La casta: I privilegi dei politici (2 lettori)

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Paolo Forcellini per "Blitzquotidiano.it"


GIULIO TREMONTI

Oggi vi racconto una storia. Vera. Molti e molti anni fa un mio amico giornalista si trovò più volte a incontrare, per motivi professionali, un importante ministro democristiano. Tra i due, entrambi intelligenti e determinati, si sviluppò una reciproca stima. Tanto che il ministro, alla vigilia delle successive elezioni, insistette con il reporter perché questi si candidasse nelle liste dello scudocrociato: ci avrebbe pensato lui, capocorrente, a fargli conquistare il seggio.
Il giornalista non sembrava proprio un dc, era piuttosto un federalista europeo, un po' radicaleggiante, ma alla fine, complici le insistenze del ministro da una parte e il promesso laticlavio dall'altra, si risolse a scendere in campo: prese un'aspettativa elettorale e venne candidato in un collegio senatoriale del nord. Risultato: fu trombato e tornò alla carta stampata, mestiere nel quale era un vero, autorevole "senatore".
Anni dopo, quando mancavano un paio di settimane alla conclusione della legislatura e le Camere avevano già interrotto i lavori, un senatore dc morì improvvisamente. Con inusuale, per il belpaese, efficienza, al suo posto venne subito nominato il primo dei non eletti, appunto il nostro amico giornalista. Il quale, indaffarato all'estero, non trovò nemmeno il tempo di recarsi a Palazzo Madama, peraltro deserto, e mandò qualcuno a informarsi delle pratiche del caso.


montecitorio

Di ricandidarsi per riconquistare lo scranno, neanche a parlarne: nel frattempo anche il suo ministro-protettore era deceduto e lui non era mai stato uomo della Balena bianca. Comunque ebbe di che consolarsi: per quella manciata di giorni sul seggio (virtuale) il Nostro maturò il diritto alla pensione vita natural durante a patto di pagare, in comode rate trattenute direttamente dal vitalizio, i contributi relativi ai cinque anni della legislatura.
Di casi simili ve ne sono altri ma non vi starò a tediare.
Ora qualcosina è cambiato, ma assai poco: ad esempio è necessaria un'età minima (60 anni) per poter riscuotere il vitalizio, fatta salva un'eventuale infermità. I partiti, tutti i partiti inclusi quelli di opposizione, si sono resi complici di queste abnormità. I radicali, che sempre tuonano contro il "regime dei partiti", il loro finanziamento pubblico e le loro altre soperchierie, per decenni hanno utilizzato il metodo della "staffetta": metà legislatura a uno e metà a un altro dei loro accoliti, così le pensioni a carico dello Stato diventavano due.


auto blu

I comunisti, dal canto loro, quando dovevano giubilare un funzionario ormai "cotto" lo facevano eleggere in Parlamento, di regola per due legislature onde fargli maturare una congrua quiescenza, indispensabile anche perché si guardavano bene dal versare i contributi a chi lavorava per decenni sotto la falce e il martello.
In proposito, tutti i partiti, con l'aggiunta dei sindacati, negli anni '60 e '70 approvarono una legge, reiterandola più volte, che stabiliva che ai funzionari politici e sindacali, sulla base di una semplice dichiarazione dell'amministratore dell'organizzazione, venisse riconosciuta un'anzianità previdenziale (e quindi una base per il calcolo della pensione Inps) a sanatoria delle mancate contribuzioni. Molti funzionari, alcuni poi divenuti anche parlamentari, si ricostruirono così a spese della collettività una "carriera" che per molti di loro risultò essere iniziata a 14 anni.


IL CRAC DELLA GRECIA

In questa gara a chi se l'inventava più dispendiosa un posto di rilievo spetta alle Regioni, nate negli anni '70 ma rapidissime a recuperare il tempo perduto, specialmente quelle a statuto speciale: baby pensionati, indennità sontuose, miriadi di dipendenti e quant'altro.
Qualche giorno fa il "Corriere" ha calcolato che, fra il 1999 e il 2008 i rimborsi elettorali ai partiti sono aumentati di 11 volte: nessuno si è stupito e soprattutto nessuno si è alzato in Parlamento proporre un drastico taglio di questi contributi che oltretutto aggirano spudoratamente il voto popolare che nel ‘93 si pronunciò (al 90 per cento) per abolire il finanziamento pubblico ai partiti politici.


santanche in parlamento

So bene che i cosiddetti costi della politica sono una piccola quota della spesa pubblica. Ma, se è vero che il pesce puzza a partire dalla testa, in una fase come l'attuale in cui si prospettano drastici tagli alla spesa pubblica, per ottemperare alle richieste della Ue e non finire come la Grecia, certo l'esempio che viene dalle principali istituzioni non ci rassicura affatto. Come chiedere ulteriori decurtazioni agli stipendi pubblici (aumentati del 42 per cento in un decennio) da un pulpito che ha incrementato le sue spese del 1.110 per cento? Si tratta con ogni evidenza di una situazione che rende ancora più difficile un'operazione già di per sé impervia.


DAGOSPIA IN PARLAMENTO

Su circa 800 miliardi di euro di spesa pubblica complessiva, quasi metà della quale gestita dagli enti locali, poco meno di 300 miliardi è costituita da pensioni dei dipendenti pubblici, 171 miliardi da stipendi, poi ci sono le missioni militari all'estero, le spese per investimenti (che continuano a calare). Comprimere queste voci, com'è ovvio, è quasi impossibile e talvolta anche controproducente (pensiamo agli investimenti, in particolare). Rimangono le spese per consumi intermedi e le spese correnti.


Carfagna e Bocchino in Parlamento

Queste ultime due voci assommano a circa 200 miliardi e sono state già tosate nelle passate finanziarie. Quindi il grasso che cola è davvero poco ma è comunque qui che la forbice di Tremonti dovrà nuovamente esercitarsi nelle prossime settimane. Siano davvero sicuri che una forte riduzione del costo della politica non sarebbe un indispensabile viatico per un'impresa così ardua?
 
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Casta, ci costa troppo. Basta privilegi a questa gente

di: Goffredo De Marchis Pubblicato il 23 giugno 2011| Ora 09:36
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Auto blu in un cortile ministeriale a Roma. E' il simbolo piu' macroscopi dei ridicoli costi della politica, ce ne sono 10 volte rispetto agli Usa.
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Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

ROMA — La Camera costerà nel 2011 un miliardo e non riuscirà ad abbassare questo tetto siderale né nel 2012 né nel 2013. Anzi, tra due anni, alla fine naturale della legislatura (sempre che ci si arrivi) costerà 74 milioni in più passando dalla previsione del 2011 di 1.070.994.520,57 a 1.114.219.354 di euro.

A quella data è destinato a pesare in bilancio soprattutto l'aumento dell'iperbolica cifra stanziata per i vitalizi dei parlamentari. Molti lasceranno il Transatlantico e non lo faranno a mani vuote. Lo stanziamento previdenziale passerà dagli attuali 138.200.000 a 143.200.000.Oggi i deputati che prendono la pensione sono 1329 e 484 i familiari che godono della reversibilità. In totale 1813 persone che in media portano a casa 6352 euro mensili a testa. Tutti parlano di tagli ai costi della politica. I vitalizi sono nel mirino dei partiti. A parole.


E GUARDANDO IL VIDEO QUI SOTTO, SI CAPISCE CHIARAMENTE PERCHE':



La controprova è a portata di mano. Montecitorio discuterà e voterà il bilancio il 4 e 5 luglio. Il dibattito in aula era stato fissato per lunedì prossimo. Ieri la conferenza capigruppo ha preso ancora un po' di tempo. Si aspetta Tremonti e il varo della sua manovra: il ministro ha promesso sforbiciate alle voci della politica. In quel caso il bilancio verrà rimodulato. Dal ministro può arrivare un primo segnale. Dopo i proclami sarà difficile sottrarsi. Anche per le forze politiche.

Stavolta non saranno solo I Radicali a presentare virtuosi ordini del giorno per ridurre il budget e scendere finalmente sotto quota un miliardo. Ne stanno discutendo il Pd (con qualche mugugno interno perché parlare dei costi della politica è «demagogia»), la Lega (ma ieri è saltata la loro conferenza stampa sulle spese del Palazzo), persino il Pdl. «Per la prima volta dal dopo guerra restituiremo 20 milioni allo Stato. E lo faremo anche nel 2012 e nel 2013», annuncia il questore Gabriele Albonetti (Pd) che tiene la cassa insieme con Mazzocchi (Pdl) e Colucci (Pdl).

Eppure le uscite della Camera continuano a essere incontenibili. Le spese per gli affitti, anche nel 2011, raggiungono la cifra record di 35 milioni 625 mila. Con l'aggiunta degli oneri accessori fanno 54 milioni. Un taglio è previsto dal 2012 quando sarà rescisso il contratto che lega Montecitorio all'imprenditore Sergio Scarpellini, proprietario dell'immobile dove stanno gli uffici dei deputati.

Ma la Camera lascerà solo una parte di Palazzo Marini, gravato da ben quattro contratti di affitto. La deputata radicale Rita Bernardini chiede di mettere in mora anche gli altri tre accordi. Anche perché la previsione per il 2013 è di un aumento delle spese per gli immobili (36 milioni 695 mila euro) e non una drastica riduzione. Dagli affitti d'oro agli affitti di platino. I questori fanno notare che rispetto al 2010 il preventivo del 2011, varato dall'ufficio di presidenza il 30 marzo, cresce solo dell' 1.09 per cento, al di sotto dell'infiazione programmata. Ma secondo la Bernardini si puo' fare di più. Il presidio medico interno costa 1 milione e 615 mila euro l'anno. Le spese di segreteria degli onorevoli (che costeranno nel 2011 27.900.000) restano unavoce con molti punti interrogativi.

E poi come fa un cittadino ad accettare l'idea che gli si chieda di versare contributi per 40 anni quando in Parlamento sono sufficienti 5 anni per ottenere un vitalizio. La distanza tra paese reale e le istituzioni andrebbe ridotta. Chi ha fatto il parlamentare per un giorno (e ce ne sono tre) percepisce piu' di 3.000 euro di vitalizio. Se tali agevolazioni venissero cancellate, si potrebbero risparmiare nel bilancio della Camera e di tutti i contribuenti 150 milioni di euro l'anno. La proposta di abolire il vitalizio dopo solo 5 anni e' stata cosi' accolta alla Camera: hanno votato si 22 parlamentari, no 498 (GUARDA VIDEO SOPRA).

Hanno subito un taglio di 500 euro al mese passando da 4190 euro a 3690 ma su questa cifra non c'è nessun controllo. E su 630 deputati solo 260 risultano aver stipulato contratti regolari con i loro portaborse. La parte del leone nei costi la fanno gli stipendi del personale (235 milioni) e le loro pensioni: 209 milioni (6,4 per cento). Albonetti precisa: «I dipendenti sono calati di 300 unità». Ma sono i deputati a godere dell'indennità (tagliata di altri 500 euro) e dei servizi costosi ed efficienti di Montecitorio.

Un esempio per tutti: i servizi di ristorazione e la spesa al mercato costano in tutto 6 milioni di euro. Con un rientro per la Camera che nelle partite di giro viene iscritto a bilancio per appena 440 mila euro. Adesso tutto cambierà, a sentire gli annunci dei leader. Di una riduzione dei costi della politica hanno parlato Bersani, Enrico Letta, Bossi, Di Pietro, Casini. La Bernardini cercherà di farli venire allo scoperto. Preparando una sfilza di ordini del giorno. "Oggi la ritenuta per la pensione è automatica — spiega —. Chiederò invece l'obbligo di firma".

Così il deputato che presenta la mozione per cancellare il vitalizio ma sa già che sarà respinta potrà rinunciare autonomamente». In caso di fine anticipata della legislatura l'onorevole che non ha maturato la pensione puo' ritirare i suoi contributi. «Un precario invece non lo puo' fare. Deve lasciarli all'Inps. Presenterò una proposta per dare ai precari lo stesso potere dei deputati», dice la Bernardini. Sarà una lenzuolata quella che il Partito radicale presenterà all'inizio di luglio. Ma anche gli altri partiti, tra dieci giorni, hanno la possibilità, come direbbe il Senatur, di passare dalle parole ai fatti.
 

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CASTA DA CASTRARE! - IN NESSUNO PAESE EUROPEO I POLITICI GODONO DI BENEFIT COME IN ITALIA . I NOSTRI DIS-ONOREVOLI NON PAGANO L’AUTOSTRADA, VIAGGIANO GRATIS SU TRENI, TRAGHETTI E AEREI, INCASSANO 20 MILA € LORDI AL MESE E MOLTI FANNO LAVORARE I PROPRI portaborse IN NERO - AI DEPUTATI INGLESI VENGONO RIMBORSATI SOLO BUS E METRO (I TAXI SOLO DOPO LE 23) - I NOSTRI PRENDONO 1300 € AL MESE PER I TRASFERIMENTI CASA-AEROPORTO-MONTECITORIO...

Carlo Bertini per "la Stampa"


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A raccontarlo agli amici può esser preso per uno scherzo, nei Palazzi della politica suonerebbe come una provocazione: un distinto lord inglese che abbia scelto di fare il deputato nella prestigiosa House of Commons, ha diritto al rimborso-spese per i pasti solo quando le sedute si protraggono oltre le 19,30, e per i taxi quando i lavori terminano dopo le 23.
Altrimenti per andare in Parlamento può chiedere il rimborso dell'autobus o della metropolitana. Anche se arriva dalla stazione o dall'aeroporto, dopo aver viaggiato, of course, solo in classe economica. I nostri onorevoli invece godono sempre e comunque di rimborsi di 1.300 euro mensili per i trasferimenti casa-aeroporto-Montecitorio.

Ecco, sarà pur vero che il sentimento dell'antipolitica è diffuso in tutta Europa, ma se in Italia raggiunge picchi ben noti è anche merito di questi sistemi da noi ancora in voga. E se le poche sforbiciate sulle prebende più assurde (come la tessera del cinema gratis che non esiste più) non servono a mutare la percezione generale, visto che i deputati godono ancora di libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima e aerea, a placare la rabbia dei cittadini non giovano votazioni come quella del novembre 2007: quando l'aula del Senato bocciò (266 voti contro 36) una proposta del comunista Turigliatto, appoggiata dalla Lega, per dimezzare gli stipendi dei parlamentari.
Fatto sta che rispetto ai colleghi francesi, inglesi o tedeschi, l'onorevole del bel paese che riesce a limitare al massimo le spese, guadagna di più e in alcuni casi il doppio. Lo dimostra un dossier riservato della Camera che in 33 pagine passa allo scanner tutte le voci che compongono il trattamento economico dei parlamentari in Europa.

Uno studio particolarmente accurato che dimostra come lo status di «onorevole» goda ovunque di una somma di benefit vari. Bilanciati però, a seconda dei casi, dal senso civico, come in Gran Bretagna, dove basta che vengano a galla rimborsi spese non regolari per far dimettere subito i ministri; o da una prassi il più possibile trasparente, come in Germania, dove i deputati del Bundestag deliberano l'importo dei loro stipendi in seduta plenaria.
Ecco, anche se la manovra ha ridotto gli stipendi di 1000 euro, alla voce «indennità», cioè la paga base di ogni deputato, l'Italia batte tutti con 11.703 euro lordi, seguita dal Parlamento europeo con 7.956 euro, dalla Germania con 7.668, dalla Francia con 7.100 e dalla Gran Bretagna con 6.350. Si tratta di competenze che al netto delle tasse scendono a 5.677 euro netti per i francesi, con variazioni negli altri paesi in base alle imposte (in Germania differenti in ogni regione) e a 5.500 euro per gli italiani

I quali però, grazie alla somma delle altre voci, arrivano a circa 14 mila euro netti, da cui detrarre le spese. Mentre negli altri parlamenti le spese sono rimborsate a piè di lista in base a criteri rigorosi. Per dare un'idea, il totale delle competenze lorde corrisposte ai deputati in Italia è pari a 20.486 euro (comprese le spese per i portaborse), in Francia a 13.928, in Germania a 12.652 e in Gran Bretagna a 10.508 euro.
Ma i contratti dei collaboratori dei deputati francesi, tedeschi e inglesi sono gestiti dalle amministrazioni dei Parlamenti e, per più persone assunte, possono toccare i 14 mila euro lordi della Germania o i 9-10 mila di Francia e Inghilterra; contro i 3.690 euro lordi che possono guadagnare i nostri «portaborse» pagati dai gruppi politici o dal deputato. Le spese di «diaria» variano da paese a paese: gli italiani percepiscono 3.500 euro, i tedeschi 3.984, gli inglesi 1.922, i parlamentari europei 2.432 e i francesi nulla.

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Ma in Francia alcuni parlamentari hanno a disposizione uffici «doppi» dove è possibile pernottare, gli altri possono alloggiare in un residence convenzionato con l'Assemblea nazionale. I deputati francesi possono anche acquistare una casa o un ufficio a Parigi o nel collegio, godendo di un prestito di 76 mila euro al tasso del 2%. I 3.984 euro percepiti dai tedeschi coprono le spese di soggiorno, per gli uffici nel collegio e per i viaggi.

Ma i tedeschi hanno un regime molto rigido e subiscono ad esempio una trattenuta sull'indennità di 20 euro per le assenze anche in caso di ricovero in ospedale. Gli inglesi che non affittano un appartamento possono chiedere un rimborso per l'albergo non superiore a 150 euro a notte per pernottare a Londra.

Insomma, per dirla con il Pd Sandro Gozi, ex funzionario della Commissione Ue con Prodi «bisognerebbe applicare in toto il regolamento del Parlamento europeo: assunzioni dei collaboratori fatte dalle Camere, rimborsi spese dietro presentazione dei giustificativi, parte dell'indennità legata alle presenze in commissione» . Quest'ultima voce, introdotta di recente anche in Francia, viene invocata spesso in Italia, dove le commissioni sono spesso deserte e dove si «pagano» in solido solo le assenze in aula con una decurtazione degli stipendi.
 

ConteRosso

mod sanguinario
La Casta di Stella e Rizzo
tutto vero tutto dimostrato... purtroppo
e noi continuiamo a mantenere questa casta che vive alle nostre spalle
si parlava di riduzione dei parlamentari (sono più del doppio di quelli USA)
di abolizione delle province ... saranno solo chiacchiere :-?
 

equilibrium

Forumer attivo
Le firme e i referendum per l'acqua, il nucleare sono state raccolte, come mai che contro il referendum non lo fanno?
 

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Tratto da "Sprecopoli" di Mario Cervi e Nicola Porro (Mondadori)


sprecopoli

Abbiamo sbagliato, lo confessiamo, definendo le province nell'introduzione a questo libro, come enti inutili. Non è vero. Per alcuni esse sono non solo utili ma indispensabili: e rappresentano una fonte di reddito insostituibile. Tra costoro mettiamo anzitutto un piccolo esercito fatto da quattromila politici di professione: cui sommare portaborse consulenti e assistenti, in numero imprecisato, che all'istituzione provincia debbono carriere e stipendi. Si aggiungano ancora più di 60mila burocrati alle dirette dipendenze provinciali.
Il vero motivo per cui l'abolizione delle province - da anni evocata da costituzionalisti e opinionisti - non è mai stata seriamente messa all'ordine del giorno è tutto in questi numeri. La provincia significa un livello di politica in più, un grado di burocrazia che si somma ai tanti già esistenti. È benvenuto e benvoluto nei palazzi del potere.
Soltanto considerando le cariche elettive le province ci costano più di 120 milioni l'anno. I dipendenti provinciali (che per l'esattezza sono 62mila) assorbono inoltre due miliardi di euro l'anno in stipendi. Ovviamente queste cifre non considerano importanti annessi e connessi: uffici, macchine, telefoni, carta, segreterie e simili.


cervi mario

Ma tutto questo personale politico - e i burocrati alle sue dipendenze - di cosa dovrebbe occuparsi? Con il passare degli anni, soprattutto negli ultimi dieci, sono aumentate le competenze e le funzioni attribuite alle province. E il loro ruolo istituzionale è via via cresciuto. Si ha l'impressione che la provincia sia un'istituzione ereditata dal passato e in qualche modo subita cui la politica, già che c'era, ha nel frattempo attribuito una serie di funzioni tali da giustificarne la sopravvivenza. Un esperimento politico, ottimamente riuscito, di sostentamento in coma vegetale.


Nicola Porro

Ciclicamente nel Palazzi romani qualcuno proclama a gran voce che il re è nudo, ossia che le province sono inutili. Anche un politico di peso, Gianfranco Fini, si è unito durante un congresso tenuto a Genova ai tanti che, senza peso politico, sono contrari all'istituzione provincia.
«Le province - ha detto l'allora leader di Alleanza nazionale - servono solo al ceto politico, dovrebbero essere abolite». Essendogli stato chiesto a quel punto - si era nel 2007 - perché non avesse agito contro il proliferare delle province quando il suo schieramento era al governo, Fini ha risposto che «non fu possibile abolirle perché la sinistra alzò le barricate ».
Solo la sinistra? A smentire Fini ha provveduto, pensate, proprio un notabile leghista, Roberto Maroni: sostenendo che la provincia di Varese ha il triplo degli abitanti del Molise e che «ci sono regioni più inutili di alcune province». Sembra se ne debba dedurre che le province popolose meritino la salvezza, o l'assenso alla nascita, e le poco popolose una croce tombale. Ma è il parere di Maroni, originario ovviamente d'una provincia popolosa. Altri sono di parere opposto. Insomma non se ne esce se non varando province a gogó, così da rendere contenti tutti.

Ritornando alla nostra lista, e completandola con le ultime arrivate, tocchiamo quota 110 province, comprese le due province a statuto e spesa speciale che sono Trento e Bolzano. Le ultime arrivate sono però di emanazione prettamente parlamentare: Monza e Brianza, Andria, Barletta, Canosa e Fermo. Tanti nomi, ma il totale fa tre. E per di più in un decretino di legislatura il governo Prodi stanziò ulteriori 19 milioni per la loro messa in opera. Che si sommano ai circa cento milioni già previsti da precedenti leggi per l'istituzione delle nuove tre province.
Il calcolo finale dei costi d'una nuova provincia lievita, considerando proprio tutto, all'astronomica cifra di cinquanta milioni di euro. Una bella distanza dai 3,5 miliardi di vecchie lire che il legislatore aveva previsto nel 1992, non un secolo fa, per la nascita di otto nuove targhe automobilistiche. Il dettaglio è presto fatto.
Il ministero degli Interni fa la parte da leone, e assorbe poco meno del costo totale (24 milioni di euro). Sul suo bilancio gravano le uscite con le quali si finanzia, tanto per iniziare, l'indispensabile ufficio del Commissario che mette in piedi la struttura: prefettura, questura, vigili del fuoco. Altri 15 milioni di euro vengono imputati alla Difesa, per il comando dei carabinieri. Solo un nuovo indispensabile Archivio di Stato (una fetta a carico dei Beni culturali ed una fetta a carico delle Politiche Agricole e Forestali) vanno 5 milioni.

Quasi altrettanti ne devono essere previsti dal ministero dell'Economia, per la costituzione dei suoi dipartimenti provinciali, per la Commissione tributaria, per la Guardia di finanza. Alla fine almeno mezzo milione se ne va nella predisposizione delle necessarie procedure e attenzioni burocratiche per l'espletamento delle elezioni. Il giuoco, sia chiaro, non è a somma zero. Ciò che metto in provincia non lo tolgo simmetricamente al centro: sia in termini di personale sia in termini di risorse vengono aggravati gli oneri che pesano sul contribuente, e complicati i processi decisionali.
Per degli accaniti critici, quali noi siamo, dell'istituzione provinciale vi è un ulteriore elemento negativo. Le province potrebbero essere imputate di «associazione esterna allo scialo» perché rappresentano l'entità territoriale e giuridica sulla quale altri enti pubblici o semipubblici organizzano la capillarità dei loro uffici.

Ci spieghiamo. Sulla base delle circoscrizioni provinciali quegli enti hanno una sede ritenuta necessaria, e dunque eliminando la lussureggiante vegetazione provinciale potrebbero essere eliminato anche il parassitismo che vi trova riparo. Il caso più eclatante è quello della Banca d'Italia: che nel tempo ha modellato la sua organizzazione su base, appunto, provinciale.
Alla Banca d'Italia, e ai suoi uffici centrali di Palazzo Koch, a due passi dal Quirinale, fa capo una fitta rete di sedi provinciali. Dispone perciò della bellezza di 95 filiali: e, bontà sua, ha evitato di coprire le 8 neoprovince costituite nel 1992. La gloriosa Bank of England ha una sola sede centrale e meno di dieci diramazioni sul territorio. E non si può certo dire che la struttura finanziaria inglese sia meno complessa di quella italiana. Quasi un dipendente su quattro della Banca è impiegato in una filiale locale.
 

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ordine 11.110
Volete incazzarvi? Ecco la lista completa delle 2200 pensioni che regaliamo ai nostri politici!



Della la lista degli indagati/condannati in parlamento ne ho già parlato diverse volte, stesso discorso per la lista degli indagati (35 nel solo 2010) nelle fila del Pdl, come dell'umile stipendio dei nostri politici (i più pagati di tutta l'Unione Europea), senza dimenticare l'assurdità dei finanziamenti ai partiti politici (nonostante con un referendum furono abrogati nel '93) che ci costano centinaia di milioni di euro ogni anno ... e per non farci mancare nulla ecco qui la lista completa di tutte le pensioni che regaliamo ai parlamentari (ex e non)!
Si va da Sgarbi, alla Polverini, a Scalfari, a Pisapia, a tantissimi altri mai sentiti prima ... qui "magnano" tutti indistintamente dal partito ... 2200 pensioni pagate a spese dei contribuenti ... si parte da poco più di 3000 euro per le pensioni più basse, fino a toccare i 10000 euro delle pensioni più “pesanti” … e a noi vengono a chiedere i sacrifici per la manovra finanziaria …
Riporto la lista dal sito 'Oggi' :

http://www.stopcensura.com/2011/07/volete-incazzarvi-ecco-la-lista.html#comment-form
 

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