La Biennale di Venezia (1 Viewer)

Cris70

... a prescindere
Colmiamo un vuoto del Forum... la Biennale di Venezia.

E' certamente un appuntamento affascinante e sempre molto atteso da tutti.
Siamo alle porte di quella del prossimo anno
e abbiamo abbastanza tempo per discuterne prima di valutare dopo.

Ho notato che molti, io stesso fino ad un mesetto fa, discutono e parlano della Biennale di Venezia, dei suoi padiglioni, del clamore e delle novità, ma senza conoscere la sua vera origine ed evoluzione.

Inizio quindi questo 3D, che ha l'intento di monitorare la prossima edizione del 2017
ma più in generale trattare anche dei diversi spunti che più di un secolo ci dà la Biennale, partendo da qualche informazione sulle origini e la sua evoluzione
tratte dalla precisa ricostruzione storica fatta dalla prof.ssa Marilena Vecco nel suo "La Biennale di Venezia-Documenta di Kassel. Esposizione, vendita, pubblicizzazione dell’arte contemporanea" con introduzione di Adriano Donaggio ed edito da FrancoAngeli Editore.

La Biennale di Venezia, Documenta di Kassel. Esposizione, vendita, pubblicizzazione dell'arte contemporanea

Mi pare inoltre doveroso citare che tale pregevole libro,
si inquadra all'interno della collana "Economia e management della cultura e delle arti", diretta dal dott. Gianfranco Mossero.
Questa collana nasce da un'iniziativa di Icare- - Internarional Center for Art Economics, dell'Universita Ca' Foscari di Venezia
ed e' ideata per dare un utile strumento didattico e di approfondimento di un nuovo settore di studio e di ricerca,
che si propone di indagare i meccanismi materiali della produzione,
distribuzione e consumo delle attività e dei beni artistici e culturali.

Fatte queste opportune premesse,
che valgano anche e soprattutto quale citazione della fonte di alcune informazioni che riporterò , entriamo nel merito.

Le Origini e l'evoluzione
Pochi sanno che la Biennale di Venezia
nasce sostanzialmente dalla volontà di creare condizioni favorevoli
che potessero favorire la nascita di un mercato artistico
dal quale la città potesse ricavarne un qualche vantaggio.

Gli anni in cui nasce la Biennale,
pare infatti fossero anni di profonda crisi
con una qualità della vita piuttosto modesta e di pura sussistenza per i pochi, allora, residenti.

E così che dall'idea primigenia di alcuni intellettuali veneziani,
si arriva all'atto di nascita
che risale ad una delibera dell'Amministrazione comunale del 19 Aprile 1893
a firma dell'allora Sindaco Riccardo Selvatico.

Per quanto nella citata delibera si legge di "... un'istituzione di pubblica utilità e beneficenza",
mi preme nuovamente porre l'accento che,
per quanto la Biennale sia un'istituzione che ha senso dubbio
contribuito a tracciare la storia dell'arte mondiale dell'ultimo secolo
divenendo punto di riferimento per l'arte e per tutti i suoi protagonisti collezionisti inclusi,
l'obiettivo primario fu mercantile
cercando di intrecciare interessi turistici con spinte culturali ed ambizioni economiche.
Notizia che dovrebbe far riflettere tanti finti e ipocriti "puristi"
che divulgano il verbo dell'Arte libera da condizionamenti economici
e solo fonte di cultura (a spese degli altri).

Tale lettura trova peraltro conferma
nell'idea di istituire fin da subito dei premi da destinare agli artisti,
incentivi che furono ritenuti necessari per garantire il rinnovamento
e quindi assimilabili ad una forma di Investimento.

Si arriva quindi alla I Biennale inaugurata dai sovrani d'Italia il 30 aprile 1895.
 
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Cris70

... a prescindere
Riprendiamo questo lungo percorso da dove avevamo interrotto.

La I Biennale del 1895 ebbe fin da subito il respiro internazionale che oggi conosciamo, con 150 artisti stranieri e pari numero di italiani, oltre a 50 selezionati da un'apposita commissione.

Vinsero il primo premio "La figlia di Jorio" di Michetti e "Il ritorno al paese natio" di Segantini che registro' le prime polemiche x la sua tecnica divisionista.

Ulteriori polemiche nacquero per il premio della votazione popolare attribuito al "Supremo convegno" di Grosso, quadro che risulto' scandaloso poiché la scena, un compianto di amanti sulla tomba di Don Giovanni, era ambientata in chiesa.

A seguire i tre quadri in ordine di citazione

Micheti.jpg


Segantini.jpg


Grosso.jpg
 

Cris70

... a prescindere
Michetti, Segantini e Grosso.
Chi erano coloro?
Qui Baleng ne sa certamente molto più me

Please, help me!
:bow:
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
F.P. Michetti è artista del Centro Italia tutto sommato tra i migliori dell'epoca.
Di lui avevo questa acquafortina
201502068020600.jpg
prima che un crudele milanese me la portasse via per sempre :cry: :melo:

Pittore un po' tra il vecchio e il nuovo, spirito ottocentesco (bozzettistico, direi) e tecnica più modernizzata.
Di Segantini ci vorrebbe un 3d tutto per lui, il maestro del divisionismo/simbolismo italiano. Lo faremo, no?

Giacomo Grosso, pittore accademico, diciamo che all'epoca aveva un certo potere ... La Biennale di Venezia - Il caso Grosso
Un quadro consacrò la prima Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia del 1895 e sollevò intorno a essa clamore e curiosità: il Supremo convegno di Giacomo Grosso, artista allora famoso, professore all'Accademia Albertina di Torino.

Proprio il Presidente di quell'Accademia, il conte di Sambuy, raccomandò al sindaco Riccardo Selvatico di fare in modo che quel "quadro di ardita composizione fantastica" fosse sistemato in buona luce. Essendo Grosso uno degli artisti invitati alla Biennale, e conoscendone il valore, il primo cittadino non ebbe timore a rassicurare il conte a tal proposito, ma non intuiva certo "quali e quanti grattacapi doveva procurargli quel quadro!" (come fa notare Romolo Bazzoni nella sua storia della Biennale).

Il 10 aprile 1895 l'opera giunse all'Esposizione, e appena tolta dalla grande cassa stupì quanti la videro. Ambientata in una chiesa, raffigurava una camera ardente, con feretro e cadavere attorniati da cinque figure femminili completamente svestite. Nelle intenzioni del pittore torinese, la tela voleva rappresentare la fine di un dongiovanni. Se per chi doveva collocare l'opera, l'unica preoccupazione veniva dagli accesi contrasti di colore, che potevano disturbare la visione dei dipinti vicini, invece per la Presidenza dell'Esposizione il disagio era dato dal soggetto del quadro, che avrebbe potuto offendere la morale dei visitatori.

In pochi giorni la notizia aveva già fatto il giro della città, e molto si mormorava a proposito del soggetto di questo quadro, a cui non era stata ancora data una collocazione. Il Sindaco Selvatico decise di sottoporre la questione a una apposita commissione di letterati, formata da Enrico Panzacchi, Giuseppe Giacosa, Enrico Castelnuovo e Antonio Fogazzaro. La risposta arrivò tramite una lettera di Fogazzaro: "Vi rispondiamo unanimi: no, il dipinto non reca oltraggio alla morale pubblica".

Il giorno seguente però, il Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (futuro Papa Pio X), inviò una lettera a Selvatico chiedendo che l'opera, di cui aveva sentito parlare, non venisse esposta. Il sindaco rispose col verdetto della commissione e l'opera partecipò alla prima Esposizione, sebbene collocata in una sala piuttosto appartata.

La stampa clericale gridò allo scandalo, ne parlarono i giornali italiani e stranieri accendendo ancora di più la curiosità del pubblico. A fine Esposizione, il premio assegnato da un referendum popolare andò a grande maggioranza proprio all'opera di Grosso, e questo risultato destò ulteriori polemiche. Una società acquistò il quadro per farlo conoscere negli Stati Uniti, dove era già arrivata la sua fama. Ma attraversando l'oceano, il Supremo convegno vide la fine della propria avventura, distrutto da un incendio.
 

Cris70

... a prescindere
Di Michetti invece si racconta che vinse il premio per intercessione di Gabriele D'Annunzio.
La sua biografia comunque riporta che fosse particolarmente dotato tanto che
appena tredicenne, inoltra una domanda di sussidio – per poter «avere mezzo di istruirmi nel disegno, arte per cui sento un trasporto irresistibile» (Di Tizio, 2007, p. 20) – al Consiglio provinciale di Chieti, che però non l’accoglie. Tuttavia, quattro anni dopo, nel 1868, il M. riesce ad ottenere dalla stessa amministrazione una modesta borsa di studio, di appena 30 lire mensili, che gli permette comunque di trasferirsi finalmente a Napoli (Sillani).

MICHETTI, Francesco Paolo in "Dizionario Biografico"
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Di Michetti invece si racconta che vinse il premio per intercessione di Gabriele D'Annunzio.
La sua biografia comunque riporta che fosse particolarmente dotato tanto che
appena tredicenne, inoltra una domanda di sussidio – per poter «avere mezzo di istruirmi nel disegno, arte per cui sento un trasporto irresistibile» (Di Tizio, 2007, p. 20) – al Consiglio provinciale di Chieti, che però non l’accoglie. Tuttavia, quattro anni dopo, nel 1868, il M. riesce ad ottenere dalla stessa amministrazione una modesta borsa di studio, di appena 30 lire mensili, che gli permette comunque di trasferirsi finalmente a Napoli (Sillani).

MICHETTI, Francesco Paolo in "Dizionario Biografico"
Napoli :wall:
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Ricordo che il sindaco Riccardo Selvatico era anche uno scrittore, mentre suo figlio Lino divenne pittore conosciuto e apprezzato (meno il fratello Luigi, anch'esso pittore).
 

Cris70

... a prescindere
Certo che il ns Baleng, dopo più di un secolo ha ancora una memoria di ferro.
:cinque:

Potra' lui stesso quindi :rotfl: proseguendo nell'evoluzione della Biennale, confermarci che il gusto dell'Italia dei primi del novecento, e quindi della stessa manifestazione per quanto fosse dichiaratamente nata con un respiro internazionale, per diversi anni fu bloccato cercando di dare continuità alla tradizione pittorica ottocentesca
Ad esempio gli impressionisti francesi furono presentati solo nella IX Biennale del 1910 ed eloquente in tal senso fu l'esclusione di Picasso nell'edizione del 1905 e della sua opera "La famiglia di saltimbanchi" in quanto definita... sconveniente.

L'opera che si colloca nel periodo rosa di Picasso mostra una certa discrepanza tra l’abbigliamento dei personaggi e l’ambiente in cui si trovano. Portano ancora il costume come se dovessero entrare in scena, ma non si trovano sul luogo della recita, bensì in un paesaggio di dune che si estende vuoto in profondità.
In questo luogo di solitudine, senza spettatori, non circondati dall’atmosfera circense, i saltimbanchi sembrano estranei.
Un'opera con un profondo senso di malinconia che non fu capita e pertanto esclusa
:wall:

Famiglia-di-saltimbanchi-Pablo-Picasso-analisi.jpg
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Certo che il ns Baleng, dopo più di un secolo ha ancora una memoria di ferro.
:cinque:

Potra' lui stesso quindi :rotfl: proseguendo nell'evoluzione della Biennale, confermarci che il gusto dell'Italia dei primi del novecento, e quindi della stessa manifestazione per quanto fosse dichiaratamente nata con un respiro internazionale, per diversi anni fu bloccato cercando di dare continuità alla tradizione pittorica ottocentesca
Ad esempio gli impressionisti francesi furono presentati solo nella IX Biennale del 1910 ed eloquente in tal senso fu l'esclusione di Picasso nell'edizione del 1905 e della sua opera "La famiglia di saltimbanchi" in quanto definita... sconveniente.

L'opera che si colloca nel periodo rosa di Picasso mostra una certa discrepanza tra l’abbigliamento dei personaggi e l’ambiente in cui si trovano. Portano ancora il costume come se dovessero entrare in scena, ma non si trovano sul luogo della recita, bensì in un paesaggio di dune che si estende vuoto in profondità.
In questo luogo di solitudine, senza spettatori, non circondati dall’atmosfera circense, i saltimbanchi sembrano estranei.
Un'opera con un profondo senso di malinconia che non fu capita e pertanto esclusa
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Vedi l'allegato 391465
Però questo pittore qua di cui dico solo il nome ... Xavier ... avrebbe magari apprezzato ... :ciapet:




43335.jpg
upload_2016-8-27_18-55-5.jpeg
images
:wall:
 

Cris70

... a prescindere
Xavier un passaggio alla Biennale non mi risulta l'abbia mai fatto a differenza del fratello che invece ci andò in quella del 1984.
Per chi non lo sapesse, Xavier Bueno creò il ciclo dei "Bambini" tra il 1959 e il 1964, in concomitanza con il suo ingresso nel gruppo “Nuova Corrente”.
Immagini sofferenti e malinconiche che simboleggiano un'umanità avvilita ed oppressa.
Purtroppo per lui non riuscì più a liberarsi da quelle immagini e onestamente non mi e' mai piaciuto.
Preferisco (ma non poi tanto di più) i bambini di Valerio Berruti.

Berruti.jpg
 

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