La compravendita abituale e frequente di strumenti finanziari è attività d'impresa (1 Viewer)

Vorrei sensibilizzarvi su un problema che sta emergendo e che riguarda la compravendita di strumenti finanziari, che se frequenti e abituali (cioè come è ovvio che debbano essere), l'Agenzia delle Entrate se vuole e se ha bisogno di soldi può tentare di incastrarci dicendo che si tratta di attività d'impresa, specie se ci avvaliamo di promotori finanziari, software e magari dedichiamo qualche decina di minuti al giorno. In questi casi si è a rischio di pesanti imposte aggiuntive, come IRPEF, INPS ed IRAP, con sanzioni ed interessi.
Ovviamente tutto ciò è assurdo e credo che con un buon avvocato si riesca ad uscirne puliti, ecco però le leggi che utilizzerebbero per incastrare l'onesto contribuente:

Consulenza giuridica dell'A. delle Entrate del 16/12/2011 n. 126/E:
"L’attività si considera esercitata con “organizzazione in forma d’impresa” quando, per lo svolgimento della stessa, viene predisposta un’organizzazione di mezzi e risorse funzionali
all’ottenimento di un risultato economico. La commercialità dell’attività svolta
sussiste, in sostanza, qualora quest’ultima sia caratterizzata dai connotati tipici
della professionalità, sistematicità e abitualità, ancorché tale attività non sia
esercitata in via esclusiva.
In base all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, ribadito,
peraltro, dall’Agenzia delle Entrate nelle risoluzioni n. 148/E del 20 maggio
2002, n. 204/E del 20 giugno 2002 e n. 273/E del 7 agosto 2002 e, da ultimo,
nella citata risoluzione n. 286/E del 2007, i predetti connotati dell’abitualità,
sistematicità e continuità dell’attività economica vanno intesi “in senso non
assoluto, ma relativo”, con la conseguenza che la qualifica di imprenditore può
determinarsi anche in ragione del compimento di un “unico affare”, avente
rilevanza economica e caratterizzato dalla complessità delle operazioni in cui si
articola, che implicano la necessità di compiere una serie coordinata di atti
economici."

“Agli effetti delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto il requisito, affinché possa configurarsi l’impresa commerciale, è che l’attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità abituale, ancorché non esclusiva, intesa nel senso di una costante continuità nel tempo dell’attività economica esercitata. E ancora, “il termine abitualità delimita un’attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti; esso ha un significato contrario a quello di occasionalità che, riferito ad un’attività, traduce i caratteri della contingenza, dell’eventualità, della secondarietà” (Corte di Cassazione, Sentenza Cass. n. 1052 del 20.6.1998)”.

L’art. 55 del TUIR dispone che sono redditi di impresa “quelli che derivano dall’esercizio
di imprese commerciali”, ossia i redditi derivanti “dall’esercizio per
professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate
nell’art. 2195 del codice civile comma 2 e delle attività indicate alle lettere
b) e c) del comma 2 dell’art. 29 che eccedono i limiti ivi stabiliti,
anche se non organizzate in forma di impresa”; altresì l’articolo 4,
comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633 chiarisce che “per esercizio di impresa s’intende l’esercizio per
professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali
o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se
non organizzate in forma di impresa”.

La qualifica di imprenditore deve essere attribuita anche a chi utilizzi
e coordini soltanto il proprio capitale per fini produttivi, non essendo
necessario che la funzione organizzativa dell’imprenditore abbia ad
oggetto anche le altrui prestazioni lavorative, autonome o subordinate.


E ancora, “il termine abitualità delimita un’attività caratterizzata da
ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti;
esso ha un significato contrario a quello di occasionalità che, riferito
ad un’attività, traduce i caratteri della contingenza, dell’eventualità,
della secondarietà” (Corte di Cassazione, Sentenza Cass. n. 1052 del
20.6.1998).

“La abitualità, sistematicità e continuità dell’attività economica, come
indice della professionalità necessaria per l’acquisto della qualità di
imprenditore, vanno intese in senso non assoluto, ma relativo, sicché
non può escludersi la qualità di imprenditore – come tale assoggettabile
dalla disciplina dell’IVA – nel soggetto che svolge un’attività che si
protragga nel tempo per una durata apprezzabile, ancorché finalizzata al
compimento di un’unica operazione speculativa” (cfr. Cass. 31/05/1986 n.
3690; Cass. 20/1/73 n. 267; Cass. 12/5/65 n. 907; Cass. 13/4/64 n. 870).

L'investimento finanziario è "l’attività di compravendita di strumenti finanziari, per lo più abituale, posta in essere da un contribuente" che in genere ha una costante continuità nel tempo dell’investimento economico esercitato e che può avere una certa professionalità del contribuente, il quale può avvalersi di personale esterno come promotori o consulenti esterni per organizzare e coordinare al meglio l'attività. Il termine abitualità delimita un’attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti, che è proprio quella che pone in essere la maggior parte di coloro che investono in strumenti finanziari, i quali vanno continuamente tenuti sotto controllo, rivenduti, ricomprati, a volte tramite collaboratori o professionisti.


Molto rilevante l'orientamento, espresso dall’Amministrazione Finanziaria, con R.M. 204 del 20.06.2002 e R.M. 273 del 07.08.2002, secondo le quali si configurerebbe “reddito d'impresa” (fuoriuscendo dall'ambito delle regole proprie dei redditi diversi, di cui all'articolo 67 del Tuir) qualora l'attività svolta, ancorché finalizzata al compimento di un'unica operazione speculativa, abbia un congruo valore economico e si protragga nel tempo per una durata apprezzabile, che è proprio quello quello che facciamo noi comprando e rivendendo spesso e per qualche anno azioni, bond e strumenti finanziari in genere.

Fermo restando che sarebbe assurdo che l'Agenzia delle Entrate ci accusasse di fare attività d'impresa e magari accusasse anche chi compra e rivende immobili per fare investimento o li affitta (le norme indicate sono esattamente le stesse e valgono anche per questi casi), mi piacerebbe avere un vostro parere sulla vicenda.
Visto quello che si sente in giro e la fame di soldi del fisco, non mi stupirei che provassero ad applicare queste norme assurde arrivando ad una accusa assurda.
Ciao!
 

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