La casta: I privilegi dei politici (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Tratto da "Sprecopoli" di Mario Cervi e Nicola Porro (Mondadori)


sprecopoli

Abbiamo sbagliato, lo confessiamo, definendo le province nell'introduzione a questo libro, come enti inutili. Non è vero. Per alcuni esse sono non solo utili ma indispensabili: e rappresentano una fonte di reddito insostituibile. Tra costoro mettiamo anzitutto un piccolo esercito fatto da quattromila politici di professione: cui sommare portaborse consulenti e assistenti, in numero imprecisato, che all'istituzione provincia debbono carriere e stipendi. Si aggiungano ancora più di 60mila burocrati alle dirette dipendenze provinciali.
Il vero motivo per cui l'abolizione delle province - da anni evocata da costituzionalisti e opinionisti - non è mai stata seriamente messa all'ordine del giorno è tutto in questi numeri. La provincia significa un livello di politica in più, un grado di burocrazia che si somma ai tanti già esistenti. È benvenuto e benvoluto nei palazzi del potere.
Soltanto considerando le cariche elettive le province ci costano più di 120 milioni l'anno. I dipendenti provinciali (che per l'esattezza sono 62mila) assorbono inoltre due miliardi di euro l'anno in stipendi. Ovviamente queste cifre non considerano importanti annessi e connessi: uffici, macchine, telefoni, carta, segreterie e simili.


cervi mario

Ma tutto questo personale politico - e i burocrati alle sue dipendenze - di cosa dovrebbe occuparsi? Con il passare degli anni, soprattutto negli ultimi dieci, sono aumentate le competenze e le funzioni attribuite alle province. E il loro ruolo istituzionale è via via cresciuto. Si ha l'impressione che la provincia sia un'istituzione ereditata dal passato e in qualche modo subita cui la politica, già che c'era, ha nel frattempo attribuito una serie di funzioni tali da giustificarne la sopravvivenza. Un esperimento politico, ottimamente riuscito, di sostentamento in coma vegetale.


Nicola Porro

Ciclicamente nel Palazzi romani qualcuno proclama a gran voce che il re è nudo, ossia che le province sono inutili. Anche un politico di peso, Gianfranco Fini, si è unito durante un congresso tenuto a Genova ai tanti che, senza peso politico, sono contrari all'istituzione provincia.
«Le province - ha detto l'allora leader di Alleanza nazionale - servono solo al ceto politico, dovrebbero essere abolite». Essendogli stato chiesto a quel punto - si era nel 2007 - perché non avesse agito contro il proliferare delle province quando il suo schieramento era al governo, Fini ha risposto che «non fu possibile abolirle perché la sinistra alzò le barricate ».
Solo la sinistra? A smentire Fini ha provveduto, pensate, proprio un notabile leghista, Roberto Maroni: sostenendo che la provincia di Varese ha il triplo degli abitanti del Molise e che «ci sono regioni più inutili di alcune province». Sembra se ne debba dedurre che le province popolose meritino la salvezza, o l'assenso alla nascita, e le poco popolose una croce tombale. Ma è il parere di Maroni, originario ovviamente d'una provincia popolosa. Altri sono di parere opposto. Insomma non se ne esce se non varando province a gogó, così da rendere contenti tutti.

Ritornando alla nostra lista, e completandola con le ultime arrivate, tocchiamo quota 110 province, comprese le due province a statuto e spesa speciale che sono Trento e Bolzano. Le ultime arrivate sono però di emanazione prettamente parlamentare: Monza e Brianza, Andria, Barletta, Canosa e Fermo. Tanti nomi, ma il totale fa tre. E per di più in un decretino di legislatura il governo Prodi stanziò ulteriori 19 milioni per la loro messa in opera. Che si sommano ai circa cento milioni già previsti da precedenti leggi per l'istituzione delle nuove tre province.
Il calcolo finale dei costi d'una nuova provincia lievita, considerando proprio tutto, all'astronomica cifra di cinquanta milioni di euro. Una bella distanza dai 3,5 miliardi di vecchie lire che il legislatore aveva previsto nel 1992, non un secolo fa, per la nascita di otto nuove targhe automobilistiche. Il dettaglio è presto fatto.
Il ministero degli Interni fa la parte da leone, e assorbe poco meno del costo totale (24 milioni di euro). Sul suo bilancio gravano le uscite con le quali si finanzia, tanto per iniziare, l'indispensabile ufficio del Commissario che mette in piedi la struttura: prefettura, questura, vigili del fuoco. Altri 15 milioni di euro vengono imputati alla Difesa, per il comando dei carabinieri. Solo un nuovo indispensabile Archivio di Stato (una fetta a carico dei Beni culturali ed una fetta a carico delle Politiche Agricole e Forestali) vanno 5 milioni.

Quasi altrettanti ne devono essere previsti dal ministero dell'Economia, per la costituzione dei suoi dipartimenti provinciali, per la Commissione tributaria, per la Guardia di finanza. Alla fine almeno mezzo milione se ne va nella predisposizione delle necessarie procedure e attenzioni burocratiche per l'espletamento delle elezioni. Il giuoco, sia chiaro, non è a somma zero. Ciò che metto in provincia non lo tolgo simmetricamente al centro: sia in termini di personale sia in termini di risorse vengono aggravati gli oneri che pesano sul contribuente, e complicati i processi decisionali.
Per degli accaniti critici, quali noi siamo, dell'istituzione provinciale vi è un ulteriore elemento negativo. Le province potrebbero essere imputate di «associazione esterna allo scialo» perché rappresentano l'entità territoriale e giuridica sulla quale altri enti pubblici o semipubblici organizzano la capillarità dei loro uffici.

Ci spieghiamo. Sulla base delle circoscrizioni provinciali quegli enti hanno una sede ritenuta necessaria, e dunque eliminando la lussureggiante vegetazione provinciale potrebbero essere eliminato anche il parassitismo che vi trova riparo. Il caso più eclatante è quello della Banca d'Italia: che nel tempo ha modellato la sua organizzazione su base, appunto, provinciale.
Alla Banca d'Italia, e ai suoi uffici centrali di Palazzo Koch, a due passi dal Quirinale, fa capo una fitta rete di sedi provinciali. Dispone perciò della bellezza di 95 filiali: e, bontà sua, ha evitato di coprire le 8 neoprovince costituite nel 1992. La gloriosa Bank of England ha una sola sede centrale e meno di dieci diramazioni sul territorio. E non si può certo dire che la struttura finanziaria inglese sia meno complessa di quella italiana. Quasi un dipendente su quattro della Banca è impiegato in una filiale locale.


insomma costano 9 miliardi di euro all'anno

e noi paghiamo

ho scoperto che i vari governi Rubysconiani
hanno aumentato sempre gli emolumenti degli incarichi politici- stipendi giudici-stipendi genrali-


con i suoi governi il debito è raddoppiato
come dire
BERLUSCONI é un KOMUNISTA
 

DNGMRZ

ordine 11.110
Abolizione delle provincie

ABOLIZIONE DELLE PROVINCIE


(I lettori possono aderire alla raccolta firme inviando una mail all'indirizzo [email protected] indicando nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza e mail oppure tramite fax al numero 06-67588279)
 

ConteRosso

mod sanguinario
ABOLIZIONE DELLE PROVINCIE


(I lettori possono aderire alla raccolta firme inviando una mail all'indirizzo [email protected] indicando nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza e mail oppure tramite fax al numero 06-67588279)
ho paura che non serva a niente, di abolire le province parlava il PDL
era nel suo programma, anche il PD si era schierato a favore
sappiamo bene cosa è accaduto in parlamento :titanic:
 

DNGMRZ

ordine 11.110
Franco Bechis per "Libero"

La manovra era blindata. Su quasi tutto. Perché su un solo punto è di fatto saltata: quello dei tagli ai costi della politica. La sforbiciata di Giulio Tremonti è stata ampiamente spuntata dalla casta durante il passaggio al Senato pur senza modificare un comma del testo, perché non era possibile. Ma il trucco è stato trovato, grazie all'accordo fra Pd e Pdl. La trappola è scattata fra la sera del 12 e la notte del 13 luglio in commissione affari costituzionali del Senato.

Grazie a un parere di nulla osta «vincolato ad alcune osservazioni» proprio sui costi della politica. Con armi molto raffinate i senatori Pd e Pdl hanno detto che va bene tagliare, ma non quanto finisce in tasca a loro. Tremonti aveva scritto nella finanziaria che bisogna confrontare gli stipendi dei parlamentari italiani con quelli dei colleghi europei e poi uniformarli dalla prossima legislatura?
Si potrà fare, ma sostiene il parere vincolante, «può essere applicabile esclusivamente all'istituto dell'indennità parlamentare, ai sensi dell'articolo 69 della Costituzione, che ne rimette la determinazione alla legge e va intesa - secondo il principio della ragionevolezza- alla stregua dei necessari fattori di ponderazione, con particolare riguardo alla consistenza demografica dei diversi paesi».

Ecco qui la prima trappola: l'indennità base dei parlamentari italiani è identica a quella francese, simile a quella inglese, inferiore a quella tedesca e superiore a quella degli altri paesi. Ma legandone l'importo alla popolazione di ciascun paese, non dovrà essere tagliata. Anzi, il rischio è pure che venga aumentata di 2-300 euro. Possono essere tagliate dalla finanziaria altre voci come i rimborsi spesa a forfait, le diarie? No, perché quelle sono regolate - dice sempre il parere vincolante - «dalla rispettiva autonomia, costituzionalmente vincolata e riconosciuta».
Il parere seral-notturno è stato stilato senza darne alcuna pubblicità. E quando ieri nell'aula di palazzo Madama sono entrate le telecamere della Rai, nessuno ha voluto fare riferimento al tema dei costi della politica, limitandosi a lodare la manovra e elogiare la necessità dei sacrifici per tutti. Ma al riparo delle ore notturne e nel chiuso delle commissioni, è scoppiata la rabbia dei senatori, che quelle forbici di Tremonti proprio non hanno mandato giù.

Nella fila della maggioranza come in quelle dell'opposizione. Raffaele Lauro (Pdl) si è lamentato della «pubblicistica antiparlamentarista che produce una pericolosa disaffezione dei cittadini nei confronti delle pubbliche istituzioni e dei suoi rappresentanti». Andrea Pastore, anche lui Pdl, si è augurato che «si levino voci in difesa del prestigio del Parlamento e della dignità della funzione parlamentare, gravemente lesa da campagne diffamatorie che non rappresentano la realtà e alimentano sfiducia nelle istituzioni e in chi le rappresenta».
Toni simili da parte di Barbara Saltamartini e Giuseppe Saro, anche loro nelle fila della maggioranza. Quest'ultimo ha tuonato: «l'indennità parlamentare serve al deputato e al senatore per svolgere con la massima efficacia la propria attività politica». Era evidente che nessuno entra a palazzo per vocazione e con lo spirito del volontariato, ma per dirla così ci vuole un certo coraggio.

I pidiellini sono un pizzico polli. Pensavano di essere al sicuro fra quelle quattro mura, eppure almeno in sintesi il loro pianto greco è stato pubblicato nei resoconti parlamentari. Quelli del Pd sono assai più furbi. Non si sono strappati i capelli in pubblico più di tanto, perché sanno che così si perdono voti. Hanno badato al sodo: è stata loro l'idea di inserire le trappolette nel parere. Francesco Sanna si è inventato quella dello stipendio legato alla densità demografica. Marilena Adamo ha chiesto pure di tenere conto del costo della vita, visto che in Italia l'inflazione sta rialzando la testa.

Niente rivalutazione a pensioni da 2.300 euro lordi, al Pd poco importa perché l'importante è rivalutare l'indennità parlamentare di 5.600 euro netti. Inserite le trappolette nel parere, i senatori del Pd sono riusciti in un miracolo di ipocrisia. Salvati i propri stipendi e convinto il Pdl a sposare il loro marchingegno per smontare Tremonti, pareva brutto votare contro. Così Enzo Bianco ha tirato fuori dal cappello un'ideona: ha chiesto di votare per parti separate il parere. Prima il semplice "nulla osta" alla finanziaria.
Qui il Pd ha votato contro per fare vedere ai propri elettori che è un partito durissimo. Poi sono state messe al voto le osservazioni vincolanti per quel sì. E il Pd che aveva votato no al "nulla osta", ha votato sì invece ai vincoli che salvano lo stipendio della casta. Un vero capolavoro.
 
Ultima modifica:

angy2008

Forumer storico
a chi brucia il ...

Dovete dire ai vostri colleghi che votare a favore dell'arresto di deputati costituisce un precedente pericolosissimo», ha aggiunto il presidente del Consiglio
 

DNGMRZ

ordine 11.110
I segreti della casta di Montecitorio

I segreti della Casta su Facebook
La vendetta di un ex precario

Sconti, viaggi, favori e auto blu:
on line i privilegi della politica


ROMA
Finte scorte, furti fasulli per ottenere rimborsi, minacce inesistenti per ottenere l'auto blu, viaggi gratis per amici e parenti, sconti giganteschi e stipendi elencati uno ad uno per mettere a nudo i privilegi della politica. A far tremare il Palazzo con decine di rivelazioni sulla vita quotidiana dei deputati è un anonimo ex precario, licenziato dopo 15 anni di lavoro, che ha deciso di vendicarsi mettendo online un blog I segreti della casta di Montecitorio
e pubblicando su Facebook «tutti i segreti della casta di Montecitorio», su un'omonima pagina del social network. I segreti della casta di Montecitorio | Facebook
E la popolarità della pagina si propaga con la rapidità di un focherello che diventa rogo: in poche ore - cavalcando l'ondata di antipolitica che anche negli ultimi giorni è divampata sulla rete dopo la cancellazione dei previsti tagli agli stipendi dei parlamentari - ha già raggiunto oltre 45mila fan.

E così ce n'è per tutti. Perchè certe marche d'auto fanno sconti anche del 20% ai parlamentari, e perché certe compagnie telefoniche applicano tariffe assai ridotte? E poi barbieri pagati, a detta dell'autore, 11 mila euro al mese e tutti provenienti dalla stessa regione del presidente della Camera che li assunse. Poliziotti costretti a fare da chauffeur alle mogli degli onorevoli di giorno e ad accompagnare il deputato di turno dall'amante la sera. Poi il capitolo furti finti: secondo l'infuriato Spidertruman sarebbero decine le finte denunce di furti di computer portatili effettuate dai deputati solo per aver diritto al rimborso e poterne comprare altri.

Tra le invettive sono finite anche le scorte di polizia, ottenute molto spesso, a suo dire, grazie a finte lettere di minacce inviate ad hoc magari con l'inserimento nella busta di qualche bossolo. E poi i viaggi gratis per amici e parenti dei parlamentari ottenuti grazie ai punti "Millemiglia" accumulati con ai viaggi gratuiti a cui i membri del parlamento hanno diritto.

Le rivelazioni sono appena all'inizio, assicura Spidertruman. Insomma, i privilegi della Casta finiscono per l'ennesima volta nel mirino del Web anche se su certi dettagli sarà dura distinguere tra la realtà dei fatti e l'arrabbiatura dell'anonimo vendicatore.
 

DNGMRZ

ordine 11.110
La casta del sindacato. Assegni mensili da capogiro

di: Mario Giordano
Pubblicato il 30 agosto 2011| Ora 08:56

Cerco studente che sia andato a le zione da Sergio D'Antoni. Giuro: lo voglio trovare. Qualcuno me lo segna li, mi faccia scrivere o telefonare: vo glio avere la prova che l'ex sindacali sta della Cisl ha avuto una grande car riera da professore, come la sua pen sione lascia intendere. Eh sì: perché da quando ho scoperto che D'Antoni riceve dall'Inpdap un assegno mensi le di 5233 euro netti (netti!) al mese (103.148 euro lordi l'anno) come ex docente universitario non mi do pace: voglio parlare con qualcuno che sia andato a lezio ne da lui.

Qualcuno che si sia ab beverato alle fonti di così costoso sapere. Se entro una settimana non lo trovo, sarò costretto a un gesto malsano: mi rivolgerò a «Chi l'ha visto?» e lancerò un ap pello in Tv.

Guardando ieri la prima pagi na del Giornale sui sindacalisti che diventano ricchi organizzan do gli scioperi ho fatto un salto sulla sedia: alcune persone cita te, infatti, non solo ricevono il già abbondante stipendio parlamen tare ma ad esso uniscono una pensione maturata grazie alla mi tica legge Mosca, quella che ha consentito a 40mila persone fra sindacalisti e dirigenti di partito di vedersi riconoscere con un col po di bacchetta magica contribu ti di fatto mai versati.

Privilegio su privilegio: lo vedete che a orga n izzare scioperi conviene davve ro? I lavoratori no, loro ci perdo no soldi e, in casi come questi, an che la faccia. I loro capi, invece, ci guadagnano. In carriera. In bene fit assortiti. E, di conseguenza, in conto in banca.

Prendete Franco Marini, l'ex presidente del Senato, una vita da democristiano, sempre lì a pe­dalare fra un vino d'Abruzzo e una dichiarazione in Tv. Ebbene a voi, leggendo il Giornale di ieri, sarà sembrato esagerato il com penso mensile che si è assicurato difendendo gli operai: 14.557 eu ro, che corrisponde per l'appun to all'indennità da senatore. Ma per la verità non è quello il solo de naro che riceve dalle casse pub bliche: infatti egli percepisce an che una pensione Inps di circa 2500 euro al mese, che gli piove in tasca dal 1991, cioè da quando aveva 57 anni. Merito della legge Mosca, che evidentemente se ne è sempre impipata dell'allunga mento dell'età lavorativa chiesto ai cittadini comuni...

Fra l'altro, visto che si parla di di fensori del popolo, ci sia permes so di ricordare che della legge Mo sca beneficia anche il compagno Cossutta: la incassa dal 1980, cioè da quando aveva 54 anni (avete presente il 1980? Tanto per dire: in Urss c'era ancora Breznev, a Sanremo Bobby Solo cantava «Ge losia » e il capitano del Milan era Aldo Maldera...). Dal 2008, poi il compagno Cossutta ha unito alla pensione Inps maturata grazie al la legge Mosca anche il vitalizio parlamentare (9604 euro al me se).

E per non farsi mancare nulla al momento dell'uscita dal Parla mento s'è assicurato anche la li­quidazione- monstre di 345mila euro, tutti in una volta. Un vero re cord. Dimenticavo: la liquidazio ne d ei parlamentari viene chiama ta tecnicamente «assegno di rein serimento » o «assegno di solida rietà». E, a differenza delle liquida zioni dei normali lavoratori, è esentasse. Si capisce, con la solida rietà bisogna essere generosi...

345mila euro di liquidazione. La pensioncina Inps grazie alla legge mosca e 9604 euro come vita lizio parlamentare: lo vedete? Pro clamarsi paladini degli operai conviene. Salire sulle barricate de­gli scioperi è un affare. Infatti non c'è niente che renda in Italia come l'attività sindacale: fra Caaf, patro nati, corsi di aggiornamento pro fessionale, trattenute e balzelli va ri Cgil, Cisl e Uil gestiscono ogni anno un patrimonio gigantesco, che fra l'altro viene amministrato con le stesse regole della cassa del coro alpino di Montecucco o della bocciofila di Pizzighettone.

Non esistono bilanci consolidati, non esistono organi di controllo. E per di più c'è la possibilità, gestendo quel tesoro, di diventare in un amen parlamentari, europarla mentari o mal che vada presidenti della Regione Lazio... Non male, no?
A conti fatti organizzare sciope ri è come fare bingo. Alle spalle dei lavoratori. In effetti: alla ricchezza dei sindacati (l'ultimo vero organi smo della Prima Repubblica) si unisce la ricchezza dei sindacali sti. Che, come si è detto, riescono ad accumulare prebende, inden nità, stipendi, pensioni e benefici di varia entità.

Come quelli che ab biamo citato qui, a cominciare na turalmente dall'uomo che amava la Jacuzzi e i vestiti di Brioni, il sin dacalista Sergio D'Antoni. Lui, in fatti, come si è detto oltre all'inden nità da parlamentare (14.269 eu ro lordi al mese) incassa la pensio ne Indpad da ex professore (5.233 euro netti al mese): ma sapete da quando la incassa quest'ultima? Da quando aveva 55 anni. E sape te perché quella pensione è così al ta?

Perché, grazie al meraviglioso meccanismo dei contributi figura tivi, a 55 anni risultava pensionabi­le con 40 anni di anzianità. Tutto regolare, tutto a norma di legge. Si capisce. Ma a me resta il dubbio: l'ex sindacalista Cisl, non solo è stato un grande docente, come di mostra la sua pensione d'oro. È stato anche un docente molto pre coce. A 15 anni già saliva in catte dra e insegnava. E allora è possibi le c he io non riesca a trovare nean che uno che è andato a lezione da
lui?
 

DNGMRZ

ordine 11.110
http://napoli.repubblica.it/cronaca/2011/10/21/news/ecco_la_regione_dei_privilegi_spu

Ecco la Regione dei privilegi
spuntano i "pluripensionati"

Dopo il caso della "doppia indennità", si scopre che almento una trentina di ex membri dell'assemblea campana percepiscono un doppio vitalizio, dalla Regione e dal Parlamento. E a chi ha fatto anche una sola legislatura tocca una liquidazione di 48 mila euro

di TIZIANA COZZI
224338338-f6ff79d3-9aec-4e52-816e-ee749d5fd1db.jpg





Indennità doppie, vitalizi duplicati per 31 ex consiglieri regionali e parlamentari. Una pensione garantita, anche se in consiglio regionale si è rimasti pochissimo, il tempo di una meteora. Spunta un nuovo caso, quello dei “pluripensionati”. Sono almeno una trentina gli ex consiglieri regionali (tra cui anche presidenti delle passate legislature) “premiati” da una doppia pensione, quella da consigliere regionale e quella da parlamentare.

I privilegi della casta non finiscono qui. Esiste anche una buonuscita, pari a una mensilità lorda moltiplicata per gli anni delle legislature alle quali si è partecipato. Per una sola legislatura, il bonus sarà di circa 48 mila euro, per due la cifra raddoppia, per tre si arriva a 150 mila euro. Lo stesso vale anche per i parlamentari vicini alla pensione: anche per loro esiste un trattamento di fine rapporto che va a cumularsi, nel caso della doppia funzione, a quello regionale. Cifre che vanno ad aggiungersi all’indennità mensile “doppia”, capaci di garantire una vecchiaia blindata.

Chi si è seduto in aula per soli 37 mesi a 35 anni, arrivato alla soglia dei 60 anni percepirà comunque una pensione (se avrà versato la differenza contributiva relativa alla conclusione della legislatura, pari a 60 mesi). Venticinque anni dopo, potrà vivere con almeno duemila 500 euro al mese. Indennità raddoppiata (il massimo è 5.500 euro mensili per tre legislature) se il consigliere ha seduto per 15 anni
all’interno dell’aula consiliare.

Non solo. Chi ha abbandonato le poltrone regionali per seguire la carriera di parlamentare, al compimento dei sessant’anni riceverà un altro vitalizio, che va ad aggiungersi a quello regionale. Una pensione significativa (e duplice) che da un minimo di ottomila euro può schizzare anche a 25 mila euro al mese, a seconda del numero di legislature nelle quali si è stati eletti. Insomma, la carriera politica frutta una pensione d’oro. Al centro dello scandalo resta il caso della doppia indennità, che riguarda chi percepisce un doppio vitalizio, la pensione da consigliere regionale e lo stipendio da parlamentare. Colpa della ormai famosa legge del febbraio 2005. Solo ora, la presidenza del consiglio regionale si appresta a abolire il doppio stipendio.

E i “pluripensionarti”? Si ritrovano indifferentemente tra i banchi della sinistra e della destra: Benito Visca, Abdon Alinovi, Filippo Caria, Nicola Imbriaco, Nicola Mancino (ex ministro dell’Interno), Carmelo Conte, Paolo del Mese, Aldo Cennamo, Raffaele Calabrò, Isaia Sales, Giovanni Russo Spena, Domenico Zinzi, Andrea Losco, Alfredo Vito, Giuseppe Ossorio, Vincenzo De Luca (avellinese, da non confondere con il sindaco di Salerno), Giuseppe Scalera, Andrea De Simone, Antonio Bassolino, Felice Antonio Iossa, Amelia Ardias, Eugenio Dionise, Antonio Fantini, Arturo Fasano, Mario Pepe, Nicola Scaglione, Francesco Barra, Antonio Rastrelli, Francesco Brusco.

Difficile quantificare l’importo mensile corrisposto dalla Camera e dal consiglio regionale. Dipende dal numero di legislature a cui ha partecipato l’ex consigliere. Se è rimasto nel parlamentino per 5 anni (una legislatura) percepirà il 30 per cento dell’indennità di carica, cioè la terza parte di quanto percepiva durante la sua attività di consigliere. Se vi è rimasto per due legislature percepirà il 45 per cento, per tre legislature (il massimo consentito) riceverà il 63 per cento.

C’è chi ha partecipato a due legislature (Alinovi, Scalera, De Luca, Mancino presidente della Regione ed ex ministro dell’Interno, Losco, Armato e Ossorio a più di due), chi a una sola (Rastrelli, Del Mese che in corso di legislatura fu eletto alla Camera, Donise, Fasano, Conte), chi a 4 (Bassolino è stato in carica per 2 legislature come consigliere e per 2 come presidente).

I vitalizi sono commisurati all’indennità di carica, quindi se oggi un consigliere regionale percepisce circa 10 mila euro mensili, nel 1975 (all’epoca della prima legislatura) in busta paga si ritrovava 500 mila lire al mese.
La Campania non è l’unica regione ad aver conservato quello che è un beneficio diffuso ma, ultimamente, anche la Sicilia ha dovuto rinunciarvi. «Sarebbe necessaria una norma che vincoli la Camera, il Senato e 20 consigli regionali propone Andrea Abbamonte, amministrativista ed ex assessore regionale bisogna stabilire un tetto massimo e imporre che non si possono superare 10 mila euro al mese».
 

Users who are viewing this thread

Alto