosa da imparare da questo grande. Che a sua volta potrebbe avere imparato non poco da Mirò.
Magari in un secondo tempo i commenti, mi sento molto inadeguato ...
 

zfrank

Nuovo forumer
Questo Thread in positivo mi piace molto di più di quello sulle stronceture ed anche i nomi fatti e la scoperta di Gorky che non conoscevo.
D'accordo con Lory sulla zuccherosità di A. Se la mettiamo su questi toni apprezzo maggiormente Ontani che nei suoi acquerelli si esprime con soggetti più dissacranti ... o stravaganti secondo alcuni. :-R
 

baleng

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Arshile Gorky
Quanti in Italia ne conoscono il nome? Quanti l'opera?
Nella realtà storica non lo so, ma ipotizzo che Novelli abbia avuto qualcosa da imparare da questo grande. Che a sua volta potrebbe avere imparato non poco da Mirò.
Magari in un secondo tempo i commenti, mi sento molto inadeguato ...
Come si vede le immagini di Gorky sono come sospese nello spazio, ma in uno spazio di tipo cosmico-ideale. Opere coeve di Matta mostrano la stessa sospensione nello spazio, però individuando i soggetti con un fare più preciso e disegnato. Se guardiamo infine ad Afro, notiamo come sussista una sospensione, una irrilevanza del peso, eppure intorno non si crei uno spazio di quel tipo, ma molto più bidimensionale, o quasi.
In ogni caso il tocco libero di Gorky, il suo presentare dialoghi tra colori puri incarnati in forme appena accennate, o comunque discrete e non invadenti, può ricordare anche la visione di Licini in quegli anni. Insomma, fu a metà Novecento che la pittura si liberò definitivamente dal dover relazionarsi con il peso degli oggetti, con l'attrazione della terra.
Certo, c'era riuscito anche Kandinsky, però con modi più cristallini, se vogliamo più teorizzabili, o vicini alla teoria. Ora la pittura pare voler dimenticare il peso di tanto classicismo tra le due guerre, di tanti volumi opachi e realistici. La fantasia riprende il sopravvento e porta ad una poesia rivolta allo spazio infinito, in cui si muovono i segni-gesti di pittori tra loro diversi (come Licini vs Matta) ma accomunati da questo percepire il respiro dello spazio.
Cosa che invece (per me eh) lo spazialismo non raggiunse per mancanza di senso dell'abbandono (abbandono alla propria epoca, ai segnali del tempo), per volontà di agire modificando il reale, il mondo. Un attivismo che non lascia molto spazio all'ascolto.
E questo rientra in una vecchia tradizione italiana, quella del Futurismo e poi di Novecento, rimasta intatta all'interno di stili assai diversi.
 

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