la CIA servizio segreto terrorista Americano (1 Viewer)

tontolina

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da http://www.investireoggi.it/forum/3098928-post2.html
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CADE IN MESSICO UN AREO DELLA CIA: TRASPORTAVA 4 TONNELLATE DI COCAINA

mag 8th, 2012 by giorgio





Diciassette dopo mesi che un DC9 era stato fermato con 5,5 tonnellate di cocaina , un altro scandalo internazionale di grande rilievo si sta preparando per un secondo incidente il traffico di droga in Yucatan (Messico) che coinvolge un jet americano registrato e di proprietà di una società di copertura fittizia del genere di solito associata alla CIA.

(NdA l’autore crede che avvenga uno scandalo, scommettete che questa notizia sparira’ come al solito nel nulla finendo nel silenzio e nel disinteresse dei principali media internazionali? Altro che scandalo!).

Le quattro tonnellate di droga
Dopo una nostra visita week-end alla “Donna Blu Aircraft Inc” di Coconut Beach FL (la societa’ di proprieta’ dell’aeroplano a quanto si pare di capire). La società che viene registrata sulla FAA proprietaria del Gulfstream II business jet (N987SA) il quale è schiantato con 3,7 tonnellate di cocaina a bordo in Yucatan in Messico due settimane fa, ha rivelato che l’indirizzo della società è una suite per uffici completamente vuota senza alcun segno o logo di riconoscimento.

Non c’era alcun segno di aeromobili Donna Blu, Inc. al l’indirizzo indicato presso il Dipartimento Florida. di imprese, 4811 Lyons Technology Parkway # 8 in Coconut Beach FL. Tuttavia, abbiamo trovato, stranamente, una mezza dozzina di auto civetta della polizia parcheggiate di fronte della suite vuota.
Sembra che uno degli aerei registrati in questo elenco di “CIA Prison Planes” abbia avuto in un piccolo incidente – si e’ schiantato in Messico dopo essere corto di carburante in rotta verso gli Stati Uniti. Le autorità erano di un po ‘sorprese (Nda sorprese? mi pare alquanto normale) quando hanno trovato quattro tonnellate, sì, avete letto bene, quattro tonnellate di cocaina a bordo,

I piloti sfuggiti all’incidente si sono dileguati - tra cui anche una donna, la CIA si rifiuta di commentare, e la stampa e il media mainstream non vogliono raccontarne la storia.

Nota del prigioniero: io vorrei segnalare a voi intelligenti lettori del prigioniero anche questa interessante notizia che vi invito a leggere con molta attenzione. Se qualcuno dopo aver letto la notizia gli ritorna in in mente il famoso film “air america” probabilmente ha colto nel segno! Sempre All’Erta! NumberSix

Fonte: da Nocensura, del 8 maggio 2012
Link: nocensura.com: Cade in Messico un areo della CIA: trasportava 4 tonnellate di Cocaina!
 
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tontolina

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DOSSIER – IL TRAFFICO DI DROGA È CONTROLLATO DAI POTERI FORTI


editoriale a cura dello staff di nocensura.com

La notizia dell’aereo legato alla CIA caduto in Messico durante il trasporto di 4 tonnellate di Cocaina deve far riflettere, in modo particolare ci rivolgiamo a coloro che stentano a credere che le più potenti istituzioni possano esser coinvolte in loschi affari di diverso tipo.

Deve fare riflettere anche il fatto che i mass media non riportino una notizia di questa portata/gravità.

Quando è emerso che i soldati americani in missione in Afganistan trafficassero droga, cercando di rimpatriarla in USA al rientro dalla missione nascosta nei mezzi militari, non hanno dimostrato alcuna esitazione a punirli e parlarne sulla stampa: questo perché si trattava di iniziative “private” di alcuni soldati, e probabilmente graduati, sganciati però dai poteri forti che controllano il narcotraffico nel mondo.

Non ci vuole tre lauree per capire che la produzione e il narcotraffico di sostanze stupefacenti E’ AVALLATO, se non GESTITO e ORGANIZZATO – dai poteri forti e dalle istituzioni sovranazionali (Onu) e nazionali.

Anche i semplici cittadini sono a conoscenza del fatto che:
in Colombia ci sono immense piantagioni di “Erythroxylum coca” ovvero la pianta dalla quale viene estratta e raffinata la cocaina,
come in Afganistan ci sono del “papavero da oppio
e in Marocco di “Canapa Indiana“.
Coltivazioni grandi quanto alcune regioni italiane, ben visibili persino dai satelliti. Se ci fosse la volontà di distruggerle, in una settimana il mondo sarebbe liberato da questa piaga, ma il giro di soldi è tale che non conviene a nessuno farlo.

Da anni la DEA (la polizia antidroga americana) sulla carta risulta impegnata in missioni antidroga in Colombia, la celebre e costosissima missione “Plan Colombia” – “piano Colombia” – (vedi sul sito del governo USA) dove le piantagioni dovrebbero esser distrutte mediante “fumigazione” (ovvero annaffiate con potenti diserbanti tramite aerei) ma i dati – pur parzialmente manipolati – rivelano come consumo – e quindi spaccio/traffico – di droga siano in realtà in aumento: ad essere fumigate sono le piantagioni di chi produce “autonomamente”, senza fare affari con i “poteri”, oppure ci propongono operazioni di facciata create ad arte:

Le TV parlano di “sequestri milionari”, ma la realtà è ben diversa: produrre cocaina – che “al dettaglio” viene rivenduta nei mercati europei a 70-100€ al grammo (con un grado di purezza spesso inferiore al 20%) costa pochissimo: se fosse prodotta come avviene per i farmaci generici (spesso le specialità medicinali costano più care in quanto le case farmaceutiche detengono il brevetto, per recuperare le spese sostenute in fase di ricerca) la cocaina costerebbe 10 – 20 centesimi di euro al grammo: anche meno, se prodotta in grande scala industriale.
Pertanto, per chi la produce, perdere una tonnellata di cocaina è un danno esiguo, specialmente se è stata prodotta “ad hoc” per essere sequestrata, ovvero viene prodotta una quantità superiore di quella necessaria per soddisfare le richieste del mercato mondiale (senza quindi senza perdere vendite) inoltre dobbiamo considerare che spesso vengono arrestati i “pesci piccoli” o “medio-piccoli”, cioè gli ultimi anelli della catena, che hanno già pagato la sostanza ai loro superiori.

Se sono le mafie, a gestire la rete di spaccio sul territorio, rifornendo i grossisti che immettono la droga sul mercato, ad alto livello è evidente come le istituzioni sovranazionali avvallino questo mercato, che non conosce crisi ed è in continua espansione.


La droga è illegale in tutte le nazioni del mondo, che cercano di contrastarne lo spaccio e persino la detenzione; sono le stesse nazioni che in sede Onu fanno parte del “Dipartimento antidroga” che non fa niente di significativo.


Gli Stati Uniti inoltre, da un decennio sono presenti in Afganistan, e anziché debellare questo fenomeno, abbiamo assistito all’esponenziale aumento della produzione, fattore che ha determinato una diminuzione del prezzo, che ha portato – dopo decenni in cui l’uso di eroina era in calo – ad un nuovo aumento del numero dei consumatori, in particolare tra i giovani: l’eroina in Italia ha conosciuto un boom tra le generazioni nate tra il 1960 e il 1970, quando negli anni ’80 -’90 era di moda iniettarsela: le generazioni che oggi hanno 30-40 anni si sono tenute alla larga da questa droga, anche perché ne hanno visto gli effetti a medio-lungo termine sui consumatori più grandi, che spesso dopo qualche anno di tossicodipendenza, diventavano relitti umani.

Ma i giovani d’oggi, privi di questa “memoria storica” si stanno riavvicinando all’eroina, con modalità di assunzione – almeno inizialmente – differenti: ora il metodo più utilizzato consiste nel fumarla su carta stagnola.

Tornando al “grande narcotraffico“, è fin troppo evidente come sarebbe possibile stroncare il mercato della droga, fermandone la produzione (almeno per quanto riguarda le droghe che provengono dalla lavorazione di piante) con costi infinitesimali rispetto a quelli che vengono investiti nel contrasto: che spesso apre le porte del carcere a giovani, costretti a spacciare per mantenere il costo della loro dipendenza.

Curiosità. L’ “Osservatorio droghedell’ADUC da anni fornisce “i numeri” su sequestri e arresti legati alla droga in Italia, con la rubrica “il prezzo del proibizionismo“:

Sequestri di droga in Italia: (dati dal 20/12/2011 al 07/05/2012)

droghe leggere (kg) 5.990
droghe pesanti (kg) 6.700
dosi droghe sintetiche 3.380.000
piante di cannabis 3.890.000
flaconi di metadone 250

morti per droga: 16

persone arrestate: 3.995
giorni di reclusione: 2.850


I dati del 2011: (dal 28/12/10 – 02/01/12)
Sequestri:
droghe leggere: Kg 9.570
pesanti: Kg 13.370
sintetiche: dosi 2.620.900
cannabis: piante 9.112.500
metadone: flaconi 600
Morti per droga: 54
Arresti: 9.298
Giorni di reclusione: 11.905

Il traffico di droga potrebbe e dovrebbe essere stroncato. Ma la “via maestra” non certo riempire i carceri di tossicodipendenti (in Italia, tra l’altro i detenuti per questioni legate alla droga sono il 36,9% del totale, un dato molto più elevato che nel resto dei paesi europei: Francia 14,5%, Germania 15,1%, Spagna 26,2%, Regno Unito 15,4% ) che vendono qualche dose per ricavare il necessario per drogarsi, ne arrestare i giovani che si fumano uno spinello, tra l’altro secondo autorevoli studi medici la canapa indiana (se non fosse alterata con sostanze dannose, come spesso avviene nel mercato nero) produce meno danni di sigarette e alcool. L’unico modo efficace sarebbe quello di distruggere le coltivazioni.

Approfondimenti:
6 anni di galera e 30.000€ di multa per 4 piante d’erba + DOSSIER dati carcere e cannabis
PENALIZZAZIONE DEI REATI LEGATI ALLA DROGA: COSTI ED EFFETTI(dossier PDF)

Fonte: da editoriale a cura dello staff di nocensura.com del 8 maggio 2012
Link: http://www.nocensura.com/2012/05/dossier-il-traffico-di-droga-e.html
 

tontolina

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La Droga: uno strumento di politica globale


cia-droghe.jpg
di Dmitrij Sedov - Strategic Culture Foundation.
Tradotto da Geopolitica Rivista.
Sulla scia della Seconda Guerra mondiale, le elite politiche statunitensi e britanniche si ritrovarono ad affrontare la minaccia del socialismo su scala globale. Nonostante le incombenti perplessità circa il futuro, decisero di reagire mobilitando risorse – pubbliche e nascoste – al fine di implementare un programma di “Roll Back” atto a invertire l’avanzata comunista mondiale.
Un vero e proprio blocco sulla strada della mobilitazione anti-comunista era rappresentato dal fatto che la maggior parte della popolazione statunitense era diffidente verso un progetto di politica estera di così ampia portata. Per lo statunitense medio il mondo era rappresentato unicamente dall’America del Nord e l’interesse per la politica estera era minimo. A causa di questo radicato isolazionismo, negli Stati Uniti, agli esordi della Guerra Fredda, spese governative ingenti nella politica estera erano fuori questione.
Inoltre la CIA, principale fonte economica nel reame della politica estera americana, rappresentava, per la maggioranza degli americani nell’epoca post-bellica, un’agenzia come un’altra, mentre in realtà questa stava diventando un protagonista chiave. Pur perseguendo l’impegno di portare a termine massicce operazioni mondiali, la CIA chiese alla Casa Bianca una licenza per inserirsi in fonti di finanziamento alternativi.



La droga figurava come il business più remunerativo tra quelli più noti. La natura criminale del business dettava quindi le regole del gioco. Mentre alcuni dei guadagni erano effettivamente utilizzati a supporto di operazioni sotto copertura, altri erano deviati verso l’arricchimento personale di agenti e dirigenti dell’agenzia oppure rimanevano nelle mani di gruppi finanziari con potere di lobby nell’amministrazione statunitense. Di conseguenza, la complicità nel business della droga iniziò a diffondersi verso il livello più alto dell’establishment nordamericano.


Il primo caso rappresentante le connessioni tra la CIA e il business della droga risalgono al 1947, anno in cui Washington, preoccupato dell’ascesa del movimento comunista nella Francia post-bellica, si associò con la nota e spietata mafia corsa nella lotta contro la sinistra. Dal momento che il denaro non poteva essere riversato nella sgradevole alleanza attraverso canali ufficiali, una grossa fabbrica di eroina venne istituita a Marsiglia con l’assistenza della CIA, che alimentava l’affare. L’iniziativa imprenditoriale impiegava abitanti del posto, mentre la CIA organizzava il ciclo degli approvvigionamenti, ed il terrore fisico e psicologico contro i comunisti in Francia alfine impedì loro di raggiungere il potere.


Successivamente lo schema adottato è stato replicato nel mondo. All’inizio degli anni ’50 la CIA dirigeva un network di fabbriche di eroina nel Sud Est Asiatico e con parte dei guadagni sosteneva Chiang Kai-shek, che combatteva contro la Cina comunista. La CIA iniziò quindi a patrocinare il regime militare in Laos, rafforzando i propri legami nella regione del Triangolo d’oro comprendente Laos, Tailandia e Birmania, Paesi che hanno contribuito per il 70% della fornitura globale di oppio.

La maggior parte della merce era diretta a Marsiglia e in Sicilia per il trattamento effettuato dalle fabbriche gestite dalla mafia corsa e siciliana. In Sicilia, l’associazione criminale che gestiva diverse fabbriche di droga era stata fondata da Lucky Luciano, un gangster americano nato in Italia e rideportatovi dopo la Seconda Guerra mondiale. Le informazioni non classificate non lasciano alcun dubbio circa il lavoro che Luciano svolgeva per l’intelligence americana. L’uomo è stato, senza grosse motivazioni, rilasciato dalla prigione americana nel 1946 prima di aver scontato la sua condanna; l’associazione criminale italiana che operava sotto il controllo statunitense condivideva i guadagni con i patroni americani, i quali utilizzavano il denaro per portare avanti una guerra segreta contro il partito comunista italiano.


La CIA continuò a prelevare denaro dal Triangolo d’oro durante la Guerra del Vietnam. La droga proveniente da questa regione veniva trafficata illegalmente negli Stati Uniti e distribuita a basi militari americane all’estero. Ne deriva che molti dei veterani della Guerra del Vietnam sono rimasti segnati non solo dalla guerra, ma anche dall’uso di narcotici. Le attività legate al traffico della droga portate avanti dalla CIA dovevano rimanere segrete, ma evitare di venire a conoscenza di azioni così gravi era difficile. Uno scandalo enorme scoppiò infatti negli anni ’80 coinvolgendo la banca Nugan Hand di Sydney, con filiali registrate alle isole Cayman, e il precedente direttore della CIA W. Colby avente funzione di consigliere legale. La CIA ha utilizzato la suddetta banca per operazioni di riciclaggio di denaro sporco nella gestione dei proventi derivanti dal traffico di droga e armi in Indocina


La geografia dei traffici di droga appoggiati dalla CIA si ampliò costantemente.

Negli anni ’80, lo scambio armi per droga è stato replicato per finanziare i Contras del Nicaragua, ma dopo essere stato scoperto il Comitato delle relazioni estere del Senato americano ha dovuto aprire un’inchiesta. Una frase del rapporto del Senato sul famoso accadimento affermava: “I decisori statunitensi non erano immuni all’idea che i soldi della droga fossero una soluzione ideale al problema del finanziamento del Contras”. Questa dichiarazione, in linea generale, potrebbe dimostrare che le attività della CIA erano strettamente collegate alla politica estera americana.
Il business della CIA nel narcotraffico si è diffuso senza precedenti quando gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica entrarono indirettamente in conflitto in Afghanistan.

La comunità dell’intelligence americana finanziò generosamente i Mujahiddin, in parte con i soldi derivanti dal narcotraffico. Gli aerei statunitensi che consegnavano armi alla nazione rientravano carichi di eroina. Secondo giudizi indipendenti, all’epoca, circa il 50% del consumo di eroina negli Stati Uniti proveniva dall’Afghanistan.

La mafia, la CIA e George Bush di Pete Brewton (New York: S.P.I. Books, 1992) offre una serie di dati concreti che provano i legami esistenti tra il direttore della CIA e il Presidente americano G. Bush e la mafia. Lo stesso Presidente, in certe fasi della sua carriera, combinò la propria funzione pubblica con la politica e il business della droga. L’establishment americano ha concluso che la droga oltre ad essere stata impiegata per circostanze politiche, potrebbe tornare utile nel raggiungimento di obiettivi geopolitici di lungo termine.


Quando P. Brenner divenne capo di Baghdad con un’autorità che nemmeno S. Hussein si sognava, non fece alcun tentativo per innalzare una barriera contro l’ondata del narcotraffico che travolse l’Iraq. Inoltre è importate notare che il business della droga, durante il governo di S. Hussein, era un problema inesistente nel paese.

“Questa è la panacea di ogni rivolta. Drogateli, rendeteli dipendenti come pesci affamati. In seguito, dopo aver preso il controllo della loro radio e televisione, storditeli con la propaganda…”. BAGHDAD: la città che non ha mai visto l’eroina, una dipendenza mortale, fino a Marzo del 2003, ora è sommersa di stupefacenti, inclusa l’eroina.


Secondo un rapporto pubblicato dal giornale “The Indipendent” di Londra, i cittadini di Baghdad si lamentavano che la droga, come l’eroina e la cocaina, erano smerciate per le strade delle metropoli irachene. “Alcune relazioni suggeriscono che il traffico di droga e armi era sostenuto dalla CIA, al fine di finanziare le sue operazioni segrete internazionali”, scrive Brenda Stardom. Nel suo rapporto, un abitante di Baghdad spiegava: “Saresti impiccato per il traffico di droga. Ma ora si può ottenere eroina, cocaina, qualsiasi cosa”. I civili tossicodipendenti non hanno nessuna volontà di resistere, mentre la trionfante Washington, che ottenne le risorse del paese, è incurante del fatto che questa gente è condannata all’estinzione.
* * *
L’operazione anti-terroristica lanciata immediatamente dopo il dramma dell’11 Settembre è giunta a conclusione in Afghanistan 11 anni dopo. Washington tratta la questione come un successo, ma evitare l’opinione pubblica genera gravi effetti collaterali.

L’Afghanistan è stato abbandonato in uno stato di distruzione, con interi villaggi annientati, migliaia di persone decedute, prigionieri, campi di concentramento e rifugiati in tutto il paese.
Sconfiggere il business della droga era l’obiettivo più pubblicizzato dell’intera Guerra al terrore americana, ma il risultato e gli obiettivi della campagna erano completamente diversi.
Nelle mani della coalizione occidentale, l’Afghanistan si è trasformato nel principale produttore mondiale di droga.

Gli USA e il business della droga si sono intrecciati sin dalla fine del secondo conflitto mondiale. Per Washington, la droga è stata a lungo un elemento strutturale della politica estera, oltre all’enorme mercato nero mondiale che alimenta l’economia “legittima” dell’Occidente…
Un dollaro destinato al commercio della droga rende fino a $12.000, nella migliore delle ipotesi. Il costo dell’eroina afgano aumenta nettamente man mano che ci si sposta a nord del Paese – in Pakistan ammonta a circa $650 al chilo, $1.200 in Kyrgyzstan, raggiungendo i $70 al grammo nella città di Mosca. Un chilo di eroina equivale a 200.000 dosi e una dipendenza disperata inizia dopo 3 o 4 dosi.
Il capitale “legittimo” sarebbe temporaneamente insostenibile senza il trascinante mercato nero globale. Entrambi i componenti dell’economia mondiale sono incentrati sugli Stati Uniti. Washington è consapevole che la produzione di droga può essere messa in atto solo dopo aver soddisfatto il requisito principale, cioè che gli utili finali non creino un effetto a cascata sul produttore.

Diversamente, il mercato nero si sgretolerebbe all’istante. La mafia che gestisce il traffico di droga in linea riesce ad ottenere il 90% dei ricavi dall’eroina. Accanto ad altri soggetti coinvolti nel traffico, coloro che lavorano la materia prima ricevono il 2% del guadagno, gli agricoltori di papavero il 6% e i commercianti di oppio il 2%.
La produttività del mercato nero utilizza anche aree coltivate a prezzi marginali. Promuovere un conflitto armato nella zona agricola è il modo più semplice per attenuare i costi richiesti dagli agricoltori, considerando che le armi sono la merce con più alto valore equivalente.
La formula è che più sanguinoso è il conflitto e più alti sono i ricavi dalle vendite di armi e droga.

L’instabilità, associata al controllo del disordine, rappresenta il motore del mercato nero.

I due fattori armonizzano la domanda e l’offerta, tuttavia per assottigliare i costi e non avere difficoltà occorre diffondere aspirazioni separatiste. Il comandante della situazione dovrebbe impegnarsi con gruppi etnici, clan o fazioni religiose piuttosto che con enti statali.
L’Afghanistan ha distribuito un totale di circa 50 tonnellate di oppio durante la metà degli anni ’80, ma la cifra è balzata a 600 tonnellate entro il 1990, un anno dopo il ritiro dei sovietici.

Dopo aver sequestrato il 90% del territorio afgano e preso controllo della coltivazione di papavero locale, i talebani si sono scrollati di dosso la presa della CIA e del dipartimento di Stato americano, causando la perdita della quota statunitense dei circa 130 miliardi di dollari di profitto che la mafia poteva ottenere se le forniture venivano incanalate con successo in Asia centrale.
Riprendere il controllo della produzione di eroina dal potere dei talebani era l’obiettivo fondamentale dietro la campagna statunitense in Afghanistan.

Al momento la missione è compiuta, gran parte dell’eroina viene acquistata e trasmessa dalla CIA e dal Pentagono ad altri paesi.

Dopo aver costruito le basi militari in Kyrgyzstan, Uzbekistan e Tagikistan e insediato il governo di H. Karzai, Washington ha aperto nuove rotte di approvvigionamento, eliminando i concorrenti e facendo sì che la capacità degli stabilimenti di trasformazione dell’oppio in eroina non siano mai privi di lavoro.
Al momento, l’Afghanistan rappresenta il 75% del mercato globale di eroina, l’80% del mercato europeo e il 35% del mercato statunitense.

Circa il 65% del rifornimento di droga dell’Afghanistan attraversa l’Asia centrale post-sovietica e anche se questa disposizione sarà leggermente modificata, il traffico persisterà anche dopo il ritiro della coalizione occidentale dall’Afghanistan. L’alleanza criminale tra la CIA e i talebani è un fatto noto e non svanirà. Attualmente, i gruppi criminali albanesi del Kosovo possiedono un ruolo di primo piano nel commercio internazionale della droga.

L’indipendenza del Kosovo dalla Serbia ha permesso agli Stati Uniti di pianificare un nuovo punto di appoggio per il business della droga, con particolare riguardo all’Europa. Oltre un milione di albanesi risiedono in Europa occidentale e la maggior parte di loro sopravvive grazie a diversi affari illegali, soprattutto quello della droga. Senza dubbio, gli Stati Uniti hanno deliberatamente presentato all’Europa un problema che d’ora in poi aumenterà.
Secondo l’agenzia anti-narcotici russa, circa 100.000 persone in tutto il mondo – più di quante uccise dall’esplosione nucleare che distrusse Hiroshima – muoiono ogni anno a causa degli stupefacenti provenienti dall’Afghanistan. In questo contesto, in Russia, il bilancio è di circa 30.000 vittime. L’agenzia russa sul controllo della droga afferma che la produttività è raddoppiata negli ultimi dieci anni e ad oggi il 90% delle dosi di droga consumate globalmente – un totale di 7 miliardi – rappresentano eroina.
La tossicodipendenza sta invadendo l’odierna Russia e nel mix con l’abuso di alcool sta mettendo in pericolo l’esistenza stessa della nazione. La Russia è molto attiva nell’incoraggiare la lotta internazionale contro la droga – il Ministro degli esteri S. Lavrov, per esempio, ha ricordato al forum anti-droga 2010 che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite osserva il problema della droga come una minaccia alla pace e alla sicurezza globale. Il suo punto di vista era che il mandato della coalizione in Afghanistan dovrebbe essere aggiornato per includere delle misure ben più robuste, incluso lo sradicamento dei campi di oppio e lo smantellamento delle fabbriche di droga.


I passi per contrastare la produzione di stupefacenti in Afghanistan dovrebbero essere altrettanto decisi di quelli scattati in America Latina contro il traffico di cocaina, afferma Lavrov sottolineando anche, che un coordinamento in tempo reale tra la Russia e la NATO, lungo il confine con l’Afghanistan, potrebbe essere di grande aiuto.
Mosca ha mandato per anni segnali in merito, ma l’atteggiamento della NATO sembra essere impassibile.
Il capo dell’agenzia russa del controllo della droga V. Ivanov ha affermato nel 2010 che la Russia ha fornito delle informazioni riservate agli Stati Uniti e all’amministrazione afgana riguardo 175 stabilimenti di droga in Afghanistan, eppure nessuno di questi è stato smantellato. I fondi continuano quindi ad accumularsi sui conti bancari di coloro che gestiscono questi traffici ed è chiaro che questa condizione richiede un fronte anti-narcotico molto più ampio. Mosca perderà solo tempo e vedrà sempre più russi morire se attende una mossa dell’Occidente per sottoscrivere tali iniziative. È giunto il momento di adottare misure drastiche contro coloro che diffondono la morte confezionata in dosi.

Traduzione per Geopolitica a cura di Angela De Martiis.
Fonte: Strategic Culture Foundation
Tratto da: http://www.geopolitica-rivista.org/18750/la-droga-uno-strumento-di-politica-globale
 

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Zawahiri è parte dell’operazione della CIA noto come ‘Gladio B’.

Zawahiri ei suoi “terroristi” sono stati trasportati a bordo degli aerei della NATO in vari luoghi in Asia centrale e nei Balcani per prendere parte alle operazioni di destabilizzazione del Pentagono.
Due giornalisti del Sunday Times hanno detto che tutto questo è stato confermato dai vertici del Pentagono e funzionari dell’MI6.

I servizi Segreti proteggono le mafie e i colletti bianchi. | Fractions Of Reality
 

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Polonia, la prigione segreta della Cia

di Riccardo Noury - 16 Giugno 2013
C'è il forte sospetto che tra il 2002 e il 2005 il governo polacco colluse con gli Usa e altri stati nell'arresto illegale di persone e nel loro trasferimento in luoghi in cui furono torturate e sottoposte a sparizione forzata





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Da cinque anni, la giustizia polacca sta indagando sull'ampio sospetto che tra il 2002 e il 2005 i servizi segreti degli Usa abbiano gestito un centro segreto di detenzione a Stare Kiejkuty (180 chilometri a nord della capitale Varsavia, nella foto), all'interno del quale persone sospettate di legami con il terrorismo furono vittime di sparizione forzata e tortura.

L'indagine procede a rilento e non si sa a che punto gli inquirenti siano arrivati. Il timore delle organizzazioni per i diritti umani è che ritardi e segretezza facciano parte di una tattica ufficiale per evitare di render conto della collaborazione tra Polonia e Usa nell'ambito della cosiddetta "guerra al terrore".

Amnesty International ha sollecitato il governo polacco ad assumersi le sue responsabilità. Sono così tanti i resoconti di stampa, i rapporti delle organizzazioni intergovernative e non governative e le stesse parole delle massime autorità polacche dell'epoca e di oggi da lasciare pochi dubbi sul fatto che il governo dell'epoca colluse con gli Usa e altri stati nell'arresto illegale di persone e nel loro trasferimento in luoghi in cui furono torturate e sottoposte a sparizione forzata. È giunto il momento che ex funzionari del governo e agenti dell'intelligence polacca siano portati in giudizio.

Come è noto, dopo i crimini contro l'umanità dell'11 settembre 2001, persone sospettate di atti legati al terrorismo furono arrestate illegalmente o rapite e trasferite in paesi in cui rischiavano tortura o altre forme di maltrattamento e processi iniqui, oppure furono rinchiuse in prigioni segrete della Cia, anche in Europa, in cui vennero interrogate con tecniche equivalenti a tortura o altri maltrattamenti.

Di una struttura detentiva segreta della Cia a Stare Kiejkuty si parla ormai dal 2005. Ci sono voluti tre anni perché si aprisse un'inchiesta, ripetutamente differita a causa della sostituzione del personale inquirente, del trasferimento della sua sede da Varsavia a Cracovia, dalla scarsa collaborazione del governo statunitense e dalla continua invocazione della "sicurezza nazionale".

Due uomini sono coinvolti nell'inchiesta come "parte lesa".

Il primo è Abd al-Rahim al-Nashiri, un cittadino saudita ritenuto l'ideatore dell'attentato contro il cacciatorpediniere americano USS Cole, avvenuto sulle coste dello Yemen nel 2000. Ha dichiarato di essere stato interrogato in una struttura segreta in Polonia e sottoposto a "tecniche rafforzate di interrogatorio", a finte esecuzioni e a minacce di violenza sessuale nei confronti dei suoi familiari.

Zayn al-Abidin Muhammad Husayn, conosciuto come Abu Zubaydah, un palestinese apolide nato in Arabia Saudita, ha denunciato a sua volta di essere stato detenuto in Polonia e torturato. L'ex presidente americano George W. Bush ha ammesso, nelle memorie pubblicate nel 2010, che Abu Zubaydah era stato sottoposto alla tecnica del "waterboarding" (semi annegamento) durante la detenzione segreta della Cia. Del resto, quattro anni prima, lo stesso ex presidente Usa aveva ammesso l'esistenza di prigioni segrete della Cia.

Abu Zubaydah e al-Nashiri hanno anche sporto denuncia alla Corte europea dei diritti umani, rispettivamente nel 2011 e nel 2013. Nel caso di al-Nashiri, il governo polacco si è rifiutato di fornire alla Corte le informazioni che aveva richiesto. I due uomini sono attualmente detenuti a Guantánamo. Al-Nashiri è sotto processo di fronte a una commissione militare.

Il rapporto diffuso oggi da Amnesty International parla di un terzo uomo che ha denunciato di essere stato detenuto in un sito segreto in Polonia nel 2003: si tratta di Walid bin Attash, cittadino yemenita, a sua volta detenuto a Guantánamo in attesa di essere processato da una commissione militare.

Nel suo discorso del 23 maggio, il presidente Barack Obama ha riconosciuto l'esistenza di pratiche illegali: "In alcuni casi, ritengo che abbiamo compromesso i nostri valori fondamentali, usando la tortura per interrogare i nostri nemici e tenendo in detenzione individui in un modo che era contrario allo stato di diritto". Una dichiarazione importante: gli Usa hanno ammesso che loro agenti hanno torturato e detenuto illegalmente delle persone.

Quando le autorità polacche riconosceranno il loro ruolo in queste violazioni dei diritti umani?

Dal blog Le persone e la dignità
 

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